ARCADE | Argenti, libri, porcellane e maioliche

30 - 31 MAGGIO 2019

ARCADE | Argenti, libri, porcellane e maioliche

Asta, 0300
FIRENZE
Palazzo Ramirez-Montalvo
Borgo degli Albizi, 26
30 maggio ore 11.00 
ARGENTI ITALIANI ED EUROPEI

30 maggio ore 15.00 
LIBRI, MANOSCRITTI E AUTOGRAFI

31 maggio ore 11.00 
MAIOLICHE E PORCELLANE
Esposizione
FIRENZE
24 - 27 maggio 2019
orario 10-18 
Palazzo Ramirez-Montalvo
Borgo degli Albizi, 26
info@pandolfini.it
 
 
 
Stima   100 € - 12000 €

Tutte le categorie

391 - 420  di 484
438

PIATTO, DERUTA O AREA VITERBESE, FINE SECOLO XV

in maiolica decorata in blu di cobalto, giallo arancio e verde rame diluito; il piatto ha largo cavetto concavo, balza rilevata e breve, larga tesa orizzontale che termina in un orlo rilevato, piede ad anello. Al centro della composizione un ritratto muliebre dipinto in blu, rivolto a destra con i capelli raccolto sulla nuca da una traccia trattenuta da un nastro che lascia libere delle ciocche sulle spalle e si alza in un largo ciuffo; indossa una veste ampia con un giustacuore a pieghe con large maniche a sbuffo, e di fronte ha un lungo stelo che regge dei boccioli dalla forma appuntita. La balza è decorata da un motivo a tratti paralleli seguito da uno ad archetti concentrici delineati in blu su fondo giallo arancio. La serie delle cornici prosegue sulla tesa con un repertorio decorativo ancora quattrocentesco: archetti, crocette, motivo a corona fogliata e perlinature. Si tratta di un ritratto amatorio, qui delineato in modo molto semplificato, di grande impatto decorativo per l’elegante alternanza di ornati sulla tesa. Il ritratto qui sembra distaccarsi dalle fonti d’ispirazione classica di Pinturicchio per riprendere forse una fonte più realistica. L’ispirazione dell’opera è chiaramente vicina alle espressioni pittoriche su ceramica tipiche di Deruta, ma con una realizzazione più libera dagli schemi e leggermente più attardata. Per alcune caratteristiche tecniche e per il tipo di ornato a fasce concentriche si potrebbe ipotizzare che il piatto possa essere stato prodotto in un’area prossima alla Tuscia nell’ultimo quarto del secolo XV. Si veda in particolare il confronto del profilo con un piatto proveniente da uno scavo nelle adiacenze del Museo di Montelupo, con il quale condivide anche la scelta cromatica. Il repertorio decorativo però è più presente in area umbro-laziale: si consideri in particolare il decoro a piccoli quadrati tagliati ai lati, molto utilizzati insieme ai rombi nei decori della fine del quattrocento; alt. cm 6, diam. cm 31,2

 

A PLATE, DERUTA OR VITERBO AREA, LATE 15TH CENTURY

 

Bibliografia di confronto

F. Berti, Storia della ceramica di Montelupo, Vol. II. Montelupo Fiorentino 1998, p. 242 n. 19

 

Stima   € 4.000 / 6.000
439

BOCCALE, ROMAGNA, METÀ SECOLO XV

in maiolica decorata a zaffera; alt. cm 18, diam. bocca cm 11,5, diam. piede cm 11,2

 

A JUG, ROMAGNA, MID 15TH CENTURY

 

 

Il boccale ha corpo ovoidale abbastanza panciuto, bocca svasata e trilobata, su basso piede leggermente svasato a base piana, ansa a nastro che parte appena sotto l’orlo per scendere e congiungersi al termine della pancia.

Il decoro limitato al fronte prevede un medaglione circondato da una doppia corona di bacche realizzato su uno smalto coprente e bianco assottigliato in alcune zone; al centro un ciuffo di "fior di capperi" realizzati in blu a zaffera e collegati da una sottile pennellata in bruno di manganese. Il decoro e la forma già allargata suggeriscono una datazione avanzata rispetto ad altri esemplari simili: la tipologia infatti compare in Romagna già nel Trecento, ma si pensa in questo caso a una forma già evoluta (C. Ravanelli Guidotti, Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza. La Donazione Angiolo Fanfani. Ceramiche dal Medioevo al XX secolo, Faenza 1990, p. 234 n. 131).

