Importanti Maioliche Rinascimentali

1 OTTOBRE 2015
Asta, 0046
55

FIASCA

Stima
€ 30.000 / 40.000
Aggiudicazione  Registrazione

FIASCA

CASTELLI, ORAZIO POMPEI, 1550 CIRCA

Maiolica dipinta in policromia con blu di cobalto, verde rame, giallo, giallo arancio, bruno di manganese, bianco di stagno.

Alt. cm 34, diam. bocca cm 6,7, diam. piede cm 16,5.

Sotto la base etichetta relativa all’importazione dell’opera nel 1959, etichetta con numero stampato 1523 e timbro galleria BELLINI; altra etichetta con scritta a inchiostro: “Faenza 1500”. Sul collo etichetta circolare stampata “ART THREASURES EXHIBITION MUSEUM”.

Sul corpo in un cartiglio il proverbio latino ”.OdIE.MICHI ../ “ HOC ..OPUS.. HARATII / CRAS. TIBI..” e in basso il nome del preparato in caratteri gotici “Aqua.de.planta”.

 

Opera notificata dallo Stato ai sensi del D.Lgs 42/2004.

  

 

La fiasca ha un corpo piriforme e poggia su base piana con piede a disco, appena visibile. Il collo slanciato doveva terminare in una bocca a colletto largo con profilo appena svasato. Sul corpo si conserva il segno dell’attacco delle anse, che probabilmente avevano un profilo a doppio o triplo cordolo e forma introflessa a ricciolo, all’altezza della bocca, ed estroflessa sul corpo. Sul fronte, entro una riserva semiovale, delimitata da una cornice a fascia decorata a girali fitomorfe con foglie bicrome e piccoli melograni, è dipinto un fanciullo nudo addormentato in posizione prona e appoggiato a un teschio. Sopra la figura si scorge un nastro svolazzante che riproduce un proverbio latino unitamente alla firma del maestro: ”.OdIE.MICHI../ HOC..OPUS..HORATII / CRAS.TIBI..” (oggi a me, domani a te. Questa è opera di Orazio). Il collo mostra poi, nella parte superstite, un bel motivo fitomorfo su fondo aranciato, mentre il retro è interamente decorato con una composizione di girali delineate a pennello in blu di cobalto. Sotto la raffigurazione principale corre il cartiglio relativo al composto farmaceutico, scritto in caratteri gotici: “Aqua.de.planta”.

Il decoro con il putto disteso sul teschio si ritrova su un pilloliere di questo stesso corredo farmaceutico, databile alla metà del secolo XVI e oggi conservato al Museo Duca di Martina a Napoli. Si concorda pienamente con l’interpretazione che ne dà Luciana Arbace, proprio in relazione con la nostra fiasca, di un motivo di Memento mori, come d’altronde conferma il cartiglio descritto sopra.

La fiasca appartiene al vasellame farmaceutico noto agli studi con la denominazione di “Orsini Colonna”, prodotto nel centro di Castelli d’Abruzzo attorno alla metà circa del secolo XVI. Dopo una serie di studi e confronti tra gli studiosi si è ormai accettato il fatto che non si tratti di un corredo farmaceutico vero e proprio, bensì di una tipologia ceramica caratteristica e caratterizzante la produzione del piccolo centro abruzzese.

Nel convegno sulla ceramica di Castelli del 26 agosto 1984 (1), accantonando una lunga serie di attribuzioni a numerose officine dell’Italia centro-meridionale, si giunse ad ascrivere questa fortunata serie apotecaria a Castelli mantenendo la nomenclatura “Orsini Colonna”. Questo diede una definitiva collocazione a una serie di vasi farmaceutici che, fino ad allora, non sembrava univocamente attribuibile a un centro di produzione certo (2). Tutto ciò, come ricorda Carmen Ravanelli Guidotti (3), fece nuova luce su un capitolo fondamentale della storia della ceramica e risultò basilare per le successive attribuzioni.

Infatti, gli studi che fecero seguito ai ritrovamenti nei butti della cittadina abruzzese, effettuati dai Gruppi archeologici (4), portarono ulteriore chiarezza sulla formazione di questa tipologia ceramica e sul contributo alla produzione delle officine castellane, sia quella Pompei sia quella delle altre botteghe a lei prossime, e infine sul rapporto e/o provenienza delle maestranze da altri centri dell’Italia centro-meridionale, oltreché sulle loro fonti di ispirazione (5).

