DIPINTI DEL XIX SECOLO

15 MAGGIO 2018

DIPINTI DEL XIX SECOLO

Asta, 0251
FIRENZE
Palazzo Ramirez-Montalvo
Borgo degli Albizi, 26
ore 17:00
Esposizione

FIRENZE
11 - 14 Maggio 2018
orario 10-13 / 14–19 
Palazzo Ramirez-Montalvo
Borgo degli Albizi, 26
info@pandolfini.it

 
 
 
Stima   700 € - 140000 €

Tutte le categorie

1 - 30  di 81
124

Vittore Antonio Cargnel

(Venezia 1872 - Milano 1931)

CAMPAGNA TREVIGIANA IN AUTUNNO

olio su tela, cm 65x100

firmato in basso a destra

retro: iscritto "Campagna trevigiana autunno 1929 V. Cargnel", timbri della Mondial Gallery di Milano

 

Provenienza

Mondial Gallery, Milano

Collezione privata

 

"La luce, nei suoi infiniti riverberi, è il fil rouge che corre da Ultima luce, esposto a Torino nel 1898, sino ai paesaggi degli anni Trenta.

Cargnel si forma del resto in un ambiente ancora fortemente simbolista: la bottega di Cesare Laurenti, l'esordio alla I Esposizione Internazionale d'Arte di Venezia, evento che si chiude con la lettura dell'Elegia d'autunno di Gabriele d'Annunzio in cui si susseguono languide descrizioni della laguna.

Il trasferimento nella provincia trevigiana coincide con una sempre maggiore inclinazione al paysage intime, inteso alla maniera di Guglielmo Ciardi, con cui Cargnel ha sovente occasione di confronto: Canale (Sera, Tramonto sul Livenza) è caricato del profondo senso intimista che Ciardi infondeva in Muti albori presentato alla mostra torinese del 1902. Alla stessa maniera Campagna del Dose o Canale di Cavanella dipendono, sia per contrasto luministico che per affinità tematica, con Il Sile del maestro veneziano. Nelle intense accensioni luminose va tenuto presente anche il nome di Bartolomeo Bezzi che, più anziano di una ventina d'anni, fa dei cangianti specchi d'acqua una delle cifre distintive della propria pittura.

Cargnel condivide in fondo i medesimi soggetti e gli stessi modelli di alcuni coetanei come Zaccaria Dal Bò o Francesco Sartorelli, che si aggiudica il Premio di pittura alla IV Esposizione Triennale di Brera con Vespero, o il trevigiano Luigi Serena che con Il Sile si mostra ancora più prono alla lezione ciardiana.

Compulsando i titoli di Cargnel – Mattino triste, Ultima luce, Fine d'autunno, Fine del giorno... – appare evidente come il paesaggio vada inteso quale riflesso dell'anima, esito che l'artista può raggiungere solo attraverso una calibrata trattazione luministica che dagli sfumati laurentiani degli esordi, vira verso la pastosità della pennellata allo scadere degli anni Dieci, per poi recuperare una campitura ampia e carica di luce negli anni Venti. Cala invece una gelida bruma che dissolve le forme nell'ultimo Cargnel, quello di Le acque sorgive di Calpena o Mattino invernale in cui la presenza umana è ormai del tutto elusa".

 

Vittore Antonio Cargnel (1872-1931), a cura di C. Beltrami, Treviso 2008, p. 44

 

Stima   € 3.000 / 4.000
122

Angelo Morbelli

(Alessandria 1853 - Milano 1919)

CANALE A MAZZORBO

olio su tela, cm 71,5x90

firmato e datato "1911" in basso a sinistra

retro del telaio: timbri della Galleria Sacerdoti di Milano

 

Provenienza

Galleria Edmondo Sacerdoti, Milano

Collezione privata

 

Dipinto di calcolata essenzialità ed equilibrio compositivo, condotto mediante un linguaggio divisionista raffinato e maturo, Tramonto sul canale di Mazzorbo, datato 1911, mai esposto vivente l'artista se non con altro titolo, è senza alcun dubbio, tra i lavori imperniati sul paesaggio della laguna veneziana elaborati da Morbelli fra il 1910 e il 1914, uno dei più significativi.

