Capolavori da collezioni italiane e opere di eccezionale interesse storico artistico

A Palazzo Ramirez-Montalvo il 3 novembre Pandolfini batterà le due aste che già dalla prima edizione del 2014 sono diventate un appuntamento imprescindibile del calendario internazionale: CAPOLAVORI DA COLLEZIONI ITALIANE e OPERE DI ECCEZIONALE INTERESSE STORICO ARTISTICO.

Sotto il martello di Pandolfini le opere raccolte dagli esperti nel corso degli ultimi dodici, un periodo che in larga parte ha posto molte limitazioni ma anche offerto nuove sfide, e talvolta dirottato il normale cammino lavorativo su strade alternative, senza però cambiare gli obiettivi di tutto lo staff: a ricercare e offrire opere di alto valore economico e artistico.

 

CAPOLAVORI DA COLLEZIONI ITALIANE presenta quest’anno un nucleo di arredi, oggetti d’arte e sculture di grande interesse, come importante è la presenza del dipartimento dei dipinti antichi e di quello dei dipinti del diciannovesimo secolo. Un catalogo per quel collezionismo colto e preparato che guarda a queste vendite non con il solo obiettivo dell’investimento economico ma anche con quello del piacere personale.

Il dipartimento dei dipinti antichi presenta LE TENTAZIONI DI SAN GIROLAMO di Giorgio Vasari, un soggetto più volte eseguito dal maestro aretino, come si evince da alcuni suoi scritti: in un Ricordo del 1541 il Vasari riferisce di averlo avuto in ordine “…a l’ultimo di’ di agosto…” da Messer Ottaviano de’ Medici, così come nella sua Vita e nei Ricordi menziona altre versioni realizzate nel 1545 e 1547 per Messer Tommaso Cambi, un mercante fiorentino attivo a Napoli, e per Monsignor de’ Rossi dei conti di San Secondo, vescovo di Pavia. L’opera, offerta con stima a richiesta, è tra tutte la più simile a quella conservata nella Galleria Palatina di Palazzo Pitti.

Davvero straordinario è il piccolo olio su cartone di Canaletto esposto, prima d’oggi, solo alla mostra veneziana del 2001 Canaletto prima maniera. Il CANAL GRANDE DA SAN GREGORIO VERSO LA CARITÀ è lo scorcio di un’architettura minore colta nei suoi aspetti più reali, vero e proprio studio di ombre e di luci intenzionalmente privo dei motivi monumentali che contraddistinguono l’opera di Antonio Canal diretta ai viaggiatori del Grand Tour, il suo pubblico di elezione. L’opera, valutata 80.000/120.000 euro, nel suo importante passato collezionistico ha fatto parte anche della raccolta di Italico Brass.

Restiamo in ambito pittorico con due lotti presentati dal dipartimento Dipinti del XIX secolo, entrambi con stima a richiesta. Il primo, MERCATO DI FIORI o LA BOTTEGA DELLA FIORAIA di Giacomo Favretto, è un olio su tela del 1881-82 che rientra nel filone indagato dal pittore veneziano dopo il soggiorno a Parigi del 1878 e legato alla rappresentazione dell’attività commerciale di varie mercanzie, resa con vivaci pennellate, che nello specifico riempiono la superficie pittorica in un continuo rincorrersi di tocchi di colore.

Il secondo, RITRATTO DI MATHILDE HIRSCH, è opera di Antonio Mancini e fa parte di quella serie di ritratti su commissione che furono la tematica principale della sua opera sul suolo inglese. A Londra era giunto nel 1901 grazie al rapporto di consolidata amicizia con John Singer Sargent, che lo considerava uno dei più grandi artisti viventi.

Dai dipinti alle sculture per parlare di un trittico di uno scultore veneto, attivo agli inizi del XV secolo, autore di un CROCEFISSO e delle figure dolenti della MADONNA e SAN GIOVANNI EVANGELISTA. Tre sculture monumentali e realistiche, anche per le dimensioni a grandezza quasi naturale, che dovevano essere parte integrante di una cappella dipinta, per restituire, con la loro teatralità, la narrazione della morte di Gesù sul Calvario. Lo spiccato realismo espressivo assieme al robusto panneggio sono la cifra stilistica che caratterizza il linguaggio di questo ignoto artista, ben leggibile anche nelle drammatiche figure dei due dolenti.

Le tre figure sono offerte in due lotti valutati 40.000/60.000 euro il Crocifisso e 60.000/90.000 euro i dolenti.

Idealizzazione e non realismo, è a questo che rimandano i tratti del volto caratterizzato da rughe di espressione, da un naso grande e uno sguardo accigliato e pensieroso; tratti che rimandano a un uomo maturo ma, comunque, idealizzato: l’imperatore Claudio. Questo BUSTO DI CLAUDIO, realizzato in porcellana dura e smalto bianco nella Manifattura Carlo Ginori tra il 1754 e il 1760 circa, ritorna alla luce dopo un lungo oblio. Passò in asta nel 1970 come ”rara testa bianca di Doccia dell’Imperatore Claudio da Massimiliano Soldani Benzi”, fa parte delle “Teste dei Cesari a grandezza naturale”, è in catalogo per la cifra di 30.000/50.000 euro.

Per un collezionismo internazionale è, anche, l’UNZIONE DI RE DAVID un arazzo di Benedetto Di Michele Squilli, realizzato su cartone di Stradanus nel 1568, stimato 50.000/70.000 euro. Soggetto e cartone sono i medesimi dell’arazzo Samuele unge re David, uno dei nove che compongono la prima serie della Storia di Re David realizzata nelle botteghe dello Squilli e di Giovanni di Bastiano Sconditi.

