FROM ANCIENT TO MODERN: ARTWORKS FROM AN HISTORICAL MILANESE COLLECTION

8 NOVEMBER 2023

FROM ANCIENT TO MODERN: ARTWORKS FROM AN HISTORICAL MILANESE COLLECTION

Auction, 1242
MILAN
5:00 pm (CET)

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MILAN
Via Manzoni 45

Saturday 4 November 2023 10am - 6pm
Sunday 5 November 2023 10am - 6pm
Monday 6 November 2023 10am - 6pm
Tuesday 7 November 2023 10am - 6pm
Wednesday 8 November 2023 10am - 1pm
 
 
 
Estimate   400 € - 300000 €

All categories

1 - 30  of 83
1

A PLAQUE, GRANDUCAL WORKSHOPS, FLORENCE, SECOND HALF 17TH CENTURY

 

PLACCA, BOTTEGHE GRANDUCALI, FIRENZE, SECONDA METÀ SECOLO XVII

in commesso di pietre dure, tenere e madreperla su fondo in marmo nero del Belgio raffigurante pappagallo su ramo, cm 33,5x28; entro cornice in noce ebanizzato, ebano e lapislazzulo con applicazioni in bronzo dorato, cm 50x44,5

 

Comparative Bibliography

A. Giusti, P. Mazzoni, A. Pampaloni Martelli (a cura di), Il Museo dell’Opificio delle pietre dure a Firenze, Milano 1978, p. 293 n. 108, tav. 109;

A. Gonzàlez Palacios, Pittura per l’eternità. Le collezioni reali spagnole di mosaici e pietre dure, Milano 2003, pp. 101-109 nn. 15-17;

A. Giusti, L’arte delle pietre dure da Firenze all’Europa, Firenze 2005, p. 151 n. 124

 

La placca, di forma rettangolare, è realizzata usando la nota tecnica del commesso fiorentino, operando un sapiente accostamento dei materiali lapidei, al fine di ottenere una scena “dipinta” grazie alle loro caratteristiche cromatiche. In essa è raffigurato un pappagallo appollaiato sul ramo di un albero da frutto emergente dal terreno, il tutto inserito in una riserva ovale a sua volta iscritta in un rettangolo, cornici queste realizzate con la madreperla, arricchite agli angoli da quattro fiorellini.

Il pannello si presenta completo di una bella cornice in ebano e legno ebanizzato di ispirazione fiamminga, impreziosita da una larga fascia lastronata in lapislazzulo con applicazioni in bronzo dorato ai centri e agli angoli.

Il soggetto naturalistico che compone la decorazione è tipico dei mosaici fiorentini realizzati nella Bottega Granducale, fondata nel 1588 dal Granduca Ferdinando I de Medici, destinati alla decorazione di stipi, tavoli, complementi d’arredo, ma anche come pannelli decorativi a sé stanti. L’ispirazione spesso venne dall’opera dell’artista Jacopo Ligozzi (Verona 1547 - Firenze 1626), che fin dai primi decenni del XVII secolo con i suoi disegni naturalistici diede inizio a questa tendenza, fornendo modelli direttamente agli artigiani delle botteghe fiorentine. Da allora, per oltre un secolo, il marmo nero belga del pannello che costituiva lo sfondo ideale per mettere in risalto i colori vivaci del piumaggio degli uccelli e delle composizioni di fiori e frutta, divenne la firma ufficiale dei mosaici realizzati nella città granducale, apprezzati ovunque e spesso imitati, ma raramente con uguale qualità di materiali e raffinatezza di esecuzione.