Come testimoniano i numerosi dipinti inviati dal pittore a pubbliche rassegne in quel giro di anni, tutti lavori ambientati alle prime luci dell'alba o a quelle del tramonto - tra questi sia sufficiente ricordare Era già l'ora che volge il desio... presentato nella sua prima redazione nell'autunno del 1910 a Milano nel corso dell'Esposizione Nazionale di Belle Arti, La prima messa e Tramonto a Burano inviati alla Mostra Internazionale di Roma del 1911 -, il soggiorno in laguna dei primi anni dieci si rivela particolarmente felice e proficuo per le sperimentazioni en plein air di Morbelli sulla luce e sul colore. Sfruttando al meglio i suggerimenti offerti dal luogo e dalla sua atmosfera, indagando con metodo il variare delle condizioni cromatico-luminose, Morbelli riesce, infatti, a licenziare dipinti di grande concretezza visiva e pittorica ma, nel contempo, anche di profonda suggestione emotiva. Dipinti, come nel caso di Tramonto sul canale di Mazzorbo, nei quali, in scoperta rottura con la raffigurazione aneddotica del mondo lagunare proposta da Favretto, da Nono, da Fragiacomo imperniata su scorci veristici animati da brani di vita quotidiana, Morbelli restituisce l'immagine di una Venezia crepuscolare, di una Venezia percepita come città al tramonto, di cui sensibilmente riesce a cogliere e trasmettere l'atmosfera di soffusa malinconia, propria del momento presente, nel quale nulla sopravvive degli antichi splendori e del glorioso passato.

Ed ecco che protagonista assoluto della tela qui proposta, visto in controluce e ravvivato solo da un ultimo fuggevole raggio di sole, è proprio un antico palazzo patrizio in rovina che, abbandonato da anni, si staglia silenzioso e inanimato sullo sfondo di un cielo percorso da nubi biancastre e languidamente si riflette sulle acque quasi immote della laguna.

Un'immagine di Venezia e della sua laguna, questa, non nuova, la quale trova riscontro e sostegno in campo letterario ne Le pietre di Venezia di John Ruskin, un vero e proprio inno alla bellezza, all'unicità ma anche alla fragilità di questa città, probabilmente noto all'artista alessandrino attraverso la traduzione di Alessandro Tomei pubblicata dall'editore Ulisse Carboni nel 1910, nel quale l'immagine di una Venezia da cartolina è accantonata a vantaggio della messa a fuoco degli aspetti più pertinenti di città "al tramonto", aspetti che, come già i soggetti del Trivulzio affrontati negli anni precedenti, conducono Morbelli a "vedere" la città lagunare e le sue isole come luogo di attesa della fine. Lo spirito romantico che anima questa concezione, sotto l’aspetto più propriamente pittorico, trova puntuale espressione in una studiata gamma di rapporti cromoluminosi, di valenza evocativa e tendenzialmente simbolica, che consente al pittore di trasporre la veduta in un’immagine di struggente malinconia e di intensa suggestione psicologica, per cui il fatto pittorico, in sintonia con la teoria della Einfühlung, diventa visione di uno stato d'animo.

Di Tramonto sul canale di Mazzorbo ad oggi sono noti anche uno Studio dal vero nel quale il palazzo è colto tuttavia da un'angolazione diversa (olio su tela, 35x50, collezione privata), ed una redazione molto simile alla tela qui presentata, altrettanto suggestiva ed impegnata pur se di dimensioni inferiori e condotta ad impasto (olio su tela, 40 x 55, collezione privata).

Redazione, quest'ultima, che Morbelli avrebbe rielaborato nella tela in oggetto, non solo mediante l'impiego di un fitto linguaggio divisionista, ma, anche, attraverso una sorta di ristrutturazione dell'impianto compositivo attuata tramite una riduzione della veduta agli elementi essenziali con la conseguente eliminazione di tutto ciò che riteneva superfluo al fine di raggiungere un'immagine assoluta e perfino "astratta" del luogo, un'immagine "oltre" la pura percezione visiva.

