Importanti Maioliche Rinascimentali

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COPPA SU ALTO PIEDE

€ 120.000 / 180.000
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COPPA SU ALTO PIEDE

Gubbio, lustro firmato da Mastro Giorgio Andreoli, “1526”

 

Maiolica decorata in policromia con giallo, blu, turchino, verde, rosso, arancio e bruno di manganese; lustro rosso e oro

alt. cm 6; diam. cm 31,5; diam. piede cm 12,6

Sul retro, in lustro dorato, è dipinta la sigla “1526/M°G°

Sul retro piccola etichetta di carta con stampa “ON LOAN FROM” e iscritta a china “The Rev.o S Berney”; grande etichetta, poco leggibile, con la seguente scritta a china “Berney collection/ The Taddea da Carrara Della Scala/ Giorgio/ After Marc Antonio from Raphael/ The portrait of Taddea della Scala (who is being led/ to the Saviour in token of her great charity as foundress/ of the great Casa di Pietà at Verona) is taken from/ a grotesque picture which is over the altar in the/ church as S. Anastasia in Verona which represents/ Mastino II (prince of Verona) Della Scala & Taddea/ da Carrara, his wife kneeling before the Virgin./ The landscape […] the bridge to the fortress of Verona/ the Castellum Vetus, the old castle & the further parts of/ the tower seen in the distance to the right/ the Episcopal palace with its […]/ are […] visible/ R.S.Berney”

 

Intatta

 

Corredato da attestato di libera circolazione

 

Earthenware, painted in yellow, blue, turquoise, green, red, orange, and manganese; red and golden lustre

H. 5.3 cm; diam. 31.5 cm; foot diam. 12.6 cm

On the back, ‘1526/M°G°’ painted in golden lustre

Small paper printed label ‘ON LOAN FROM’ with hand-written in black ‘The Rev.o S Berney’; small label hand-written in black ink ‘In Rev.o S Bernay’/ ‘18’; larger label (hardly readable) hand-written in black ink ‘Berney collection/ The Taddea da Carrara Della Scala/ Giorgio/ After Marc Antonio from Raphael/ The portrait of Taddea della Scala (who is being led/ to the Saviour in token of her great charity as foundress/ of the great Casa di Pietà at Verona) is taken from/ a grotesque picture which is over the altar in the/ church as S. Anastasia in Verona which represents/ Mastino II (prince of Verona) Della Scala & Taddea/ da Carrara, his wife kneeling before the Virgin./ The landscape […] the bridge to the fortress of Verona/ the Castellum Vetus, the old castle & the further parts of/ the tower seen in the distance to the right/ the Episcopal palace with its ” […]/ are […] visible/ R.S.Berney”

 

In very good condition

 

An export licence is available for this lot

 

La coppa, dalla foggia ampia e liscia, è orlata da un bordo appena rialzato e poggia su un piede ad anello basso e svasato.

Sul retro, la coppa presenta delle decorazioni a lustro con spirali fogliate e la marca “M°G°” della bottega di Mastro Giorgio Andreoli, associata alla data 1526.

Sul fronte in primo piano, su una ripida scalinata sale Marta che accompagna la giovane Maria Maddalena introducendola al Cristo. Questi, benedicente, siede su un trono dai braccioli di forma leonina, collocato tra due colonne. Molti spettatori assistono alla scena mostrando perplessità: i quattro apostoli attorno al Cristo, e – in basso - due gruppi di figure ne discutono animatamente. A sinistra, una quinta è formata da una libera composizione di elementi architettonici, con archi spezzati, portali e finestre. Lo sfondo presenta un complesso gioco paesaggistico: a sinistra un’altura con strade, porte urbane ed edifici disordinatamente collocati a diverse altezze, sormontata da una figura di erma. A destra, dietro un’ampia area pratosa col sentiero a zigzag e un forte steccato, si apre un profondo paesaggio con fiumi, una città murata dominata da un castello turrito, un’alta montagna pietrosa e un leggero profilo montuoso in lontananza. Il cielo scende alleggerendo il tono blu fino al giallo nell’incontro degli ultimi monti. Piccoli cirri nuvolosi si muovono lasciando chiare scie.

Marta, centro narrativo della composizione, porta una veste gialla con manto nerastro, permettendo così alla forza cromatica della veste blu e del manto giallo-arancio e rosso di Maddalena una superiore potenza visiva. Anche la combinazione cromatica delle vesti del Cristo ne esalta la figura: rosa, arancio e viola. L’accordo nei colori è impreziosito dall’uso dei pregiati lustri metallici in rosso e oro di Mastro Giorgio Andreoli che appone la sua marca sul retro, unitamente alla data. Con questa tecnica un finissimo tessuto di ornati arricchisce l’intera scena: profila le architetture, lumeggia cielo e montagne, decora i tessuti degli abiti delle figure fino a ingioiellare la bellezza femminile della Maddalena.

