Antiquities

18 DECEMBER 2019

Antiquities

Auction, 0319
FLORENCE
Palazzo Ramirez-Montalvo
3.30 pm
Viewing

FLORENCE
Thursday 12 December   10am-6pm
Friday     13 December   10am-6pm
Saturday 14 December   10am-6pm
Sunday   15 December   10am-6pm
Monday   16 December   10am-6pm

Palazzo Ramirez-Montalvo
Borgo degli Albizi, 26
info@pandolfini.it

 
 
 
Estimate   100 € - 35000 €

All categories

1 - 30  of 212
156

FIGURA FEMMINILE CON ABITO CERIMONIALE

ROMA, I SECOLO d.C.

 

Grande statua femminile ammantata, in marmo bianco a cristalli di medie dimensioni. La figura, stante, gravita sulla gamba destra mentre la sinistra è lievemente flessa. Il braccio destro è piegato e si conserva fino all’avambraccio, il sinistro è invece abbandonato lungo il fianco.

La donna è vestita da una lunga tunica fittamente pieghettata, che giunge fino ai piedi, nascondendo i piedi originariamente lavorati a parte. Su questa veste è un ampio e sottile manto che avvolge tutta la figura raccogliendosi intorno al braccio destro e ricadendo dietro alla spalla sinistra. Le pieghe della veste e quelle del mantello seppur piuttosto profonde sono state lavorate a scalpello. La testa doveva originariamente essere lavorata a parte e poi inserita nell’alloggiamento conservato. La statua si presenta su di una base modanata in marmo. Altezza totale 159 cm; altezza basa 8-8,5 cm; largh. 60 cm; profondità 33 cm.

Questa importante statua rientra in un tipo di origine orientale, che Andreas Linfert riteneva originario di Efeso - A. Linfert, Kunstzentren hellenisticher Zeit. Studien an weiblichen Gewandfiguren , Wiesbaden 1976, pp. 58-59. Il tipo di veste, non comune ma comunque attestato in certo numero di esemplari, è cerimoniale ed è stato associato a quello della nova nupta, la giovane sposa. Trova confronti con alcune figure ammantate che compaiono lungo il fregio meridionale dell’Ara Pacis e in una scultura, la c.d. Sulpicia Platorina al Museo Nazionale Romano-Terme di Diocleziano - F. Taglietti, Statua femminile iconica, cd.Sulpicia Platorina, in A. Giuliano (a cura di), Museo Nazionale Romano, Le Sculture 1.8, Roma 1985, pp. 510-512. Quest’ultima statua è vicinissima per posizione del corpo e della veste, si differenzia solo per la posizione speculare delle braccia (sinistra piegata e destra allungata). Sulla base dei confronti e dell’uso di scalpello nella resa del panneggio si può proporre una datazione della statua nel I secolo d.C.

Questa scultura non si distingue però solo per il pregio formale, ma anche per la storia collezionistica. Proveniva infatti dall’arredo scultoreo di Villa Pianciani presso Spoleto, opera giovanile di Giuseppe Valadier, uno dei più importanti architetti neoclassici, edificata alla fine del XVIII secolo. Pervenuta poi nella collezione privata del pittore Emidio Vangelli a causa della vendita dei monumenti provenienti da questo complesso, fu poi da lui ceduta nel 1927. Due lastre su vetro, documentano lo stato originario della scultura prima dello smontaggio, probabilmente realizzato proprio negli anni ’20 delle integrazioni neoclassiche, fra cui una testa di gusto archeologico.

 

Provenienza

Villa Pianciani, Spoleto (dalla fine XVIII secolo)

Collezione di Emidio Vangelli (1871-1949), lettera soprintendente Museo Nazionale Romano XII.S4 prot 2242, part 1177 del 13 ottobre 1926.

Collezione Ing. Ugo Simonetti, Roma (acquisto 1927)

Collezione privata (acquisto 3 novembre 1970).

 

Scultura dichiarata di interesse archeologico particolarmente importante (Direzione Regionale per i Beni Culturali del Lazio, 3 ottobre 2013)

Estimate   € 35.000 / 45.000
Price realized  Registration
175

VIBIA SABINA O DIVINITÀ

MONDO ROMANO, METÀ II d.C.