 

Giovanni Anzani, Elisabetta Chiodini

aprile 2018

Stima   € 140.000 / 180.000
121

Carlo Fornara

(Prestinone 1871 - Prestinone 1968)

NATURA MORTA CON FRUTTI E FIORI

olio su tela, cm 50x60

firmato in basso a sinistra

retro: iscritto "Dipinto da me nel 1952 / C. Fornara", "Alla gentil Signora ... / C. Fornara / 28/7/68"

 

Provenienza

Galleria Mainetti, Milano

Collezione privata

 

Bibliografia

Catalogo Bolaffi della pittura italiana dell'800, n. 2, Torino 1969, p. 212

M. Valsecchi, Nature morte di C. Fornara, Novara 1970, tav. 11

 

"... Su questa fitta trama degli eventi pittorici vissuti da Fornara, molto più complessi che non siano fin qui apparsi, credo sia più facile adesso apprezzare le nature morte (...) e ammirarne l'originalità quanto la ricchezza di invenzione coloristica. Da molti esempi insigni, anche antichi, sappiamo come il dipingere nature morte aiuti l'artista a confidare meglio i suoi pensieri, il suo animo, e i problemi pittorici che lo travagliano. E' un atto di intimità che si traduce meglio con questi motivi che i nordici chiamavano di vita silente e possono limitarsi a un libro aperto, a un fiore in un bicchiere, in pochi frutti sopra a un piatto. L'ispirazione del pittore ne è come aizzata.

A un certo momento della sua vita, dal 1945 circa, da quando cioè Fornara limita sempre più le uscite in valle e riduce gli itinerari dei suoi percorsi alle stanze e allo studio, queste nature morte sono diventate man mano il mondo cui poteva ancora accedere. E forse questa reclusione volontaria accentuava nel pittore il desiderio di una bellezza, dico meglio, di una concretezza oggettiva che gli dicesse, in breve spazio, tutti i colori e tutte le luci del mondo al di là delle finestre o del breve recinto di giardino. La siepe leopardiana spalancava al poeta la sensazione dell'infinito; e così nel pittore quei pochi oggetti familiari. E la ragione è una sola: che quell'infinito, quello splendore di colore e di luce, essi li portavano dentro e attendevano solo un appiglio, anche il più consueto, per esprimerli e comunicarli a tutti".

 

M. Valsecchi, Nature morte di C. Fornara, Novara 1970, s.p.

 

Stima 
 € 20.000 / 30.000
120

Emilio Gola

(Milano 1851 - Milano 1923)

ISOLA DI GALLINARA VISTA DA LAIGUEGLIA

olio su tela, cm 80x125

firmato in basso a sinistra

retro: cartigli della Galleria Milano con data 1-7-931 e n. 940, cartiglio con "...eta / Federico Gussoni"

 

Provenienza

Galleria Milano, Milano

Collezione Federico Gussoni

Collezione privata

 

Il secondo Gola scopre, accanto ai ritratti, la novità dei nudi; e tra i paesaggi il respiro del mare. (...)

"Ha veduto Alassio? Credo la Grecia sia così".

Così vede lontano. E ritorna, all'ansia del fermare nell’attimo la grande sensazione respirata, tutto il mare e l'aria inquieta e la gioia dei colori sulla spiaggia.

È uno spasimo. Questo mare è una magia. Non è più il giochetto di riflessi sul ruscello di Brianza. Il mare ora così si muove che gli entra nel cuore  come profumo, come grido selvaggio. Alassio, il mare gli danno l'ebbrezza definitiva, su quest'unica invisibile linea di mare e di cielo, l'ebbrezza di questa deserta e folle unità cosmica.

Anche s'egli torna agli alberi e ai prati, toni alti, robusti, splendenti nel sole più alto, l'esasperano fino all'apparente crudezza, nello slancio dell'esaltante trasfigurazione coloristica.

Ma le sue marine misurano ora, col loro moto pieno e vivo, nello stesso battito, tutto il mondo, acqua e terra e cielo. Misurano la sua personalità.

Ce n'è di grigie e sottili, e, più invase d'alto colore giocondo, d'Alassio e del Lido. Ma quando passa il vento sul mare e tutto s'ingorga nei colori profondi e cupi, e solo pochi chiari lampeggiano nel cielo saturo, nel mare, sulla spiaggia, il mondo di Gola è ora in un pieno trasporto senza gridi, in un mare senza nome. Deserto il paese, neppure una vela non macchia l'orizzonte. Il cielo nell'acqua, lo sguardo inabissato nell'acqua, Gola si specchia in un mondo fuori dal mondo.

Non è più la sua, la marina dei marinisti. Il suo senso della natura è ora silenzioso e drammatico.

 

da R. Giolli, Gola opera seconda, Milano 1929, s.p.

