Importanti Maioliche Rinascimentali

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PIATTO TONDO

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PIATTO TONDO

SIENA, FERDINANDO MARIA CAMPANI, 1733-1745

Maiolica dipinta in policromia con bruno di manganese, verde ramina, giallo antimonio e blu di cobalto.

Alt. cm 2,6; diam. cm 25,8; diam. base cm 18.

Iscrizione in corsivo nero che corre sul retro lungo l’orlo interno della tesa Iacob ad puteum vidit rachel; et adaquato grege, indicavit et, quod frater esset patris sui; tre piccole etichette con cornice blu, su una è leggibile il numero ‘63’.

 

 

Piatto tondo con orlo liscio, ampia tesa orizzontale, corta balza e ampio cavetto. Il retro è interamente rivestito da un leggero strato di smalto stannifero che mostra sulla tesa pulci e i segni lasciati dai distanziatori di cottura. Attorno alla balza corre la scritta Iacob ad puteum vidit rachel; et adaquato grege, indicavit et, quod frater esset patris sui in corsivo nero di accurata calligrafia. L’orlo è color nocciola con un filetto bruno di manganese. Il dipinto è stato eseguito con i colori a gran fuoco sapientemente accostati. La scena è dominata dal blu dai toni molto forti nelle vesti delle figure e molto sfumati nel paesaggio, nelle lontane cime montuose, nel cielo; il modellato degli incarnati e del pellame animale è realizzato in giallo e bruno; tocchi di verde olivastro e smeraldo creano il prato, le fronde arboree e i ciuffi fogliati. Ed infine un sottile ripasso in bruno accentua i contorni delle figure e tocchi lumeggiati in giallo su prato e paesaggio ne vivacizzano il chiaroscuro.

In primo piano a destra, protagonista della scena istoriata, un giovane forte uomo barbuto con veste blu e manto giallo esprime fisicamente sorpresa nel vedere due giovani donne che si tengono per mano, circondate da pecore e capre che si abbeverano al pozzo. Come ci indica la scritta sul retro, è illustrata la scena della Bibbia (1) in cui si narra del primo incontro di Giacobbe con la bella cugina Rachele che, con la sorella Lia, aveva portato il gregge alla fonte. Giacobbe accettò di servire lo zio Làbano per sette anni per poterla sposare.

La scena figurata deriva fedelmente da un riquadro dell’affresco di Raffaello Sanzio su una volta della Loggia Vaticana (1517-1519). L’incisione ad acquaforte di Nicolas Chaperon, che la riprende, fa parte del volume intitolato Sacrae Historiae Acta a Raphaele urbin. In Vaticanis xystis ad picturae miraculum expressa, pubblicato a Roma nel 1649 con 52 incisioni numerate. La nostra scena è la n. 22 e reca sotto il riquadro figurato la scritta: “Jacob ad puteum, vidit Rachel, et adaguato grege, indicavit ei/quod frater estet patris fui.Gen XXIX”: la scritta ripresa sul retro del piatto.

Vi sono alcuni piatti di maiolica dipinti nello stesso codice formale con scene derivate dalla medesima serie di incisioni raffaellesche e che recano l’iscrizione di identico tipo. Tre portano anche la firma dell’artista senese Ferdinando Maria Campani e la data “1733”. Un piatto che mostra raffigurata la colonna di nubi nell’accampamento ebraico è conservato al Kunstgewerbe Museum di Berlino (2). Due sono al British Museum di Londra: uno rappresenta la Creazione del Sole e della Luna, l’altro la Creazione di Eva (3). Un altro bellissimo pezzo con dipinto il Giudizio di Salomone raffaellesco porta la scritta sul retro ma non la data e firma dell’artista, come il nostro (4).

Ferdinando Maria Campani, nato a Siena nel 1702, era un pittore ad olio, considerato un buon ritrattista e copista di capolavori: sappiamo che aveva eseguito opere per incarico di Violante di Baviera, Principessa di Toscana (5).

Non ha ancora trovato una spiegazione documentaria il suo passaggio alla maiolica e l’assoluta coerenza stilistica con la formula decorativa di Bartolomeo Terchi, il celebre ceramista romano documentato attivo a Siena dal 1725. Gli studiosi ipotizzano che Campani sia stato tecnicamente educato alla decorazione su maiolica dal Terchi, già al servizio della famiglia Chigi da diversi anni a San Quirico d’Orcia (6). La passione per il revival della maiolica istoriata voluta dai Chigi e da Violante di Baviera porta il suo talento di copista alla ceramica.

Per un’altra serie di piatti “per S.A.R.”, forse la stessa Violante, i documenti senesi provano la volontà del “Campani Pittore da piatti” di far acquistare zaffera di alta qualità per fare “un buon turchino” che a Siena non si trovava, e di lamentarsi di “nol può copiare giusto stante la mancanza del color rosso che fa un gran pregiudizio all’originali” (7). E ancora nel 1748 sono registrati pagamenti dei Chigi diretti al Campani per “varie pitture di piatti di coccio situati appesi nelle sale della villa di Centinale opere assai graziosamente colorite e ragionevolmente disegnate” (8).

Il nostro piatto finemente istoriato, come i suoi simili, dal brillante blu apparteneva certamente ad una serie nobile.

Ancora oggi, molti considerano Ferdinando Maria Campani “the finest maiolica artist of the eighteenth century” (9).

 

Raffaella Ausenda

 

1 Genesi, 29, 9-20.

2 Inv. K2164, firmato “1733 Ferdinando Maria Campani Senese dipinxe” (PELLIZZONI-ZANCHI 1982, p. 81 n. 68; HAUSMANN 1972, n. 307).

3 ANSELMI ZONDANARI in ANSELMI ZONDANARI-TORRITI 2012, p. 197.

4 Già collezione privata milanese: PELLIZZONI-ZANCHI 1982, p. 77.

5 Vedi ANSELMI ZONDANARI-CANTELLI-MAZZONI-TRALDI 1996; ANSELMI ZONDANARI, in ANSELMI ZONDANARI-TORRITI 2012, pp. 155-210.

6 A. Cornice, voce, in “Dizionario Biografico degli Italiani”, vol. 17 (1974).

7 2 agosto 1736, vedi G. Mazzoni, Regesto, doc. Archivio Monte dei Paschi, Archivio Sansedoni, in ANSELMI ZONDANARI-CANTELLI-MAZZONI-TRALDI 1996, p. 89.

8 G. Mazzoni, Cenni su B. Terchi e F. M. Campani, in ANSELMI ZONDANARI-CANTELLI-MAZZONI-TRALDI 1996, p. 1996, p. LVI doc. 1748; RAVANELLI GUIDOTTI 1992, p. 196.

9 WILSON 1989, p. 76.