Old Master Paintings

22 APRIL 2013

Old Master Paintings

Auction, 0070

Florence
Palazzo Ramirez- Montalvo
Borgo degli Albizi, 26


Viewing

MILAN
11-13 April 2013
10am - 1pm/ 2pm - 6pm
Via Manzoni, 45
milano@pandolfini.it

FLORENCE
17-21 April 2013
10am - 1pm / 2pm - 7pm
Palazzo Ramirez Montalvo
Borgo degli Albizi, 26
info@pandolfini.it

 
 
 
Estimate   300 € - 50000 €

All categories

91 - 120  of 248
98
Mattia Preti
(Taverna 1613-La Valletta 1699)
IL BUON SAMARITANO
olio su tela, cm 119x165,5
 
Provenienza: già collezione Briganti, Roma
 
Il dipinto è corredato da parere scritto di Ferdinando Bologna, Roma 16 ottobre 1966.
 
“Il ‘Buon Samaritano’ qui a tergo riprodotto è un forte esemplare autografo del pittore Mattia Preti (Taverna, 1613-Malta, 1699). Le caratteristiche di stile affatto inconfondibili che l’opera dimostra rendono in tutto superfluo qualsiasi richiamo ad opere particolari, giacchè risulta perentorio il riscontro con qualsiasi delle molte che il Preti dipinse durante la sua lunga carriera. La somiglianza più stretta è con le opere che il maestro dipinse dopo il 1660, e cioè durante i trentanove anni trascorsi alla Valletta di Malta. Questa circostanza rende estremamente probabile che il dipinto appartenga appunto all’epoca maltese del Preti, e più particolareggiatamente agli ultimi quindici anni della sua attività”.
 
Attribuzione confermata con parere scritto di Stefano Causa, febbraio 2013
 
Il dipinto è un importante autografo maturo del pittore calabrese, in una fase di ripensamento dei grandi testi guercineschi del secondo quarto del secolo. Una data da stabilire nei primi anni 1680 giustifica il punto di vista ribassato; anche la tavolozza scura e l’accentuazione sentimentale e patetica in cui è calato il tema sono elementi comuni ad altri capolavori pretiani coevi. Si pensi al Cristo tra i discepoli della Bob Jones University, che proviene dalla collezione di Julius Weitzner ed ha misure analoghe al nostro (cfr. A Taste for Angels. Neapolitan Painting in North America 1650-1750, catalogo della mostra, Yale University Gallery 1987, pp.107-109, n. 6).
 
 
Estimate    50.000 / 70.000
Price realized  Registration
100
Luca Giordano
(Napoli 1634-1705)
TOBIOLO E L’ANGELO
olio su tela, cm 117,5x86
 
Il dipinto è corredato da parere scritto di Stefano Causa, marzo 2013
 
“La vicenda di un prolifico innovatore di linguaggi come Luca Giordano, uno degli ultimi grandi pittori napoletani viaggianti, non scorre solo attraverso il fiume delle commissioni ecclesiastiche e i cicli ad affresco (nei quali prevale, per ragioni logistiche, l’apporto degli aiutanti e dove Giordano si spende in qualità di dirigente, come una sorta di direttore dei lavori); ma passa soprattutto attraverso opere di destinazione privata dove l’autografia è più facilmente rilevabile. E’ nei quadri di più modesto formato, che Giordano si sente, insomma, autonomo rispetto alle pale d’altare pubbliche in cui, per motivi comprensibili, il freno e il morso dei committenti risultano maggiori. A riprova, si guardi questo Tobiolo e l’angelo: un dipinto da stanza in eccellenti condizioni di conservazioni, le cui dimensioni appaiono inversamente proporzionali all’impegno compositivo. Attenzione, però. Per capire fino a dove, Giordano, voglia intenda le maglie di un tema consueto nella pittura italiana seicentesca, bisogna che il lettore dimentichi, per un attimo, il modo in cui l’episodio di Tobiolo fu trattato dai caravaggeschi o dai pittori genovesi o fiorentini, i quali adottano, perlopiù, uno schema centrale a figure grandi. Mentre nel caso di un Battistello Caracciolo, poniamo, o di un Bernardo Strozzi l’accadimento biblico si blocca in un piano – sequenza qui, invece, Giordano, come dire?, agita le acque, scegliendo un punto di vista violentemente scorciato. Perciò semplifica gli elementi della scena. Riduce i personaggi. Gli sta addosso incalzandoli, il fiato sul collo come avesse una telecamera in spalla. Questo accorgimento gli consente di sollecitare in modo aggressivo, quasi fisico, l’attenzione di chi guarda. Certamente: sia l’effetto del troncamento delle figure, sia il punto di vista ribassato, sono escamotages, se si vuole trucchi del mestiere, tipici del cosiddetto Barocco. Giordano, in fondo, non ha inventato nulla (semmai ha cannibalizzato, facendole proprie idee del Passato, da iziano a Rubens a Bernini…). Ma, alla fine, il coinvolgimento dello spettatore all’interno del quadro è una delle caratteristiche più spettacolari dell’arte di Giordano in ogni sua fase.
E’ tanto più notevole che i dati di quest’indagine appaiano già stabiliti in questo nuovo dipinto che, lo ripetiamo, a dispetto delle dimensioni, pare tra le più importanti riemersioni dall’inesausto laboratorio creativo della giovinezza del pittore. Ad una ripetuta lettura dei dati di stile, l’opera infatti si colloca in un periodo verso la fine degli anni ‘50 del secolo. I primi confronti rinviano ad alcuni dipinti da cavalletto, presentati alla recente rassegna napoletana di Giordano: innanzitutto, alla Lotta di Giacobbe con l’angelo di una collezione privata di Napoli e al Il Sacrificio di Isacco, pure proveniente da una raccolta napoletana, e che reca la firma e la data del 1657 (si vedano le schede relativa nel catalogo Luca Giordano 1634-1705, Napoli 2001, pp. 104-107, nn. 14-15). Ma non vanno trascurati i rimandi a grandi pale d’altare di quegli anni come, in irresistibile sequenza: la Madonna del Rosario (1657), il San Nicola in gloria (1658), l’Estasi di San Nicola da Tolentino, pure del ’58 e la visionaria, veronesiana Elemosina di San Tommaso da Villanova. E’ il momento incalzante in cui il giovane Giordano, superata d’un balzo la matrice caravaggesca e riberesca degli esordi schiarisce la tavolozza e arricchisce il proprio carnet con una serie di riferimenti che includono le esperienze del Barocco romano e soprattutto dei pittori veneti del ‘500”.
 
