19TH CENTURY PAINTINGS

14 MAY 2019

19TH CENTURY PAINTINGS

Auction, 0296
FLORENCE
Palazzo Ramirez Montalvo
Borgo degli Albizi, 26
4.30 p.m.
Viewing
PREVIEW ROME
15 - 24 April 2019
from Monday to Friday 
9:30 - 13:30 and by appointment
via Margutta 54
+39 06 3201799

FLORENCE

10th - 13th May 2019
10 a.m. - 6 p.m.
Palazzo Ramirez-Montalvo
Borgo degli Albizi, 26
info@pandolfini.it
 
 
 
Estimate   300 € - 60000 €

All categories

1 - 30  of 65
136

Fabio Fabbi

(Bologna 1861 - Casalecchio di Reno 1946)

I SETTE VIZI CAPITALI

olio su tela, cm 132x200

firmato in basso a sinistra

retro: firmato e datato "1908"

 

THE SEVEN DEADLY SINS

oil on canvas, cm 132x200

signed lower left

on the reverse: signed and dated "1908"

 

Provenienza

Acquistato direttamente dal pittore dalla famiglia dell'attuale proprietà nel 1912

 

Il grande dipinto, di cui esistono versioni successive di minori dimensioni, fu venduto dal pittore agli avi degli attuali proprietari nel 1912, ed è con ogni probabilità da identificare con una versione dell’opera omonima premiata intorno al 1888 all’Esposizione Internazionale di Monaco.

Sotto un cielo plumbeo, in un paesaggio cupo appena abbozzato, assistiamo all’angosciosa processione delle personificazioni dei vizi capitali. Un uomo estenuato e vestito di stracci incede lentamente sulla sinistra, mortalmente infiacchito dall’Accidia che impersona. Al suo fianco una donna seminuda, in posa discinta (Lussuria), volge il suo sguardo spiritato verso l’alto, mentre accanto a lei una donna elegantemente abbigliata e ricoperta di gioielli si compiace della propria superiorità (Superbia). Alle sue spalle una figura livida, avvizzita e tormentata si morde il dito mentre un serpente le si avvolge attorno al petto (Invidia). Seguono un uomo bendato, accecato dall’Ira, che gridando brandisce un pugnale, un vecchio sospettoso che stringe a sé i propri tesori (Avarizia) e un uomo pingue, dall’aria soddisfatta, sullo sfondo (Gola).

 

 

Estimate   € 6.000 / 10.000
Price realized  Registration
135

Carlo Fornara

(Prestinone 1871 - 1968)

NATURA MORTA CON FRUTTI E FIORI

olio su tela, cm 50x60

firmato in basso a sinistra

retro: iscritto "Dipinto da me nel 1952 / C. Fornara", "Alla gentil Signora ... / C. Fornara / 28/7/68"

 

STILL LIFE WITH FRUIT AND FLOWERS

oil on canvas, cm 50x60

signed lower left

on the reverse: inscribed "Dipinto da me nel 1952 / C. Fornara", "Alla gentil Signora ... / C. Fornara / 28/7/68"

 

Provenienza

Galleria Mainetti, Milano

Collezione privata

 

Bibliografia

Catalogo Bolaffi della pittura italiana dell'800, n. 2, Torino 1969, p. 212

M. Valsecchi, Nature morte di C. Fornara, Novara 1970, tav. 11

 

"... Su questa fitta trama degli eventi pittorici vissuti da Fornara, molto più complessi che non siano fin qui apparsi, credo sia più facile adesso apprezzare le nature morte (...) e ammirarne l'originalità quanto la ricchezza di invenzione coloristica. Da molti esempi insigni, anche antichi, sappiamo come il dipingere nature morte aiuti l'artista a confidare meglio i suoi pensieri, il suo animo, e i problemi pittorici che lo travagliano. E' un atto di intimità che si traduce meglio con questi motivi che i nordici chiamavano di vita silente e possono limitarsi a un libro aperto, a un fiore in un bicchiere, in pochi frutti sopra a un piatto. L'ispirazione del pittore ne è come aizzata.

A un certo momento della sua vita, dal 1945 circa, da quando cioè Fornara limita sempre più le uscite in valle e riduce gli itinerari dei suoi percorsi alle stanze e allo studio, queste nature morte sono diventate man mano il mondo cui poteva ancora accedere. E forse questa reclusione volontaria accentuava nel pittore il desiderio di una bellezza, dico meglio, di una concretezza oggettiva che gli dicesse, in breve spazio, tutti i colori e tutte le luci del mondo al di là delle finestre o del breve recinto di giardino. La siepe leopardiana spalancava al poeta la sensazione dell'infinito; e così nel pittore quei pochi oggetti familiari. E la ragione è una sola: che quell'infinito, quello splendore di colore e di luce, essi li portavano dentro e attendevano solo un appiglio, anche il più consueto, per esprimerli e comunicarli a tutti".

