MASTERPIECES FROM ITALIAN COLLECTIONS

1 OCTOBER 2015
Auction, 0045
22

 Giuseppe Recco

Estimate
€ 120.000 / 150.000

 

Giuseppe Recco

(Napoli 1634 - Alicante 1695)

 

NATURA MORTA DI FRUTTA CON UN VASO DI FIORI E ANIMALI

olio su tela, cm 116x171, cornice intagliata e dorata

siglato “G. R.” al centro, sulla pietra

 

A STILL LIFE OF FRUIT WITH A VASE OF FLOWERS AND ANIMALS

oil on canvas, 116 x 171 cm, with a carved giltwood frame

initialled “G. R.” in the centre, on the stone

 

Provenienza

collezione privata, Napoli

 

Del tutto inedito e di illustre provenienza napoletana, il dipinto qui presentato costituisce un’aggiunta importante al pur nutrito catalogo di Giuseppe Recco, e più precisamente ad una fase relativamente giovanile della sua lunga e brillante carriera.

Protagonista della stagione più originale e felice della natura morta napoletana, Giuseppe Recco si formò indubbiamente nell’ambito della sua famiglia di origine, quella appunto di Giacomo e di Giovan Battista Recco, probabilmente suoi zii, ma non senza l’intelligente consapevolezza di quanto, verso la metà del secolo, usciva dalle botteghe dei colleghi più anziani e già rinomati in quel genere: primo fra tutti Luca Forte, il più originale e moderno nel declinare con aperture impreviste il verbo caravaggesco, e Paolo Porpora, ammirato nelle sue composizioni marine prima che il maestro napoletano si trasferisse a Roma nel 1655.

È infatti proprio ad alcune soluzioni di Luca, il primo a Napoli ad adottare la “mostra” di frutta caravaggesca piegandola tuttavia a soluzioni più articolate e impreviste, che si richiama la presentazione della frutta e dei fiori del nostro dipinto, ove blocchi di pietra dal profilo irregolare, disposti di spigolo quasi ad ampliare la profondità imprecisata dello spazio, diventano piano d’appoggio per i doni della terra: soluzioni già viste, per l’appunto, nella nota composizione firmata da Luca Forte nella raccolta Molinari Pradelli, o in quella restituitagli nel 1984 da Ferdinando Bologna (fig.1) ed esposta a suo nome nella storica rassegna dello stesso anno sul Seicento napoletano (si vedano in proposito le schede di Angela Tecce, in Civiltà del Seicento a Napoli. Catalogo della mostra, Napoli 1984, I, pp. 278 e 280, nn. 2.90 e 2. 92).

E se la disposizione dei melograni e dei fichi contro il fondo scuro richiama le prove più austere dell’anonimo Maestro di Palazzo San Gervasio anche nella raffinatissima cromia dei violetti e dei grigi sulla lastra di pietra, è la natura esuberante di Luca a dettare l’accostamento, nel nostro dipinto, di una cassetta di variegata frutta estiva con il raffinato bouquet di iris e tulipani raccolti nel vaso azzurro, illuminato alla base da un filo dorato, che di Giuseppe Recco diventerà quasi

la firma. Originale ma non senza precedenti la presenza di animali di ogni tipo ad arricchire una composizione di proporzioni ambiziose e forse non ancora tentata dal giovane artista: elementi di “natura viva” tratti dai boschi e dalla

palude, insieme ad altri diversi dai nostri per taglia e piumaggio e certo suggeriti da antichi esempi di Paolo Porpora, si erano visti ad esempio nella natura morta firmata per esteso nella Walters Art Gallery di Baltimora (che lo sfondo di paesaggio suggerisce tuttavia di collocare in una fase più avanzata nel percorso di Giuseppe Recco) (fig.2) o, confronto forse più pertinente, nei Tulipani e anatre in collezione Dalla Vecchia a Napoli (fig.3), anch’esso firmato dal nostro artista. Dipinti, in ogni caso, che per varie ragioni si suole collocare in una fase abbastanza precoce dell’artista napoletano, a cavallo tra sesto e settimo decennio del secolo, una data che sembra poter valere anche per il nostro dipinto.

