OLD MASTER PAINTINGS

14 MAY 2019

OLD MASTER PAINTINGS

Auction, 0295
FLORENCE
Palazzo Ramirez-Montalvo
Borgo degli Albizi, 26
3.30 p. m. 
Viewing
FLORENCE
10th - 13th May 2019
10 a.m. - 6 p.m.
Palazzo Ramirez-Montalvo
Borgo degli Albizi, 26
info@pandolfini.it
 
 
 
Estimate   1000 € - 150000 €

All categories

1 - 30  of 68
48

Vincenzo Malò

(Cambray, circa 1605 – Roma?, 1660 circa)

CAMILLO E IL MAESTRO DI SCUOLA DI FALERII

olio su tela, cm 250x300

 

CAMILLO AND THE MASTER OF FALERII

oil on canvas, cm 250x330

 

Bibliografia

A. Orlando, in Van Dyck e i suoi amici. Fiamminghi a Genova 1600 – 1640. Catalogo della mostra (Genova, Palazzo della Meridiana, febbraio – giugno 2018, a cura di Anna Orlando), Genova 2018, p. 66 e fig. 66.

 

Raro per il soggetto, narrato da Plutarco e da Tito Livio, e imponente per dimensioni, il dipinto qui offerto va identificato con il modello, fino a questo momento ignoto, da cui, fra il 1764 e il 1766, Domenico Corvi trasse una copia di minore formato come cartone d’arazzo per la celebre Arazzeria Pontificia.

La storia di questa commissione, destinata ad ornare la sala del Trono nel palazzo dei Conservatori in Campidoglio con una serie di arazzi che illustrassero gli episodi più significativi della storia di Roma ed esaltassero le antiche virtù repubblicane, è stata ricostruita grazie ai documenti analizzati da Carlo Pietrangeli (1962) e più recentemente riassunta da Patrizia Masini nel catalogo generale della Pinacoteca Capitolina (2006) dove appunto si conservano i cinque cartoni ad olio su tela di Domenico Corvi, come pure gli arazzi nella loro collocazione originaria.

A seguito dell’approvazione da parte di Clemente XIII del progetto presentato dai Conservatori, nel gennaio del 1764 Domenico Corvi (Viterbo 1721 – Roma 1803) ebbe l’incarico di dipingere quattro scene figurate come modello per gli arazzieri pontifici, copiando i dipinti che gli sarebbero stati indicati dal marchese Camillo Francesco Massimi, Fabbriciere del Campidoglio e, in un solo caso, fornendo un’invenzione originale.

Oltre all’episodio di Marco Furio Camillo, celebre exemplum di integrità morale, furono illustrati quelli relativi a Romolo e Remo e alla Vestale Tuccia, oltre all’immagine della cosiddetta Dea Roma, quest’ultima un’invenzione originale di Domenico Corvi sulla base del celebre gruppo statuario capitolino.

Fino ad anni recenti solo il modello per il Ritrovamento di Romolo e Remo era stato identificato: fu infatti copiato dal celebre dipinto di Rubens già allora nelle raccolte capitoline, dalla collezione Pio di Savoia. Recente è invece l’identificazione dell’originale della Vestale Tuccia con un dipinto ora nelle raccolte del Musée d’Art et d’Histoire di Ginevra, dalla collezione Sellon d’Allaman, dove era anch’esso attribuito a Rubens mentre oggi è stato ricondotto all’ambito di Domenico Fiasella. Come è noto, molti dipinti di quella importante collezione ginevrina venivano dalla raccolta del marchese Raggi, nobile genovese trapiantato a Roma, e non a caso una nota di Domenico Corvi del 1766 specifica che la Vestale Tuccia era stata copiata da un dipinto in casa Raggi.

Niente di conclusivo è stato detto finora circa l’identificazione del modello copiato da Domenico Corvi per l’episodio di Camillo, che una guida del primo Novecento dichiara tratto da Nicolas Poussin. Ne è forse motivo la famosa composizione del pittore francese, nota in due esemplari simili tra loro ma privi di qualunque relazione con l’arazzo capitolino (Parigi, Louvre e Norton Simon Museum, Pasadena). E’ interessante osservare però come nella collezione Massimi fossero presenti numerosi dipinti di Poussin raccolti un secolo prima da Camillo II e inventariati nel 1677, insieme a un album di suoi disegni, ora a Windsor nelle raccolte reali inglesi. Uno dei fogli (Windsor 11914; A. Blunt, in “Master Drawings” 1976, pp. 14 e 26, n. 40, ill.) illustra appunto la storia di Camillo, soggetto particolarmente caro a Camillo Massimi.

