DIPINTI DEL SECOLO XIX

mar 14 Novembre 2017
Asta Live 225
132

Vincenzo Irolli

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Vincenzo Irolli

(Napoli 1860 - 1949)

IL RICEVIMENTO

olio su tela, cm 134,5x203

firmato in basso a sinistra

 

Provenienza

Collezione Eduardo Carù, Buenos Aires

Collezione Vasco Gucci, Firenze

Collezione privata, Firenze

 

Esposizioni

Esposizione italiana di Belle Arti, Buenos Aires, 1923

 

Bibliografia

Esposizione italiana di Belle Arti, Buenos Aires, Milano - Roma, 1923, pp. 50-51

F. Russo, L'Arte di Vincenzo Irolli. Impressioni di Vincenzo Russo; con un proemio di Pompeo Molmenti, Bergamo 1925, tavola non numerata

 

 

Selezionato da Mario Vannini Parenti per l'Esposizione italiana di Belle Arti tenutasi nel Museo di Buenos Aires nel 1923 e pubblicato nel relativo catalogo, il dipinto fu acquistato da Eduardo Carù per arredare la sua nuova casa, progettata dall'architetto Virginio Colombo nel 1917.

Il dipinto è assegnabile con certezza al periodo più fecondo dell'attività dell'artista, intorno al 1920 quando, dopo la conclusione della I Guerra mondiale, Irolli sembra ritrovare una grande facilità esecutiva espressa anche in composizioni di notevoli dimensioni spesso destinate al mercato straniero. In particolare, come la sagacia commerciale di Vannini Parenti aveva precocemente intuito, il mercato sudamericano poteva rivelarsi un'inaspettata risorsa, vista la rapida e fortunata ascesa di una borghesia imprenditoriale di origine italiana che tendeva a mantenere vivo, nel nostalgico attaccamento alle tradizioni, il legame con la madrepatria. Lo stesso Eduardo Carù, di origini lombarde, aveva commissionato a Virginio Colombo, protagonista dell'architettura Art Nouveau di inizio secolo nella capitale argentina, la propria residenza in Avenida Rivadavia, una sorta di eclettico e suggestivo castellotto – purtroppo demolito un anno dopo la vendita e l'abbandono da parte della famiglia, nel 1967 2- interamente arredato e decorato con manufatti italiani appositamente acquistati nel corso di un viaggio in Italia nel Gennaio del 1923, viaggio che servì anche ai Carù ad ottenere il mandato per la prima concessionaria per il Sud America delle automobili Alfa Romeo.

All'interno della villa, realizzato in un fastoso stile neorinascimentale, i proprietari avevano fatto realizzare dallo scultore italiano Bianchi Poletti un imponente scalone che vedeva inserite, nella ridondanza degli elementi mistilinei finto cinquecenteschi, le immagini dei ritratti di Dante e Michelangelo a testimoniare l'indissolubile legame con l'Italia. Rivelatosi infruttuoso il tentativo dei Carù, padre e figlio, di stabilire un punto di riferimento in Argentina per l'industria automobilistica italiana la famiglia vide un lento declino che portò all'alienazione della villa nel 1966.

Già negli anni Cinquanta del Novecento alcuni arredi furono alienati se, probabilmente sempre grazie all'intervento del Vannini Parenti , il dipinto rientra in Italia per essere quindi acquistato dai coniugi Gucci nel 1957 dal gallerista Vincenzo Spezzacatena, a Montecatini. Dalla raccolta Gucci l'opera, fra le pochissime riconoscibili oggi tra quelle esposte in passato, è poi pervenuta all'unica erede diretta di Vasco Gucci, nell'attuale collocazione.

Pubblicato da Ferdinando Russo nella prima monografia dell'artista, introdotta da una prefazione di Pompeo Molmenti, il quadro assume particolare rilievo anche alla luce degli ultimi studi sul pittore napoletano. Raggiunta la piena maturità Irolli, fedele ad un figurativismo comunque attuale e originalmente rinnovato nella costante ricerca sulla stesura cromatica, dà vita ad alcune grandi opere di ampio respiro che rappresentano uno fra i momenti più alti di tutta la sua produzione.

Accostabile ad altre grandi tele coeve, come, ad esempio Piazza San Marco, del 1922, pubblicata sempre dal Russo, il dipinto, dal titolo Un Ricevimento, rappresenta un vivace interno borghese durante un'occasione festosa, probabilmente un evento familiare, e mescola attori e caratteri con una facilità esecutiva non scevra da una componente affettuosa e intimamente partecipata. Lo scenario, di solida e rassicurante agiatezza, è reso sontuoso dalla presenza di arredi baroccheggianti, piuttosto consueti nei palazzi napoletani del tempo. In particolare, la presenza di sedie dorate rimanda a quei mobili di famiglia riscontrabili anche nelle scarse ma importantissime documentazioni fotografiche dell'artista e della sua famiglia, quei cugini La Marca - Carlo, seguito da Ferdinando con relativi fratelli, figli e nipoti - che costituivano il riferimento più stretto del suo nucleo parentale e di cui spesso il pittore usava celebrare eventi ed occasioni importanti con il dono di dipinti (B. Bosco, N. La Marca, Economia, società, cultura napoletana fra Ottocento e Novecento, Testimonianze vecchie e nuove su Vincenzo Irolli, Roma 2006). L'ispirazione e l'ambientazione furono quindi utilizzate per altre opere: se, infatti, ritroviamo la stessa sala nel quadretto del 1946 consegnato all'amico Montanari come regalo di nozze per la figlia, anche in quella rivisitazione modernizzata della scena galante ottocentesca, pubblicata dal Russo col titolo La Tazza di The, del 1923, i protagonisti risultano chiaramente mutuati da Il Ricevimento, subito riconoscibili fra le figure che animano la scena e si muovono tra gli oggetti, dalla poltrona allo sfarzoso orologio da tavolo dorato, che caratterizzano l'ambiente prezioso ed elegante (E. Savoia, Vincenzo Irolli. Il pittore del sole, Bologna 2002 ed ancora F. Russo, Ibidem, tav. n.n.).

L'affastellarsi, vivace e rapido, dei personaggi raffigurati, è rafforzato dall'ormai matura padronanza tecnica dell'artista, che costruisce l'immagine con l'energia di pennellate concitate e sovrapposte e, tuttavia, intrise di luce, alternate a stesure cromatiche più fluide e stemperate in cui sottolineare le espressioni e i tratti dei volti. La disinvoltura e la scioltezza esecutiva raggiunte negli anni Dieci e Venti del Novecento da Vincenzo Irolli sono testimoniate da alcune fra le sue composizioni più felici e riuscite, celebratissime anche all'estero, a conferma di una scelta stilistica squisitamente personale in cui l'artista rifugge con convinzione dai neologismi delle avanguardie per sostenere la via di una sperimentazione figurativa, anche tradizionale ma sempre autonoma, pervicacemente incentrata sullo studio e sulla ricerca incessante delle variazioni e delle possibilità di alterazione tonale della luce nel colore.

 

Isabella Bottoni