PAINTINGS, SCULPTURES AND WORKS OF ART FROM A FLORENTINE COLLECTION

16 NOVEMBER 2022

PAINTINGS, SCULPTURES AND WORKS OF ART FROM A FLORENTINE COLLECTION

Auction, 1187
Florence
Palazzo Ramirez Montalvo
h. 3.30 p. m.
Lots: 1-188

Viewing
FLORENCE
Saturday  12 November 2022 10 am - 6 pm
Sunday 13 November 2022 10 am - 1 pm
Monday 14 November 2022 10 am - 6 pm
Tuesday    15 November 2022 10 am - 6 pm
 
 
 
Estimate   800 € - 80000 €

All categories

31 - 60  of 88
32

A BULBOUS JAR, VENICE, CIRCA 1530

 

BOCCIA, VENEZIA,1530 CIRCA

in maiolica dipinta a policromia in blu, giallo, giallo arancio, verde ramina e blu di manganese; alt. cm 33, diam. bocca cm 15,5, diam. piede cm 16

 

Bibliografia di confronto

C. Ravanelli Guidotti, Omaggio a Venezia, Maioliche veneziane tra manierismo e barocco nelle raccolte del Museo Internazionale della ceramica di Faenza, Faenza 1998, pp. 65-66 nn. 15-16;

F. Saccardo in R. Ausenda (a cura di), Le ceramiche. Museo d'Arti Applicate, Milano 2000, schede 295-298;

T. Wilson, The Golden Age of Italian Maiolica Painting. Catalogue of a private collection, Torino 2018, pp. 432-435 nn. 195 197;

Maioliche da farmacia nella Serenissima, Venezia 2021, pp. 85-90

 

Il vaso farmaceutico ha corpo globulare, collo basso e cilindrico terminante in un orlo estroflesso e tagliato a stecca, e poggia su una base piana a disco. La decorazione interessa l’intera superficie, con un motivo ad ampie volute vegetali con foglie, piccoli fruttini tondi che incorniciano grandi frutti. Sul collo una catena continua di tratti incrociati, mentre nella parte inferiore si sviluppa un cartiglio farmaceutico iscritto in blu in caratteri gotici Mandolr. gdt

Il vaso appartiene alla produzione veneziana “a frutti e racemi su fondo candido” e trova riscontro preciso nella produzione genericamente attribuita a Mastro Domenico e delle bocce a “frutta grossa” discussa da Riccardo Perale nel suo recente studio sulla maiolica veneziana. Lo studioso, superando la citazione di Piccolpasso che vede in questo decoro una produzione veneziana, ci ricorda non solo la precocità del prototipo di frutta grossa sul piatto del V&A con testa di Satiro, databile tra il 1530 e il 1540, ma anche i precedenti Nord Europei databili al 1508, che anticiperebbero la datazione di queste opere.

Per qualità e decoro il vaso presenta caratteristiche stilistiche e qualitative elevate e si colloca nella produzione dedicata alle spezierie laiche dei palazzi nobiliari.

Estimate   € 5.000 / 8.000
Price realized  Registration
33

A PAIR OF SPOUTED PHARMACY JARS, MONTELUPO, LAST QUARTER 16TH CENTURY

 

COPPIA DI ORCIOLI, MONTELUPO, ULTIMO QUARTO SECOLO XVI

In maiolica dipinta in policromia con verde ramina, giallo antimonio, giallo arancio e blu di cobalto; alt. cm 42 e 41,5, diam. bocca cm 14,8 e 13,8, diam. base cm 16,2 e 14,8

dimensioni

 

Bibliografia di confronto

C. Ravanelli Guidotti, Maioliche di Montelupo, Firenze 2019, pp. 134-135 n. 14

 

La coppia di orcioli farmaceutici ha corpo ovoidale con piede a disco e collo cilindrico breve terminante in un orlo appena estroflesso e tagliato a stecca; dalla spalla, arrotondata, scendono due anse a forma di drago che terminano nel punto di giunzione con il ventre del vaso con una coda semplice, non arricciata. Il collo è decorato da una linea giallo arancio con filetti in blu di cobalto, le anse sono dipinte in policromia con verde, giallo e blu con tocchi più scuri a definire le squame; gli occhi e la bocca sono definiti da sottili linee blu. Un largo motivo decorativo “a palmetta persiana” si estende su tutta la superficie del vaso, ad eccezione di una vasta porzione sul fronte occupata da un medaglione incorniciato da una ghirlanda robbiana arricchita da piccoli frutti e pigne, centrata da fioretti multipetalo e fermata da sottili nastri. Al centro del medaglione lo stemma della famiglia fiorentina Catani (D'azzurro, alla fascia d'argento accompagnata da tre conchiglie d'oro), sormontato da una riserva con un uccello affrontato a una spiga di grano; ai lati dell’emblema due figure fantastiche “a candelabra” con teste barbate e corpi puntinati.

Gli orcioli appartengono a un contesto farmaceutico nobiliare laico e trovano puntuale riscontro in orcioli simili prodotti con successo duraturo dalle botteghe di Montelupo. I due contenitori, pur nell’alternanza tra alcuni dei principali ornati della manifattura di Montelupo e forme coerenti, ma con varianti morfologiche, trovano riscontro in particolare nella decorazione del medaglione centrale in vasi apotecari prodotti per le principali spezierie toscane. Ad esempio la variante nella forma delle anse è coerente con alcuni orcioli della farmacia del convento di San Marco a Firenze, con medaglioni con ritratti di Santi. Ma la maggiore vicinanza nel progetto dell’impianto decorativo si riscontra invece nell’orcio, già della collezione Pringsheim, prodotto per una farmacia laica e pubblicato da Carmen Ravanelli Guidotti, unitamente a due esemplari molto simili recentemente transitati sul mercato londinese (Sotheby’s, From Earth to Fire, Londra 1 novembre 2018, lotto 622), che condividono con il nostro il decoro a “palmetta persiana”, ma anche la presenza di grottesche con figure mostruose barbate, lì a circondare l’emblema della famiglia Stepazola di Verona. Tutti questi confronti sono databili tra il 1545 e il 1580 circa, arco temporale che riteniamo conforme per la coppia qui presentata.