La produzione di questa tipologia decorativa è piuttosto uniforme nei centri “malatestiani” limitrofi a Faenza quali Rimini, Fano e Pesaro. Un boccale esposto al Museo Civico di Fano fa pensare ad una produzione di questo tipo in zona, confermato dai numerosi frammenti con decoro “a zaffera a rilievo” emersi da sterri cittadini, ma la tipologia, anche se molto differenziata per morfologia, è comunque presente in Romagna e nelle Marche, come nel caso di un boccale con corpo sferico proveniente da Pesaro (A. Bettini, La ceramica a Fano tra il XIV e il XVII secolo, in G.C. Bojani, Fatti di ceramica nelle Marche dal Trecento al Novecento, Milano 1997, p. 142, fig. 5).

Stima   € 1.000 / 1.500
440

ALBARELLO, VENEZIA (?), INIZIO DEL SECOLO XVI

in maiolica dipinta in monocromia turchina, imboccatura rotonda con orlo ingrossato, rifinito a stecca, estroflesso e poggiante su breve collo che si apre in una spalla obliqua dal profilo arrotondato; il corpo cilindrico appena rastremato al centro scende in un calice obliquo che termina in un piede estroflesso con orlo tagliato a stecca e poggiante su base piana. Il decoro mostra un motivo a linee parallele sulla spalla e sulla base, separato da linee di diverso spessore dal centro che reca la scritta apotecaria in caratteri gotici Hacit Lauri in un cartiglio incorniciato da due fasce con motivo fogliato semplificato, ma prossimo ai dettami dello stile alla porcellana. Un esemplare molto prossimo è conservato nella collezione Stein al Philadelphia Museum of Art (W. Wendy, Italian Renaissance Ceramics, Philadelphia 2001, p. 191 n. 31), pubblicato come Faenza o Venezia e datato al primo quarto del secolo XVI. Ma opere simili sono conservate anche al Museo di Faenza (inv. 21454/c) e soprattutto (inv. 21353/c). Nel 1987 Carmen Ravanelli Guidotti nel pubblicare un albarello analogo della collezione Mereghi suggerì come opere di questo genere, attribuite per largo tempo alle manifatture faentine, fossero da avvicinare invece ai vasi apotecari della Speziera dei Padri Cappuccini di Mestre, indicando in Venezia una preciso orientamento attributivo; alt. cm 18, diam. bocca cm 11, diam. piede cm 11,4

 

AN APOTHECARY JAR, VENICE (?), EARLY 16TH CENTURY

 

Bibliografia di confronto

C. Ravanelli Guidotti, Donazione Paolo Mereghi. Ceramiche europee ed orientali, Faenza 1987, p. 224 n. 102

Stima   € 1.000 / 2.000
Aggiudicazione  Registrazione
448

PIATTO, VENEZIA, BOTTEGA DI MASTRO DOMENICO, 1570 CIRCA

in maiolica decorata in policromia con blu di cobalto, giallo antimonio, giallo arancio, verde ramina e bruno di manganese. Il piatto ha profondo cavetto e larga tesa obliqua con orlo arrotondato, il retro poggia su un basso piede ad anello appena accennato, al centro del quale è delineato in corsivo in blu di cobalto la scritta David et golia gigante. Sul fronte una scena istoriata con diversi episodi rappresentati su più piani. Nel consueto paesaggio aperto si intravvedono sullo sfondo le tende di un accampamento e più lontano un paesaggio con montagne e cielo al tramonto: delle truppe escono dall’accampamento per inseguire un esercito in fuga, visibile sulla sinistra tra gli alberi; al centro della scena, con un alberello spoglio a fare da quinta, Davide nell’atto di decapitare il gigante Golia, esanime a terra colpito dalla fionda, a terra vicino al gigante. L’opera per stile e decoro ha riscontro nelle migliori interpretazioni su forme aperte della bottega di mastro Domenico, pittore di cui conosciamo solo pochi esemplari firmati, tra i quali un piatto con la stessa scena conservato in una collezione privata americana e studiato da Elisa Paola Sani, che tra l’altro individua la fonte della raffigurazione in un’incisione di Étienne Delaune (1518-1583); alt. cm 5,5, diam. cm 29,8, diam. piede cm 11,5

 

A PLATE, VENICE, WORKSHOP OF MASTRO DOMENICO, CIRCA 1570

 

Bibliografia di confronto

E.P. Sani, in Urbino - Venice. Italian Renaissance ceramics, Parigi 2016, pp. 28-31

Stima   € 3.000 / 5.000
Aggiudicazione  Registrazione
452

COPPIA DI ALBARELLI, PALERMO, FILIPPO PASSALACQUA, 1630 CIRCA

in maiolica decorata in blu di cobalto, giallo antimonio, verde ramina; alt. cm 30, diam. bocca cm 11,8, diam. piede cm 11,2

 

A PAIR OF APOTHECARY JARS (ALBARELLI), PALERMO, FILIPPO PASSALACQUA, CIRCA 1630

 

 

I due vasi hanno forma allungata e rastremata al centro, spalla e calice angolati. Il piede è basso a disco appena estroflesso di dimensioni coerenti con la bocca, non interamente coperto dallo smalto.