 

Stima   € 5.000 / 8.000
Aggiudicazione  Registrazione
118

Telemaco Signorini

(Firenze 1835 - 1901)

CHIACCHIERE DI CAMPAGNA - BAVARDAGE

olio su tavola, cm 15x21,5

firmato in basso a sinistra

retro: timbro della Collezione Sambalino, cartiglio della 86' Esposizione della Società delle Belle Arti di Firenze

 

Provenienza

Collezione Sambalino, Firenze

Collezione Edoardo Bruno, Firenze

Collezione Scroffa-Borgia, Siena

Collezione privata, Montecatini Terme

Collezione privata

 

Esposizioni

86' Esposizione della Società delle Belle Arti, Firenze, maggio-giugno 1933

Dal Caffè Michelangelo al Caffè Nouvelle Athènes, Montecatini Terme, 1986

Telemaco Signorini, 1835-1901, Montecatini Terme, 1987

I Macchiaioli. Sentimento del vero, Torino, 2007

Naturalismo nella pittura italiana tra '800 e '900, Modena, 2008

 

Bibliografia

Dal Caffè Michelangelo al Caffè Nouvelle Athènes, catalogo della mostra (Montecatini Terme) a cura di P. Dini, F. Dini, Torino 1986, p. 223, tav. 150

Telemaco Signorini, 1835-1901, catalogo della mostra (Montecatini Terme) a cura di P. Dini, Firenze 1987, p. 158 n. 42, tav. 22

La donna nell'arte nella pittura italiana dell'800, Montecatini Terme 2001, tav. 26

I Macchiaioli. Sentimento del vero, catalogo della mostra (Torino, 15 febbraio - 10 giugno 2007) a cura di F. Dini, Torino 2007, p. 251

Naturalismo nella pittura italiana tra '800 e '900, catalogo della mostra (Modena, 12 settembre - 12 ottobre 2008) a cura di E. Corradini, Milano 2008, p. 105

 

"Il quadro, presentato alla mostra fiorentina del 1926 presso l'Accademia di Belle Arti di Firenze con il titolo dato dall'autore Chiacchiere di campagna (n. 93; nell'occasione era effettivamente presente un Bavardage, ossia appunto chiacchiericcio, ma di dimensioni diverse), datato in quella sede al 1878; esso è stato in seguito riproposto nel 1986 da Piero Dini come più tardo. Lo stile disinvolto, corsivo, condotto agilmente in punta di pennello con effetti di sottigliezza grafica, sembra infatti appartenere piuttosto alla produzione dell'artista negli anni ottanta-novanta, ed è esemplare del gusto schiettamente illustrativo che caratterizzava la pittura di Signorini in quello scorcio di secolo, con esiti di gustosa vivacità pittorica. In crocchio al sole, dentro e fuori la zona d'ombra del primo piano, alcune donne conversano sul ciglio di una stradina di campagna che subito dopo di loro sprofonda in una valle luminosa, sotto il cielo invaso di candidi cirri, mentre all'orizzonte s'intravede una fascia di più intenso turchino: una catena di monti o, forse, il mare. Non è chiaro in quale delle numerose località della campagna o della costa toscana e ligure frequentate da Signorini ci troviamo, anche se la solarità spiegata che accende i colori rendendo vibrante la materia pittorica e una certa insistenza dell'artista nel caratterizzare la figuretta della bambina al centro del gruppo fanno pensare istintivamente alle tante piazzette e ai vicoli di Riomaggiore dove, ancora nello spirito di stampo positivistico di 'reporter etnografico', secondo la calzante definizione di Ettore Spalletti (Telemaco Signorini, Soncino 1994, p. 114, n. 36), il pittore ama ritrarre un universo umano di non particolare avvenenza, ma di spiccata individualità, tutto preso dalle sue occupazioni quotidiane e dai suoi ozi, sempre immerso tuttavia nella struggente bellezza della natura che lo circonda".