 

Testa in marmo bianco a grandi cristalli (marmo greco insulare?), fratta alla base del collo e lievemente volta verso sinistra. Raffigura una giovane donna, dal volto ovale pieno, con grandi occhi, naso diritto, piccole labbra schiuse e con labbro inferiore più sottile rientrante. La chioma presenta una scriminatura centrale da cui si dipartono le singole ciocche, tirate indietro e raccolte sulla nuca. Due corte ciocche arcuate scendono davanti alle orecchie. Sul capo è posto un diadema semilunato modanato nel suo tratto superiore e fissato sulla testa da un nastro. I passaggi di piano sono resi da un modellato tenue a rendere l’incarnato del volto. I fori di trapano a rendere i lati della bocca, le orecchie e le caruncole lacrimali. H. 21,5 cm.

La testa, edita in una breve nota - E. Moscetti, Su una testina marmorea attribuita a Vibia Sabina, in Annali Associazione Nomentana 2013/2014, 47-48 - è un prodotto di elevata qualità formale databile intorno alla metà del II secolo d.C., fra l’età adrianea e quella antonina. Questo può essere ipotizzato anche grazie all’indicazione delle iridi e delle pupille. Nella testa, già identificata come ritratto giovanile dell’imperatrice Vibia Sabina (86 - 136/137 d.C.), moglie di Adriano, si può probabilmente riconoscere l’immagine di una figura divina. In entrambi i casi è particolarmente evidente l’adesione ai modelli formali classicistici.

 

Provenienza

Area della Basilica di San Vincenzo, Tivoli

Collezione Paolo Sinibaldi

Estimate   € 25.000 / 35.000
Price realized  Registration
155

TESTA RITRATTO DI DAMA

ROMA, ETÀ ADRIANEA - ANTONINA, 130-150 d.C.

 

Testa ritratto in marmo bianco a grana fine, probabilmente lunense, che presenta nel suo tratto inferiore un incasso lavorato a subbia per l’inserzione in una statua. La testa ritrae una giovane donna con uno sguardo pensoso e il volto lievemente inclinato da destra. La struttura del volto, ovale, è contraddistinta da grandi occhi con pupille e iridi incisi, naso diritto, bocca piccola con labbro inferiore carnoso. Le sopracciglia consistono in uno sfumato passaggio di piani. Particolarmente elaborata è l’acconciatura: sulla fronte è organizzata in ciocche con un motivo a guilloche, cinque per parte (a partire dall’asse di simmetria della testa). Sulla sommità del capo si dispone invece un turbante di capelli composto da tre trecce che si intersecano davanti e che sul retro si annodano su altre due ciocche poste sulla nuca. Le trecce presentano al loro interno un motivo a zig-zag. Due sottili riccioli ricadono, con studiata trascuratezza, davanti alle orecchie. H. totale 42 cm; h. testa - collo 33 cm.

La testa, probabilmente destinata ad essere inserita in una statua onoraria di dimensioni più grandi del vero, ritrae una giovane dama dell’alta società romana. Sulla base dei confronti delle modalità nella resa della capigliatura, il ritratto può essere ascritto alla fase finale dell’impero di Adriano (117-138 d.C.) o all’inizio di quello del suo successore Antonino Pio (138-161 d.C.). Le acconciature delle consorti e delle consanguinee di questi imperatori stabilivano infatti canoni di moda adottati in tutto l’impero. In particolare questo ritratto presenta punti di contatto con l’acconciatura di Matidia Minore, sorella della moglie di Adriano e con quella di Faustina Maggiore, moglie di Antonino Pio (resa appiattita dei capelli sulla fronte).

Un buon confronto per la capigliatura e per le modalità di ricezione dei modelli di corte nella ritrattistica privata è costituto da una testa ritratto al Museo Civico di Padova (inv. 131722), su cui F. Ghedini, Sculture greche e romane del Museo Civico di Padova, Roma 1980, pp. 54-56, n. 20.

 

Provenienza

Collezione privata (anni ’50 - ’60)

Collezione privata

 

La Soprintendenza di Firenze ha intenzione di dichiarare l’interesse archeologico particolarmente importante di questo lotto

Estimate   € 18.000 / 25.000
Price realized  Registration
98

TESTA DI ZEUS AMMONE

MONDO ELLENISTICO, III-II SECOLO a.C.

