Oggetti d'arte e Scultura, Porcellana e Maiolica

31 MAGGIO 2018
Asta, 0255
59

Scultore attivo a Brescia (Antonio Mangiacavalli?)

Stima
€ 20.000 / 30.000
Scultore attivo a Brescia (Antonio Mangiacavalli?)
DIO PADRE BENEDICENTE,1510 CIRCA
bassorilievo in marmo, cm 70 x 14

Il rilievo raffigurante Dio padre benedicente inserito entro un tondo molto probabilmente doveva essere una chiave di volta.
Il modo con cui sono state definite le pieghe, rigide pur senza raggiungere le spigolosità che vediamo nelle sculture di Amadeo, suggerisce che l'autore del nostro rilievo guardasse già ad opere della fine del Quattrocento o del primo Cinquecento. Tra quelle di tale periodo il volto di questo tondo mostra una certa affinità con il ritratto di Niccolò Orsini per il  proprio monumento funebre, attualmente nel Museo di Santa Giulia a Brescia, attribuito ad Antonio Mangiacavalli, scultore di origine comasca documentato nel 1501 per aver fornito otto colonne per la residenza bresciana di Giacomo Paolo Rovati, ricordato l'anno successivo in una iscrizione sul portale della chiesa di San Lorenzo a Carzago, e identificabile con quell'Antonio da Como che tra 1506 e 1509 realizza con Gaspare Cairano il portale del Duomo di Salò. Il viso di questo Dio padre benedicente richiama quello di Niccolò Orsini per la sua conformazione, per il modo con cui la capigliatura attorno il volto è incisa profondamente mentre la peluria della barba è appena scavata, invece è diversa nei due volti la resa dei capelli sulla fronte (estremamente ferma e regolare per il Dio padre, piuttosto mossa e libera nel ritratto dell'Orsini). Questa differenza trova la sua spiegazione proprio nel fatto che capelli così fatti servono a caratterizzare il ritratto funebre dell'Orsini. 
L'autore di questo Dio padre benedicente sembra aver tenuto conto per la sua realizzazione anche di alcune sculture importanti di epoca tardogotica, ad esempio quella di medesimo soggetto, attribuita a Filippino da Modena, che si trova sul finestrone absidale del Duomo di Milano ed è databile tra 1400 e 1405. In queste due opere infatti è simile l'andamento fluente della capigliatura e della barba e il modo con cui le quattro ciocche si separano: due si posano sopra le spalle e le altre scendono lungo il petto. Un altro elemento di questo Dio padre benedicente sembra attestare la conoscenza di opere milanesi: il gesto di benedizione, nel quale le quattro dita che si oppongono al pollice sono poste in  una maniera che ricorda un'opera di ambito milanese attribuita a Marco d'Oggiono, ovvero Salvator Mundi  della Galleria Borghese di Roma, databile agli inizi el XVI secolo.
Rimane da appurare se questo Antonio fosse parente dei tre fratelli lapicidi comaschi, di nome Vincenzo, Stefano e Francesco e di cognome Mangiacavalli, attivi tra la fine del XV secolo e l'inizio del successivo tra Vicenza, Cremona, Rezzato, Milano e Pavia.