 

I Macchiaioli. Sentimento del vero, catalogo della mostra (Torino, 15 febbraio - 10 giugno 2007) a cura di F. Dini, Torino 2007, p. 251

Stima   € 50.000 / 70.000
Aggiudicazione  Registrazione
117

Stefano Bruzzi

(Piacenza 1835 - Piacenza 1911)

PASTORELLA

olio su tela, cm 71,5x126

firmato in basso a sinistra

 

Stefano Bruzzi nacque a Piacenza nel 1835. Dopo un apprendistato presso Bernardino Massari si recò a Roma nel 1854. Qui allora tra i paesaggisti godeva meritata fama Alessandro Castelli e nello studio di tale maestro, senza iscriversi all'Accademia, Bruzzi acquistò gli elementi di un'ottima tecnica pittorica. A Roma entrò nella compagnia di giovani artisti del tempo come Stefano Ussi, Enrico Gamba, Raffaele Casnedi, con i quali frequentò l'accademia privata del modello Gigi. Vera intimità ebbe con Nino Costa col quale andò a dipingere dal vero ad Albano, ad Ariccia e al lago di Nemi, e questo importante sodalizio durò fino al 1857. Dal Costa fu presentato ad Arnold Böcklin, del quale conservò l'amicizia e la stima fino agli ultimi anni del grande pittore svizzero. Dopo il soggiorno romano si ritirò a Roncolo di Groppallo, sull'appennino piacentino, e lì si trattenne, salvo un breve periodo di tempo a Bologna e Milano (1860-63), fino al 1874. Qui, immerso nella pace e nella tranquillità, poté dedicarsi a dipingere il paesaggio nel continuo mutare delle stagioni, dai caldi meriggi d'estate al gelo delle nevicate d'inverno, popolandolo di contadinelli e contadinelle, di pecore, di asinelli, di bovini, di cavalli; proprio nello studio degli animali e del loro contesto naturale il Bruzzi ha rivelato una straordinaria finezza di osservazione che accompagnata ad una moderna impaginazione dell'ambiente hanno fatto collocare le sue grandi composizioni agresti fra gli esiti più alti di tutta la pittura italiana dell'800.

Stima   € 20.000 / 30.000
Aggiudicazione  Registrazione
116

Giovanni Muzzioli

(Modena 1854 - Modena 1894)

FINALMENTE!

olio su tela, cm 86x41

firmato in basso a sinistra

 

Un'incisione dal dipinto di Muzzioli venne pubblicata sulla prima pagina de L'Illustrazione Italiana (Anno XVI, n. 46) del 17 novembre 1889.

 

"Finalmente! Acquerello di G. Muzzioli.

Il professore Muzzioli si riposa di quando in quando dalle gravi elucubrazioni della pittura storica per improntare qualche pagina di vita contemporanea, che è spesso un gioiello, come questa, di cui diamo l'incisione nel numero d'oggi.

D'onde venga la bella signorina così ridente non sapremmo dirlo, ma ha il sorriso della felicità in tutti i tratti del viso, e la possanza della vita nell'incesso da dea. Non è difficile capire che c'entra amore, la sola divinità che abbia il potere di far sbocciare come un fiore tutte le seduzioni e gli affascinamenti della bellezza muliebre. Essa ha vinto certo la battaglia della vita, ha superata una rivale: in quel sorriso, in quel passo, in quell'andatura c'è il significato d'una parola: Finalmente! Finalmente che cosa? Finalmente ho vinto... è mio... S'è levata il cappello e lo porta appeso pei nastri ad un braccio; aspire l'aria, riceve i raggi del sole, e sorride dal fondo dell'essere, dalla più intima latebra di donna. In questa figura piena di vita c'è un disegno elegante, fine, addottrinato, ed una rara disinvoltura nel ritrarre le più fuggevoli impronte della moderna eleganza signorile."

 

da L'Illustrazione Italiana, Anno XVI, n. 46, 17 novembre 1889

 

 

Stima   € 30.000 / 40.000
115

Giuseppe De Nittis

(Barletta 1846 - Saint-Germain-en-Laye 1884)

POSTEGGIO CARROZZE o LA CARROZZA CHIUSA

olio su tavoletta, cm 9x18

firmato e datato "76" in basso a destra

retro: cartiglio della Raccolta Chierichetti di Milano col titolo "Posteggio carrozze", cartiglio della XI Esposizione di Venezia del 1914 con n. 1039

 

Provenienza

Raccolta Carlo Chiarandà, Napoli

Raccolta Giuseppe Chierichetti, Milano

Collezione privata

 

Bibliografia

V. Pica, Giuseppe De Nittis. L'uomo e l'artista, Milano 1914, p. 48

E. Piceni, De Nittis, Milano 1955, p. 177

M. Pittaluga, E. Piceni, De Nittis. Catalogo generale dell'opera. I, Milano 1963, n. 311

P. Dini, G.L. Marini, De Nittis. La vita, i documenti, le opere dipinte. II, Torino 1990, p. 403, n. 671

 

Questa deliziosa tavoletta è databile al periodo parigino del maestro di Barletta, che si recò la prima volta nella Ville Lumière nel 1867, per tornarvi stabilmente nel giugno del 1868; fatta eccezione per un lungo soggiorno in Italia, dalla fine del 1870 all’inizio del 1873, Parigi rimase la casa dell'artista fino alla sua morte nel 1884.