Non si può quindi escludere, pur nel silenzio delle fonti e degli inventari, che il modello proposto dal marchese a Domenico Corvi venisse proprio dalla sua raccolta e che, per questo motivo venisse erroneamente associato a Nicolas Poussin. Riteniamo che, in ogni caso, vada identificato col dipinto qui offerto.

Correttamente collocato nell’ambito rubensiano, e più precisamente riferito a Theodor van Thulden in una comunicazione scritta alla proprietà ormai superata, il dipinto è stato invece restituito da Anna Orlando al catalogo di Vincent (o Vincenzo) Malò, pittore oltremontano attivo a Genova a partire dal 1634. Allievo di Rubens ad Anversa, dove è documentato fra il 1623 e il 1634, Malò si trasferì a Genova presso i fratelli Lucas e Cornelis de Wael, punto di riferimento della comunità fiamminga. Le fonti genovesi riferiscono di numerosi dipinti, per lo più di soggetto religioso usciti dalla sua bottega, a testimonianza del suo successo presso la committenza pubblica e privata. Maestro di Antonio Vassallo, Malò costituì in qualche modo il punto di snodo tra i grandi maestri fiamminghi, peraltro attivi a Genova e presenti con i loro capolavori nelle raccolte aristocratiche della Superba, e il loro seguito in città, di cui Vassallo fu appunto il principale esponente.

 

 

 

Estimate   € 25.000 / 35.000
17

Scuola Veneziana, sec. XVII

RITRATTO DI CONDOTTIERO

olio su tela, cm 122x98

 

Venetian school, 17th century

PORTRAIT OF A WARLORD

oil on canvas, cm 122x98

 

Si deve ad Arabella Cifani, in una comunicazione scritta alla proprietà, la probabile identificazione del ritrattato con Daulo Dotto de’ Dauli, Governatore di Galee (Venezia 1580 – Zara 1646). La proposta della studiosa muove innanzi tutto dallo stemma raffigurato in alto a sinistra nel dipinto (campo ovale, inquartato in argento e rosso, e circondato da tredici stelle su campo azzurro) da lei riconosciuto come pertinente alla famiglia Dauli, antica stirpe padovana.

La presentazione del soggetto in corazza militare e manto rosso foderato di ermellino, nonché il gesto con cui indica il mare quale teatro delle proprie gesta ne hanno suggerito l’identificazione con Daulo Dauli, attivo nella difesa della Serenissima a partire dal 1615, comandante di diverse piazze militari e governatore di Corfù. Protagonista della guerra di Candia, a capo della “galera padovana” da lui armata, morì a Zara nel 1646. Padova gli tributò esequie solenni e un monumento funebre nella chiesa di Sant’Agostino, poi trasferito in quella degli Eremitani e quindi distrutto nella seconda guerra mondiale. Il nostro dipinto lo raffigura ormai anziano, intorno al 1630 e comunque dopo il 1618, anno in cui gli fu conferito l’onore di sedere accanto al Doge a capo coperto, cui si riferisce verosimilmente il manto di ermellino.

Meno convincente, per quanto suggestiva, appare invece la proposta della studiosa circa un’attribuzione del ritratto a Domenico Tintoretto: nonostante l’alta qualità del dipinto si preferisce qui restare in un più generico, se pur sostenuto, ambito veneziano nel primo quarto del secolo.