 

Testa di Zeus Ammone in marmo bianco a grana fine, probabilmente pentelico. Fratta alla base del collo, la testa è caratterizzata dal volto di un uomo di età matura, nel pieno del suo vigore. Il tratti sono resi con tenui e sensibili passaggi di piano, che accentuano il modellato soprattutto in corrispondenza degli zigomi, delle tempie e delle arcate sopraorbitarie. Il volto è quadrangolare, robusto, il naso diritto, la bocca piccola e con labbra carnose. Una ricca barba copre il tratto inferiore delle gote. La capigliatura presenta due masse dipartite separate da una scriminatura centrale. Queste masse coprono le corna di montone del dio poste all’altezza delle orecchie. Sul retro i capelli si annodano in una grande massa da cui pendono due bende. Se l’incarnato del dio è reso dalla politura del marmo, la consistenza dei capelli e della barba è resa da superfici scabre. H. 14 cm.

Questa testina, prodotto di fine qualità, presenta il dio Zeus Ammone con il suo peculiare attributo delle corna ovine: a differenza di quanto avviene in altre raffigurazioni della stessa divinità, in cui le corna tendono ad essere particolarmente accentuate, in questo caso, queste si limitano ad essere piccole volute al posto delle orecchie, ben visibili di scorcio.

 

Provenienza

Collezione privata, Svizzera

Collezione privata, US (acquisto nel 1988)

Ward and Company Fine Art, inv. (acquisto 27.10.2005)

Charles Ede Ltd., London (acquisto 25.04.2007)

Collezione privata

 

Lotto corredato di attestato di libera circolazione

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Estimate   € 18.000 / 25.000
Price realized  Registration
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173

TESTA RITRATTO

ROMA, ETÀ ADRIANEA (ANTE 130 d.C.)

 

Testa ritratto femminile montata su busto di epoca moderna, tagliato sotto il seno. Il volto è quello di una giovane donna, con volto quadrato, naso diritto, occhi a mandorla con palpebre accentuate. Le labbra, sottili, sono schiuse in un sorriso appena accennato. Le superfici del volto e gli zigomi sono rimarcate da un fine modellato, con lievi passaggi di piano, alterati solo un poco dagli interventi di restauro con l’inserzione del naso e delle orecchie. Particolarmente elaborata è l’acconciatura della figura, che rientra nel tipo a turbante. I capelli, con scriminatura centrale, sono raccolti in fini trecce disposte a cercine sul capo. Due sottili ciocche davanti alle orecchio sfuggono dalla capigliatura. H. 45 × 69 cm

In questa testa, montata su di un busto che coerentemente è identificabile con quello di una fanciulla ancora acerba, bisogna riconoscere un bell’esempio di ritrattistica fra la tarda età traianea e l’inizio di quella adrianea, prima che venisse introdotta l’abitudine di indicare a trapano iridi e pupille. L’acconciatura, che può riecheggiare quella attestata per Vibia Sabina (tipo V.A.1, A Carandini, Vibia Sabina, Firenze 1969, pp. 228-236). Un buon confronto per questa testa e in particolare per la modalità di rendere i capelli sulla fronte è costituito da una giovane testa femminile già nella collezione Ludovisi (MNR, Palazzo Altemps, inv. 8593): B. Palma, 31. Statuetta muliebre seduta con testa ritratto antica non pertinente, in Museo Nazionale Romano, Catalogo delle sculture I.5, pp. 75-77.

 

Oggetto dichiarato d’interesse archeologico particolarmente importante (CO.RE.PA.CU Toscana, 14 novembre 2018)

Estimate   € 15.000 / 20.000
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26

TUTU

EGITTO, EPOCA TARDA, VI – I SECOLO a.C.

 

Scultura in pietra (granodiorite o granito rosso) raffigurante il dio Tutu come sfinge, incedente con gamba anteriore sinistra avanzata. Il dio, dal corpo leonino, ha un volto umano e indossa una parrucca tripartita e una barba posticcia. Sulla parrucca è posto un ureo. I lineamenti del volto, l’articolazione delle spalle e il copricapo sono resi da incisioni, la mu-

scolatura è invece caratterizzata da peculiari passaggi di piano. Dim. 14,2 x10,3 cm. In questa scultura, di particolare finezza, possiamo vedere una non comune immagine a tutto tondo del dio egizio Tutu, contraddistinto da corpo leonino, testa umana e coda di serpente. Particolarmente diffusa a partire dal VI secolo a.C. questa divinità si contraddistingueva per l’immagine di forza, che lo rendeva non soltanto dio vittorioso, ma anche protettore dai demoni. Uno studio complessivo su questa divinità è offerto da O.E. Kaper, The Egyptian God Tutu: A Study of the Sphinx-god and Master of Demons with a Corpus of Monuments, Leuven 2003, con catalogo delle rappresentazioni (costituite per lo più da rilievi,