Estimate   € 5.000 / 8.000
Price realized  Registration
2

Frederician Sculptor, 13th century, Portrait of an Imperial official on Clipeus, marble, 50,5x45,5 cm, mounted on red marble base (h. 58 cm overall)

 

SCULTORE FEDERICIANO, XIII SECOLO

CLIPEO RAFFIGURANTE FUNZIONARIO IMPERIALE

marmo, cm 50,5x45,5; montato su base in marmo rosso (alt. cm 58 complessivamente)

 

Exhibition

Rimini, Castel Sismondo, 20 aprile - 7 settembre 2008, Exempla, n. 12

 

Bibliography

P. Cellini, Presenze Federiciane, in "Xenia", 8, 1984, pp. 95-108;

P. Cellini, Presenze federiciane, in A. Giuliano (a cura di), Studi normanni e federiciani, Roma 2003, p. 79 fig. 10;

M. Bona Castellotti, A. Giuliano (a cura di), Exempla. La rinascita dell'antico nell'arte italiana. Da Federico II ad Andrea Pisano, Pisa 2008, p. 47 n. 12

 

Il clipeo con la testa di un funzionario imperiale, caratterizzata dall’intensità dello sguardo e dalle rughe che si formano al lato dell’occhio, apparteneva forse, insieme con due esemplari ora nel chiostro di Santa Francesca Romana ed uno ora a Treia in collezione privata, al complesso di sculture che ornavano il monumento del Carroccio milanese, dedicato da Federico II sul Campidoglio nel 1238, che si rifanno a prototipi antichi quali quelli rappresentati sui rilievi dell’età di Marco Aurelio riutilizzati dell’Arco di Costantino. Il linearismo della figura, l’insistenza grafica nel trattamento dei capelli e della barba, l’impostazione dei caratteri fisionomici ricordano le immagini riprodotte in numerosi cammei prodotti nelle officine di corte di Federico II.

Estimate   € 4.000 / 6.000
Price realized  Registration
3

Gregorio di Lorenzo (Florence ca. 1436 - Forlì 1504), A Corbel with Cornucopias and Palmette, circa 1460/1470, a

serena stone relief in rectangular form, 33x41x7,5 cm

 

Gregorio di Lorenzo

(Firenze 1436 ca. – Forlì 1504)

MENSOLA A PEDUCCIO CON CORNUCOPIE E PALMETTA, 1460/1470 CIRCA

rilievo in pietra serena di forma rettangolare, cm. 33x41x7,5

 

Questa elegante mensola con cornucopie, presumibilmente destinata ad evocare la “dovizia” economica e sociale nella dimora di un ricco mercante, è scolpita nella pietra serena, materiale spesso impiegato a Firenze nel campo delle sculture decorative (membrature e fregi architettonici, cornici di portali e finestre) e degli arredi lapidei (camini, lavabi, fontane e tabernacoli). Sulla scia di Desiderio da Settignano, che verso la metà del Quattrocento aveva impiantato un’operosa bottega qualificata anche nella produzione di elementi d’ornato architettonico e di arredi lapidei, furono attivi negli anni Sessanta un gruppo di abili scultori “ornatisti”, tra i quali Francesco di Simone Ferrucci, Ambrogio di Benedetto, Piero di Cecco e Gregorio di Lorenzo.

Sul piano stilistico la nostra mensola trova una convincente paternità proprio nel fiorentino Gregorio di Lorenzo, scultore formatosi nella bottega di Desiderio da Settignano che si specializzò proprio nella decorazione e nell’arredo lapideo, che non rinunciò ad arricchire con fantasiosi motivi ornamentali desunti proprio da tali tipologie anche i rilievi mariani e le altre opere che qualificano la sua attività figurativa.

Estimate   € 5.000 / 7.000
Price realized  Registration
4

After Benedetto da Maiano (Florence 1442 - 1497), Madonna and Child (Kress type), marble relief, 48x32x9 cm

 

Da Benedetto da Maiano

(Firenze 1442 - 1497)

MADONNA COL BAMBINO (DEL TIPO “KRESS”)

rilievo in marmo, cm 48x32x9

 

Comparative Bibliography

E. Belli, Madonne Bardini. I rilievi mariani del secondo Quattrocento fiorentino, Firenze 2017, pp. 148-153 n. IV.7

 

La Madonna, affacciata ad un davanzale, è raffigurata mentre trattiene il Bambino che, in piedi su un cuscino, si stringe al collo della madre portando il braccio destro dietro la sua testa. La Vergine, elegantemente vestita e coperta da un mantello, rivolge lo sguardo triste verso Gesù, che invece sembra guardare dritto verso l’osservatore. Sullo sfondo, alte nel cielo, numerose nubi rese con creste dentate.