 

M. Valsecchi, Nature morte di C. Fornara, Novara 1970, s.p.

 

Estimate 
 € 15.000 / 25.000
134

Andrea Tavernier

(Torino 1856 - Grottaferrata 1932)

TRAMONTO DIETRO LE BAITE

olio su tela, cm 46x62,5

firmato e datato "908" in basso a destra

retro: cartiglio e timbro della Galleria d'Arte Fogliato di Torino, cartiglio e timbri della Galleria d'Arte Perazzone di Biella

 

SUNSET BEHIND THE LODGES

oil on canvas, cm 46x62,5

signed and dated "908" lower right

on the reverse: label and stamp of the Galleria d'Arte Fogliato in Turin, label and stamps of the Galleria d'Arte Perazzone in Biella

 

Provenienza

Galleria d'Arte Fogliato, Torino

Galleria d'Arte Perazzone, Biella

Collezione privata

 

Esposizioni

Galleria d'Arte Perazzone, Biella, 1989

 

Formatosi alla pittura sotto la guida degli artisti Enrico Gamba e Andrea Gastaldi, esordisce a Torino nel 1884 alla Promotrice Torinese, di cui sarà fedele espositore per gli anni a seguire; è in una di queste esposizioni, nel 1889, che le montagne piemontesi fanno comparsa.

Grazie al suo personale linguaggio connotato da vigorosi accenti cromatici, l’artista si divide tra paesaggi e scene di genere, sempre trattati con una vena malinconica, lontana dall’intento aneddotico, per concentrarsi su una ricerca cromatico-luministica che caratterizza la sua poetica.

La sua attenzione è rivolta alla pittura di paesaggio, di cui si fa interprete riprendendo scene rigorosamente rispettose del vero con studi eseguiti all’aria aperta, soprattutto nei territori delle montagne piemontesi.

Nel 1890 decide di stabilirsi a Roma per approfondire la pittura di paesaggio, affiancandosi al gruppo dei XXV della Campagna Romana, e da quel momento in poi, grazie all’esperienza che trarrà dalla frequentazione del centro Italia, la sua pennellata diventerà sensibilmente più corposa, densa, materica, con una tavolozza decisamente più luminosa.

Estimate   € 7.000 / 12.000
129

Ruggero Panerai

(Firenze 1862 - Parigi 1923)

CAVALLI AL GUADO

olio su tela, cm 80,5x120

firmato in basso a sinistra

retro: cartiglio della mostra Il Nuovo dopo la Macchia

 

HORSES FORDING A RIVER

oil on canvas, cm 80,5x120

signed lower left

on the reverse: label of the exhibition Il Nuovo dopo la Macchia

 

Esposizioni

Il Nuovo dopo la Macchia. Origini e affermazione del Naturalismo toscano, Montecatini Terme, 16 luglio 2009 - 18 gennaio 2010

 

Bibliografia

Il Nuovo dopo la Macchia. Origini e affermazione del Naturalismo toscano, catalogo della mostra (Terme Tamerici, Montecatini Terme, 19 luglio 2009 – 18 gennaio 2010), a cura di T. Panconi, Ospedaletto (PI) 2009, pp. 228-229

 

«Il dipinto ricorda nell’impostazione il celebre Il Guado realizzato da Panerai nel 1887 e inviato alla Esposizione Nazionale Artistica di Venezia, con il quale l’autore ottiene largo consenso per la potente vena espressiva. Tale riconoscimento si perpetua nelle rasssegne delle opere di Panerai nel corso del tempo, tanto che Tarchiani nel 1911 sottolinea lo stupore che queste hanno suscitato nei giovani che non le conoscevano e, riferendosi proprio a Il Guado e a Cavallo Malato, scrive: “Egli vi appare il vero e forse l’unico discepolo di Giovanni Fattori. Tutta v’è la tristezza tragica della Maremma, dal cielo grave, dal terreno desolato, accidentato, dalle acque che han freddi riflessi metallici. E gli animali e gli uomini vi vivono in atteggiamenti e movenze scorte con occhio sicuro, espresse con efficace evidenza. Il Panerai in queste due opere, pur avvicinandosi al maestro, se ne discosta per il modo di comporre la scena: è meno immediato, ma più decorativo” (N. Tarchiani, Esposizioni Fiorentine, in “Il Marzocco”, a. XVI, n. 17, 23 aprile 1911, p. 3).