Estimate   € 8.000 / 12.000
Price realized  Registration
35

Tuscan sculptor, mid-16th century (formerly attributed to Battista Lorenzi and to Bartolomeo Ammannati)

CLIO

marble, 117x57x40 cm

 

Scultore fiorentino della metà del sec. XVI (già attribuito a Battista Lorenzi e a Bartolomeo Ammannati)

LA MUSA CLIO

busto in marmo, cm 117x57x40

 

Bibliografia

E. Schmidt, Eine Muse von Battista Lorenzi, in “Pantheon”, 58, 2000, pp. 73-80;

C. Pizzorusso, Giambologna e la scultura della Maniera, Firenze 2008, pp. 232-235 n. 22

 

Questo seducente busto femminile, caratterizzato da tratti di sofisticata, algida eleganza enfatizzati da un’elaborata acconciatura e da una tunica ‘all’antica’ (chitone) serrata sulla spalla da una grande fibula sottilmente scolpita come un cammeo, che ne lascia scoperto un seno messo in risalto dall’andamento del velo adagiato sulla coppa, vanta attribuzioni prestigiose argomentate da autorevoli specialisti della scultura del Cinquecento, ed è già stata plausibilmente identificato come una raffigurazione della Musa Clio, la prima delle nove Muse figlie di Zeus e di Mnemosine ispiratrice della poesia epica e della storia, tradizionalmente rappresentata in atto di scrivere come appunto l’immagine che risalta sul vistoso fermaglio della veste.

D’altra parte questa figurina femminile drappeggiata, intenta a scrivere su uno scudo sorretto con una gamba flessa e sollevata, che richiama nella postura la “Vittoria alata” di Brescia - celebre statua in bronzo di epoca romana, ispirata da una composizione ellenistica raffigurante Afrodite mentre si specchia nello scudo di Ares, rinvenuta nel 1826 presso il Capitolium della città e qui conservata -, presuppone la conoscenza di una qualche versione di tale iconografia classica, denominata “Victoria in clipeo scribens”, che si staglia anche al centro della Colonna Traiana, compare sui basamenti dell’Arco di Costantino e fu di frequente adottata nella monetazione romana, per poi riaffiorare nel Rinascimento nei disegni dall’antico del Codex Escurialensis e di Jacopo Ripanda, o con maggiore libertà interpretativa in un affresco e in un rilievo in stucco di Giulio Romano nel Palazzo Ducale di Mantova (P.P. Bober - R. Rubinstein, Renaissance artists & antique sculpture, London 1986, pp. 201-202 n. 170; L. Bonoldi - M. Centanni - L. Lovisetto, Venus volubilis / Venusta Victoria. Tradimenti, travestimenti, capricci, denudamenti dell’Afrodite di Brescia, in “La Rivista di Engramma”, 25, 2003). Dunque, un dettaglio inconsueto di grande interesse, che dichiara la cultura archeologica del suo autore e una committenza erudita, forse ai fini dell’arredo di uno studiolo o la decorazione di un ambiente destinato a collezione di anticaglie.

Per quanto riguarda la paternità del busto, si sottolinea che fu presentato nel 1960 da Eike Schmidt con un corposo articolo monografico (Eine Muse von Battista Lorenzi, in “Pantheon”, 58, 2000, pp. 73-80) nel quale lo studioso ne argomentava un riferimento attributivo a Battista Lorenzi, detto Battista del Cavaliere, tra i più fedeli allievi di Baccio Bandinelli e collaboratori del Cellini, prediletto dai maggiori committenti fiorentini del secondo Cinquecento - quali il granduca Cosimo I, Alfeo Bandini, Jacopo Salviati -, uno dei tre autori del Monumento di Michelangelo in Santa Croce (1568), e scultore specializzato anche nei restauri e nelle copie di busti antichi. Mentre non molto dopo Claudio Pizzorusso (in Giambologna e la scultura della Maniera, Firenze 2008, pp. 232-235 n. 22) l’ha ripubblicato come “opera certa” di Bartolomeo Ammannati, anch’egli settignanese come il Lorenzi, allievo del Bandinelli e dotato di una spiccata cultura archeologica, tra i protagonisti della scultura italiana del Cinquecento, interprete del manierismo più intellettualistico, attivo, oltreché a Firenze e Pisa, a Venezia e Padova, a Napoli e Roma, Urbino e Loreto, dove nel 1550 sposò la poetessa Laura Battiferri, e in altre località tra la Toscana e il Lazio, anche come architetto. Pizzorusso vi ravvisava, infatti, una “piena coerenza stilistica e persino fisionomica con le statue della Fontana di Giunone”, oggi al Bargello, realizzata dall’Ammannati per Palazzo Vecchio (1550-1565 ca.), “dove si può rilevare un analogo sfoggio di bravura nell’alternanza di nudo e di panneggio e nell’intaglio virtuosistico della capigliatura e dei suoi ornamenti”, immaginandola “quale arredo, tematicamente significativo, della casa di un uomo di lettere, come Benedetto Varchi”, nella dotta cerchia dello scultore e della Battiferri.

Estimate   € 25.000 / 40.000
60
Estimate   € 12.000 / 18.000
Price realized  Registration
31 - 60  of 88