L’attribuzione di questo soggetto a Benedetto da Maiano, che ebbe grande fortuna in ambito fiorentino nell’ultimo quarto del Quattrocento, venne consolidata per la prima volta con l’attribuzione di Middeldorf del 1976 a proposito del rilievo in marmo già nella collezione di Samuel H. Kress ed oggi conservato alla National Gallery di Washington (inv. n. 1960.5.16), precedentemente attribuito da Stefano Bardini ad Antonio Rossellino.

Di questo rilievo, tra i più replicati appunto nel Rinascimento, si conoscono almeno una trentina di esemplari eseguiti in diversi materiali (marmo, terracotta e stucco), di cui i più celebri sono conservati al Bargello di Firenze, al Louvre di Parigi, al Museé des Beaux-Arts di Lione, al Chicago Art Institute.

Estimate   € 6.000 / 9.000
Price realized  Registration
9

A RELIQUIARY, ATTRIBUTED TO ANTONIO MORETTI DE AMICIS, ROME, CIRCA 1660

 

RELIQUIARIO, ANTONIO MORETTI DE AMICIS (ATTR.), ROMA, 1660 CIRCA

in ebano, lapislazzuli, cristallo di rocca, argento e bronzo dorato, decorato sul fronte con le armi di papa Alessandro VII. Realizzato in foggia di urna su alto piedistallo a parallelepipedo, è sormontato da una corona d'argento attraversata da due foglie di palma incrociate a reggere una piccola croce; all'interno del reliquiario, visibile attraverso le pareti in cristallo di rocca, è presente un sole d'argento iscritto su entrambe le facce DE PALLIO SANCTI JOSEPH; la base, in ebano e lapislazzuli, reca sul fronte lo stemma della famiglia Chigi delle Rovere in argento e smalto e agli angoli quattro teste di cherubini in argento; cm 28x15,5x6,5 Completo di custodia in legno rivestito in cuoio impresso in oro con fregi, stelle e arme papale (cm 31x19x10)

 

Bibliography

L. d’Urso, St. Joseph’s Reliquary, in A. Gonzalez-Palacios (a cura di), Objects for a “Wunderkammer”, cat. della mostra, Londra 1981, pp. 270-271 n. 128

 

Reference Bibliography

L. Ozzola, L'arte alla corte di Alessandro VII, Roma, 1908, pp. 69-71

 

Realizzato per custodire un frammento del mantello di San Giuseppe, il reliquiario è probabilmente opera dell'orafo romano Antonio Moretti de Amicis (Roma 1611-1687), uno dei principali artisti operanti alle dipendenze di papa Alessandro VII e della famiglia Chigi, impegnato sicuramente verso la metà del secolo nella realizzazione di raffinati oggetti per la corte papale e per alcuni cardinali, ma anche ad esempio attivo per vari arredi sacri per la Cappella Chigi nel Duomo di Siena (1662-1666).

L’ipotesi della sua paternità dietro a questo pregevole reliquiario è sostenuta da un’informazione fornitaci da Leandro Ozzola, che in un suo lavoro pubblicato a Roma nel 1908, relativo alle attività artistiche alla corte di papa Alessadro VII, ricorda un pagamento effettuato a Moretti nel giugno 1659 per tre reliquiari: “1659, adì 5 giugno. Scudi seicentundici e baiocchi cinquanta moneta &. al Moretti argentiere per prezzo di tre reliquiari d’oro con sue cassette”. E anche altri pagamenti sembrano suffragare tale teoria: il 29 maggio 1659 Bonifatio Peri fu pagato “per 3 cristalli di montagna con altri ornamenti per reliquiarii”, mentre il 21 aprile 1660 un altro orafo romano, Giovanní Antonio Scatola (attivo dal 1656 al 1685), fu pagato “per prezzo di 12 armette d’argento smaltate per reliquiarii”. Essendo Moretti era sia gioielliere che orafo, l'uso elaborato di metalli preziosi e pietre dure lo indica come l'autore di questa commissione papale.

