ARCADE | DIPINTI DAL SECOLO XV AL XVIII

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Giovanni Stanchi

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Giovanni Stanchi

(Roma, 1608 – 1675)

NATURA MORTA DI FRUTTA E FIORI

olio su tela, cm 60x130,5

 

STILL LIFE WITH FRUITS AND FLOWERS

oil on canvas, cm 60x130,5

 

Giovanni Stanchi fu personaggio di primaria importanza nel panorama artistico romano della cosiddetta “pittura di genere”, classificazione astratta della quale la natura morta fi componente fondamentale. Possiamo sostenere anche che fu uno dei maggiori artefici romani della transizione dalla natura morta post caravaggesca alla natura morta barocca.

I suoi inizi furono improntati allo studio dei generi floreali, seguendo un filone parallelo ma distinto da quello di Mario Nuzzi (1606-1673), con il quale ebbe modo di confrontarsi nella realizzazione dei celebri specchi fatti in collaborazione con Carlo Maratti per la galleria grande del palazzo dei principi Colonna. Mentre Nuzzi veniva dalla bottega dello zio Tommaso Salini, Stanchi preferì ispirarsi ai modelli di quei maestri fiamminghi i cui quadri fecero la loro comparsa a Roma nei primi decenni del secolo, in particolare Daniel Seghers (1590-1661).

Le sue prime opere ricalcano i modelli nordici delle ghirlande floreali che Seghers, presente a Roma nel 1625, aveva appreso ad Anversa alla scuola di Brueghel; lo studio degli specialisti fiamminghi risalta con efficacia nelle opere di Giovanni Stanchi che, anche quando ritrae singoli vasi di fiori, manifesta un’accuratezza formale superiore a quella della media dei pittori italiani.

Si vedano, come esempi tipici del suo primo periodo, databili tra la fine degli anni Trenta e l’inizio degli anni Quaranta, i due splendidi vasi di collezione privata in cui Giovanni Stanchi utilizza un vaso all’antica di gusto manierista, azzurro con decori bronzei dorati, una tipologia molto simile a quella visibile alla destra del nostro dipinto.

Pur non rinnegando mai la sua nascita come pittore fiorante, Stanchi diversificò nel tempo le proprie condizioni accostando alle rappresentazioni botaniche una congerie di frutti che andò aumentando di pari passo con l’avvento del decorativismo barocco. Tale impronta è decisamente più accentuata nelle tele realizzate in collaborazione con i fratelli, dove spesso è abbastanza agevole notare una differenza di mano all’interno delle medesime composizioni.

L’attività dell’artista proseguì infatti per circa una cinquantina d’anni durante i quali fondò una bottega famigliare nella quale lavorarono anche i più giovani Niccolò e Angelo Stanchi. Si hanno notizie di lui sino al 1673, quando viene pagato insieme ai fratelli per l’esecuzione delle scenografie per il Palazzo Chigi di Ariccia. Dagli inventari anche per altre famiglie principesche romane come i Pamphilj, i Colonna, i Borghese, i Pallavicini e i Rospigliosi.

Giovanni Stanchi utilizza in questa tela uno schema compositivo organizzato simmetricamente su tre punti focali (a destra il vaso metallico con il bouquet, a sinistra su un ripiano una cesta stracarica di fiori e al centro un melone, due melagrane e grappoli d’uva).

Si trattava di un impianto ben sperimentato e assai efficace, utilizzato soprattutto nei formati bassi e larghi, tipici delle tele che nei palazzi aristocratici erano riservate alle posizioni sopra le porte.

Alcuni dei migliori esempi di quadri raffiguranti frutti e fiori all’interno di ceste, vasi oppure deposti a terra, furono realizzati da Giovanni Stanchi per le famiglie Pallavicini e Rospigliosi e si trovano ancora a Roma nel palazzo omonimo, altri vi sono visti sul mercato dell’arte e in collezione privata.

Il dipinto qui illustrato, inedito, si configura come uno splendido esempio di natura morta concepita per rispondere ai canoni richiesti dalla committenza romana intorno alla metà del secolo. Per il suo arcaismo prebarocco, deve essere datato entro il quinto decennio del Seicento.

Gianluca Bocchi