Da una collezione Milanese e da altre proprieta' private

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Giuseppe Bernardino Bison

€ 40.000 / 60.000
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Giuseppe Bernardino Bison
(Palmanova Del Friuli 1762 - Milano 1844)
L'ATELIER DELL'ANTIQUARIO
olio su tela, cm 55x65,5
firmato in basso a destra Bison
sul retro del telaio vecchia etichetta con numero d'inventario 536 e altro numero a bistro 319
 
Tra i modelli del Sei e del Settecento che nutrirono l’immaginazione di Giuseppe Bernardino Bison e scatenarono la sua inesauribile creatività ebbe senz’altro un ruolo di primo piano la pittura fiamminga, che l’artista veneziano ebbe modo di conoscere ed apprezzare frequentando le case della nobiltà e dell’alta borghesia triestina.
Dagli esemplari seicenteschi lì conservati, e in particolare dalle scene popolari e borghesi di David Teniers, come da quelle di Adriaen Brouwer che ritraevano e parodiavano il mondo contadino, nascono senza dubbio le sue scene di genere e di interno tra le quali è ancora da rintracciare, ad esempio, il “tableau di genere fiammingo di commissione del Signor Pompeo Redaelli” esposto all’Imperial Regia Accademia di Venezia nel 1838.
Alle opere già note si aggiunge oggi l’inedito qui presentato in cui Bison affronta, forse per l’unica volta, uno dei sotto-generi della pittura d’interno, quello dedicato alla descrizione dello studio del pittore e alla bottega dell’antiquario o alla galleria del collezionista. Un genere, per l’appunto, fiorito nei Paesi Bassi fin dalla prima decade del Seicento grazie all’opera di Jan Brueghel I, e in qualche modo codificato da David Teniers nella serie dedicata alla galleria dell’Arciduca Leopoldo Guglielmo.
E se gli oggetti raffigurati a sinistra nel nostro dipinto, sul tavolo accanto alla finestra aperta, ricordano nella loro molteplicità il gusto per l’oggetto sorprendente e curioso della wunderkammer nordica, del tutto italiani sono invece i dipinti che alle pareti si dispongono simmetricamente mostrando alcuni dei nostri generi pittorici, dalla scena sacra alla natura morta. Si può anzi osservare a questo proposito che la maggior parte di essi, soprattutto le vedute e i paesaggi, sembrano appartenere a un’epoca senz’altro più tarda di quella che gli abiti dei personaggi, o piuttosto i loro costumi di scena, vorrebbero suggerire. Lontano ormai dall’ intento celebrativo o simbolico che aveva animato i suoi predecessori, Bison si limita qui a rievocare, parodiandolo, un mondo e un genere pittorico ormai lontano nel tempo ma che, ridotto a scena gustosa di vita quotidiana, godrà di nuova fortuna nell’Ottocento italiano minore.

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