GRANDE SCULTURA, CINA, DINASTIA MING, SEC. XVII
bronzo laccato e dorato, alt. cm 81,5
raffigurante il Bodhisattva Trascendente Samantabhadra, assiso sul dorso di un elefante con tre coppie di zanne.
Il braccio destro è piegato ad angolo con l'indice e il mignolo estesi nel gesto del karaṇamudrā, mentre il sinistro è adagiato sulla gamba con il palmo delle mani rivolto verso l'alto; i piedi incrociati poggiano su un fiore di loto.
L’intera figura è adornata da un’elegante veste drappeggiata e impreziosita da gioielli.
La testa della divinità è sormontata dalla nobile corona, decorata con la figura del Buddha Trascendente Amitābha in posizione Padmasana.
Samantabhadra in cinese普贤 (Pǔxián), che significa virtù universale; è il Bodhisattva Trascendente della Verità, in Asia Orientale è il protettore di tutti coloro che praticano la meditazione, mentre nel Tibet rappresenta la compassione attiva (Kurana).
È ricordato come patrono del Sūtra del Loto, e nell'Avatamsaka Sūtra è colui che pronunciò i dieci grandi voti per elevarsi a Bodhisattva, ossia l’illuminazione dell’essere.
Nelle differenti tradizioni buddiste, Samantabhadra viene ricordato come Bodhisattva, ma in altre viene citato come Buddha Primordiale, cioè colui che è nato illuminato.
Secondo la più famosa leggenda popolare buddista Tang, il Bodhisattva Samantabhadra si reincarnò in un orfano che poi venne portato nel tempio GuoQing (国清寺) dal monaco Feng Gan ChanShi (reincarnazione del Buddha Trascendente Amitābha), dove crebbe con il nome di Shide (拾得), divenne poi uno dei più famosi monaci buddisti insieme a Handa Shi (寒大师), reincarnazione del Bodhisattva Manjusri. I tre monaci verranno ricordati nella cultura buddista come i "Tre Santi di Huayan" (华严三圣, Huayansansheng).
Nell’iconografia tradizionale Samantabhadra è rappresentata con abiti ed altri caratteristiche comuni ad alcune rappresentazioni di Guanyin, come i gioielli, la corona e l’abito drappeggiato.
La figura è sempre assisa su un elefante bianco a sei zanne, che simboleggiano i sei modi in cui il Bodhisattva perseguono la spiritualità, per raggiungere l'illuminazione e salvare gli esseri viventi, o rappresentare le sei virtù della perfezione (Paramita): carità, la morale, la pazienza, la diligenza, la contemplazione e la saggezza.
Le prime tracce del culto del Bodhisattva Samantabhadra si rintracciano in Cina durante le dinastie del Nord e del Sud (420 al 589 d.C.), per poi diffondersi nell'epoca di pace della dinastia Sui (581-618) e raggiungere quindi il suo apice nella dinastia Tang (618-907).
Per rendere omaggio a questa importante figura nel buddismo cinese, il Monte Emei (峨眉山) è stato consacrato a Samantabhadra; il primo tempio a lui dedicato vi venne costruito nel 399; nella dinastia Song, il secondo imperatore Song Taizong vi fece erigere una statua di bronzo in suo onore.