Estimate    30.000 / 50.000
Price realized  Registration
101
Luca Giordano
(Napoli 1634-1705)
MADDALENA PENITENTE
olio su tela, cm 132,5x184
 
Il dipinto è corredato da parere scritto di Stefano Causa, febbraio 2013, di cui si riportano di seguito le parti salienti:
 
“Cresciuto quando la stagione caravaggesca era ormai in esaurimento Luca Giordano è, senza discussioni, il maggiore pittore napoletano del ‘600; l’unico, o forse l’ultimo, ad aver procurato una spallata alla relativa stasi della cultura figurativa meridionale sulla metà del secolo, spalancando l’uscio al Barocco romano e spendendosi, su scala europea, in un pugno di viaggi calibrati tra lavoro e aggiornamento. A Napoli, si sa, Giordano è ubiquo e onnipresente; ma per imparare a conoscerlo bisognerebbe includere, tanto per cominciare: Venezia e la Spagna. (...)
Questa sorprendente, Maddalena in meditazione (..) appare replica autografa di un dipinto pubblicato da alcuni anni, (..) ubicato in un museo importante quanto seminoto, come la Galleria Nazionale di Cosenza in Palazzo Arnone. Considerato il fatto che non si scorgono varianti di rilievo tra le tele, appare al momento difficile decidere quale delle due preceda l’altra. Va osservato che il quadro cosentino appare decurtato, o comunque troncato sul lato destro, mentre la nostra redazione, in ottimo stato di conservazione, consente al gesto della Maddalena di spaziarsi meglio sul fondo dorato. Sarebbe nondimeno auspicabile che la coppia di quadri, cruciale per una più precisa messa a punto dello stile giovanile del pittore, s’incontrasse una volta per un confronto (la tela di Cosenza misura 126 x 179 cm e pure si data verso il 1660).
Certo anche qui Giordano innova dal di dentro, e prepotentemente, un soggetto che, a Napoli, aveva avuto un’immediata fortuna già nella prima metà del secolo. Ma per capire il modo in cui il giovane pittore si pone dinanzi ad un tema tante volte visitato, in particolare nelle cerchie caravaggesche, non bisogna pensare ad un capolavoro come la monumentale Maddalena del Ribera oggi conservata al Prado e sicuro modello per quella, di poco successiva, eseguita da Giordano e oggi nello stesso museo spagnolo. Questa nuova, si allunga come un rampicante e lascia dietro di sé bave di colore dorato, in un effetto dinamico che fa apparire d’improvviso statiche le impaginazioni dei grandi caravaggeschi napoletani e dei virtuosi di tocco che, tra Napoli e Genova, avevano trattato il tema nel secondo trentennio del secolo. Ora il dipinto di Giordano sta bene, a mio parere, nel biennio tra il 1658 e il ’60; nel momento, cioè, di maggiore approssimazione stilistica e, vorrei dire, sentimentale alla Tradizione veneta. Che, a detta di tutti i contemporanei, per il Giordano non ancora trentenne, s’identifica con la pittura di Paolo Veronese.
I confronti con la nostra Maddalena non mancano. A sostegno d’una cronologia relativamente giovanile – da contenere comunque nella prima metà del settimo decennio – soccorre una bibliografia eccedente e, ormai, persino debordante (nel corso di questi ultimi tre decenni, Giordano è divenuto sorta di autonoma periferia degli studi sul Barocco napoletano ed europeo). Eppure il consiglio è sempre quello di andare a vedere da vicino le opere. Nella sala di Giordano, nel secondo piano del Museo di Capodimonte a Napoli una serie di pale giovanili, quasi tutte datate rinvia, per punto di stile, al nostro quadro (la nostra Maddalena potrebbe confondersi, senza sforzo, nella folla di personaggi nel primo piano dell’Elemosina di San Tommaso da Villanova del ’58); ma il confronto funziona ancora meglio con il San Nicola in gloria (firmato e datato: IORDANUS / F. / 1658), conservato al Museo Civico di Castelnuovo (per una scheda recente, si veda Utili 2001, pp. 112-113, n. 18). Una sola zoomata consente di mettere a fuoco, nel profilo della bambina a sinistra subito vicino al gruppo delle cinque monache, lo stesso modello della Maddalena”.
 
Bibliografia di riferimento: M. Utili, in Luca Giordano, catalogo della mostra, Napoli 2001
 
Estimate    50.000 / 70.000
91 - 120  of 248