Astolfo Petrazzi
(Siena, 1583 - 1665)
NATURA MORTA DI FRUTTA E FIORI CON TAPPETO E SUPPELLETTILI IN UN PAESAGGIO
olio su tela, cm 210x244
STILL LIFE OF FRUITS AND FLOWER WITH CARPET IN A LANDSCAPE
oil on canvas, 210x244 cm
Di seguito riportiamo integralmente la scheda critica del Prof. Marco Ciampolini datato 28 maggio 2020: "Il dipinto faceva parte di un ciclo composto di quattro tele delle stesse dimensioni,
eseguite per la famiglia Chigi. Tale ciclo fu in un primo momento commissionato a Rutilio Manetti, che eseguì due tele con soggetto biblico, una delle quali, il Lot e le figlie, è oggi a Monteriggioni presso la Banca di Credito Cooperativo del Chianti (Marco Ciampolini, Pitture Senesi del Seicento, Siena, Nuova Immagine Editrice, 2010, p. 263), mentre l’altra è in collezione privata. Dopo la morte del Manetti (1639) ai due dipinti con storie bibliche furono unite due Nature morte delle stesse dimensioni, quella in oggetto, e un’altra in collezione privata a Castelnuovo Berardenga. L’ampliamento della serie fu voluto per celebrare un matrimonio: nel dipinto qui discusso notiamo l’emblema della famiglia Chigi, un monte a sei colli
sormontato da una stella a otto punte, ricamato sul tappeto dove sono posti gli oggetti. Più in disparte appare il crescente dei Piccolomini, usato per come maniglia del vaso
metallico. Il dipinto, infatti, celebra il matrimonio fra Augusto Chigi e Francesca Piccolomini, che si celebrò nel 1641 con dote di 7000 fiorini (Ugo Frittelli, Albero
genealogico della nobil famiglia Chigi patrizia senese (I Chigi, 2.2), Siena, Stabilimento Arti Grafiche S. Bernardino, 1922, p. 62 n. 91). Augusto, nato il 4 dicembre 1604, era il fratello
minore di Fabio, che sarà papa (1655) con il nome di Alessandro VII. Dal suo matrimonio con la Piccolomini, nacque fra l’altro Sigismondo (9 agosto 1649) che fu nominato
cardinale dallo zio nel 1667 ed ebbe un ruolo importante in seno alla corte pontificia del secondo Seicento. La tela mostra una cultura composita tanto che la troviamo schedata, la prima volta, come opera di Pier Francesco Cittadini detto il milanese (Milano 1613/16-Bologna 1681) da Nicosetta Roio (in La Scuola di Guido Reni, a cura di Emilio Negro e Massimo Pirondini,
Modena Artioli per Banco S. Giminiano e S. Prospero, 1992, p. 180). Lo scorso anno invece l’opera è stata presentata come lavoro di “Scuola toscana del secolo XVII” (Roma,
Finarte, 27 maggio 2019, n. 190, fig. col.).
Se alle influenze emiliana e toscana uniamo anche quella romana, evidente nella resa degli oggetti vegetali, abbiamo il tipico accordo culturale di Astolfo Petrazzi, che fu il pittore del Seicento senese più attivo nei generi pittorici del paesaggio e della natura morta, anzi ritenuto in essi, già nel 1630, il miglior pittore della città (lettera del 15 maggio inviata da Mattias de’ Medici al fratello Giovan Carlo, pubbl. da Fabio Bisogni, Mattias de' Medici Governatore di Siena, in Il Palazzo della Provincia a Siena, a cura di Fabio Bisogni, Roma, Editalia per Amministrazione Provinciale di Siena 1990, pp. 150-151). Gli oggetti di natura morta si lasciano confrontare con quelli delle mense di cucina con
cuciniere del Petrazzi, mentre il sintetico paesaggio ricorda quelli dei due sovrapporta con scene dalla Gerusalemme liberata, dipinti da Astolfo per la famiglia Venturi e oggi nel Palazzo Arcivescovile senese. La data 1641 è compatibile con lo stile del pittore in quegli anni segnati dall’esecuzione di grandi pale per importanti chiese di Siena: la Pietà di San Sigismondo (1640, oggi nella Pinacoteca Nazionale di Siena) e la Miracolosa cessazione della peste in Santa Maria dei Servi (1643).