Importanti Dipinti Antichi - I

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Astolfo Petrazzi

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Astolfo Petrazzi

(Siena 1580-1653)

CUCINIERA CON GARZONE, CACCIAGIONE, FRUTTA, VEGETALI E UN PESCE

CUCINIERA CON FIGURA VIRILE, SELVAGGINA, CARNI E SALUMI

coppia di dipinti ad olio su tela, cm 114x168; cm 108,5x161,5

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Bibliografia: E. Avanzati, Astolfo Petrazzi, in La natura morta in Italia, a cura di F. Zeri, Milano 1989, II, p. 541, fig. 644 p. 542; E. Avanzati, Astolfo Petrazzi e la natura morta a Siena nella prima metà del Seicento, catalogo della mostra a cura di Pierluigi Carofano, Pisa 2005, pp. CCXV-CCXXVI fig. 7; M. Ciampolini, Astolfo Petrazzi, in Pittori senesi del Seicento, II, Siena 2010, pp. 573, 579.

 

Le opere qui presentate, da considerarsi esemplificative e caratteristiche del genere degli interni di cucine eseguiti da Astolfo Petrazzi, sono provenienti da una nobile dimora senese e collocabili alla fine del quarto decennio del Seicento. Il primo dipinto raffigurante Cuciniera con garzone, cacciagione, frutta, vegetali e un pesce risulta già noto alla critica attraverso i contributi di Elisabetta Avanzati (1989 e 2005) e pubblicato in pendant con quello raffigurante Cuciniera con cacciagione, frutta e vegetali, in origine proveniente probabilmente anch’esso dalla medesima raccolta e successivamente passato in collezione privata fiorentina (Avanzati 1989, II, fig. 645 p. 543). Risulta invece inedito l’altro dipinto che qui presentiamo raffigurante Cuciniera con figura virile, selvaggina, carni e salumi.

Astolfo Petrazzi, figura centrale della pittura senese, oltre alle sue numerose opere di destinazione pubblica svolse, come testimoniano le fonti, una vasta attività per i committenti privati che comprendeva anche molte tele raffiguranti nature morte. Tali opere di destinazione privata costituiscono una parte importante della produzione dell’artista che raggiunse un indiscusso primato a Siena in questo genere.

Questa sorta di specializzazione, che lo rendeva noto anche fuori città, è documentata da una lettera del principe Mattias de’ Medici inviata da Siena il 15 maggio 1630 al fratello Giovan Carlo, dalla quale risulta che quest’ultimo aveva ordinato due quadri con strumenti musicali proprio ad Astolfo, definito artista di genere superiore persino a Rutilio Manetti. I dipinti con figure e brani di natura morta, eseguiti dal pittore e collocabili tra il secondo e il quinto decennio del Seicento, ci danno pertanto conferma della notizia documentaria sopracitata e accertano lo svolgersi di questa particolare attività di Petrazzi in parallelo a quella delle commissioni pubbliche.

Una lettera di Giulio Mancini informa della presenza del pittore a Roma nel 1619 dove il suo soggiorno è attestato con continuità fino al 1622, proseguito probabilmente secondo le fonti fino all’inizio del decennio successivo. Il periodo romano fu importante per lo sviluppo artistico di Petrazzi che da un lato si interessò alle programmatiche descrizioni del reale proprie del naturalismo, realizzando opere come la Suonatrice di liuto, dall’altro fu influenzato dagli allestimenti di merende rustiche e tavole imbandite con l’intento di presentazione attraente del cibo, tipiche della produzione fiamminga, nonché di quella padana ravvisabili ad esempio nelle opere di Vincenzo Campi e di Bartolomeo Passerotti. Fra i pittori romani che ispirarono maggiormente Petrazzi per le sue composizioni si ricordano Tommaso Salini, Pietro Paolo Bonzi detto il Gobbo dei Carracci e il Maestro Acquavella. La notevole considerazione raggiunta dal pittore è testimoniata dalla sua ammissione ad una riunione dell’Accademia di San Luca del 26 giugno 1626, presieduta da Simon Vouet e alla quale parteciparono numerosi artisti di spicco tra cui Orazio Riminaldi, Giovanni Baglione e Théophile Bigot.

Aspetto non trascurabile per lo sviluppo del collezionismo di nature morte in Toscana è costituito dalla richiesta, a partire dal secondo decennio del Seicento, da parte di Cosimo II di tele con nature morte fatte spedire a Firenze da Roma. Alla luce di ciò trova ragione l'inizio, in età ormai tarda, della produzione di quadri di genere da parte di Jacopo da Empoli a cui Petrazzi guardò soprattutto per la rappresentazione degli animali appesi in bell’ordine o collocati sulla tavola. Rispetto tuttavia agli esempi empoleschi il pittore senese operò una più libera disposizione degli animali e dei vegetali, meno simmetrica e regolare, dando un taglio più naturale alle scene e realizzando composizioni più articolate e ricche.

 

I due dipinti qui presentati riflettono pienamente i vari riferimenti attinti dal pittore dalla cultura artistica nordica, sia fiamminga che padana, coniugata agli esempi della pittura morta romana e di quella toscana.

La giovane cuciniera del primo dipinto qui proposto viene raffigurata intenta a preparare il pesce su una tavola con frutta e ortaggi, assistita da un giovane garzone, all’interno di una ricca dispensa nella quale sono appesi selvaggina e pollami. Sulla destra vengono raffigurati i commensali che si apprestano a consumare le pietanze appena preparate, quasi memorie anche nella rappresentazione della piattaia della cultura artistica nordica e dei Bassano, sullo sfondo uno scorcio di paesaggio con borgo. Come in tutte le opere di questo genere ricorre il medesimo taglio compositivo con le figure a mezzo busto e il sottostante tavolo che delimita la parte inferiore del dipinto, impostazione che ritroviamo quindi sia nel pendant sopracitato di collezione privata fiorentina sia nel secondo dipinto qui proposto in vendita raffigurante Cuciniera con figura virile, selvaggina, carni e salumi.

In quest’ultima opera che rappresenta un momento successivo a quello della preparazione del pasto viene raffigurata una giovane cuoca che lava i piatti con accanto una figura maschile intenta a mescere il vino, sul piano di lavoro sono disposti in bella mostra salumi, ortaggi, frutti di bosco, pane, carni e alle pareti della cucina selvaggina appesa. Anche nella presente tela si scorge uno sfondo di paesaggio allusivo ad una ambiguità tra interno ed esterno che si richiama alla tradizione della pittura veneta. Nelle due composizioni l’attenzione non è rivolta puramente agli oggetti ma anche all’ambiente e alle figure umane in azione che conferiscono un tono narrativo alla scena.