in cui talvolta il dio è rappresentato di profilo con testa in visione frontale). Fra le poche rappresentazioni a tutto tondo in cui possiamo a pieno titolo inserire questo esemplare basti menzionare quella al Metropolitan Museum of Art, inv. 30.8.71 (Kaper 2003, p. 368, cat. T7), confrontabile per l’accurato modellato della spalla, e quella al Cleveland Museum of Art, inv. 1915.556 (Kaper 2003, p. 368, cat. T5), originariamente riferibile ad un esemplare di dimensioni analoghe a quello qui proposto. L’immagine di Tutu qui proposta è stata pubblicata nel 2008 (Sales catalogue Charles Ede Ltd, Egyptian Antiquities, London 2008, no. 12) ed in sede scientifica da O.E. Kaper, The Egyptian God Tutu: additions to the Catalogue of Monuments, in Chronique d’Égypte LXXXVII, 2012, p. 79, catalogo n. T.27.

 

Provenienza

Collezione privata, acquisto c. 1980

Charles Ede (2008)

Collezione privata

 

Lotto corredato da attestato di libera circolazione

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Estimate   € 14.000 / 18.000
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111

TOGATO

MONDO ROMANO, I SECOLO a.C.

 

Scultura in calcare compatto, di dimensioni monumentali, raffigurante una figura maschile stante, con il peso sulla gamba sinistra e la gamba destra lievemente arretrata e flessa. L’uomo è totalmente avvolto nella toga, con la mano sinistra a stringere l’umbo della veste e il braccio destro allungato lungo il fianco, anche in quel caso la mano tiene un tratto del sinus. La testa, in marmo bianco, non è pertinente ed è di dimensioni ancora più grandi della scultura. Il limite inferiore della veste è sopra il polpaccio, lascia scoperte parte delle gambe e i piedi della figura, che indossa dei sandali molto elaborati. H. 220 cm.

Destinata a essere posta entro una grande nicchia (il retro è solo sommariamente sbozzato), questa scultura, che possiamo immaginare essere una statua onorifica o funeraria, presenta un ricco civis romanus nel suo abito più tradizionale e ideologicamente significativo, la toga, su cui si veda la recente pubblicazione: M. Tellenbach, R. Schulz (a cura di), Die Macht der Toga: Dresscode im Römischen Weltreich, Berlin 2013. Ed è proprio la veste, con le numerose pieghe e l’elaborata forma, ad essere il vero soggetto della scultura: il fatto che si arresti sopra le caviglie consente di datare la scultura al più tardi fra la fase finale della repubblica e gli anni del principato di Augusto.

 

Provenienza

Mercato antiquario, Austria

Collezione privata

 

Oggetto dichiarato d’interesse particolarmente importante (Toscana)

Estimate   € 13.000 / 16.000
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139

LEBETE GAMICO

PUGLIA, 340 a.C. ca.

 

Lebete gamico apulo a figure rosse. Il vaso, dalla struttura particolarmente elaborata, presenta un corpo ovoidale molto compresso con spalla quasi appiattita e un basso piede campanulato. Sulla spalla si innestano due anse a ponte orizzontali sormontanti e con una costolatura centrale. Al centro delle anse e sulle spalle si innestano appendici fusiformi. Il coperchio del vaso, originale, è costituito da un elemento appiattito che solleva un altro lebete gamico miniaturistico, a sua volta munito di coperchio. Lato A: sulla spalla erote androgino ad ali spiegate, seduto sul suo mantello. Sul corpo figura femminile a torso nudo su di un cavallo rampante: è retrospiciente e si volge verso un erote androgino che le porge una corona di fiori. A terra si trova un volatile con ali sollevate. Lato B: sulla spalla figura femminile a torso nudo che solleva con la sinistra un’ampia phiale. Sul corpo due figure femminili ammantate si incontrano: una solleva con la sinistra una corona, l’altra tiene nelle mani una phiale e un’oinochoe. Il lebete gamico miniaturistico è decorato da una figura di civetta, posta fra due foglie di alloro. La decorazione secondaria consiste in palmette e girali vegetali sotto le anse, un kyma ad ovoli sotto la spalla e una teoria di meandri intervallati da croci decussate. H. 42,5 cm.

