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Elisabetta Sirani

€ 20.000 / 30.000
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Elisabetta Sirani
(Bologna 1638-1665)
SACRA FAMIGLIA
olio su tela, cm 62x49 entro cornice coeva riccamente intagliata e dorata
firmato e datato “ELISA.TA SIRANI F. 166[..]”
 
Il soggetto altre volte ripetuto e la data imperfettamente leggibile di questo inedito dipinto, prezioso oggetto di devozione privata, non consentono un riscontro certo con le opere elencate nella Nota delle pitture fatte… dal 1655 compilata da Elisabetta Sirani e pubblicata da Carlo Cesare Malvasia in appendice alla biografia della celebre pittrice bolognese (Felsina Pittrice, II, Bologna 1678, pp.467-476).
Numerosi confronti di ordine stilistico e compositivo suggeriscono tuttavia di collocare la tela nella prima metà degli anni Sessanta quando l’artista, ormai così celebre da essere riconosciuta tra le principali attrazioni della vita culturale bolognese, registrava le opere eseguite per i committenti più importanti ma non quelle donate per amicizia o vendute al di fuori dell’attività organizzata dello studio. Numerose tra queste ultime le opere di devozione privata, talvolta rielaborazioni in piccolo di composizioni documentate. Il nostro dipinto propone ad esempio, con l’aggiunta della figura di San Giuseppe, il tema della Madonna della colomba, noto in un esemplare del 1663 (Isola Bella, collezione Borromeo) di documentata provenienza bolognese, registrato nella Nota come eseguito “per M. Agostino merciaio alle Scuole” e probabilmente replicato in un esemplare diverso oggi non rintracciato che nel 1713 è documentato a Roma nella collezione di Giovan Battista Rospigliosi.
Altri motivi di confronto, ancor più stringenti sotto il profilo stilistico, sono invece da istituirsi con la cosiddetta Madonna della pera, del 1664 (Faenza, Pinacoteca Comunale) e con la tela compagna raffigurante San Giuseppe col Bambino, ove il santo ripete in controparte il modello del nostro (entrambi riprodotti da Adelina Modestini, Elisabetta Sirani. Una virtuosa del Seicento bolognese, Bologna 2004, pp. 58-59, figg. 24-25).
Entrambe le tele citate offrono infatti, oltre a precisi confronti tipologici e compositivi, l’accentuazione delle ombre e la saturazione dei colori che ritroviamo nel nostro dipinto e che nei primi anni Sessanta caratterizza lo stile della Sirani, poi indotta dal padre a recuperare la gamma chiara e smaltata della sua prima attività.
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