Importanti Maioliche Rinascimentali

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VASO

€ 40.000 / 60.000
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VASO

Urbino, bottega  di Orazio Fontana, 1565-1570

 

Maiolica decorata in policromia in arancio, verde, blu e bruno di manganese nei toni del nero e del violaceo

alt. cm cm 37 (cm 39,2 con base aggiunta); diam. bocca cm 11; ingombro massimo alle anse cm 32

Sul plinto della base corre l’iscrizione “FATTO IN BOTEGA DE M ORATO FONTANA”

 

Vasta lacuna reintegrata in terracotta all’orlo; mascheroni alla base delle anse ricostruiti in terracotta smaltata a imitazione dell’originale; rottura del calice del vaso, che risulta non pertinente con l’opera originale; lacune e sbeccature ai riccioli dei sostegni, reintegrate in alabastro. Probabile pertanto la successione d’interventi di restauro in periodi diversi.

Il vaso è corredato di documentazione a cura del laboratorio di restauro.

 

Earthenware, painted in orange, green, blue, blackish manganese, and manganese purple

H. 37 cm (39.2 cm with added base); diam. 11 cm; maximum width with handles 32 cm

Inscription running around the plinth ‘FATTO IN BOTEGA DE M ORATO FONTANA’

 

Condition report from restoration department available

 

Il vaso ha corpo ovoidale poggiante su un’alta base triangolare (in parte rifatta in cotto), bocca larga con orlo estroflesso, alto collo cilindrico. Dall’imboccatura si dipartono due coppie di lunghe anse a forma di serpe e terminanti in un mascherone di satiro, molto integrato in restauro. Il piede, con anello a rilievo collocato a interrompere lo stelo, presenta tre riccioli che lo collegano al calice, quasi ad aumentare la tenuta del sostegno. Sotto il piede è collocata una base a triangolo che porta sul plinto una scritta in caratteri capitali delineata in bruno di manganese su fondo blu: “FATTO IN BOTEGA DE M ORATO FONTANA”. Questa base risulta coerente con la parte originale del vaso.

La somiglianza tra il vaso del British Museum e il nostro esemplare, come vedremo, era già stata notata da Tait, che nel suo saggio sulla maiolica del Rinascimento montata in bronzo dorato cita il vaso in esame, affermando che non pareva essere montato in bronzo.

Il corpo è decorato da due scene istoriate: da un lato è raffigurato un gruppo di quattro personaggi maschili barbati nelle vicinanze di una roccia, due dei quali mollemente adagiati su un‘anfora rovesciata, dalla quale scorre un fiume d’acqua; sull’altro lato due figure, una femminile, stante in posizione eretta con un piede appoggiato su un’anfora rovesciata, ed una maschile, anch’essa caratterizzata da un altro vaso simile rovesciato: si tratta certo della raffigurazione di divinità fluviali.

Il vaso è ben noto agli studiosi e ritenuto di grande interesse proprio per la presenza della scritta che lo assegna alla bottega di Orazio Fontana: essa serve a determinare così l’attribuzione di un’intera serie di vasi alla bottega urbinate. Due grandi vasi biansati affini con scene istoriate, uno al Victoria and Albert Museum e l’altro già nella collezione Spitzer, recano inoltre la scritta “FATTO IN URBINO” testimoniando della presenza della bottega a Urbino.

Il punto di riferimento per i corredi farmaceutici analoghi è costituito, insieme al nostro, da un esemplare appartenente a una coppia di vasi montati in bronzo conservata al British Museum, che reca la scritta “FATE IN BOTEGA. DE ORATIO. FONTANA”; l’altro vaso della coppia è del tutto simile al primo quanto a impostazione morfologica, ma non presenta alcuna scritta e ha un’impostazione stilistica differente, benché simile. L’affinità con il primo esemplare, invece, è notevole: anche il soggetto, ma soprattutto lo stile pittorico rivelano la presenza di una stessa mano. Questi oggetti sono molto simili alla prima serie di vasi della Santa Casa di Loreto e sono stati probabilmente realizzati nella prima fase della carriera di Orazio Fontana a Urbino. La bottega di Orazio dovette cominciare la sua attività nel 1565, per terminare con il passaggio al nipote Flaminio nel 1571, dopo la morte di Orazio: in quest’arco cronologico s’inserisce la nostra opera.

Di grande interesse l’analisi dei caratteri stilistici del corredo farmaceutico della Santa Casa di Loreto, quello che più si avvicina all’esemplare in esame per caratteri stilistici, anche se con varianti morfologiche dovute al contenuto farmaceutico, fattore questo che poteva influenzare anche la disposizione dei decori.

Un altro vaso di questa tipologia, anch’esso decorato con divinità fluviali, è stato studiato da Carmen Ravanelli Guidotti ed è conservato in una raccolta privata. Per la personificazione della figura del fiume in quell’oggetto la studiosa propone come fonte dell’ispirazione iconografica le incisioni del “Maestro del Dado” da Giulio Romano, tratte dalla serie che illustra la storia di Apollo e Dafne; riteniamo che questa proposta possa risultare valida anche per il nostro esemplare.

Il nostro vaso è riprodotto in una tavola del Recueil de faïences italiennes di Delange e Borneman del 1869, nella quale si può notare che gli attacchi dell’ansa sono a forma di testa di sfinge e non di mascherone, e lo stato di conservazione sembra migliore.

In seguito, questo vaso passò alla collezione Barker di Londra.

In una lettera del 1967 con la proposta di vendita del vaso da parte dell’antiquario Petreni di Firenze, si parla di un vaso del ’500 con incrinature, dichiarato come proveniente dalla collezione Rothschild e illustrato nel volume di Delange. Nel 1968, in una successiva lettera, ancora Petreni specifica che il vaso era in un primo tempo appartenuto alla collezione “Burke” di Londra, in seguito acquistata da Rothschild e poi venduta in parte all’Hôtel Drouot in data da precisare, e allega i dati riportati da Delange e Borneman nel testo del 1869, citando un vaso con iscrizione identica nella collezione del barone Seillières.