Il lebete gamico, vaso la cui peculiare forma è stata tradizionalmente associata alle cerimonie nuziali antiche, è decorato da scene connesse al mondo femminile. Questo vaso, di elevata qualità formale, rientra in un insieme di lebeti di grandi dimensioni, che presentano sul coperchio un’elaborata riproduzione miniaturistica della stessa forma vascolare, si vedano, ad esempio, i vasi a Edimburgo (NatMus. inv. 1881.44.23) e a Karlsruhe (Bad.Land. inv. B41). Lo stile, non lontano anche nelle decorazioni secondarie da quello di un esemplare a Tubinga (B. Rückert, CVA Tubingen 7, München 1997, pp. 20-21, tavv. 5-6), consente un’attribuzione alla cerchia del Pittore di Dario, uno dei principali ceramografi apuli: C. Aellen et alii (a cura di), Le peintre de Darius et son milieu, Genève 1986.

 

Provenienza

Collezione privata

Pandolfini 06.06.2002, lotto 240

Collezione privata

Estimate   € 12.000 / 18.000
Price realized  Registration
68

COLLEZIONE DICHIARATA DI ECCEZIONALE INTERESSE ARCHEOLOGICO

 

a) TESTA DI AFRODITE

MONDO ROMANO, I-II SECOLO d.C.

 

Testa a grandezza naturale in marmo bianco a grandi cristalli. La dea è raffigurata assorta, con ampia fronte, gli occhi rivolti verso il basso e fortemente chiaroscurati. Un fine modellato muove gli zigomi e le labbra carnose schiuse. H. 18 cm.

 

Provenienza

Christie’s 29-30 ottobre 1996, lotto 622 Mauerbach, oggetti depredati dai nazisti posto in vendita per

le vittime dell’Olocausto

 

b) URNETTA CINERARIA

CHIUSI, METÀ II SECOLO d.C.

 

Urnetta quadrangolare decorata sulla fronte con scena dell’eroe che combatte con l’aratro (Echetlo), in atto di abbattere un guerriero inginocchiato che si ripara con uno scudo rotondo. Ai lati due armati che si dirigono verso la figura centrale. Dim. 39,5x20,4x22  cm

 

c) URNETTA CINERARIA

CHIUSI, SECONDA METÀ II SECOLO a.C.

 

Urnetta quadrangolare decorata sulla cassa con la scena di combattimento fra i due fratelli Eteocle e Polinice, per la supremazia su Tebe.  Il  momento  raffigurato  è  quello  dell’uccisione  vicendevole.

Eteocle, a sinistra, sembra uscire vittorioso dal combattimento e affonda con la destra la propria spada nella gola del fratello Polinice, afferrando con la sinistra il bordo dello scudo con cui l’altro si copre. Questi, caduto sulle ginocchia, ha perso il suo elmo che è rotolato a terra fra le gambe del fratello, ma riesce egualmente ad affondare la propria spada nel ventre di Eteocle. Ai lati due demoni femminili alati con corto chitone. Entrambe le figure calzano stivali e tengono faci accese, stendendo ciascuna un braccio verso i guerrieri moribondi che stanno per accompagnare nell’aldilà. 43,5x21x26 cm.

 

d) COPERCHIO DI URNA NON FINITO

VOLTERRA, II – I SECOLO a.C.

 

Coperchio di urna cineraria volterrana in alabastro, raffigurante il defunto come banchettante, sdraiato a sinistra su una kline, appoggiato sul gomito sinistro ad un cuscino, a torso nudo con corona floreale fra i capelli, nell’atto di sorreggere una patera nella mano destra. 50x23x30 cm.

Questo coperchio è una delle rarissime testimonianze di coperchi la cui lavorazione è stata interrotta prima della politura finale (forse a causa della rottura accidentale di un angolo). Si possono vedere le tracce degli strumenti usati.

 

e) COPERCHIO DI URNA

VOLTERRA, FINE II – INIZI I SECOLO a.C.

 

Coperchio  di  urna  cineraria  volterrana  raffigurante  la  defunta come banchettante, sdraiata a sinistra su una kline, appoggiata sul gomito sinistro ad un doppio cuscino. La testa è velata e la figura è decorata da una collana a torques e armille ai polsi. La donna indossa un chitone fermato in vita da una cintura e tiene il braccio destro steso lungo il fianco. Non comune è il fatto che la scultura sia scolpita anche sul retro. 73x27x48 cm.