La tendenza a comporre per piani diversi, quasi accostando oggetti studiati separatamente in vista di invenzioni più articolate, permane nelle tele più vaste e ambiziose degli anni Settanta, quali le celebri “cucine” con cui Giuseppe

sembra rinnovare l’esempio del più anziano Giovan Battista Recco, e ancora in opere aperte, viceversa, alla sperimentazione di motivi esplicitamente decorativi: tra queste la grande composizione già presso Paolo Sapori (fig.4)

dove frutta e fiori si accostano, certo su esempi romani, in grandi spazi ornati da tendaggi e tappeti. Proprio qui ritroviamo comunque il bouquet del nostro dipinto, sapientemente costruito alternando forme e colori diversi di boulesde-

neige e tulipani intorno allo stelo degli iris, che richiamano a distanza la brillante cromìa della frutta in primo piano.

 

Note biografiche:

Nato a Napoli nel 1634 da un Guglielmo Recco, di cui ignoriamo la professione, Giuseppe Recco si formò certamente nella bottega, non sappiamo quanto allargata, degli zii Giacomo e Giovanni Battista oltre che, come si è detto, nell’ambiente dei più rinomati generisti napoletani. Gli studi moderni hanno infatti dichiarato infondata la presunta formazione lombarda, e più precisamente bergamasca che, riferita dalla biografia settecentesca di Bernardo De Dominici, aveva sollecitato ipotesi diverse di una parte della critica moderna, da Federico

Zeri, a Marco Rosci e a Luigi Salerno. Ipotesi che si appoggiavano in ogni caso, oltre che alle parole del biografo, al confronto tra opere peraltro avanzate di Giuseppe Recco, quali i celebri Cinque Sensi di raccolta privata, del 1676, ad altre fiorite appunto nella cerchia di Evaristo Baschenis (in cui si voleva riconoscere appunto il nome della “famosa Bettina di Milano” citata da De Dominici come sua maestra).

Una migliore visione dell’ambiente napoletano e soprattutto dei fatti romani, certo più accessibili al giovane pittore, hanno invece ricondotto la formazione di Giuseppe Recco alla città natale dove, già in occasione del proprio matrimonio nel 1654, egli si dichiara pittore e dove, in mancanza di informazioni diverse, possiamo ritenere che egli risiedesse fino all’invito di Carlo II a trasferirsi a Madrid: morì infatti ad Alicante nel 1695 prima di aver potuto dare prova del suo talento presso la corte spagnola. Scarsa di dati biografici significativi la carriera di Giuseppe Recco è invece segnata, caso quanto mai raro per i pittori di natura morta, dalle date frequenti che insieme alla firma (o alle sole iniziali) segnano lo svolgimento del suo lavoro e che, a partire dal 1671, si accompagnano al titolo di Eques, Cavaliere, di cui il Recco si fregia, anche se non sappiamo di quale ordine e per quale motivo.

Ricercato dall’aristocrazia spagnola e protetto dal marchese de Los Velez, Vicerè dal 1675 al 1682, fu naturalmente ricercato anche dal suo successore, il marchese del Carpio, che ancor prima di trasferirsi a Napoli da Roma, dove era stato ambasciatore, possedeva due sue grandi composizioni con vari tipi di pesci. Del tutto naturale, a questo punto, la partecipazione di Giuseppe Recco agli apparati voluti dal marchese del Carpio per la festa dei Quattro Altari nell’ottava del Corpus Domini del 1684, cui presero parte tutti i maggiori specialisti napoletani sotto l’accorta regìa di Luca Giordano (si veda in proposito Riccardo Lattuada, in Capolavori in festa. Effimero barocco al Largo di Palazzo (1683-1759). Catalogo della mostra, Napoli 1997, pp. 150-169, in particolare pp. 162-64).

