FIRENZE
Venerdi' 14 Ottobre ore 10 – 13 / 14 – 19
Sabato 15 Ottobre ore 10 – 13 / 14 – 19
Domenica 16 Ottobre ore 10 – 13 / 14 – 19
Lunedi' 17 Ottobre ore 10 – 13 / 14 – 19
Martedi' 18 Ottobre ore 10 – 13 / 14 – 19
Mercoledi' 19 Ottobre ore 10 - 13
GRANDE CREDENZA, TOSCANA, FINE SECOLO XVII
in noce intagliato, fronte a due sportelli inquadrati da lesene decorate con motivo a squame e centrati da losanghe che si ripetono anche sui fianchi; due cassetti appaiati sotto la fascia alternati ad altri tre cassetti più piccoli in corrispondenza delle lesene, fascia sottopiano scolpita con motivo a unghiature e a ovuli, cornice a foglie di acanto sotto i cassetti. Completa di pedana probabilmente non pertinente; cm 137x199x67, cm 18x212x90 la pedana
Bibliografia di riferimento
A. Pedrini, L’ambiente, il mobilio e le decorazioni del Rinascimento in Italia, Torino 1925, p. 138 n. 328 e p. 140 n. 333
Giuseppe Bazzani
(Mantova 1690-1769)
IL BANCHETTO DI BALDASSARRE
olio su tela, cm 275x235
opera dichiarata di particolare interesse storico-artistico ai sensi del decreto legislativo 42/2004
Esposizioni
Mostra del Bazzani, Mantova, Casa del Mantegna, 10 giugno - 15 ottobre 1950
Bibliografia
Mostra del Bazzani, Mantova, catalogo della mostra a cura di N. Ivanoff, Bergamo, 1950, p. 39
Bazzani, saggio critico e catalogo delle opere; Mostra del Bazzani in Mantova, Casa del Mantegna, 14 maggio - 15 ottobre 1950, a cura di N. Ivanoff, Bergamo, 1950, p. 50
La grande tela qui presentata, contraddistinta da un’esecuzione rapida e vibrante, è opera dell’artista mantovano Giuseppe Bazzani uno dei maggiori esponenti della pittura rococò in Italia.
Ispirata a una letteratura sia elegiaca che gesuitica, la sua sensibilità si esprime in un considerevole numero di opere in cui si possono cogliere anticipazioni al rococò veneziano e austriaco.
Questi aspetti derivano senz’altro dallo studio della pittura di Paolo Veronese e dei Bassano, ma anche dall’accostamento alle opere di Rubens, Grechetto e Domenico Fetti a cui si ispirò per gli originali, quanto improvvisi, giochi di luce e per i colori intensi.
L’episodio raffigurato nella tela è tratto dal libro di Daniele (V, 1-28) in cui si racconta che Baldassarre, ultimo re di Babilonia, nonostante l’assedio da parte di Ciro, preferì organizzare un banchetto anziché preoccuparsi della difesa della città. I commensali fecero inoltre libagioni nelle coppe e nel vasellame sacro del tempio di Gerusalemme che era stato a suo tempo depredato dal padre di Baldassarre, Nabucodonosor, durante la conquista della città.
L’empio festino venne però interrotto dall’apparizione miracolosa di una mano in atto di scrivere in aramaico il seguente verdetto: “Mene, Tekel, Peres,” ovvero “numerato, pesato, diviso” che nell’interpretazione di Daniele indica la condanna e la fine di Babilonia e del regno di Baldassarre: “Dio ha contato il tuo regno e gli ha posto fine. Tu sei stato pesato sulle bilance e sei stato trovato insufficiente. Il tuo regno è stato diviso e dato ai Medi e ai Persiani”.
Questa scritta profetica in aramaico si incide sull’architrave del colonnato che fa da quinta teatrale alla composizione; proprio verso l’alto si indirizza lo sguardo di Baldassarre che si identifica, oltre che per l’espressione angosciata, per il ricco copricapo di piume e per le vesti di un bellissimo cangiantismo. Intorno a lui gli invitati continuano a muoversi ignari e sorridenti nello spirito leggero e vaporoso del convito.
Per i contorni vibranti delle figure e per gli effetti luministici quasi lunari il dipinto potrebbe appartenere alla fase matura del Bazzani, sebbene non sia compito facile datare le sue opere essendo rare le notizie documentarie; è tuttavia plausibile, per affinità stilistiche, l’accostamento del nostro Banchetto con opere degli anni Cinquanta del Settecento come Ester e Assuero del Nationalmuseum di Stoccolma o la Figlia di Jephte del Museo del Louvre; in particolare con quest’ultimo quadro si ravvisa una forte similitudine tra la posa e l’espressione di Jephte e quella di Baldassare.