 

f) SPECCHIO

ETRURIA CENTRO MERIDIONALE, IV SECOLO a.C.

 

Specchio a disco con manico a verga sagomato. La decorazione, ad incisione, sulla parte non riflettente, è costituita dalla coppia dei Dioscuri Castore e Polluce, figli di Zeus e Leda. I giovani sono nudi e con clamide sulle spalle. Lungh. cm. 25,4; diam. cm. 18.

 

g) COPERCHIO DI URNETTA

ETRURIA, CHIUSI (?) , SECONDA METÀ II SECOLO a.C.

 

Coperchio di urnetta raffigurante il defunto sdraiato verso sinistra sul letto, avvolto nel suo himation e con testa affondata in due morbidi cuscini. Si conservano chiare tracce di colore: rosa sui capelli, avorio il volto, bianco il mantello, cuscini e bordo in rosa e giallo.

 

h) TESTA FEMMINILE

ROMA, II-III SECOLO d.C.

 

Testa-ritratto di donna con complessa acconciatura di trecce avvolte a cercine intorno alla testa. Nonostante la marcata alterazione delle superficie si vedono i capelli che coprono parte delle orecchie e gli occhi a mandorla. H. 23,8 cm.

Estimate   € 10.000 / 15.000
Price realized  Registration
99

CRATERE

ATENE, SECONDO QUARTO DEL V SECOLO a.C.

 

Cratere a colonnette con orlo inclinato verso l’esterno, collo troncoconico, corpo ovoidale, piede a doppio echino. Le anse verticali sono poste sulla spalla e si inseriscono sull’orlo mediante una placchetta.

La decorazione figurata è posta in ampi riquadri metopali marginati ai lati da coppie di punti e sopra da linguette verticali. Lato A: al centro Dioniso in movimento verso sinistra, retrospiciente, tiene nella mano destra un kantharos, mentre nella sinistra regge un tralcio di vite. Davanti al dio è un satiro nudo coronato con una pelle animale appesa al braccio. Il dio è accompagnato da una capra e si volge verso una figura femminile completamente vestita che suona una cetra. Lato B: figura femminile (menade) con in mano una torcia, fra satiri itifallici danzanti. La decorazione secondaria consiste in palmette e corona di boccioli sull’orlo e sul collo, corona di raggi sul piede. Diam. orlo 32 cm; h. 37,8 cm

Questo grande cratere è stato realizzato nel Kerameikos di Atene nel secondo quarto del V secolo a.C. ed è stato ascritto da sir J.D. Beazley - Paralipomena (Oxford 1971), p. 393, n. 26bis – alla produzione dei primi manieristi, ceramografi che si ispiravano in età classica ai capolavori formali del tardo arcaismo (su cui, concentrato più sulla fase avanzata del fenomeno T. Mannack, The Late Mannerists in Athenian Vase-Painting, Oxford 2001). Il vaso è schedato nel Beazley Archive Pottery Database al numero 255753.

 

Provenienza

Collezione prof. dr. G. Marschall (1913 - 1997)

Gorny & Mosch, 2017, asta 248, lotto 3

 

Lotto corredato di attestato di libera circolazione

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Estimate   € 10.000 / 15.000
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135

HYDRIA MONUMENTALE

PUGLIA, 350 - 330 a.C.

 

Hydria di grandi dimensioni con orlo svasato con labbro rovesciato, collo concavo, corpo ovoidale compresso con spalla accentuata, basso piede a tromba. Sotto la spalla, sul punto di massima espansione del vaso sono poste due anse orizzontali a sezione circolare. Un’ansa verticale è impostata sul retro fra orlo e spalla. La decorazione del vaso, molto elaborata, si dispone su tre registri, separati da teorie di linguette. Sul collo è un tralcio d’edera. Sulla spalla compaiono due grifoni che attaccano un cavallo. La scena principale, che occupa quasi tutto il corpo, è limitata inferiormente da un meandro alternato a motivi quadrangolari e mostra una figura femminile entro naiskos con colonne ioniche. La donna, seduta e volta verso destra, solleva un kantharos. Ai lati dell’edificio sono presenti un maschio nudo a destra,

con in mano un cestello e una donna a sinistra. Girali vegetali e viticci arricchiscono la scena. Il retro del vaso è totalmente coperto da una fitta trama di palmette. H. 52 cm

Più ancora della scena principale sul corpo del vaso, particolarmente significativa è la raffigurazione sulla spalla con grifoni all’attacco di un erbivoro. Soggetto questo ben noto nel repertorio iconografico apulo, si pensi allo straordinario sostegno in marmo da Ascoli Satriano, ma non comune nelle raffigurazioni vascolari (G. Sena Chiesa, a cura di, La collezione Lagioia. Una raccolta storica dalla Magna Grecia al Museo Archeologico di Milano, Milano 2004, p. 233, n. 173).