铜鎏金普贤菩萨坐像, 中国, 明代年间, 十七世纪
Provenienza
Collezione privata, Roma
Manifattura Ginori, Doccia
TABACCHIERA DETTA "DEGLI ERESIARCHI", 1760-1765 CIRCA
porcellana dipinta in policromia con montatura in rame dorato, cm 4,2x9,4x7,3
Iscritta su corpo: Erasmo è allato del Nassavio Duca / e dalla destra, e da sinistra parte / a Renata. Calvin parla in disparte / E Luter par che il Sassone conduca (fronte); ... qui son gli Eresiarche / Color seguaci d'ogni Setta, e molto / Più che non credi Son le tombe carche / Inf. IX,127 (lato destro); Gaetano, e Sadoleto Cardinali / Echio, Bilichio, Eichstat, Panigarola / Sostengano di Dio l'alta parola (retro); Dentro vi Sono gli amorosi drudi / Della Fede Cristiana i Santi Atleti / Benigni a suoi, ed a'nemici crudi / adattamento da Par. XII, 55 (lato sinistro)
Esposizioni
Lucca e le porcellane della Manifattura Ginori. Commissioni patrizie e ordinativi di corte, Lucca, 28 luglio – 21 ottobre 2001 (n. 193)
Bibliografia
A. Mottola Molfino, L'arte della porcellana in Italia, Milano 1976, tav. LXIII/LXIV;
A. d’Agliano, A. Biancalana, L. Melegati, G. Turchi (a cura di), Lucca e le porcellane della Manifattura Ginori. Commissioni patrizie e ordinativi di corte, cat. della mostra, Lucca 2001, p. 255 n. 193;
A. Biancalana, Porcellane e maioliche a Doccia. La fabbrica dei Marchesi Ginori. I primi cento anni, Firenze 2009, pp. 173-174
La tabacchiera, in realtà definita come "una vera e propria scatola" da Leonardo Ginori Lisci per le sue notevoli dimensioni (L. Ginori Lisci, La porcellana di Doccia, Milano 1963, p. 53, con riferimento ad un esemplare analogo oggi conservato al Museo Duca di Martina di Napoli), si presenta nella sua forma ellittica completamente dipinta in policromia: il corpo della scatola infatti è decorato con i versi sopra riportati racchiusi e intervallati da sottili cartigli tratteggiati in monocromo violetto, che fanno riferimento alle miniature dipinte sul coperchio, a suo tempo identificate come segue: all'esterno i "Principi" della Riforma protestante Erasmo da Rotterdam, Giovanni Calvino e Martin Lutero con Jean VI di Nassau[1], Giovanni Federico di Sassonia e la duchessa di Ferrara Renata[2], mentre all'interno i sei difensori della fede cattolica, i cardinali Jacopo Sadoleto e Tommaso de Vio, Johannes Mayer, Eberhard Billick, Leonhard Halle[3] e Francesco Panigarola (per la tradizionale identificazione dei personaggi si veda B. Beaucamp Markowsky, Boites en porcelaine des manufactures europeennes au 18° siècle, Friburgo 1985, pp. 521-522). Sul fondo della tabacchiera è dipinta una bibbia chiusa ed irradiante raggi di luce, entro eleganti cartigli rocaille, iscritta Bibbia Sacra.
Non ci sono notizie certe sul pittore di questa splendida tabacchiera, perché se Leonardo Lisci Ginori nel 1963 propose di assegnarla al pennello di Giovacchino Rigacci, capo dei pittori di Doccia tra il 1757 e il 1771, basandosi su una notizia riportata nella relazione dell'economista Joannon de St. Laurent (L. Ginori Lisci, op. cit. 1963, p. 142), nel 2009 Alessandro Biancalana definisce questa attribuzione "forse erronea" (A. Biancalana, op. cit. 2009, p. 173).
Il tema dotto di questa tabacchiera[4], certo inconsueto per le galanterie prodotte dalla manifattura di Doccia, ebbe comunque successo, al punto da essere replicato almeno in altri due esemplari, dei quali uno oggi al Museo Duca di Martina di Napoli (inv. n. 2836) e l'altro ricordato dal Ginori Lisci nella collezione della Contessa Ancillotto a Roma (L. Ginori Lisci, op. cit. 1963, p. 142).
Crediamo che nessun gruppo di oggetti della manifattura di Doccia sia stato tanto ignorato quanto le tabacchiere.
Infatti, se scorriamo le numerose pubblicazioni sulla porcellana europea e quelle poche apparse sulla porcellana italiana, noi troviamo illustrate ed attribuite a Doccia soltanto due tabacchiere... mentre la produzione di tabacchiere fu in realtà abbondantissima, e gli esemplari rintracciati presentano una grande varietà di forme e di tipi, ed hanno un notevole pregio.
Possiamo dire che le tabacchiere nacquero con la stessa fabbrica di Doccia. Infatti, già ai primi del 1739, cioè pochi mesi dopo la prima "cotta", con le tazzine, i piattini e i vassoietti, furono prodotte alcune scatole per il tabacco, perché fra le spese figurano quelle relative a "una cerniera d'argento dorato per una tabacchiera di porcellana".