Bottega di J.A.Feuchtmayer, Germania, seconda metà sec. XVIII
ANGELO
legno dipinto e dorato, cm 80x55x54
Bibliografia di riferimento
Wilhelm Boeck, Joseph Anton Feuchtmayer. Wasmuth, Tübingen 1948;
Wilhelm Boeck, Feuchtmayer, Joseph Anton, in Neue Deutsche Biographie (NDB), 5, Berlin 1961, p. 108
Scultore e incisore austriaco attivo tra il sud della Germania e la Svizzera, fino alla morte avvenuta nel 1770, Feuchmayer fu un importante esponente del gusto Rococò, prediligendo una gestualità melodrammatica e una espressività accentuata. Il panneggio mosso dalle pieghe taglienti, la posa accentuata e il volto contratto in una smorfia di dolore che caratterizzano quest’opera permettono di avanzare confronti con molte opere dell’artista e della sua bottega: si vedano ad esempio la statua della Vergine di Mimmenhausen, datata 1717-1719 e conservata al Bode-Museum, le statue che ornano la cappella vescovile di Meersburg e, in particolare, l’angelo volante con liuto del Badischen Landesmuseum di Karlsruhe, realizzato nel 1740 circa
Bottega di Francesco Bassano, fine sec. XVI
CRISTO IN CASA DI MARTA E MADDALENA
olio su tela, cm 142x182
Scultore toscano della metà del sec. XIX
BUSTO DI PRELATO
marmo, cm 86x74x49
Louis-Robert Carrier-Belleuse
(Parigi 1848-1913)
BUSTO FEMMINILE
marmo, cm 67x53x29
Firma sul retro Louis / Carier / Belleuse
Vincenzo Meucci
(Firenze 1694-1766)
ASCENSIONE DI CRISTO
olio su tela, cm 87x72
bozzetto preparatorio per il soffitto della navata nella chiesa di San Salvatore al Vescovo a Firenze
Provenienza
già collezione Carlo Ginori
Esposizioni
Gli Ultimi Medici. Il tardo Barocco a Firenze, 1670-1743, Firenze, 1974, n. 170
Bibliografia
Gli Ultimi Medici. Il tardo Barocco a Firenze, 1670-1743, Firenze, 1974, pp. 288-289, scheda 170
S. Bellesi, Catalogo dei Pittori Fiorentini del ‘600 e ‘700, Biografia e Opere, vol. III, Firenze, 2009, p. 119
C. Iacomelli Lenzi, Vincenzo Meucci: (1694-1766), Firenze, 2014, pp. 131, 190
Bibliografia di riferimento
M. Gregori, R. P. Ciardi (a cura di), Storia delle Arti in Toscana, Il Settecento, Firenze, 2006
Il dipinto qui proposto, proveniente dalla collezione di Carlo Ginori, è il bozzetto preparatorio per l’affresco della volta di San Salvatore al Vescovo a Firenze raffigurante L’Ascensione di Cristo; l’opera si inserisce in un ciclo decorativo eseguito tra il 1737 e il 1738 su commissione dall’arcivescovo Giuseppe Martinelli che apportò una radicale trasformazione degli spazi interni della chiesa duecentesca grazie al progetto dell’architetto Bernardo Ciullini. Le decorazioni della piccola chiesa, alla quale si accede attraverso il cortile del palazzo Arcivescovile nel quale è incastonata, nonostante la bella facciata romanica bicroma si affacci su piazza dell’Olio, furono eseguite da alcuni tra gli artisti più rappresentativi del Settecento fiorentino tra cui Giovanni Domenico Ferretti, Pietro Anderlini, Mauro Soderini e Vincenzo Meucci.
Il Meucci, oltre alla volta, dipinse anche la Resurrezione di Cristo sulla parete destra della stessa chiesa. Nel bozzetto qui presentato ritroviamo i caratteri stilistici principali delle sue opere, l’eleganza delle figure e la ricca varietà cromatica oltre all’impostazione dello spazio ben definita.
La formazione artistica del pittore si svolse inizialmente a Firenze con lo scultore Giovacchino Fortini e successivamente tra Piacenza e Bologna, come allievo prima di Sebastiano Galeotti e poi di Giovanni Gioseffo dal Sole. Insieme a Giovanni Domenico Ferretti, che gli fu amico e rivale, oltre che compagno di studi a Bologna, Meucci collaborò all’esecuzione degli affreschi nel convento di San Domenico al Maglio a Firenze (oggi Scuola di Sanità Militare).
