FERNANDO BOTERO
(Medellin 1932 - Monaco 2023)
Ritratto
1966
olio su tela
cm 86x84
firmato e datato in basso a destra
al retro sul telaio cartiglio lotto 260, maggio 2004
Provenienza
Sotheby's, Milano, 25 Maggio 2004, lotto 260
Collezione privata
C’è qualcosa di profondamente familiare e al tempo stesso enigmatico nei personaggi di Fernando Botero. Le sue figure, immobili e solenni, sembrano appartenere a un mondo sospeso, a una realtà che ha perso il ritmo frenetico del presente per ritrovare la calma, la lentezza, la misura del tempo interiore. La figura ritratta in quest’opera del 1966, è un esempio della dimensione poetica dell’artista: un ritratto che parla di quotidianità e di memoria, di intimità e distanza, di un’umanità che si offre allo sguardo senza mai svelarsi del tutto.
L’uomo raffigurato, con l’abito borghese d’altri tempi e la sigaretta tra le dita, sembra immerso in una quieta meditazione. È come se il personaggio, pur nella sua apparente ordinarietà, custodisse dentro di sé un piccolo mistero. Nella tavolozza calda e nei volumi ampi e morbidi si avverte quella sensualità della forma che Botero ha sempre perseguito come fondamento del suo stile. “Non dipingo persone grasse - diceva - ma il volume, la pienezza della vita.”
In questo senso il dipinto è più di un semplice ritratto: è un’interpretazione della realtà, un modo di restituire dignità e monumentalità all’esperienza umana. Le figure di Botero, sospese nel tempo, ricordano per certi aspetti i personaggi di Antonio Donghi, maestro italiano del realismo magico. Anche in Donghi, come in Botero, il quotidiano si trasforma in scena metafisica; la luce nitida, le pose immobili e il silenzio che avvolge i protagonisti creano un’atmosfera rarefatta, dove il tempo sembra fermarsi.
Il legame di Botero con l’Italia è profondo e duraturo. Dopo i primi anni a New York, l’artista trascorse lunghi periodi a Firenze, dove studiò con passione la pittura rinascimentale. Da Piero della Francesca a Masaccio, da Giotto a Paolo Uccello, trasse ispirazione per costruire una propria idea di equilibrio e di volume. Quella lezione italiana, fondata sulla chiarezza delle forme e sulla solennità delle composizioni, rimase per lui un riferimento costante, fuso con la memoria viva della sua Colombia natale.
Così in quest’uomo che fuma convivono due anime: quella latina, nutrita di calore e nostalgia, e quella europea, fondata sulla misura e sull’armonia. Ne nasce un’immagine quieta e potente, dove l’uomo comune diventa simbolo universale della condizione umana: fragile, enigmatica, eterna.