Come i suoi colleghi impressionisti, De Nittis prediligeva lavorare dal vero, en plein air, una pratica tuttavia ostacolata da un editto emanato dall'amministrazione parigina che proibiva a quel tempo ai pittori di fermarsi nelle piazze a dipingere. Per aggirare questo impedimento, l'artista aveva trasferito il suo atelier all'interno di una carrozza presa a noleggio e che veniva posteggiata per ore nel punto desiderato. Da questo espediente derivano i tagli audaci e le prospettive mobili che rendono i suoi quadri così moderni. Questa sua trovata è alla base, come racconta lo studioso Giovanni Lamacchia, di numerosi aneddoti che lo videro protagonista. Una volta ad esempio un cocchiere insospettito dalla condotta del pittore chiamò un gendarme, credendolo una spia. Un altro, credendo che l'artista stesse in realtà attendendo una donna, data la lunga attesa tentò di convincerlo a rassegnarsi all’idea che l’appuntamento amoroso non avrebbe avuto luogo. Un terzo cocchiere, affacciatosi nella carrozza e vedendolo intento a dipingere, si raccomandò bruscamente di rivoltare almeno i cuscini mentre maneggiava colori e pennelli per creare le sue 'porcherie'!

Tra opere analoghe per formato e soggetto ricordiamo il dipinto Passeggiata in carrozza, della Pinacoteca Giuseppe De Nittis di Barletta.

 

Stima   € 18.000 / 25.000
114

Renato Natali

(Livorno 1883 - Livorno 1979)

USCITA DAL TEATRO GOLDONI

olio su tela, 80,5x100,5

firmato in basso a sinistra

retro: timbri della Collezione Romiti

 

Provenienza

Collezione Eredi Mario Romiti, Brescia

 

Opera dell'architetto Giuseppe Cappellini, il Teatro Goldoni di Livorno fu inaugurato il 24 luglio 1847 con l'allestimento dell'opera Roberto il diavolo di Meyerbeer.

Nonostante l'inaugurazione solenne e fastosa, non fu però un avvio felice: il teatro subì la concorrenza delle molte ed importanti strutture parallele cittadine dal nome altisonante – quali il Teatro degli Avvalorati, il Carlo Lodovico detto "San Marco" ed il Rossini – e poté iniziare un'attività organica solo nel 1855.

Dopo il 1890 il Goldoni si inserì sempre più nella vita cittadina, fino a diventare uno dei luoghi deputati della memoria storica popolare: due personaggi, Pietro Mascagni e Galliano Masini, prima di ogni altro, ne hanno animato la scena, mentre il pittore Renato Natali lo ha immortalato nelle sue tele, come questa splendida che presentiamo in catalogo.

Riguardo l'attività sarebbe nondimeno limitativo citare esclusivamente i pur celebri artisti locali. In campo operistico, fino al 1940, hanno fatto epoca i frequenti passaggi d’interpreti come Gemma Bellincioni, Roberto Stagno, Enrico Caruso, Hipolito Lazaro, Beniamino Gigli e Gina Cigna, mentre l'albo d'oro del dopoguerra reca i nomi di Mario Del Monaco e Franco Corelli, Tito Gobbi ed Ebe Stignani, Maria Caniglia e Leyla Gencer. Si ricorda, per l’entusiasmo e la partecipazione con la quale furono seguite, le produzioni organizzate dai reparti speciali delle truppe alleate che, tra il 1945 ed il 1947, recarono al soprannominato "Goldoni Theater".

Infine, il Goldoni è stato anche testimone di atti politici nazionali, come il Congresso del Partito Socialista nel dicembre-gennaio 1920-1921, dalla cui diaspora nacque poi, sempre a Livorno, il Partito Comunista Italiano.

 

Stima 
 € 5.000 / 8.000
Aggiudicazione  Registrazione
1 - 30  di 81