 

Provenienza

Kyros Melas, London (acquisto 11.03.1997)

Agenzia d’arte Apollo (acquisto 15.04.97)

Collezione privata

Estimate   € 8.000 / 15.000
Price realized  Registration
130

CRATERE

ATENE, SECONDO QUARTO V SECOLO a.C.

 

Cratere a colonnette a figure rosse, con orlo appiattito rovesciato nel suo tratto inferiore, collo troncoconico, corpo ovoidale, piede a doppio echino. Le anse verticali sono poste sulla spalla e si inseriscono sull’orlo mediante una placchetta. La decorazione figurata si pone entro riquadri metopali marginati ai lati da doppia fila di punti e superiormente da una fila di linguette. Il lato A è decorato con una scena di inseguimento. Al centro un giovane uomo, nudo, con il mantello sul braccio sinistro portato in avanti, con una coppia di lance nella destra e con il petaso sulla schiena. Il giovane si volge verso una figura femminile in fuga sul margine destro della scena. Questa, retrospiciente, è vestita di un peplo, porta un diadema sulla testa e solleva le braccia. Dietro al giovane è presente un’altra figura femminile con peplo, in

movimento, con la testa e il torso rivolti verso la figura centrale. Il lato B è decorato con tre figure maschili stanti. Gli uomini sono ammantati e con bastoni in mano. La decorazione secondaria consiste in palmette e corona di boccioli sull’orlo e sul collo e corona di raggi sul piede. Diam. orlo 32,6 cm; h.39,2 cm.

Questo grande cratere può essere ascritto alla produzione dei primi manieristi, ceramografi attivi nel secondo quarto del V secolo a.C. nel Kerameikos di Atene, che si ispiravano in età classica alla produzione precedente (su cui, concentrato più sulla fase avanzata del fenomeno T. Mannack, The Late Mannerists in Athenian Vase-Painting, Oxford 2001). La scena che compare sul lato A del vaso, rientra nelle pursuit scenes che sono ben attestate nell’iconografia vascolare del periodo. Analogie per la resa delle figure e per la composizione della scena con un vaso in collezione privata (Sotheby’s 22.5.89, 80, n.287 – BAD 44367) e con un cratere del Pittore di Efesto (Paris, Cabinet des Medailles: inv. G362 - Beazley, ARV 2 , p. 1115, n. 17).

 

Provenienza

Anglicana casa d’aste

 

La Soprintendenza di Firenze ha intenzione di dichiarare l’interesse archeologico particolarmente importante di questo lotto

 

Estimate   € 7.000 / 9.000
Price realized  Registration
115
Estimate   € 5.000 / 10.000
Price realized  Registration
109

CRATERE

ATENE, FINE VI SECOLO a.C. - INIZIO V SECOLO a.C.

 

Cratere a colonnette, con orlo appiattito, collo troncoconico, corpo ovoidale, piede a doppio echino. Le anse verticali sono poste sulla spalla e si inseriscono sull’orlo mediante una placchetta. Il lato A, meno conservato, è decorato da una scena di partenza di Dioniso, il dio del vino e dell’ebbrezza, su una quadriga volta a destra, mentre due menadi ed una terza figura lo salutano; nella scena compaiono tralci di vite. Il lato B è decorato da una scena di komos, con una danza di due satiri e due menadi, una delle quali solleva dei crotali. I satiri sono nudi, le menadi vestite con pelli di capretti sopra le loro vesti. La decorazione secondaria, sulla tesa dell’orlo, mostra pantere gradienti a sinistra ed erbivori a destra, mentre lo spazio delle placchette presenta due palmette. H. 34,5 cm; diam orlo 28,5 cm

Questo cratere, contenitore destinato a mescolare vino ed acqua durante i banchetti antichi, è decorato con un’esaltazione della bevanda, del suo dio e dei suoi effetti. Se il lato A presenta infatti il dio in atto di partire (o di arrivare), le menadi e i satiri sul lato B alludono agli effetti del vino sui simposiasti. Dal punto di vista stilistico, il cratere può essere avvicinato, se non attribuito, al pittore del Louvre C11287, noto solo da altri quattro crateri decorati con scene dionisiache. Lo si confronti in particolare, oltre che con il vaso eponimo, anche con un cratere al Museo Nazionale di Agrigento (inv. R 143: A. Calderone, CVA Agrigento 1, Roma 1985, pp. 8-9, tav. 7).