Possibili confronti rimandano tuttavia alle diverse serie di ritratti celebrativi da tempo riferiti attendibilmente a Pietro Damini (1592-1631) attivo non a caso a Padova, città di origine del protagonista del nostro dipinto. Autore documentato di pale d’altare e di teleri di carattere storico-celebrativo in cui compaiono numerosi personaggi pubblici padovani (si veda, nel museo di Padova, lo Scambio del bastone di comando e delle chiavi di Padova nel 1619 tra i rettori, i fratelli Massimo e Silvestro Valier, cui fanno corteo numerosi personaggi) Damini dipinse altresì le serie di ritratti commemorativi di personaggi della famiglia Tiso da Camposampiero, comparsi a più riprese sul mercato antiquario (Finarte, Roma, 22 novembre 1994; Sotheby’s, Londra, 6 dicembre 2007) o quello, ideale, di Ugo Alberti IV, variando sapientemente le pose e l’atteggiamento dei suoi personaggi ed esaltandone l’autorevolezza senza rinunciare a una descrizione realistica dei modelli. Tratti che ci sembra di poter ravvisare nel dipinto qui offerto, notevole documento del costume della città di esaltare i suoi figli più eminenti.

 

Estimate   € 15.000 / 20.000
Price realized  Registration
19

Scuola toscana, inizio sec. XVI

MADONNA COL BAMBINO, SAN GIOVANNINO

olio su tavola, diam. cm 86,5

 

Tuscan school, early 16th century

MADONNA WITH CHILD AND SAINT JOHN THE BAPTIST

oil on panel, diam. cm 86,5

 

L’opera appartiene alla felicissima stagione pittorica fiorentina che vide uscire dalle sue più importanti botteghe, a partire dalla metà del Quattrocento, tondi raffiguranti la Madonna col Bambino in compagnia di angeli o santi, inseriti, come nel nostro caso, entro importanti cornici intagliate e dorate con foglie, fiori e frutti.

L’impostazione del gruppo centrale, dai contorni lineari vigorosamente tracciati, in particolar modo nella definizione delle pieghe dei panneggi, rimanda alla produzione della bottega di Francesco Botticini (Firenze, 1446 – 1497) che va da esemplari piuttosto complessi a livello compositivo come il tondo con la Madonna che adora il Bambino con San Giovannino e cinque angeli conservato presso la Galleria Palatina di Palazzo Pitti, dove evidente è la sua vicinanza ai modi di Botticelli con il quale era entrato in contatto grazie alle sue frequentazioni dell’importante officina del Verrocchio, a tavole dove ripete la ritmica grazia delle figure ridotte ai soli protagonisti principali inseriti in più semplici paesaggi punteggiati da esili alberelli e terminanti con il profilo azzurrato delle montagne (si veda L. Venturini, Francesco Botticini, Firenze 1995).

La tavola qui offerta, per via della maggiore sobrietà compositiva e per l’intonazione sommessa, quasi domestica, rientra in questo secondo filone di attività del Botticini, destinato probabilmente alla provincia; attività proseguita dal figlio Raffaello, nato nel 1477, il cui profilo è stato ricostruito a partire dai contributi di Federico Zeri. È proprio tra la documentazione fotografica della Fondazione Zeri, classificata sotto il nome di Raffaello Botticini, che si trovano infatti i confronti più stringenti: si segnalano l’Adorazione del bambino con San Giovannino, localizzata in collezione privata romana intorno al 1960 (scheda 33124) e quella passata a Londra da Sotheby’s nel 1991 al lotto 138 (scheda 33132).

 

Estimate   € 30.000 / 50.000
Price realized  Registration
20
Estimate   € 6.000 / 8.000
Price realized  Registration
32

Scuola romana, sec. XVII

DIANA PROTEGGE LA NINFA ARETUSA DAL FIUME ALFEO

olio su tela, cm 63x76

 

Roman school, 17th century

DIANA PROTECTS NYMPH ARETHUSA FROM GOD ALPHEUS

oil on canvas, cm 63x76                                       

                                                                    

Il dipinto raffigura il raro episodio tratto dalle Metamorfosi di Ovidio (V, 577-641) relativo all’inseguimento della bella ninfa Aretusa da parte di Alfeo, divinità fluviale, e all’intervento di Diana che avvolge la sua protetta in una nube che la cela alla vista dell’inseguitore; sciogliendosi in lacrime di angoscia, Aretusa sarà trasformata nell’omonima fonte nei pressi di Ortigia la cui eziologia, narrata già da Esiodo, è il pretesto del racconto ovidiano.

