BERTOZZI&CASONI
(Imola 1980)
Cestino della Discordia
2000
ceramica policroma
cm 42x27
sotto la base firmato, datato e titolato
Provenienza
Centro d'Arte Allori, Figline Valdarno (FI)
Collezione privata
Grandi sperimentatori e protagonisti della scena artistica contemporanea, Giampaolo Bertozzi e Stefano Dal Monte Casoni hanno trasformato la ceramica in un linguaggio concettuale capace di raccontare, con ironia e precisione formale, le contraddizioni del nostro tempo. Il loro lavoro nasce da una continua tensione tra l’artigianato e l’industria, tra l’estetica dell’oggetto e la riflessione sulla caducità della materia.
Dopo gli studi presso la Scuola di Ceramica di Faenza, i due fondano nel 1980 a Imola la Bertozzi & Casoni Inc., un marchio volutamente “collettivo” che fonde i principi dell’impresa con quelli della creazione artistica. L’obiettivo è chiaro: superare la tradizionale distinzione tra arte, design e produzione, dando vita a un laboratorio dove la sperimentazione tecnica e quella concettuale convivono in perfetto equilibrio.
Negli anni Ottanta, in un panorama segnato dalla Transavanguardia e dal ritorno alla manualità, Bertozzi e Casoni recuperano la maiolica dipinta per reinventarla. Attraverso smalti, colori e superfici lucide, costruiscono mondi in cui la realtà quotidiana è osservata con sguardo clinico e insieme poetico: un realismo esasperato che diventa allegoria del presente.
In questa prospettiva si collocano le due opere presentate: un cestino della discordia popolato da lumache e oggetti domestici e un vassoio su cui giacciono una pistola senza grilletto, tazzine da caffè e stoviglie con mosche morte al loro interno. Entrambe le composizioni uniscono il fascino dell’iperrealismo alla tensione del paradosso: elementi familiari e quotidiani vengono isolati e ricomposti in scenari apparentemente banali ma intrisi di ambiguità. Le superfici smaltate, levigate fino a raggiungere una perfezione quasi artificiale, congelano il momento, sospendendo il tempo come in un fermo immagine.
Nel cestino con le lumache, la lentezza della natura si contrappone all’accumulo degli oggetti, alla materia dell’uomo che invade lo spazio vitale. Nel vassoio con la pistola e le tazzine, invece, la quiete domestica è interrotta da un elemento di minaccia, un’arma privata della sua funzione (il grilletto), e da minuscoli segni di decomposizione. Le mosche morte, inserite con minuziosa cura, diventano emblema di un ordine incrinato, di una bellezza che trattiene in sé il principio del suo stesso disfacimento.
In entrambe le opere, l’ironia non cancella l’inquietudine, ma la amplifica. Gli oggetti, riprodotti con una verosimiglianza quasi ossessiva, diventano simulacri di un mondo in cui naturale e artificiale, organico e industriale si contaminano. È qui che emerge la visione più autentica di Bertozzi e Casoni: la volontà di raccontare, attraverso la materia ceramica, la contraddizione dell’esistenza contemporanea, sospesa tra il desiderio di eternità e l’inevitabile deterioramento delle cose.
La ceramica, fragile e resistente insieme, assume così un ruolo simbolico: è memoria e testimonianza, superficie che riflette ciò che l’uomo lascia dietro di sé. Nelle mani di Bertozzi e Casoni diventa un linguaggio totale, capace di unire iperrealismo tecnico e surrealismo concettuale, eleganza e disincanto, in un equilibrio sottile che rende ogni opera un frammento di vita cristallizzata: lucida, ambigua, ancora palpitante di senso.