 

Provenienza

Collezione privata

Pandolfini 18 dicembre 1998, lotto 204

Collezione privata

 

Oggetto dichiarato d’interesse archeologico particolarmente importante (D.M. 22 gennaio 1986)

Estimate   € 4.500 / 6.500
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URNA CINERARIA

ROMA, FINE I – II SECOLO d.C

 

Urna con coperchio a doppio spiovente decorato al centro del fastigio da una corona d’alloro, da cui si ripartono due nastri mossi da incisioni verticali. La cassa è parallelepipeda e  la  decorazione  figurata  si  diparte  da  due  bucrani,  fissati  in  corrispondenza  dei  vertici superiori e contraddistinti da corna piccole e da cavità oculari accentuate. Dalle corna sulla

fronte pendono rami di ulivo biforcati nel loro tratto inferiore. Il tratto esterno scende in basso sullo spigolo mentre quello interno lambisce la corrispettiva diramazione sul lato opposto. Nello spazio determinato da questo “festone aperto” sono posti quattro uccellini. La decorazione sui lati brevi consiste in un grande rosone, ai lati del quale sono posti quattro calici floreali. Lo specchio epigrafico, entro cornice modanata, si articola su quattro linee:

 

D(is) M(anibus) / Fl(aviae) Restitutae / L(ucius) F[l](avius) Hermeros / con(iugi) b(ene) m(erenti) fec(it)

Agli dei Mani di Flavia Restituta il marito Lucio Flavio Hermeros ha dedicato alla moglie che ha ben meritato.

 

L’urna rientra in una classe di materiali di produzione urbana, realizzata nel I e II secolo d.C.. La sintassi decorativa trova un preciso confronto con quella presente su un altare funerario al Museo Nazionale Romano, inv. 124514 (P. Rendini, in A. Giuliano - a cura di - Museo Nazionale 1, pp. 260-264), datata in età claudia, ma è più probabile, considerando il tipo di rilievo e l’uso del trapano riscontrabile sui bucrani, che la datazione del pezzo sia fra la fine  del I secolo e l’inizio del II secolo d.C. Una corrispondenza precisa per il rosone sui fianchi è riscontrabile con un’urna all’Ince Blundell Hall Ince: G. Davies, The Ince Blundell Collection of Classical Sculpture. The Ash Chests and other Funerary Reliefs, Mainz 2007, pp. 52-54, n. 22 tav. 36 (tarda età flavia.H. max 27,5cm; dim. cassa 25,5x25,5x18 cm.

 

Questa interessante urna è con ogni probabilità identificabile con quella descritta nel volume di F.A. Visconti, A. Visconti, Indicazione delle sculture e della galleria di quadri esistenti nella Villa Miollis al Quirinale, Roma 1812, p.19: “156. Piede di mensa di alabastro fiorito con zampa, e testa di leone, alta palmi tre e mezzo; sopra, cinerario piccolo di Flavia Restituta, con uccelli, bucranj, e rosoni nei lati”. Il cinerario faceva quindi parte alla collezione raccolta da Sestius Miollis (1759-1828), generale napoleonico, governatore di Roma e amante dell’archeologia, tanto da raccogliere nella Villa Aldobrandini di Monte Magnanapoli da lui acquistata nel 1811 e destinata alla fondazione della Société hellénique des sciences et des beaux arts, centinaia di opere d’arte antiche e moderne (C. Benocci, Villa Aldobrandini a Roma, Roma 1992, pp. 231-254).

 

Provenienza

Villa Miollis-Aldobrandini (inizio XIX secolo)

Collezione Borghese (dal 1830 ?)

Antichità Fiorentini, Via Margutta (acquisto 1975)

Collezione privata

Estimate   € 4.500 / 6.500
Price realized  Registration
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Estimate   € 4.000 / 6.000
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Estimate   € 3.500 / 5.500
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