Il suo stile originale e la sua grande abilità compositiva, che comprende sia elementi tardobarocchi che classicisti, soprattutto per le opere a fresco, gli fecero riscuotere un grande successo tra i mecenati e i committenti più diversi come il marchese Giovanni Battista Salimbeni a Firenze, il vescovo Alessandro II Chigi-Zondadari a Siena e il cardinal Neri Corsini a Roma, per i quali eseguì soggetti religiosi, profani e celebrativi.
Tra le sue opere più importanti va menzionata senza dubbio la decorazione della cupola di San Lorenzo raffigurante la Gloria dei Santi fiorentini eseguita tra il 1740 e il 1742 su commissione di Anna Maria Luisa dei Medici.
LAMPADARIO, TOSCANA, SECONDA METÀ SECOLO XVIII
in vetro e cristallo, fusto a balaustro, dodici bracci sagomati da cui si dipartono collane con pendenti in cristallo sfaccettato; le stesse collane, arricchite da medaglioni ottagonali in legno laccato e dorato raffiguranti profili virili, si dipartono da un ampio anello posto alla sommità e decorato da pendenti dorati a forma di stella, alt. cm 180, diam. cm 132
Secondo quanto riportato da M. Chiarini e S. Padovani in Gli Appartamenti Reali di Palazzo Pitti (Firenze 1993, p. 100 fig. 2), un lampadario simile a quello in oggetto, datato alla seconda metà del secolo XVIII, doveva ornare la Sala degli Staffieri di Palazzo Pitti
BUSTO LORICATO, SECOLO XVI
in marmo bianco a grana fine scolpito e levigato. Busto loricato con mantello fermato sulla spalla sinistra mediante una fibula circolare e centrato da un mascherone alato e barbato sulla corazza; testa maschile ispirata al ritratto di Cesare cosiddetto Chiaramonti conservato ai Musei Vaticani ma di epoca successiva; alt. cm 40. Completo di base a plinto in marmo nero; piccole scheggiature
Scuola fiorentina del sec. XVIII
VENERE ED AMORE
olio su rame, cm 22x27
Lorenzo de Caro
(Napoli 1719-1777)
CRISTO NELL’ORTO DEI GETSEMANI
olio su tela, cm 64x50
ARAZZO, BRUXELLES, SECOLO XVIII
in lana e seta, completo di ricca bordura interamente decorata con fiori e vasi, raffigurante scena con figure. Sulla sinistra un soldato con spada e cappello piumato rivolge il braccio alzato verso due signore nell’atto di allontanare un giovane dal palazzo, mentre alle loro spalle un altro giovane con due pugnali nelle mani è trattenuto da una donna giovane ed una anziana: la scena si svolge nel portico di un palazzo nobiliare. Tutt’intorno corre una preziosa bordura, parzialmente integrata, che alterna nella decorazione vasi, stemmi e trofei architettonici a fiori sparsi o raccolti a mazzi; cm 268x340
Scuola Italia centrale, sec. XVI
MADONNA CON BAMBINO IN GLORIA CON GLI ANGELI
olio su tavola, cm 158x104
Scultore veneto, sec. XVIII
COPPIA DI CENTURIONI
pietra di Vicenza, cm 155x50x45 ciascuna
GRANDE LAMPADARIO, MURANO, FINE SECOLO XIX
in vetro trasparente e cristallo a sedici luci; il corpo presenta dieci bracci ricurvi sul palco inferiore e sei su quello superiore, da cui pendono gocce in cristallo sfaccettato, che si ritrovano anche nel finale, e ciascun palco è sormontato da un elemento in foggia di bulbo da cui si dipartono foglie ricadenti verso l’esterno; parte superiore arricchita da foglie e volute, alt. cm 175, diam. cm 126
TAVOLO DA CENTRO, TOSCANA, SECOLO XVII
in noce, gambe a balaustro poggianti su base gradinata, riunite da traverse lineari, ampia Fascia sottopiano; piano impiallacciato in marmo fior di pesco, cm 81x148x80
Alessio Pellegrini
(Camerino, documentato 1636-1677)
SANTO IN MEDITAZIONE SUL CROCIFISSO
terracotta, cm 37x28,5
Bibliografia di riferimento
M. Mazzalupi, Il fornaio di Petrignano, in La Crocifissione di Petrignano: storia e restauro di una tela del Seicento romano, Pievebovigliana 2009, p. 25 n. 8;
C. Giometti, Museo Nazionale del Palazzo di Venezia, 4, Scultura in terracotta, Roma 2011, pp. 67-68 catt. 49-57;