Il soggetto è ricavato dall’incisione di Marcantonio Raimondi nota come la Madonna della scala, tratta dalla composizione eseguita dopo la morte di Raffaello da Giulio Romano e Giovanni Francesco Penni e terminata da Perino del Vaga per la lunetta della cappella di Trinità dei Monti a Roma.

L’incisione è utilizzata integralmente per quanto riguarda i personaggi, salvo per lo stile dei volti, alcuni resi più anziani. Il paesaggio e le architetture, invece, si discostano dal modello, lasciandoci intravvedere sullo sfondo un ampio scorcio incorniciato da alcune architetture classiche, secondo il gusto della pittura su maiolica.

Ad oggi questo rimane un esempio insuperato di rigore tecnico formale e di stile pittorico: sono infatti veramente rari i piatti di qualità artistica paragonabile.

La datazione della nostra coppa s’inserisce nel periodo in cui la bottega di Mastro Giorgio Andreoli a Gubbio produce alcuni dei suoi massimi capolavori, e in cui vediamo variamente impiegati sia il raffinato Nicola, che lì porta a lustrare le sue opere, sia altri pittori probabilmente attivi nella bottega. Timothy Wilson ricorda questa coppa come parte di un gruppo di piatti a lustro di grande qualità prodotti dalla bottega di Gubbio negli anni Venti del ’500, tutti marcati a lustro “M°G°” e datati “1526”, ritenendo che tutti i pezzi siano stati prodotti e lustrati nella bottega di Mastro Giorgio. A questa serie associa anche un piatto datato “1524” con scena biblica, attribuito poi da Sannipoli al pittore di Fetonte. Wilson sottolinea come la stesura risenta di una sorta di manierismo pittorico, evidente per esempio nel disegno dei nasi dalla linea dritta, e ne riconosce alcune caratteristiche stilistiche vicine alla mano del pittore Nicola da Urbino, presente in quegli anni a Gubbio insieme a numerosi altri.

Il confronto con le opere certe di Nicola, o con opere a lui attribuite, si concentra sui dettagli stilistici coerenti, che sono qui ben evidenti nei profili dei volti, nelle mani e nelle architetture. È quindi nella cerchia del maestro che s’inserisce l’opera del pittore sopra individuato.

La nostra opera è stata recentemente pubblicata da Claudio Paolinelli per illustrare come la stessa incisione fosse variamente interpretata o usata all’interno delle singole botteghe. Il raffronto è fatto con un piatto raffigurante la stessa scena, ma con personaggi modificati rispetto all’incisione di Raimondi da Raffaello, come spiega l’iscrizione sul retro, che specifica: “La Regina di Sabba...”. Altri piatti sui quali ricorre la medesima incisione, ma rielaborata in maniera sempre diversa, sono ricordati da Paolinelli, con particolare riferimento al grande piatto della collezione Wallace.

Un’altra coppa con lo stesso soggetto figurativo, conservata al Museo dell’Ermitage di San Pietroburgo e firmata “Fabriano/ 1527”, fu per lungo tempo attribuita alla mano di Nicola. Nel 2003 Ivanova ha ribadito questa attribuzione.

La coppa è stata citata anche da Carmen Ravanelli Guidotti in relazione allo studio delle incisioni da Raffaello e al loro utilizzo nella maiolica italiana.

L’opera è dunque, con quelle che seguono (lotti 35 e 36 di questo catalogo), tra gli oggetti di maggior interesse nella storia della manifattura eugubina e nell’ambito del complesso lavoro di riconoscimento delle personalità pittoriche che vi lavorarono.

L’oggetto, noto agli studiosi perché pubblicato nella collezione Adda, passò nel 1967 a Cyril Humphris, il quale, nella documentazione allegata al piatto, ci informa circa la precedente provenienza, e cioè la collezione Berney. La scritta sull’etichetta apposto sul retro testimonia l’entusiasmo di questo collezionista: Berney infatti scrive che la Maddalena cela il ritratto di Taddea della Scala, giustificandone l’attribuzione con la presenza sullo sfondo della rocca di Verona. Ipotizziamo che si volesse giustificare con un’ispirazione veneta la presenza di Xanto Avelli a Gubbio, oppure semplicemente leggere un’esaltazione in chiave simbolica della scena di Raffaello, associando la supposta “Madonna della Scala” alla gentildonna veronese.