Prolifico ed ugualmente felice nei più diversi generi, dai fiori ai pesci alle cucine, Giuseppe Recco non mancò di aggiornarsi alle tendenze più esplicitamente decorative introdotte a Napoli da Abraham Brueghel dopo il 1675: ne costituisce un prezioso documento lo splendido vaso di fiori con figure all’aperto nella collezione del marchese di Exeter a Burghley House, datato 1683 (cfr. Luigi Salerno, La natura morta italiana 1560-1805, Roma 1984, p. 219, fig. 52.11).

 

Bibliografia sull’artista:

B. De Dominici, Vite de’ Pittori, Scultori e Architetti Napoletani. III, Napoli 1743, pp. 295-297; Raffaello Causa, La natura morta a Napoli nel Sei e Settecento. In Storia di Napoli, II, 1, Napoli 1972, pp. 119-123; Roberto Middione, Giuseppe Recco, in Civiltà del Seicento a Napoli. Catalogo della mostra, Napoli 1984, pp. 170 e 390-402; Luigi Salerno, La natura morta italiana 1560-1805, Roma 1984, pp. 212-219; Roberto Middione, Giuseppe Recco, in La natura morta in Italia. Milano 1989, II, pp. 903-911; Claudia Salvi, Giuseppe Recco, in Galerie Canesso, L’oeil gourmand. Percorso nella natura morta napoletana del XVII secolo. Catalogo della mostra, Parigi 2007, pp. 80-105 (con ulteriore bibliografia).

 

Entirely unpublished and bearing an illustrious Neapolitan provenance, the painting before us represents an important addition to Giuseppe Recco’s already substantial oeuvre, and more precisely to a relatively youthful phase of his long and brilliant career. Giuseppe Recco played a leading role during the most original and felicitous period of still life painting in Naples, and was no doubt trained in the family workshop – that of Giacomo and Giovan Battista Recco, who were probably his uncles – but not without an intelligent awareness of what was emerging from the workshops of older and already well-established colleagues towards the middle of the century. Foremost among these was Luca Forte, highly original and modern in his unexpected interpretation of Caravaggesque idiom, and Paolo Porpora, much admired for his marine compositions before he moved to Rome in 1655. Indeed it is specifically to certain works by Luca – the first painter in Naples to adopt the “mostra” (display) of Caravaggesque fruit, though adapting the idea to more carefully articulated and unexpected compositions – that the presentation of fruit and flowers refers in our canvas. The blocks of stone, their irregular profiles arranged obliquely almost as if to expand the undefined depth of the space beyond, become surfaces on which to place the gifts of the earth – precisely as in the well-known picture signed by Luca Forte in the Molinari Pradelli collection, or in the one attributed to him in 1984 by Ferdinando Bologna (fig. 1) and exhibited under

his name in the historic show of the same year on Neapolitan Seicento art (see the entries by Angela Tecce in Civiltà del Seicento a Napoli, exhibition catalogue, Naples 1984, I, pp. 278 and 280, nos. 2.90 and 2.92).  While the arrangement of pomegranates and figs against a dark background may recall some of the more austere compositions by the anonymous of Master of Palazzo San Gervasio (also true of the chromatic refinement of the violets and greys on the stone slab), it is Luca’s sense of exuberant nature that inspired the juxtaposition in our canvas of the basket of summer fruit and the refined bouquet of irises and tulips in the blue vase, threaded with light at its golden base in what would become almost a signature of Giuseppe Recco. An original but not unprecedented element is represented by the animals and birds of various kinds that enrich the ambitiously-sized composition, perhaps not attempted by the young artist before this point. Elements of “natura viva” (as opposed to the Italian term for still life, “natura morta”), drawn from woods and marshland,

together with other birds, distinct from ours in size and plumage, and certainly prompted by earlier paintings by Paolo Porpora, appear in the fully signed still life in the Walters Art Gallery, Baltimore (in which the landscape background suggests a later date in Recco’s career; fig. 2); or, in what may be a more apposite comparison, in the Tulips and Ducks in the Dalla Vecchia collection in Naples (fig. 3), also signed by our artist (see Roberto Middione, in Civiltà del Seicento a Napoli, exhibition catalogue, Naples 1984, p. 393, no. 2.186).