A. Bacchi, scheda in A Taste for Sculpture: marble, terracotta and ivory, London 2014, pp. 40-43 schede 7-8
Quest’ovale in terracotta raffigurante un santo penitente entro una cornice decorativa a motivi floreali è immediatamente accostabile alla serie di nove ovali del tutto simili oggi al Museo Nazionale di Palazzo Venezia. Cinque di essi sono firmati e variamente datati (tra il 1669 e il 1671) da Alessio Pellegrini, uno soltanto (Santa Rosa da Lima) è invece firmato da Bonaventura Pellegrini, mentre tre (tra cui San Filippo Neri) sono privi di iscrizioni. Altri due ovali, di dimensioni pressoché identiche, raffiguranti Santi vescovi, sono di recente venuti alla luce, e sebbene anch’essi privi di firma, il riferimento a Pellegrini sembra quasi ovvio. Come pure per l’esemplare qui presente, sia per la cornice a fiori (anche gli altri hanno cornici simili, ma sempre diverse), che per l’elemento decorativo in basso, una cartouche affiancata da due alette, confrontabile con quello che chiude, nella stessa posizione, l’ovale della Santa Rosa da Lima di Palazzo Venezia, o con quelli, invece in alto, dei due Santi vescovi resi noti solo recentemente.
Su Alessio Pellegrini sappiamo ancora poco, documentato soprattutto come stuccatore, attivo tra Urbino e Fano. Stilisticamente la sua produzione in stucco presenta a volte degli accenti di irrequietezza del tutto assenti nella serie di santi in terracotta a cui è da ricondurre questo ovale.
A.B.
Plasticatore toscano o dell’Italia Settentrionale, sec. XV/XVI
BUSTO DI CRISTO “VIR DOLORUM”
stucco dipinto in policromia, cm 51x44x18
Bibliografia di riferimento
A. Bellandi, in Catalogo del museo diocesano di Milano, a cura di R. Casciaro, Milano 2011, p. 75
La corona di spine stretta intorno alle tempie, con le gocce di sangue che scendono sulla fronte fino a spargersi sul costato, mentre il volto si volge in basso in un’espressione di rassegnato dolore, consentono di inserire questo busto nella tipologia del Vir dolorum. Si tratta di una tipologia di busti che, realizzati specialmente in terracotta e stucco, trovò larga diffusione in Italia tra la fine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento, grazie anche al diffondersi dei principi di rinnovata spiritualità che proprio in quegli anni venivano divulgati dagli ordini mendicanti. Simili immagini trovarono sempre più spazio tanto nelle case private quanto negli ambienti religiosi ed erano volte, grazie all’impatto emotivo capaci di suscitare, ad ispirare nei fedeli sentimenti di devozione e una riflessione su una condotta di vita basata sull’Imitatio Christi.
Nello specifico, l’opera in esame appartiene a una tipologia della quale si conoscono altri quattro esemplari in stucco, sostanzialmente identici e quindi presumibilmente replicati da un medesimo prototipo, secondo una consuetudine tecnica assai diffusa nella plastica rinascimentale, in special modo nelle botteghe fiorentine del Quattrocento. Uno di essi, conservato nella Collezione Mercenaro presso il Museo Diocesano di Milano, in passato attribuito a Donatello e in seguito riferito in modo più generico a “Scuola fiorentina, seconda metà del XV secolo” (P. Biscottini, Museo Diocesano di Milano, Milano 2005, p. 121), è stato recentemente ricondotto da Alfredo Bellandi (op. cit. 2011) all’ambito lucchese nel primo quarto del Cinquecento. Ma l’esistenza di un esemplare nella chiesa della SS. Annunziata a Parma (gentilmente segnalato da Aldo Galli), in un allestimento di fine Settecento che suggerisce un’antica devozione, può indurci a prospettare un’origine padana, plausibile anche dal punto di vista stilistico per gli echi della scultura in terracotta di Niccolò dell’Arca, ravvisabili nell’intensità drammatica e nell’anatomia emaciata di questo modello.
G.G.