Il corredo è stato in seguito ampiamente studiato e documentato da De Pompeis, e ormai si può affermare che si tratti di uno dei capitoli più completi nella storia della ceramica antica, grazie ai riferimenti stilistici e iconografici, convalidati dalla presenza dell’antico stemma di Castelli (6) su un vaso e del nome di Orazio Pompei su almeno altri due, dei quali uno è quello oggetto di analisi.

Bisogna infine rammentare la questione relativa alla datazione, tradizionalmente ancorata al 1511, anno della “pax romana” fra gli Orsini e i Colonna, oggi discussa. Tale cronologia era stata proposta da Gaetano Ballardini (7) e si basava sull’interpretazione dell’immagine di un orso che regge una colonna raffigurata su una fiasca oggi al British Museum (8), intesa come celebrazione dell’evento: l’effigie fu utilizzata da allora per dare il nome alla intera serie di vasi.

In realtà la congiunzione degli emblemi delle due famiglie, presente in pochi esemplari, e l’attribuzione a Castelli e a Orazio Pompei nello specifico, oltre alla presenza di elementi stilistici particolari (9), muta di fatto la datazione ben oltre la presenza degli Orsini a Castelli (10). Proprio l’attribuzione alla mano di Orazio Pompei, suffragata dalla conoscenza delle rarissime opere firmate, sosterrebbe una datazione compresa nel periodo di attività del maestro castellano (11). Del resto, proprio intorno alla metà del secolo XVI esistono altre testimonianze di avvicinamento tra le famiglie Orsini e Colonna, tradizionalmente rivali, più prossime cronologicamente al periodo di attività di Orazio Pompei (12) e delle botteghe che ruotano attorno alla committenza di questo vasto corredo. La recente ripubblicazione della fiasca Orsini Colonna propende per una datazione da comprendere nel primo periodo di produzione dell’officina Pompei, e quindi prossima alla targa datata 1551: gli autori della scheda pensano che sia possibile una produzione già attiva negli anni ’40 del Cinquecento, culminata nel 1552 con la celebrazione del matrimonio tra Marcantonio Colonna e Felice Orsini (13).

L’etichetta presente sul collo della nostra fiasca ci conferma la sua esposizione alla grande mostra internazionale di antiquariato tenutasi a Manchester nel 1887 (14). L’ulteriore passaggio sul mercato nel 1975 (15) la rese definitivamente nota agli studiosi, che ne fecero un cardine nella storia degli studi della ceramica castellana (16) utilizzando proprio le immagini di quel catalogo d’asta.

 

1 FIOCCO-GHERARDI 1984.

2 Tra le varie attribuzioni non mancava quella a Faenza, come indica anche l’etichetta scritta a penna sotto la base del vaso.

3 RAVANELLI GUIDOTTI 1990, p. 200, dove compare pubblicata la fiasca.

4 C. DE POMPEIS, 1989

5 DONATONE 1986, p. 40.

6 Lo stemma antico di Castelli si trova in un vaso dell‘Ermitage di Leningrado, inv. F2030.

7 BALLARDINI 1936, p. 5 nn. 1-2.

8 THORNTON-WILSON 2009, pp.540-544

9 FIOCCO-GHERARDI 1986.

10 Un ramo della famiglia fu presente a Castelli dal 1340 fino al 1525-1526 quando Camillo Pardo Orsini lasciò la cittadina per tornare a Roma rinunciando al feudo dopo la sconfitta subita dai Francesi da lui appoggiati contro Carlo V.

11 Il maestro nasce a Castelli nel 1516 e vi muore nel 1590-1595 circa. La sua firma ricorre su uno dei mattoni di S. Donato, ed è autore di due targhe, datate rispettivamente 1551 e 1557.

12 Questa fiasca ne è indubbia testimonianza e cardine per il confronto stilistico  e cronologico della sua opera

13 Per la questione della datazione si veda quanto in FIOCCO-GHERARDI 1986; FIOCCO-GHERARDI 2000, pp. 49-50; WILSON 1990, pp. 118-120.

14 “Art Treasures Exhibition”, Manchester 1887.

15 SOTHEBY’S, Firenze 1975, 17-19 dicembre, lotto 354.

16 RAVANELLI GUIDOTTI 1990, p. 200;  De POMPEIS 1989.