DIPINTI DEL XIX SECOLO

15 MAGGIO 2018

DIPINTI DEL XIX SECOLO

Asta, 0251
FIRENZE
Palazzo Ramirez-Montalvo
Borgo degli Albizi, 26
ore 17:00
Esposizione

FIRENZE
11 - 14 Maggio 2018
orario 10-13 / 14–19 
Palazzo Ramirez-Montalvo
Borgo degli Albizi, 26
info@pandolfini.it

 
 
 
Stima   700 € - 140000 €

Tutte le categorie

61 - 81  di 81
121

Carlo Fornara

(Prestinone 1871 - Prestinone 1968)

NATURA MORTA CON FRUTTI E FIORI

olio su tela, cm 50x60

firmato in basso a sinistra

retro: iscritto "Dipinto da me nel 1952 / C. Fornara", "Alla gentil Signora ... / C. Fornara / 28/7/68"

 

Provenienza

Galleria Mainetti, Milano

Collezione privata

 

Bibliografia

Catalogo Bolaffi della pittura italiana dell'800, n. 2, Torino 1969, p. 212

M. Valsecchi, Nature morte di C. Fornara, Novara 1970, tav. 11

 

"... Su questa fitta trama degli eventi pittorici vissuti da Fornara, molto più complessi che non siano fin qui apparsi, credo sia più facile adesso apprezzare le nature morte (...) e ammirarne l'originalità quanto la ricchezza di invenzione coloristica. Da molti esempi insigni, anche antichi, sappiamo come il dipingere nature morte aiuti l'artista a confidare meglio i suoi pensieri, il suo animo, e i problemi pittorici che lo travagliano. E' un atto di intimità che si traduce meglio con questi motivi che i nordici chiamavano di vita silente e possono limitarsi a un libro aperto, a un fiore in un bicchiere, in pochi frutti sopra a un piatto. L'ispirazione del pittore ne è come aizzata.

A un certo momento della sua vita, dal 1945 circa, da quando cioè Fornara limita sempre più le uscite in valle e riduce gli itinerari dei suoi percorsi alle stanze e allo studio, queste nature morte sono diventate man mano il mondo cui poteva ancora accedere. E forse questa reclusione volontaria accentuava nel pittore il desiderio di una bellezza, dico meglio, di una concretezza oggettiva che gli dicesse, in breve spazio, tutti i colori e tutte le luci del mondo al di là delle finestre o del breve recinto di giardino. La siepe leopardiana spalancava al poeta la sensazione dell'infinito; e così nel pittore quei pochi oggetti familiari. E la ragione è una sola: che quell'infinito, quello splendore di colore e di luce, essi li portavano dentro e attendevano solo un appiglio, anche il più consueto, per esprimerli e comunicarli a tutti".

 

M. Valsecchi, Nature morte di C. Fornara, Novara 1970, s.p.

 

Stima 
 € 20.000 / 30.000
122

Angelo Morbelli

(Alessandria 1853 - Milano 1919)

CANALE A MAZZORBO

olio su tela, cm 71,5x90

firmato e datato "1911" in basso a sinistra

retro del telaio: timbri della Galleria Sacerdoti di Milano

 

Provenienza

Galleria Edmondo Sacerdoti, Milano

Collezione privata

 

Dipinto di calcolata essenzialità ed equilibrio compositivo, condotto mediante un linguaggio divisionista raffinato e maturo, Tramonto sul canale di Mazzorbo, datato 1911, mai esposto vivente l'artista se non con altro titolo, è senza alcun dubbio, tra i lavori imperniati sul paesaggio della laguna veneziana elaborati da Morbelli fra il 1910 e il 1914, uno dei più significativi.

Come testimoniano i numerosi dipinti inviati dal pittore a pubbliche rassegne in quel giro di anni, tutti lavori ambientati alle prime luci dell'alba o a quelle del tramonto - tra questi sia sufficiente ricordare Era già l'ora che volge il desio... presentato nella sua prima redazione nell'autunno del 1910 a Milano nel corso dell'Esposizione Nazionale di Belle Arti, La prima messa e Tramonto a Burano inviati alla Mostra Internazionale di Roma del 1911 -, il soggiorno in laguna dei primi anni dieci si rivela particolarmente felice e proficuo per le sperimentazioni en plein air di Morbelli sulla luce e sul colore. Sfruttando al meglio i suggerimenti offerti dal luogo e dalla sua atmosfera, indagando con metodo il variare delle condizioni cromatico-luminose, Morbelli riesce, infatti, a licenziare dipinti di grande concretezza visiva e pittorica ma, nel contempo, anche di profonda suggestione emotiva. Dipinti, come nel caso di Tramonto sul canale di Mazzorbo, nei quali, in scoperta rottura con la raffigurazione aneddotica del mondo lagunare proposta da Favretto, da Nono, da Fragiacomo imperniata su scorci veristici animati da brani di vita quotidiana, Morbelli restituisce l'immagine di una Venezia crepuscolare, di una Venezia percepita come città al tramonto, di cui sensibilmente riesce a cogliere e trasmettere l'atmosfera di soffusa malinconia, propria del momento presente, nel quale nulla sopravvive degli antichi splendori e del glorioso passato.