Scultore veneto, sec. XVIII
ALLEGORIA DELL’INVERNO
marmo, raffigurante un putto semicoperto da un mantello e recante una fiaccola in mano, cm 109x53x38
Scultore veneto, sec. XVIII
ALLEGORIA DELL'ESTATE
pietra, raffigurante figura femminile recante nella mano destra foglie e ghiande con un leone accucciato ai piedi, cm 125x48x28
Una simile iconografia si riscontra nelle statue delle quattro stagioni scolpite da Pietro Bernini con la collaborazione del figlio, commissionate da Leone Strozzi per la sua villa romana (oggi nella villa Aldobrandini a Frascati), dove l'Estate è raffigurata con delle messi e una falce in una mano e un leone accucciato ai piedi, in relazione ai segni zodiacali principali per ogni stagione.
FRAMMENTO DI TESTA DI LEONE, VICINO ORIENTE, III-IV SECOLO D.C.
in marmo rosato, scolpito e levigato. Frammento pertinente ad una scultura a tutto tondo; l’animale è raffigurato con le fauci semidischiuse e la lingua che fuoriesce dalla dentatura, ben evidenziata; la criniera è resa a ciocche mediante incisioni sottili; gli occhi sono incavati e predisposti per l’inserimento della pupilla in altro materiale; alt. cm 19
Scultore inglese del sec. XII/XIII
TESTA DI MONACO O ABATE
in marmo nero di Tournai, scolpito e levigato; alt. cm 27. Scheggiature diffuse, naso lacunoso
Bibliografia di riferimento
J. Hunt, Irish Medieval Figure Sculpture, Dublin and London, 1974
La testa è caratterizzata da capelli resi medianteampie e profonde linee verticali, in modo però da evidenziare la tonsura, da grandi occhi amigdaloidi con indicazione della pupilla e delle palpebre, da un importante naso rettilineo e da una bocca con labbra sottili e socchiuse. Il volto si ricollega stilisticamente ai modelli della ritrattistica imperiale tardo antica, di IV e V secolo dopo Cristo, semplificandoli ed anche imbarbarendoli. Sul lato sinistro del volto si conservano le tracce di un bastone arcuato che fanno pensare ad un pastorale arcuato, il quale individuerebbe il monaco anche come vescovo.
Probabilmente la testa faceva parte di una statua in posizione eretta o di una statua colonna di un portale.
Per il tipo facciale peculiare la testa può essere avvicinata alle sculture del fonte battesimale della chiesa di Ognissanti di East Meon, Hampshire, databile intorno alla prima metà del XII secolo e realizzato nel medesimo materiale
Scultore dell'Italia Settentrionale, inizi sec. XVI
SAN GIOVANNI E MARIA MADDALENA
due sculture in legno con tracce di policromia, cm 77x44x46 e 80x31x37 rispettivamente
Scultore dell’Italia Settentrionale, inizi sec. XVI
PIETÀ
gruppo ligneo con tracce di policromia, cm 92x74x50
Intagliatore spagnolo, sec. XVI
SANTO E SANTA CON LIBRO
legno intagliato, dipinto e dorato, raffiguranti un Santo e una Santa, cm 43x17x11
CORNICE, EMILIA, SECOLO XVIII
in legno intagliato e dorato, battuta scolpita a motivo di foglie lanceolate segnate nel centro da un nastro incrociato, gola mistilinea, profilo esterno rilevato a cordone ritorto; ingombro cm 126x140, luce cm 90x103
CORNICE, EMILIA, SECOLO XVII
in legno intagliato e dorato, fascia riccamente scolpito a volute di foglie lisce intervallate ad elementi stilizzati; ingombro cm 129x102, luce cm 117x91
CORNICE, VENEZIA, FINE SECOLO XVI
in legno laccato, dorato e intagliato, larga fascia decorata a motivo di tralci fogliacei rincorrenti, battuta interna decorata da motivo perlinato e bordo esterno scolpito a dentelli; ingombro cm 96x83, luce cm 74,5x61
CORNICE, TOSCANA, SECOLO XVI
in legno intagliato, dipinto e dorato; battuta scolpita a baccellature centrate sui lati da elemento ovoidale, fascia esterna intagliata a guisa di ampie foglie di acanto stilizzate; ingombro cm 120x98, luce cm 100x78
GRANDE CORNICE, TOSCANA, SECOLO XVII
in legno intagliato e dorato, battuta decorata da catena perlinata e da teoria di profonde baccellature oblique, gola scolpita a motivo di foglie aperte e fregi vegetali intervallati, bordo esterno intagliato a nastro ritorto; ingombro cm 217x165, luce cm 185x132