Importanti Maioliche Rinascimentali

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PIATTO

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PIATTO

URBINO, BOTTEGA DI GUIDO DI MERLINO, 1542 CIRCA

Maiolica dipinta in policromia con verde, giallo, giallo-arancio, blu di cobalto e bruno di manganese.

Alt. cm 4,4, diam. cm 28, diam. cm 12,2.

 

Il piatto presenta un cavetto poco profondo, una larga tesa orizzontale con orlo arrotondato listato di giallo e poggia su un piede ad anello poco rilevato. La superficie è interamente smaltata con abbondanza di materia e presenta alcune bolliture in presenza delle aree decorate in verde scuro e giallo. Alcune sbavature di verde sul retro del piatto, che mostra un’unica linea gialla di decoro all’altezza dell’orlo.

Sul fronte la decorazione si sviluppa su tutta la superficie della coppa e mostra un gruppo di sette figure in abiti romani con elmi e lorica, dei quali uno indossa un cappello frigio e un altro tiene per un polso un bimbo ignudo nell’atto di trascinarlo. Sullo sfondo, decorato da un orizzonte montuoso, una città turrita, una roccia con cespugli frondosi e un insieme di piante dal tronco nodoso e dalle chiome a ciuffi fitti, a delimitare la scena. Le figure hanno corpi massicci e muscolosi, con polpacci arrotondati ma delineati con delicatezza, e piedi allungati.

La scena rappresentata, in assenza di una scritta esplicativa sul retro, non è di semplice identificazione, e si si ipotizza che possa trattarsi dell’episodio biblico di Giuseppe rapito dai fratelli per essere poi venduto agli Ismaeliti (1). Episodio questo che riscontrò un enorme successo nell’iconografia rinascimentale e in particolar modo sulla maiolica istoriata.

La scena è realizzata con rapidità, ma i personaggi sono proporzionati e denunciano la mano sicura di un pittore abile e veloce nel dipingere. Il tratto di pennello in manganese, che sottolinea le forme e i profili del paesaggio montuoso di sfondo, mostra caratteristiche peculiari nella forma delle montagne e delle case sul retro, come pure nella descrizione delle architetture che caratterizzano la città sulla destra del piatto.

Ci è parso di ravvisare una sorta di maturazione di questo stile in un piatto attribuito alla bottega di Guido di Merlino datato 1542, ora al Goethe-Nationalmuseum (2), caratterizzato però da una maggior leggerezza nel tocco e nello stile pittorico, delineando i contorni delle figure con tratto sottile rendendole quasi eteree.

Un confronto particolarmente calzante ci deriva invece dal piatto raffigurante la vicenda di Perillo, conservata all’Ashmolean Museum di Oxford (3). Sovrapponibile morfologicamente e stilisticamente al nostro, mostra uguale impostazione decorativa nella sovrapposizione di più piani con zolle erbose di diversi colori interessate dalla presenza di ciottoli arrotondati e con ciuffi di erba appena accennati, ma anche lo stesso stile nel delineare le figure, come ad esempio i piedi allungati e arcuati con caviglie assottigliate e talvolta mostrati di fronte con le dita un poco aperte, la forma degli elmi e delle loriche e altro ancora. Timothy Wilson, che ha pubblicato l’opera, sottolinea la presenza di un emblema bipartito riferibile ad un servizio prodotto attorno agli anni quaranta per la famiglia Hörwart-Schellenberg. Il piatto, a cui il nostro si avvicina in modo stringente, fu prodotto probabilmente per Helen Schellenberg, sposa nel 1528 con Hans Hörwart, un mercante di Augsburg e Nuremberg con interessi commerciali in Italia. Forse la credenza fu prodotta in occasione del matrimonio o comunque probabilmente per ordine della vedova, che mantenne l’emblema fino alla morte avvenuta nel 1558, come consuetudine. Si tratta di una serie di piatti, circa una trentina, conservati nei principali musei europei, recanti questo emblema. Tra questi il confronto con alcuni piatti conservati nell’Herzog Anton Ulrich Museum Braunschweig (4) e pubblicati da Johanna Lesmann confermano l’attribuzione: si veda in particolare, oltre a quanto già detto dei personaggi, la stringente somiglianza con i paesaggi montuosi dello sfondo e con la città che si intravede sulla destra del piatto con la morte di Virginia, dietro l’emblema e un ampio tendaggio.

D'altro canto la diversità del nostro con altri piatti attribuiti a questa bottega urbinate è facilmente spiegabile con la presenza in essa di una vasta schiera di pittori, tra i quali intorno agli anni quaranta Francesco Durantino con il suo particolare stile pittorico.

 

1 Vedi le Storie di Giuseppe (Genesi, 37-50);

2 LESSMANN 2015, pp. 138-139;

3 WILSON 1989, Inv. WA1947.191.263;

4 LESSMANN 1979, pp. 178-179 nn. 154-157, fornisce un elenco dei pezzi noti.