Soggetto assai raro nella pittura seicentesca, se si eccettuano le diverse interpretazioni che ne diede Filippo Lauri, tra l’altro in affreschi a palazzo Borghese di cui sono noti anche i bozzetti su tela, il tema ovidiano ricorre ad esempio in diversi disegni di Daniele Seiter, attivo a Roma e a Torino a partire dal 1680. Gli accentuati risalti chiaroscurali delle figure nel nostro dipinto, oltre a precisi confronti tipologici, ne suggeriscono la collocazione nell’ambito di Gerolamo Troppa (1636 – 1706) attivo a Roma nella seconda metà del Seicento.

 

 

                                                                          

Estimate   € 7.000 / 12.000
Price realized  Registration
30

Scuola romana, sec. XVII

RITRATTO DI PAPA INNOCENZO XI ODESCALCHI

olio su tela, cm 199x129

 

Roman school, 17th century

PORTRAIT Of  POPE INNOCENZO XI ODESCALCHI

oil on canvas, cm 199x129

 

Provenienza

Roma, collezione privata

 

Il dipinto ritrae Benedetto Odescalchi che fu papa dal 1676 al 1689 come Innocenzo XI: la sua immagine ufficiale, a mezzo busto, fu divulgata dal bulino di François Spierre (Roma, Istituto Nazionale per la Grafica, inv. FN 14570), datata proprio nell’anno della sua elezione e desunta dal ritratto realizzato da Ferdinand Voet, segnalato nel 2005 in collezione Odescalchi (F. Petrucci, Ferdinand Voet (1639 – 1689) detto Ferdinando de’ Ritratti, Roma 2005, p. 146).

Considerata la scarsa disposizione di Innocenzo XI a farsi ritrarre, tramandata dalle fonti e dimostrata dal fatto che l’effige realizzata dallo stesso Voet deriva da quella precedente cardinalizia, anche il nostro ancora anonimo pittore non eseguì probabilmente il dipinto dal vivo. Stringente è il confronto con l’incisione di Albert Clouwet, facente parte della serie ricavata dai ritratti eseguiti da Giovanni Maria Morandi ed edita da Giovan Giacomo de Rossi (cfr. F. Petrucci, I volti del potere. Ritratti di uomini illustri a Roma dall'Impero Romano al Neoclassicismo, catalogo della mostra a cura di F. Petrucci, Roma 2004, pp. 111-112, n. 30, con bibliografia precedente). Per la tela con papa Odescalchi, poi incisa dal Clouwet, risalgono al 1677 i pagamenti al Morandi, pittore fiorentino di stanza a Roma, che continuò a svolgere l’attività di ritrattista anche sotto il papato di Innocenzo XI Odescalchi, nonostante la successiva ascesa di Giovanni Battista Gaulli e Ferdinand Voet.

Del tutto corrispondente sono la parte superiore del busto, impreziosita dalla stola papale riccamente ricamata, e il volto scavato caratterizzato dal prominente naso.

Nel nostro caso Innocenzo è rappresentato però seduto su un imponente seggio, con una mano benedicente e l’altra, reggente un biglietto, abbandonata sul bracciolo. Il camice di un bianco abbagliante, vibrante grazie ai sottili corrimenti delle pieghe e finito da una virtuosistica bordura di merletto, crea un notevole contrasto con il rosso della mozzetta di velluto indossata sopra questo così come con la calda tonalità della sottoveste e con i bagliori dorati del trono, della stola e dello scuro tendaggio alle spalle dell’effigiato.

La tipologia d’insieme si rapporta evidentemente al celebre ritratto di Innocenzo X, realizzato da Diego Velázquez durante il suo soggiorno romano tra il 1649 e il 1650 (Roma, Galleria Doria Pamphilj), uno dei quadri più celebri di Roma e uno dei più ammirati anche dai visitatori stranieri, tanto da divenire quasi un’icona dell’immagine papale, e insieme un modello.

La solennità del dipinto, coniugata alla naturalistica forza espressiva impressa nella descrizione del volto, vivacizzato dai baffi girati lievemente all’insù, finalizzata alla restituzione di un’immagine altamente rappresentativa del prelato, nella duplice veste di uomo e vicario del Signore, inseriscono il nostro pittore nell’ambito dell’aulico linguaggio pittorico messo a punto proprio durante il pontificato di Innocenzo XI, il cui principale protagonista fu Carlo Maratta,  autore di austeri ritratti caratterizzati da acuta penetrazione psicologica.

