DIPINTI DEL SECOLO XIX

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Mario De Maria
(Bologna, 1852 - 1924)

Mario De Maria

€ 4.000 / 8.000
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Mario De Maria

(Bologna 1852 - 1924)

MURA CANCRENATE

olio su tela, cm 56x73,5

firmato e datato "1906" in basso a sinistra

retro: iscritto "Mario de Maria/ detto Marius Pictor. M. Pictor/ Venezia/ Zattere 1410", cartiglio della XV Esposizione Internazionale d'Arte di Venezia, 1926

 

GANGRENOUS WALLS

oil on canvas, 56x73.5 cm

signed and dated "1906" lower left

on the reverse: inscribed "Mario de Maria/ detto Marius Pictor. M. Pictor/ Venezia/ Zattere 1410", label of the XV Esposizione Internazionale d'Arte di Venezia, 1926

 

Esposizioni

VIII Esposizione d'Arte della Città di Venezia, Venezia, 1909

XV Esposizione Internazionale d'Arte di Venezia, Venezia, 1926

 

Bibliografia

VIII Esposizione d'Arte della Città di Venezia, Venezia 1909.

XV Esposizione Internazionale d'Arte di Venezia, Venezia 1926, p.114.

A. Mazzanti, Simbolismo italiano fra arte e critica. Mario De Maria e Angelo Conti, Firenze 2007, tav. XXIX, p.315.

 

Il suggestivo dipinto presentato in catalogo è opera del pittore bolognese Mario De Maria, incisiva personalità dell’arte simbolista-decadente di fine secolo, in un costante e sinestetico gioco di rimandi alla dimensione musicale e poetica. Affascinato dai “misteri della luce e dell’ombra”, è principalmente dalla luce lunare che il pittore diviene presto quasi ossessionato, tanto da guadagnarsi l’appellativo di ‘pittore delle lune’, capace di svelare ‘l’anima cose’ attraverso visioni, sogni, incubi caratterizzati da un impasto cromatico di sapore rembrandtiano. Prima Roma e poi Venezia sono i terreni d’indagine dell’artista, come testimoniato dalla stessa opera in asta, rappresentante un notturno della città lagunare ed esposta alle Biennali del 1909 e 1926. Il dipinto ha in sé tutta la sapienza luministica del pittore bolognese -spesso paragonato per atmosfere create a Baudelaire e Poe-, catalizzando l’attenzione dello spettatore sulla finestra illuminata per poi lasciare la fantasia vagare sul resto della composizione e le due figure di spalle, alla ricerca del mistero da svelare. L’opera -di cui grazie a un articolo pubblicato nel 1902 sulla rivista “Emporium” conosciamo un’analoga versione- reca data 1906, anno in cui venne acquistata dal senatore Luigi la Torre per intermediazione di Vittore Grubicy, che in una lettera rassicura l’artista bolognese riguardo l’accorta collocazione del dipinto all’interno della collezione: “inchiavardato tra altri molto neri appositamente scelti (di Filippin, l’altro un bosco del poeta pittore Emilio Praga e una macchietta di Tranquillo Cremona) cosicché funzionino da ‘repoussoirs’ e accanto ai quali il tuo diventa luminosissimo e quasi chiaro” (cfr. A. Mazzanti, Simbolismo italiano fra arte e critica. Mario De Maria e Angelo Conti, p.315).