Col tempo, la lavorazione di questi oggetti prese un tale sviluppo, che nel 1741 ne furono prodotte ogni mese a centinaia: il modellatore Pietro Orlandini, nel solo mese di agosto, modellò ben 485 tabacchiere, e nel settembre altre 488. Tali cifre illustrano chiaramente l'importanza di questo settore nella produzione.
Leonardo Ginori Lisci, in La porcellana di Doccia, Milano 1963, p. 51
[1] Proponiamo in forma di ipotesi data l’importanza dell’opera la seguente osservazione in merito al "Nassavio duca". Dal momento che Nassau diventò ducato nel 1806, essendo stata sempre una contea, si può dedurre che "duca" debba intendersi nell'accezione di capo militare. In tal caso l'identificazione, considerando il ritratto, potrebbe ipotizzarsi con Guglielmo I d'Orange (1533-1584), che partecipò alla guerra contro gli spagnoli per l'indipendenza dei Paesi Bassi. Non ci sembra che possa identificarsi con il fratello minore di Guglielmo, Giovanni VI di Nassau Dillenburg (1536-1606), che non ebbe ruoli militari importanti;
[2] Renata di Valois-Orléans (1510-1575), principessa di Francia, sposata con Ercole II d'Este e divenuta duchessa di Ferrara. Strenua difenditrice della fede protestante è giustamente inserita tra i cosiddetti Eresiarchi poichè rivestì un ruolo storicamente molto importante; tra i molti eventi che riguardano la sua vita nel 1536 ricevette anche la visita, sotto mentite spoglie, di Giovanni Calvino, che aveva già pubblicato a Basilea la sua Christianae religionis institutio, e con il quale Renata manterrà fino alla morte del riformatore ginevrino una regolare corrispondenza; pagò anche personalmente la sua scelta religiosa - il marito la fece imprigionare - e continuò a proteggere i protestanti fino alla sua morte;
[3] Nel testo dei versi "Eichstat". Si ipotizza che il riferimento sia alla prestigiosa università cattolica di Eichstätt-Ingolstadt il cui rettore più famoso all'epoca fu Pietro Canisio (1524-1597), primo tedesco fondatore dell'ordine dei Gesuiti. Fu uno dei più strenui difensori della Controriforma e scrisse un catechismo in chiara opposizione alle tesi di Lutero. Fu proclamato Dottore della Chiesa nel 1925 e oggi venerato come santo il 21 dicembre. Non ci sembra plausibile far coincidere "Eichstat" con Leonhard Haller (1500-1570) che visse principalmente a Eichstätt, ma fu un personaggio di secondo piano rispetto agli altri, essendo un vescovo suffraganeo di tale città e in seguito fu mandato presso la diocesi dell'antica Philadelphia d'Arabia (oggi Amman). L’immagine di Canisio ci pare inoltre coincidere con il ritratto sulla tabacchiera;
[4] Si è notato nell’analisi dell’opera come anche l’uso del testo sia frutto di una particolare ricerca e adattamento. Il testo che incorpora la citazione dantesca: Erasmo è allato del Nassavio Duca / e dalla destra, e da sinistra parte / a Renata. Calvin parla in disparte / E Luter par che il Sassone conduca (fronte); ... qui son gli Eresiarche / Color seguaci d'ogni Setta, e molto / Più che non credi Son le tombe carche / Inf. IX,127. Il riferimento dantesco è agli eretici identificabili con gli Epicurei; in questo caso, esso viene adattato alla situazione contingente, intendendo eretici i padri protestanti, in ossequio ai dettami del Concilio di Trento. Gli altri versi riferiti ai difensori della Feda Gaetano, e Sadoleto Cardinali / Echio, Bilichio, Eichstat, Panigarola / Sostengano di Dio l'alta parola (retro); Dentro vi Sono gli amorosi drudi / Della Fede Cristiana i Santi Atleti / Benigni a suoi, ed a'nemici crudi / adattamento da Par. XII, 55 si riferiscono alla nascita di San Domenico, inteso come amante della fede cristiana ("drudo"). Qui tutti i versi sono stati girati al plurale per farli concordare con i sei difensori in questione.