La cornice che correda il dipinto nobilita ulteriormente il ritratto, essendo un’elegante cornice romana a cassetta, coeva.

 

 

 

Estimate   € 6.000 / 8.000
Price realized  Registration
1

Scuola lombarda, sec. XVII

RITRATTO DI BAMBINA CON CESTINO DI CILIEGIE E CAGNOLINO

olio su tela, cm 111,5x87,5

 

Lombard school, 17th century

PORTRAIT OF A GIRL WITH A BASKET OF CHERRIES AND A LITTLE DOG

oil on canvas, cm 111.5x87,5

 

La vivezza del rosso dell’abito risalta sulla quasi monocromia dell’essenziale ambientazione all’interno della quale è ritratta la paffuta bambina protagonista della tela offerta. E ancora rosso sono il fiocco che le tiene i riccioli biondi e quelli delle sue candide scarpette, le perle dei suoi gioielli finanche le ciliegie che sembra offrire agli spettatori.

La lucida capacità di rappresentare la giovanissima modella e di descriverne il vestito infiocchettato, con la camicia sbuffante dalle corte maniche aperte all’altezza dei gomiti, riconduce l’opera nell’ambito della grande tradizione della scuola bergamasca avviata da Giovan Battista Moroni e Gian Paolo Cavagna.

Si distinse nei decenni centrali del Seicento, quale grande ritrattista, Carlo Ceresa (San Giovanni Bianco, 1609 – Bergamo, 1679): la nostra tela è prossima a quell’obiettività nella descrizione dei volti, grazie all’utilizzo di una luce che crea riflessi sulla pelle perlacea e restituisce la morbidezza dei capelli, e nella resa dei dettagli dell’abbigliamento, facendo emergere aspetti della vita del Seicento, che contraddistingue alcuni celebri esemplari di tale artefice (Carlo Ceresa. Un pittore del Seicento lombardo tra realtà e devozione, catalogo della mostra – Bergamo, Accademia Carrara 10 marzo – 24 giugno 2012 - a cura di S. Facchinetti, F. Frangi, G. Valaguzza, Milano 2012).

 

 

Estimate   € 6.000 / 8.000
12

Scuola genovese, sec. XVII

PUTTO DORMIENTE

olio su tela, cm 62x98,5

 

Genoese school, 17th century

SLEEPING PUTTO

oil on canvas, cm 62x98,5

 

Il putto raffigurato sulla tela offerta, addormentato in un contesto boscoso sui simboli del memento, il teschio e la clessidra, rientra nella prolifica attività di Casa Piola, l’importante bottega pittorica che a partire dalla metà del Seicento fu assoluta protagonista nella committenza artistica sul territorio genovese.

Leader di questa importante officina creativa fu Domenico Piola (Genova 1627 - 1703) nel cui corpus pittorico ritenuto autografo si ripetono numerosi soggetti simili al nostro, allegorie della vanitas o tele di gusto più spiccatamente decorativo, con putti impegnati a suonare strumenti musicali o intenti a destreggiare grossi vasi ricolmi di fiori e frutti (si veda D. Sanguineti, Domenico Piola e i pittori della sua "casa", Soncino 2004 e da ultimo il catalogo della mostra, Domenico Piola, 1628-1703: percorsi di pittura barocca, a cura di D. Sanguineti, Genova,  2017): documentati in abbondanza negli inventari delle quadrerie genovesi così come nelle descrizioni sette e ottocentesche dei palazzi della repubblica ligure, furono senz’altro tra le opere più richieste alla sua bottega.

Oltre alla piacevolezza compositiva, la chiave del loro successo va individuata nella voluttuosa e morbida partitura luministica, ricca di effetti tattili e plastici, memore del cromatismo dell’ultimo Valerio Castello, guida del giovane Domenico, e naturalmente di Rubens, esempio imprescindibile per la pittura barocca genovese data la cospicua presenza in città di capolavori del maestro anversano.

Anche nella nostra Vanitas, forme tornite e pieghe dall’apparenza materica sembrano emergere dalla tela grazie a un suggestivo gioco chiaroscurale.