Il XVI secolo è al centro delle proposte del dipartimento di Mobili, Arredi e Oggetti d’Arte che, assieme all’arazzo, presenta due manufatti del Cinquecento lombardo e uno del Cinquecento veneziano.

I primi due sono una FIASCHETTA PER POLVERE realizzata in acciaio, con corpo troncoconico inciso con scanalature alternate verticalmente a motivi vegetali dorati, stimata 10.000/15.000 euro. Il cesello e le linee eleganti fanno pensare che fu realizzata per un personaggio di alto rango, infatti, la Lombardia e la città di Milano in particolare rappresentavano il più rinomato centro di produzione per armi e affini di altissimo livello, di solito destinate ai regnanti e nobili di tutta Europa.

E in una bottega milanese, a metà secolo, fu realizzato anche il PICCOLO FORZIERE in ferro interamente decorato con un tripudio di grottesche, mascheroni, figure, animali e festoni vegetali, incisi sul fondo dorato, la cui valutazione è di 40.000/60.000 euro. Cofanetti di questo tipo erano destinati a contenere monete e tesoretti, spesso anche documenti o preziosi libri d’ore. Lo stile e il tipo di lavorazione del ferro sono gli stessi che ritroviamo nelle più belle armature cinquecentesche realizzate dai celeberrimi armaioli milanesi come i Negroli, Pompeo della Cesa e il Piccinino, che servivano le più importanti famiglie italiane ed europee.

Il mondo accademico e la letteratura di riferimento concordano nell’attribuire un corpus di oggetti di rame smaltato all’area veneziana, area cui va ricondotta anche l’ALZATA circolare interamente smaltata in blu con motivi geometrici che incorniciano lo stemma gentilizio posto al centro del cavetto, che è in catalogo a 40.000/60.000 euro. Lo studio dello stemma porta alla famiglia modenese Dalla Chiesa e lo si ritrova su un piatto conservato presso il Museo del Cremlino che sembra essere in tutto e per tutto il fratello di quello presentato in asta, fatta eccezione per il colore dell’aquila, dipinta in nero nel piatto russo.

 

La giornata del 3 novembre si concluderà con la vendita OPERE DI ECCEZIONALE INTERESSE STORICO ARTISTICO, unica nel panorama del mercato dell’arte per aver trasformato il vincolo della notifica in una ulteriore conferma del valore dell’opera. Non a caso l’offerta suscita sempre grande interesse da parte di collezionisti lungimiranti, istituzioni pubbliche e private, fondazioni e musei perché propone un format esclusivo, che permette al collezionista privato di avere in collezione “un pezzo da Museo”, e al tempo stesso a Musei e Istituzioni di allargare e completare le proprie raccolte.

L’offerta di quest’anno è tutta legata al dipartimento dei Dipinti Antichi, nell’intero corpus delle opere proposte ne segnaliamo alcune che per motivi differenti meritano particolare attenzione, sono rare e importanti tavole e tele dal XIV al XVIII secolo.

Riconducibile a un autore ben preciso, seppur non ancora identificato, è la pala d’altare raffigurante SANT’ANTONIO ABATE E SAN LORENZO CON STORIE DELLA LORO VITA, l’opera di questo artista, ribattezzato Maestro del 1343, è una preziosissima testimonianza della produzione pittorica trecentesca tra Umbria e Abruzzo. Realizzato a tempera su tavola ha una stima di 70.000/100.000 euro.

Altrettanto importante il dossale tardo-gotico, a tempera e oro su tavola, raffigurante la MADONNA DELL’UMILTÀ accompagnata da santi e da due episodi neotestamentari che è in catalogo con la stima di 70.000/100.000 euro Attribuito a Jacopo da Verona, erede del tardo-giottismo padovano di Altichiero, è un’aggiunta significativa al catalogo di un artista raro a trovarsi ed estremamente raffinato.

Il Quattrocento trova il suo fiore all’occhiello nella raffinata MADONNA CHE REGGE IL BAMBINO SUL DAVANZALE, firmata sul cartiglio in basso a destra dal più giovane dei Vivarini. Un olio su tavola, stimato 100.000/150.000 euro, che fu definita da Rodolfo Pallucchini “capolavoro di Alvise”.

Al primo Cinquecento piemontese appartiene il RE SALOMONE di Defendente Ferrari, la cui stima è 10.000/15.000 euro. Questa tempera su tavola è elemento di un polittico ancora da ricostruire, cui appartiene senza dubbio il Re David, simile anche per dimensioni, entrato nel 2010 alla Galleria Sabauda di Torino.

Manifestazione del classicismo romano cinquecentesco, declinato però da un artista senese, è il coinvolgente per lo spiccato dinamismo, RATTO DI ELENA, un olio su tavola di Bartolomeo di David, “collega” di Sodoma e Beccafumi per il quale sono richiesti 50.000/70.000 euro.

Si segnala poi il raro bozzetto a olio su carta applicato su tavola di Giovanni Balducci detto il Cosci, in catalogo a 15.000/20.000 euro, che è lo studio preparatorio per una delle STORIE DI SANT’ANTONINO dipinte ad affresco nel chiostro grande di Santa Maria Novella, cantiere decorativo fiorentino fra i più importanti della fine del XVI secolo.

È infine riconducibile a una commissione medicea l’ANDATA AL CALVARIO, olio su tela proposto a 20.000/30.000 euro,  dipinto da Scipione Pulzone nel 1583 per il cardinal Ferdinando de’ Medici, fratello del Granduca regnante, che intendeva farne dono al segretario di Filippo di Spagna, ma la conservò nella sua collezione romana di Villa Medici.