Sul fronte, entro un medaglione racchiuso in cornice baccellata, sono delineate con tratto rapido ma sicuro le figure di due sante della cristianità. Il retro dei vasi è interamente decorato dal consueto motivo a trionfi in cui il fondo arancio spicca con prepotenza come pure le lumeggiature gialle sulle armi. Nel primo albarello la santa sorregge con le mani un bastone sormontato da croce con una bandiera raffigurante una croce rossa in campo bianco, probabilmente Sant’Orsola, il cui culto si era affermato in Sicilia fin dal IV secolo. Nel secondo una santa sorregge nella mano destra i due seni che le sono stati tagliati durante il martirio, chiaro riferimento a Sant’Agata, catanese martirizzata nella città natale per non aver mai rinnegato la propria fede.

Tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo la produzione palermitana raggiunge un alto livello grazie alla bottega di Girolamo Lazzaro, che si avvalse del pittore Andrea Pantaleo, artista caratterizzato da uno stile ben riconoscibile (A. Governale, Rectoverso. La maiolica siciliana. Secoli XVI e XVII. Maestri, Botteghe, Influenza, Palermo 1986). Le opere palermitane sono costanti soprattutto nei motivi decorativi minori, come la treccia gialla sul fondo blu, e nelle opere di Pantaleo la sequenza di foglie accartocciate d’acanto in campo arancio.

Tuttavia in questi due vasi lo stile pittorico è differente e ritrova confronto in un grande vaso della collezione del Banco di Sicilia di Palermo (G. Croazzo, in R. Ausenda (a cura di), Le collezioni della fondazione Banco di Sicilia. Le maioliche, Milano 2010, pp. 44-45 n. 7), caratterizzato da alcuni elementi decorativi che riconosciamo nei nostri vasi: gli animali fantastici, i trofei nei toni del manganese con elementi curiosi o insoliti, la tavolozza in blu, manganese e rosso mattone, la disposizione della decorazione che, pur mantenendo una collocazione canonica degli elementi, si distingue per caratteristiche stilistiche sia nella definizione dei ritratti, sia nella realizzazione tecnica dei trionfi (R. Daidone, Aromataria. Maioliche da farmacia e d’uso privato. La collezione di Palazzo Abatellis, Palermo 2005, p. 100). Di particolare interesse l’uso del fondo ocra in uno dei due albarelli in esame, in contrasto con il consueto uso del blu di cobalto.

Stima   € 2.500 / 3.500
Aggiudicazione  Registrazione
453

ALBARELLO, PROBABILMENTE FAENZA, METÀ SECOLO XVI

in maiolica decorata in blu di cobalto, giallo antimonio, verde ramina; alt. cm 29, diam. bocca cm 10,8, diam. piede cm 10,4

 

A PHARMACY JAR (ALBARELLO), PROBABLY FAENZA, MID 16TH CENTURY

 

 

Il vaso ha forma allungata e rastremata al centro, con spalla e calice angolati. Il piede è basso a disco appena estroflesso di dimensioni coerenti con la bocca. Sul fronte, entro un medaglione racchiuso in cornice baccellata, è raffigurato un San Girolamo (?) che avanza in un paesaggio montuoso reggendo la croce.

La decorazione, divisa in più registri, vede sulla spalla e sul calice del piede una catena ad anelli continua in giallo su fondo blu, seguita da un motivo continuo di foglie blu su fondo maiolicato bianco, mentre il verso del vaso è interamente decorato con un ornato a quartieri con un comparto a rosette stilizzate.

Il vaso apotecario ha numerosi riscontri di confronto in opere coeve faentine e in albarelli simili prodotti a Palermo sul finire del secolo XVI.

L’opera trova preciso confronto in un vaso con lo stesso santo, ma più riconoscibile data la presenza del leone, custodito nel Museo Medievale di Bologna, con cui condivide lo stile pittorico e la scelta decorativa a quartieri sul retro (C. Ravanelli Guidotti, Ceramiche occidentali del Museo Civico Medievale di Bologna, Bologna 1985, pp. 252-253 n. 217). Anche un albarello del British Museum, con san Giovanni Battista accompagnato da un fitto motivo a rosette stilizzate sul retro, mostra la stessa scelta morfologica e decorativa, e come il nostro mantiene una certa incertezza attributiva tra Faenza e Palermo, con gli studiosi inglesi propensi per stile e qualità materica all’assegnazione alla città faentina (D. Thornton, T. Wilson, Italian Renaissance Ceramics. A Catalogue of the British Museum’s Collection, Londra 2009, n. 102b).

Stima   € 1.500 / 2.500
Aggiudicazione  Registrazione
391 - 420  di 484