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Cima da Conegliano e bottega

€ 60.000 / 80.000
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Cima da Conegliano e bottega
(Conegliano 1459/60-1517/18)
MADONNA CON BAMBINO
olio su tavola, cm 45,5x37,5
 
Bibliografia: P. Humfrey, Cima da Conegliano, Cambridge 1983, p. 171 n.180, pl. 92b
 
Corredato da attestato di libera circolazione
 
Il dipinto qui presentato è da riferire a Giovan Battista Cima da Conegliano e alla sua bottega come indicato da Peter Humfrey nella monografia dell’artista. Lo studioso, al quale non era nota la collocazione del dipinto e la sua provenienza, conosceva l’opera unicamente attraverso una fotografia e pertanto non ebbe modo di giudicarne appieno l’alta qualità e la raffinatezza esecutiva.
Raffigurata in atto di allattare il Bambino secondo un’iconografia senza precedenti nel catalogo dell’artista, la Vergine si staglia contro un tendaggio aperto parzialmente su un terso e cristallino paesaggio con borgo cittadino d’ispirazione belliniana. Cima, infatti, fu ampiamente influenzato da Giovanni Bellini dal quale riprese spesso talune composizioni o singole citazioni, come l’uso di un parapetto marmoreo, quale espediente formale utile a razionalizzare lo spazio e inquadrare le figure all’interno della composizione. Presente anche nel nostro dipinto, il parapetto reca un cartellino con iscrizione attualmente non leggibile ma verosimilmente recante un tempo il nome dell’artista. Cima mostra tuttavia una precisa autonomia di linguaggio: dissolve le ieratiche simmetrie belliniane lasciando spazio a una maggiore naturalezza e ad un’apparente casualità, come possiamo dedurre anche dal nostro dipinto in cui la Madonna viene rappresentata di tre-quarti nel gesto tenero e delicato di offrire il seno al figlio, quasi una moderna e ben più terrena Galactotrophousa.
Humfrey metteva in relazione la nostra Madonna con Bambino con un gruppo di altri quattro dipinti simili per composizione, tutti ritenuti appartenere alla bottega di Cima o desunti da suoi cartoni. Tra questi, la versione più vicina al nostro dipinto è una Madonna di collezione privata milanese da tempo nota (cat. 91, fig. 92 a), in cui si ritrova lo stesso paesaggio con borgo, ripreso tuttavia più in lontananza, che si estende questa volta anche nella parte a destra della Vergine, a causa dell’assenza del tendaggio. Questo è presente invece in un’altra versione (cat. 179 e fig. 93 a) di qualità più modesta e compromessa nella conservazione. In altri due dipinti il più noto dei quali al Museo Pushkin di Mosca (cat. 181, fig. 93 b, e cat. 101, fig. 93 c) forse realizzati al di fuori della bottega di Cima, al modello originale sono state aggiunte, rispettivamente, le figure di Sant’Antonio e di San Giuseppe.
Già ad un primo confronto emerge chiaramente che la nostra versione costituisce quella di maggiore qualità per raffinatezze formali ed esecutive, ravvisabili ad esempio nella resa dell’aggraziato ovale della Madonna e nell’uso di una luce limpida che descrive con maestria i volumi come se fossero solidi geometrici, memori della lezione di Bartolomeo Montagna oltre che di Giovanni Bellini.
Una precedenza della nostra tavola sulla versione milanese potrebbe essere confermata anche dalla persistenza del panneggio, progressivamente rimosso da Cima a partire dagli anni ’90 del Quattrocento per lasciare il posto ad un paesaggio sempre più ampio. Caduta la data intorno al 1494 che il Lasareff riferiva al dipinto del Pushkin, oggi concordemente espunto dal catalogo dell’artista, una datazione nei primi anni del Cinquecento è stata proposta da Peter Humfrey in base a considerazioni sulla composizione e l’uso dello spazio nella nostra “Madonna del latte”.
 
Per le ricerche e la redazione della scheda di catalogo da noi curata ringraziamo Anchise Tempestini per le preziose indicazioni bibliografiche e riferimenti.
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