 

 

Estimate   € 5.000 / 8.000
Price realized  Registration
3

Scuola fiorentina, sec. XVII

ERCOLE, NESSO E DEIANIRA

SATIRI E NINFE DANZANTI

coppia di dipinti, olio su alberese, cm 30,5x41,5; cm 28,5x41,5

(2)

 

Florentine school, 17th century

HERCULES, NESSUS AND DEIANIRA

DANCING SATYRS AND NYMPHS

oil on alberese, a pair, cm 30,5x41,5

(2)

 

Bibliografia di riferimento

Pietra dipinta Tesori nascosti del '500 e del '600 da una collezione privata milanese, catalogo a cura di M. Bona Castellotti, (Milano, Palazzo Reale, 22 novembre 2000 - 25 febbraio 2001), Milano 2000; S. Bellesi, Stefano della Bella. Otto dipinti su pietra paesina, Firenze 1998

 

Lo sviluppo della pittura su pietra paesina fu particolarmente fervido a Firenze e in Toscana tra il XVI e il XVII secolo; fu molto utilizzata già nel 1588 dal mediceo Opificio delle Pietre Dure  per intarsi di mobili, stipi, oggetti di arredo, decorazioni di ambienti e produzione di suppellettili. Le opere dipinte su albarese finora certe e documentate di cui si è potuto acclarare l'autografia sono tutte eseguite da artisti che hanno lavorato a Firenze; tra queste possiamo citare due dipinti di Antonio Tempesta (1555-1630) oggi in una collezione privata milanese raffiguranti il Ratto di Europa e Cristo cammina sulle acque. Altri esempi significativi sono conservati all'Opificio delle Pietre Dure di Firenze come Dante e Virgilio sulla discesa all'inferno di Jacopo Ligozzi (1547-1627) e Ruggero libera Angelica dall'orca di Filippo Napoletano (1589-1629). La peculiarità di questa pietra è caratterizzata dalle sue venature e tagli irregolari che spesso, come nel caso dei dipinti che qui proponiamo, definiscono autonomamente il paesaggio circostante; l'artista si limita in certi casi all'esecuzione dei personaggi o di altri elementi decorativi giocando con la struttura della pietra che ne scandisce la spazialità così da creare scorci fantastici e sognanti. 

 

 

Estimate   € 12.000 / 15.000
Price realized  Registration
18

Scuola di Giovan Francesco Romanelli, sec. XVII

APOLLO E LE MUSE

olio su tela, cm 31x58

 

Workshop of Giovan Francesco Romanelli, 17th century

APOLLO AND THE MUSES

oil on canvas, cm 31x58

 

Provenienza

Londra, Sotheby’s, 8 luglio 1981, lotto 22.

 

Verosimilmente eseguito nella bottega del pittore viterbese, il dipinto qui offerto costituisce il “ricordo” dell’affresco, quasi interamente corrispondente se si eccettuano dettagli nella vegetazione di sfondo, dipinto da Giovan Francesco Romanelli sul soffitto della galleria del palazzo del cardinal Mazarino, ora Biblioteca Nazionale. Accompagnato da scene tratte dalla mitologia classica e dalla storia romana, e dal Giudizio di Paride anch’esso di formato rettangolare, il riquadro con Apollo e le Muse si ispirava, aggiornandola per uno spazio diverso, alla scena dipinta da Raffaello nella Stanza della Segnatura in Vaticano.

Come sottolineato dagli studi moderni (tra cui si veda E. Oy-Marra, Zu del Fresken des Parnaβ un des Parisurteil von Giovanni Francesco Romanelli in der Galerie Mazarin in Paris, in “Zeitschrift für Kunstgeschichte” 2, 1994, pp. 170-200) la decorazione della galleria che celebrava la raffinata cultura e il collezionismo del potente ministro francese, eseguita da Romanelli nel suo primo soggiorno parigino nel 1651, gli aprì la strada alle commissioni reali, e in particolare alla decorazione degli appartamenti di Anna d’Austria nel palazzo del Louvre, eseguita in un secondo soggiorno tra il 1655e il 1657.

                      

Estimate   € 10.000 / 15.000
1 - 30  of 68