Questo dipinto vive di quella medesima atmosfera tersa di una campagna inospitale, della fanghiglia calpestata in primo piano, dei cavalli selvaggi che i mandriani guidano al di là del guado, ispirandosi a un brano della dura vita quotidiana dei luoghi selvaggi del pascolo. Analogamente a Il Guado, Panerai disponde con grande sicurezza l’impianto scenico della composizione: ritornano le figure dei butteri, in numero maggiore, con gli stessi atteggiamenti decisi nell’esibire la loro specifica competenza; la concitazione della corsa dei cavalli, colti nella loro naturalezza, l’immediatezza nella resa della confusione dell’azione tra il tumulto degli uomini e degli animali. Il paesaggio circostante si carica di una luce greve e pesante che delinea sullo sfondo gli alberi e i cespugli, che si congiungono alle colline che chiudono la campagna. In un’altra tela, Butteri al guado della Raccolta Novelli di Firenze, si ripete con qualche lieve variante il soggetto svolto nel nostro, anche qui si vedono infatti cavalli inquieti nelle acque iridescenti di un fiume.

Per usare le parole di Figlioli, possiamo considerare questo ciclo pittorico “come testimonianza viva dell’aureo periodo del Panerai, nel quale la ricchezza cromatica dei paesaggi toscani e l’armonioso disegno delle figure si compendiano in un lirismo pittorico che solo un grande come Egli era, può raggiungere e esprimere” (O.L. Giglioli, Ruggero Panerai e Ludolf Enrico Verworner, in “L’Arte”, n. 18, gennaio-dicembre 1954, p. 36).

A sostenere il successo che la sua maestria aveva procurato a Panerai presso i contemporanei, nel 1891, gli viene assegnato il Premio Firenze per il dipinto La sera. Al concorso partecipa anche il talentuoso Adolfo Tommasi, ma la scelta, fatta con molto discernimento, porta a preferire la sua opera: “Il Panerai – scrive il recensore dell’articolo che segnala l’evento su ‘Arte e Storia’ del 25 aprile di quell’anno – ha riprodotto con verità infinita dei gruppi di animali, che vanno ad abbeverarsi ad un ruscello, degli animali che son pieni di vita, di carattere e di sentimento. Nel fondo di paese certi effetti di luce di sera non sono forse perfettamente indovinati; ma in ogni modo c’è in quel quadro quanto basta a dimostrare il valore artistico del Panerai il quale, collo studio assiduo e costante del vero, ha saputo guadagnarsi rapidamente un bel posto fra i nostri artisti” (Notizie-Firenze-Premio Firenze, in “Arte e Storia”. a. X, n. 9, 25 aprile 1891, p. 71)».

 

da Il Nuovo dopo la Macchia. Origini e affermazione del Naturalismo toscano, catalogo della mostra (Terme Tamerici, Montecatini Terme, 19 luglio 2009 – 18 gennaio 2010), a cura di T. Panconi, Ospedaletto (PI) 2009, pp. 228-229

 

 

Estimate   € 20.000 / 30.000
Price realized  Registration
123

Eugenio Cecconi

(Livorno 1842 - Firenze 1903)

CACCIA NEL BOSCO ALL'ALBA

olio su tela, cm 103x74,5

firmato in basso a sinistra

retro: cartiglio della II Fiera Naz. d'Arte Antica e Pittura dell'800 di Cremona, cartiglio della mostra Il Nuovo dopo la Macchia

 

THE HUNT IN THE WOOD AT DAWN

oil on canvas, cm 103x74,5

signed lower left

on the reverse: label of the II Fiera Naz. d'Arte Antica e Pittura dell'800, Cremona, label of the exhibition Il Nuovo dopo la Macchia

 

Esposizioni

II Fiera Nazionale d'Arte Antica e Pittura dell'800, Cremona

Il Nuovo dopo la Macchia. Origini e affermazione del Naturalismo toscano, Montecatini Terme, 16 luglio 2009 - 18 gennaio 2010

 

Bibliografia

"Natura ed Arte", VIII, 1903-1904, p. 345

Catalogo della pittura dell'800. II Fiera Nazionale d'Arte Antica e Pittura dell'800, catalogo della mostra (Palazzo Trecchi, Cremona, maggio-agosto 1938), Cremona 1938, n. 184

Dipinti di maestri dell'Ottocento in una raccolta toscana, catalogo di vendita (Galleria Geri, Milano, 1937), Milano 1937, n. 122

Un'importante raccolta di pittura dell'Ottocento, catalogo di vendita (Galleria Geri, Milano, 1939), Milano 1939, n. 30

G. Daddi, Eugenio Cecconi, Lecco 1973, p. 348 tav. CXXVIII

Il Nuovo dopo la Macchia. Origini e affermazione del Naturalismo toscano, catalogo della mostra (Terme Tamerici, Montecatini Terme, 19 luglio 2009 – 18 gennaio 2010), a cura di T. Panconi, Ospedaletto (PI) 2009, pp. 264-265

 

«L’arte di Cecconi è scaturita, come sostiene Servolini, “dal felice incontro del suo bisogno sentimentale di una vita semplice e quasi primordiale di cacciatore-viandante e dal possesso di un ingegno versatile e sensibilissimo, che gli consentiva tuttavia di non cancellare con la fantasia la semplicità”. (L. Servolini, Eugenio Cecconi, in “Rivista di Livorno”, a. II, n. 1, gennaio-febbraio 1952, p. 31).