 

Estimate   € 8.000 / 12.000
Price realized  Registration
20

Andrea de Leone

(Napoli, 1610 – 1681)

VENERE E ADONE

olio su tela, cm 76x102

firmato “Andrea D Lione F.” sul frammento architettonico a destra

 

VENUS AND ADONIS

oil on canvas, cm 76x102

signed “Andrea D Lione F.” on the architectural fragment lower right

 

Provenienza

New York, collezione Mario Lanfranchi; Milano, collezione Leonardo Mondadori; Finarte, Milano, 21 aprile 1988, lotto 83; Milano, Porro & C., 26 maggio 2008, lotto 42

 

Esposizioni

Painting in Naples from Caravaggio to Giordano. Londra, Royal Academy of Arts, ottobre – dicembre 1982, n. 2

 

Bibliografia

M. Soria, Andrea De Lione, a master of the bucolic scene, in “Art Quarterly” 1960, pp. 22-35; R. Causa, La pittura del Seicento a Napoli dal naturalismo al barocco, in Storia di Napoli, V, Napoli 1972, fig. 355; L. Salerno, Pittori di paesaggio del Seicento a Roma, II, Roma 1978, pp. 516-17, fig. 85.2; R.E. Spear, Princeton, Italian Baroque Paintings, in “The Burlington Magazine” 1980, p. 720; Painting in Naples from Caravaggio to Giordano. Catalogo della mostra, Londra 1982, pp. 107-108, n. 2; A. Brejon de Lavergnée, Nouvelles toiles d’Andrea di Lione. Essai de catalogue, in Scritti di storia dell’arte in onore di Federico Zeri, Milano 1984, pp. 670-72, fig. 660 e p, 680, n. 41; N. Spinosa, La pittura napoletana del 600, Milano 1984, n. 229; F. Zeri, Andrea de Lione e la natura morta, in Scritti di storia dell’arte in onore di Raffaello Causa. A cura di Pierluigi Leone de Castris, Napoli 1988, p.206, fig. 6; N. Spinosa, Pittura del Seicento a Napoli. Da Caravaggio a Massimo Stanzione, Napoli 2010, pp. 217-18, n. 102; M. Di Penta, Andrea De Leone (Napoli 1610 – 1685) Dipinti – Disegni, Roma 2016, pp. 128-29,Q.68

 

Capolavoro della maturità di Andrea De Leone, come universalmente riconosciuto fin dalla prima comparsa in pubblico, il raffinatissimo dipinto qui offerto fonde sapientemente motivi della pittura di paesaggio e di storia, e perfino elementi di natura morta, come acutamente osservato da Federico Zeri nella sua ricostruzione del De Leone specialista in tal genere, praticato in pochi ma straordinari esemplari.

Evidente, come è stato osservato, il riferimento a Tiziano per la figura di Venere che invano tenta di trattenere Adone dalla caccia fatale: ma il modello di una delle più affascinanti “poesie” dipinte per Filippo di Spagna, replicato in esemplari che Andrea forse vide nel corso del suo soggiorno romano, appare mediato dalla rilettura di Tiziano proposta da Nicolas Poussin intorno ai primi anni Trenta.

Da qui la tenerezza degli incarnati avvolti da ombre soffuse, la naturalezza con cui i protagonisti, lontani dai modelli statuari di Tiziano, si fondono nel paesaggio, costruito su una sapiente gradazione di toni che vanno dal bruno al dorato.

Incorniciati dalle diagonali convergenti di due tronchi, Venere e Adone ne seguono l’andamento; i colori delle vesti – prezioso blu di lapis per la tunica di Adone, oro screziato per il drappo che appena vela le gambe della dea - sono richiamati in primo piano da altri panni lasciati cadere nell’impazienza dell’incontro.

Ancora al classicismo romano rimanda infine il frammento architettonico su cui il pittore ha tracciato con orgoglio il proprio nome.

Estimate   € 50.000 / 80.000
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