Da una collezione Milanese e da altre proprieta' private

23 MAGGIO 2013
Asta, 0065
135

Angelo Morbelli

Stima
50.000 / 70.000
Aggiudicazione  Registrazione
Angelo Morbelli
(Alessandria 1853 - Milano 1919)
TRAMONTO SUL CANALE DI MAZZORBO
olio su tela, cm 40x55
firmato e datato 1912
sul retro: etichetta Galleria Bolzani, Milano
 
L'autenticità dell'opera è stata confermata da Giovanni Anzani.
Il dipinto sarà inserito nel prossimo catalogo ragionato dell'opera di Angelo Morbelli, a cura di Giovanni Anzani
 
Dipinto di rara efficacia visiva non solo per la messa a fuoco di uno dei luoghi più suggestivi della laguna e per la sapienza prospettica dell'impianto compositivo, ma anche per la singolare freschezza del tessuto cromatico, per il senso di poesia - la soffusa atmosfera dell'ora vespertina - e di nostalgico ricordo di un lontano passato che il soggetto - un palazzo settecentesco in rovina - trasmette, Tramonto sul canale di Mazzorbo, eccezionalmente datato, 1912, è, tra i paesaggi lagunari eseguiti da Morbelli fra il '10 ed il '14 c., uno dei più significativi. Segna infatti il momento in cui l'artista accantona le vedute a campo lungo che hanno contrassegnato la sua attività veneziana durante il biennio '10-'11 per restringere il campo visivo a un'immagine focalizzata su un particolare architettonico, appunto un palazzo antico, come nel dipinto qui proposto, o un ponte, quale Ponte a Torcello ed altri simili, che l'autore avrebbe affrontato fino al '14 c., quando rinuncia ai soggiorni lagunari per l'approssimarsi della guerra. Punto focale del dipinto è infatti un palazzo settecentesco in stato di rovina e di abbandono, visto in controluce e ravvivato da un'intensa luce che prorompe da una porta al centro della facciata, palazzo che spicca fra due differenti distese d'azzurro, quella di un cielo percorso da nuvole leggere e chiare che dà serenità al luogo e quella di un canale dove, nella zona in ombra, i riflessi bruno-verdastri contrastano le tonalità sbiadite del palazzo, mentre nella parte destra la superficie dell'acqua, appena franta da piccole onde che battono inesorabili contro la riva sotto la spinta della corrente e della brezza della sera, riflette una luce propria dell'ora vespertina. Conferisce grande respiro a questo angolo della laguna la vegetazione intorno al palazzo e sullo sfondo, che Morbelli percepisce nei suoi variegati aspetti sopra un rialzo erboso al di là del quale lo sguardo sprofonda in uno spazio immobile e senza confini, dove la linea ravvicinata dell'orizzonte coincide con il limite dello spazio visivo. Da cui una lettura neoromantica della veduta, contraddetta tuttavia dall'accentuata verticalità del comignolo e dalla facciata del palazzo che fanno da contrappunto geometrico alla linea orizzontale del paesaggio che a sua volta garantisce una misurata bipartizione dello spazio fra cielo ed acqua. Una veduta, pertanto, sì apparentemente lineare, ma, nel medesimo tempo, anche complessa, nella quale il pittore rivisita i paesaggi lagunari di Guglielmo Ciardi degli anni settanta-ottanta, osservati alla biennale di Venezia del '09 in occasione della personale dell'artista, il cui fresco e schietto naturalismo egli converte in un'immagine assoluta e perfino “astratta”, tuttavia sottilmente poetica, e di conseguenza in scoperto disaccordo con una raffigurazione aneddotica del mondo lagunare, dove vengono privilegiati gli scorci veristici con brani di vita quotidiana. Quella di Morbelli è invece l'immagine di una Venezia crepuscolare cara alla cultura romantica, di una Venezia percepita come città al tramonto, di cui il pittore coglie e trasmette l'atmosfera di soffusa malinconia, propria di un'età nella quale nulla sopravvive degli antichi splendori e del glorioso passato. Un' immagine in cui il senso della fine può essere stato suggerito a Morbelli da una pubblicazione di John Ruskin, Le pietre di Venezia, probabilmente nota all'artista attraverso l'edizione Carboni di Roma del '10: dove appunto l'immagine di una Venezia da cartolina illustrata lascia il posto a una Venezia “al tramonto”, la quale, come già i soggetti del Trivulzio affrontati negli anni precedenti, conduce Morbelli a “vedere” la città lagunare e le sue isole come inedito documento di un simbolico trapasso dalla vita alla morte che in pittura trova rispondenza in una gamma di rapporti cromoluminosi, sostanzialmente evocativa e simbolica, la quale conferisce alla veduta un senso di dolente nostalgia e di suggestione psicologica, di pittura come stato d'animo.
 
Giovanni Anzani