Ed ecco che protagonista assoluto della tela qui proposta, visto in controluce e ravvivato solo da un ultimo fuggevole raggio di sole, è proprio un antico palazzo patrizio in rovina che, abbandonato da anni, si staglia silenzioso e inanimato sullo sfondo di un cielo percorso da nubi biancastre e languidamente si riflette sulle acque quasi immote della laguna.

Un'immagine di Venezia e della sua laguna, questa, non nuova, la quale trova riscontro e sostegno in campo letterario ne Le pietre di Venezia di John Ruskin, un vero e proprio inno alla bellezza, all'unicità ma anche alla fragilità di questa città, probabilmente noto all'artista alessandrino attraverso la traduzione di Alessandro Tomei pubblicata dall'editore Ulisse Carboni nel 1910, nel quale l'immagine di una Venezia da cartolina è accantonata a vantaggio della messa a fuoco degli aspetti più pertinenti di città "al tramonto", aspetti che, come già i soggetti del Trivulzio affrontati negli anni precedenti, conducono Morbelli a "vedere" la città lagunare e le sue isole come luogo di attesa della fine. Lo spirito romantico che anima questa concezione, sotto l’aspetto più propriamente pittorico, trova puntuale espressione in una studiata gamma di rapporti cromoluminosi, di valenza evocativa e tendenzialmente simbolica, che consente al pittore di trasporre la veduta in un’immagine di struggente malinconia e di intensa suggestione psicologica, per cui il fatto pittorico, in sintonia con la teoria della Einfühlung, diventa visione di uno stato d'animo.

Di Tramonto sul canale di Mazzorbo ad oggi sono noti anche uno Studio dal vero nel quale il palazzo è colto tuttavia da un'angolazione diversa (olio su tela, 35x50, collezione privata), ed una redazione molto simile alla tela qui presentata, altrettanto suggestiva ed impegnata pur se di dimensioni inferiori e condotta ad impasto (olio su tela, 40 x 55, collezione privata).

Redazione, quest'ultima, che Morbelli avrebbe rielaborato nella tela in oggetto, non solo mediante l'impiego di un fitto linguaggio divisionista, ma, anche, attraverso una sorta di ristrutturazione dell'impianto compositivo attuata tramite una riduzione della veduta agli elementi essenziali con la conseguente eliminazione di tutto ciò che riteneva superfluo al fine di raggiungere un'immagine assoluta e perfino "astratta" del luogo, un'immagine "oltre" la pura percezione visiva.

 

Giovanni Anzani, Elisabetta Chiodini

aprile 2018

Stima   € 140.000 / 180.000
124

Vittore Antonio Cargnel

(Venezia 1872 - Milano 1931)

CAMPAGNA TREVIGIANA IN AUTUNNO

olio su tela, cm 65x100

firmato in basso a destra

retro: iscritto "Campagna trevigiana autunno 1929 V. Cargnel", timbri della Mondial Gallery di Milano

 

Provenienza

Mondial Gallery, Milano

Collezione privata

 

"La luce, nei suoi infiniti riverberi, è il fil rouge che corre da Ultima luce, esposto a Torino nel 1898, sino ai paesaggi degli anni Trenta.

Cargnel si forma del resto in un ambiente ancora fortemente simbolista: la bottega di Cesare Laurenti, l'esordio alla I Esposizione Internazionale d'Arte di Venezia, evento che si chiude con la lettura dell'Elegia d'autunno di Gabriele d'Annunzio in cui si susseguono languide descrizioni della laguna.

Il trasferimento nella provincia trevigiana coincide con una sempre maggiore inclinazione al paysage intime, inteso alla maniera di Guglielmo Ciardi, con cui Cargnel ha sovente occasione di confronto: Canale (Sera, Tramonto sul Livenza) è caricato del profondo senso intimista che Ciardi infondeva in Muti albori presentato alla mostra torinese del 1902. Alla stessa maniera Campagna del Dose o Canale di Cavanella dipendono, sia per contrasto luministico che per affinità tematica, con Il Sile del maestro veneziano. Nelle intense accensioni luminose va tenuto presente anche il nome di Bartolomeo Bezzi che, più anziano di una ventina d'anni, fa dei cangianti specchi d'acqua una delle cifre distintive della propria pittura.

Cargnel condivide in fondo i medesimi soggetti e gli stessi modelli di alcuni coetanei come Zaccaria Dal Bò o Francesco Sartorelli, che si aggiudica il Premio di pittura alla IV Esposizione Triennale di Brera con Vespero, o il trevigiano Luigi Serena che con Il Sile si mostra ancora più prono alla lezione ciardiana.

Compulsando i titoli di Cargnel – Mattino triste, Ultima luce, Fine d'autunno, Fine del giorno... – appare evidente come il paesaggio vada inteso quale riflesso dell'anima, esito che l'artista può raggiungere solo attraverso una calibrata trattazione luministica che dagli sfumati laurentiani degli esordi, vira verso la pastosità della pennellata allo scadere degli anni Dieci, per poi recuperare una campitura ampia e carica di luce negli anni Venti. Cala invece una gelida bruma che dissolve le forme nell'ultimo Cargnel, quello di Le acque sorgive di Calpena o Mattino invernale in cui la presenza umana è ormai del tutto elusa".

 

Vittore Antonio Cargnel (1872-1931), a cura di C. Beltrami, Treviso 2008, p. 44

 

Stima   € 3.000 / 4.000
61 - 81  di 81