Importanti Maioliche Rinascimentali

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PIATTO

€ 8.000 / 12.000
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PIATTO

CASTELLI D’ABRUZZO, 1580-89

Maiolica ricoperta di smalto blu di cobalto, con decoro in oro e bianco di stagno.

Alt. cm 4; diam. cm 28,4; diam. piede cm 10.

Sotto il piede, tracce di etichetta con scritte a mano poco leggibili in inchiostro nero.

 

 

Il piatto ha cavetto ampio e profondo con tesa obliqua,  poggia su un piede ad anello appena accennato ed è interamente ricoperto da smalto blu intenso che lascia scoperto solo il cercine del piede. Al centro del cavetto compare lo stemma del Cardinale Farnese con i sei gigli blu in campo d’oro, sormontato dal cappello cardinalizio con sei nappe e racchiuso in una cornice dipinta in bianco di stagno; intorno, il caratteristico motivo a fiori quadrangolari accompagnati da un decoro a groppi. Sulla tesa il motivo si ripete in una ghirlanda continua.

La storia di questa fornitura è ormai nota grazie all’esposizione dedicata alle collezioni e al servizio con stemma Farnese (1): il servizio fu eseguito in più riprese tra il 1574 e il 1589, anno della scomparsa del Cardinale Alessandro Farnese. L’attribuzione alle officine di Castelli (2), unanimemente accettata, si basa sul confronto con frammenti emersi dagli scavi condotti nella città abruzzese e trova riscontro in due opere del Museo di Capodimonte in cui compare una sigla interpretabile come Castellorum (3). Le varianti morfologiche e stilistiche tra le opere in “turchina” lasciano però aperti alcuni interrogativi riguardo alla definizione delle botteghe castellane autrici della fornitura e alla cronologia delle varianti esistenti.

La raffinata tecnica di produzione di questi prodotti “compendiari” sembra, attraverso l’analisi dei frammenti, caratterizzata da una pesante invetriatura monocroma, più che dall’applicazione di un vero e proprio smalto come nelle opere faentine (4). Ma la tecnica più sorprendente è quella dell’uso del terzo fuoco per la stesura dell’oro: questa procedura doveva essere causa di un gran numero di rotture dei manufatti durante e dopo la cottura, e comunque riservata dalla bottega incaricata ad una committenza particolare e non abituale, come dimostra l’esistenza di una produzione di turchina senza però applicazione di oro a terzo fuoco.

Come ricorda Luciana Arbace nelle schede relative a queste opere (5), il servizio è elencato tra gli arredi del Palazzo Farnese a Caprarola nel 1626, e si parla di un servizio da credenza di maiolica turchina miniata d’oro con l’arme del Cardinale Farnese ancora presente nella Loggia del Palazzo Farnese di Roma nel 1644, nel 1653 e qualche anno più tardi (6). Di queste opere tra il 1728 e il 1734 se ne conservavano 72, poi trasferite presso il Museo di Capodimonte nel 1760, mentre altre furono disperse.

Le caratteristiche decorative e formali eterogenee hanno fatto pensare non solo all’opera di più botteghe coinvolte nella commissione, ma anche all’esistenza di più di un servizio o committenza, forse anche per il cardinale Odoardo Farnese.

Il piatto in analisi appartiene al gruppo di opere conservate al Museo Duca di Martina a Napoli databile al 1580-1589. L’opera mostra al centro lo stemma del cardinale realizzato probabilmente per sottrazione o utilizzando una mascherina al momento dell’applicazione dell’oro, in modo da ottenere i gigli di colore blu su campo oro come richiesto dall’araldica.

Gli esemplari di confronto già citati sono quelli conservati al Museo di Capodimonte, cui si aggiunge un altro confronto, molto vicino: il piatto di dimensioni appena inferiori con verso privo di decorazione, conservato nel Württemberg Landes Museum di Stoccarda (7).

 

1 ARBACE 1995, pp. 372-374.

2 PESCARA 1989, pp. 126-140.

3 ARBACE 1995, p. 369.

4 RAVANELLI GUIDOTTI in PESCARA 1989, p. 127.

5 Redatte e pubblicate in occasione della celebre mostra di Colorno del 1995, ARBACE 1995

6 ARBACE 1995p. 368 e bibliografia relativa.

7 PESCARA 1989, n. 538.