Esibendo un rigoroso magistero formale mai versato a leziosismi, il pittore riesce a dar vita a composizioni in cui coglie con intensità la naturale poesia della natura, indugiando a ritrarre nei suoi paesaggi certe minuzie come i fili d’erba, l’ingiallimento delle foglie, i cieli violenti, i rami secchi.

L’adunata dei cacciatori prima della partenza per la caccia mostra il vivo senso del movimento, la forza espressiva della scena rappresentata e la ricchezza dei particolari e la tavolozza, pur nella varietà dei toni, assume un’intonazione diversa da quella dei dipinti dei primi anni ’80: i colori tendono a smorzarsi e perdono la loro primitiva vivacità e le composizioni si fanno più malinconiche e intimiste.

Daddi sottolinea a questo proposito come rispetto alle realizzazioni precedenti, più fresche e vivaci di colore, questa in esame della fine degli anni ’80, insieme a Una giornata sfortunata, La morte del cervo, Paesaggio invernale e Racanata, mostra un modo di dipingere particolarmente originale, più sobrio, che tuttavia non incide sulla sua forza rappresentativa, mantenendo immutato il proprio fascino “certo meno vistoso, ma non meno presente” (G. Daddi, Eugenio Cecconi, Lecco 1973, p. 53).

La tenacia nel rappresentare con così puntuale sottigliezza gli usi e i costumi della terra toscana è indotta anche dal particolare clima culturale dell’epoca, da quelle correnti del pieno Naturalismo europeo che, attraverso le testimonianze di Signorini, Francesco Gioli e Diego Martelli per primi, incidono sulla attività dei pittori contemporanei. L’ammirazione per Bastien Le Page, come espressione di aggiornamento culturale e i moniti campanilistici di Cecioni, determinano questa comune spinta a interessarsi all’illustrazione dei caratteri tipici della propria terra e a tradursi in Cecconi in spontanea sensibilità, volta a interpretare l’intima realtà della Maremma».

 

da Il Nuovo dopo la Macchia. Origini e affermazione del Naturalismo toscano, catalogo della mostra (Terme Tamerici, Montecatini Terme, 19 luglio 2009 – 18 gennaio 2010), a cura di T. Panconi, Ospedaletto (PI) 2009, pp. 264-265

 

Estimate   € 35.000 / 55.000
Price realized  Registration
122

Modest Huys

(Zulte 1874 - 1932)

FANCIULLE SU UN PRATO

olio su tela, cm 76x126

firmato in basso a destra

retro: cartigli di esposizione al Carnegie Institute di Pittsburgh

 

YOUNG GIRLS IN A MEADOW

oil on canvas, cm 76x126

signed lower right

on the reverse: labels of an exhibition at the Carnegie Institute of Pittsburgh

 

Nato a Zulte, in Belgio, Modest Huys si formò alla Gentse Nijverheidschool. Intorno al 1891 entrò in contatto con il pittore luminista Emile Claus, che lo incoraggiò a perseguire la carriera artistica. Nel 1900 si iscrisse alla Accademia Reale di Belle Arti di Anversa, ma senza completare il suo percorso di studi. Dal 1902, dopo essere entrato a far parte della Sint-Lucasgilde a Kortrijk, cominciò a esporre più frequentemente, partecipando, a partire dal 1905, anche alle esposizioni del gruppo di pittori luministi Vie et Lumière, con Emile Claus, James Ensor e Jenny Montigny. Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale Huys fuggì in Olanda, per poi muoversi a seconda delle esigenze belliche. La sua abitazione ed il suo studio furono distrutti nel 1918, ed egli si spostò a Brakel. Dopo l’armistizio dipinse scene della devastazione del fronte, per poi trasferirsi a Wakken l’anno successivo. Ricominciarono le sue frequenti partecipazioni alle esposizioni, tra cui il Salon di Parigi e il Carnegie Institute di Pittsburgh (cartigli di un’esposizione in quest’ultima istituzione sono visibili sul retro del dipinto che qui presentiamo). In questi anni la sua tavolozza si fece più scura e contrastata, avvicinando le sue opere all’espressionismo. Nel 1926 fu costruita la sua casa-studio in Zulte, la Zonnehuis (Casa del Sole). Morì nella stessa città nel 1932.

 

Estimate   € 7.000 / 12.000
Price realized  Registration
1 - 30  of 65