IMPORTANTI MAIOLICHE RINASCIMENTALI

Firenze, 
mer 20 Ottobre 2021
Asta Live 1099
12

PIATTO, CAFAGGIOLO, 1520-1524

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PIATTO, CAFAGGIOLO, 1520-1524

in maiolica decorata in monocromia blu cobalto con tocchi di giallo antimonio; sul retro marca in blu SP; diam. cm 22,6, diam. piede cm 6,4, alt. cm 4,3

 

A DISH, CAFAGGIOLO, 1520-1524

 

Bibliografia di confronto

A. Moore Valeri, Ceramiche del XVI secolo da Santa Reparata in Salto, in “Faenza” 90, nn. 1-6, pp. 30-45, all. C;

D. Thornton, T. Wilson, Italian Renaissance Ceramics, A Catalogue of the British Museum’s Collection, 2 voll., Londra 2009, n. 121

 

Il piatto ha ampia tesa rilevata e orlo liscio e poggia su un piede ad anello appena rilevato. Il piatto è realizzato con un’argilla depurata chiara con un leggero strato di ingobbio sottostante lo smalto; il decoro è realizzato in blu di cobalto e mostra sulla tesa una decorazione “alla porcellana” a maglie larghe, caratterizzata dalla presenza di fiori di briona a corolla intera e piccole foglie di prezzemolo; presenti i segni dei distanziatori. Al centro del cavetto, entro una cornice a cordone, spicca lo stemma della famiglia fiorentina dei Carnesecchi (troncato nel primo bandato d’oro e d’azzurro, nel secondo d’azzurro al rocco di scacchiere d’oro).

Lo mitra vescovile che sormonta lo scudo riconduce ad Alessandro di Zanobi, unico in famiglia ad intraprendere la carriera ecclesiastica, cambiando il proprio nome in Fra Timoteo, che resse il monastero di Santa Reparata in Salto a Marradi tra il 1520 e il 1524. Presso questo convento, che s’ipotizza sia stato distrutto da un evento sismico verificatosi alla fine del XVI secolo, furono rinvenuti numerosi esemplari dello stesso servizio. Proprio la presenza dell’emblema araldico unita all’attestazione archivistica della reggenza del convento da parte di Fra Timoteo in un periodo circoscritto ci fornisce una datazione dell’opera.

La paternità delle botteghe di Cafaggiolo è confermata dalla presenza sul verso della sigla SP, ad attesta l’opera dei due ceramisti montelupini Pietro e Stefano di Filippo di Dimitri Schiavone, attivi a Montelupo dal 1498, e della loro bottega, che continua la produzione anche dopo la morte di Pietro nel 1509 utilizzando la medesima marca. Il confronto con opere simili ci deriva dall’inventario pubblicato da Anna Moore Valeri, che descrive i pezzi di un servito composto da 19 piatti piccoli, un frammento di piatto grosso e un piccolo boccale conservato a Faenza nel Museo Internazionale delle Ceramiche. Altri esemplari di questo vasto servito sono conservati al del Museo del Bargello a Firenze e al British Museum di Londra, recentemente pubblicato e alla cui scheda rinviamo per un approfondimento.