Scultore fiorentino, secolo XVII
MERCURIO IN VOLO
figura in bronzo, alt. cm 62, su base modanata a plinto in marmo verde, cm 23x17x10
Florentine Sculptor, 17th century, Mercury in flight, bronze
Bibliografia di confronto
D. Gasparotto, Grandi scultori. Giambologna, Roma 2005, pp. 72-79;
B. Paolozzi Strozzi, D. Zikos (a cura di), Giambologna. Gli dei, gli eroi, cat. della mostra, Firenze 2006, pp. 254-269
Il giovane atleta, in bilico sulla punta del piede sinistro e il braccio destro proteso verso il cielo, è facilmente riconoscibile come una figura di Mercurio, caratterizzato dalle ali alle caviglie e dal copricapo alato, probabilmente portatore anche del caduceo, di cui rimane traccia nell’impugnatura presente nella mano sinistra. La raffigurazione richiama una delle composizioni più celebri di Giambologna, della quale però esistono due “versioni” principali, la prima risalente al 1563, nota attraverso il bronzo di prova conservato al Museo Civico di Bologna e mai realizzata, caratterizzata da uno sviluppo molto verticale, la seconda più tarda e conservata oggi al Museo del Bargello, nella quale Mercurio si protende in avanti ed è quasi sollevato in volo dal soffio di una testa di Zefiro che funge da base. Proprio a quest’ultima versione va ricondotto secondo Claudio Pizzorusso, che ha studiato la presente scultura, il nostro esemplare “se non altro per la presenza sotto il piede sinistro del soffio di Zefiro, sebbene privo della testa, e per il petaso circolare”. “Analogo – continua lo studioso - è lo slancio in avanti del busto, ma con alcune significative differenze. Lo sguardo è rivolto verso l’alto, ma la testa è meno ruotata, e soprattutto il braccio destro è notevolmente abbassato e più teso in avanti, quasi fosse portatore di una torcia... Gli aggiustamenti qui segnalati lasciano intendere un processo di normalizzazione del modello giambolognesco, compatibile con lo spirito degli scultori fiorentini della prima metà del Seicento”. Degno di nota, infine, sulla spalla anteriore sinistra e sul retro quasi al centro del torace due fori slabbrati che corrispondono, evidentemente, rispettivamente all’entrata e all’uscita di un proiettile d’archibugio: “un danno – sempre secondo Pizzorusso – riscattato dall’essere un sigillo della storia”.