IMPORTANT OLD MASTER PAINTINGS

21 APRIL 2015

IMPORTANT OLD MASTER PAINTINGS

Auction, 0001Part 1
FLORENCE
Palazzo Ramirez- Montalvo
Borgo degli Albizi, 26
3.30pm
Viewing

FLORENCE
17-20 April 2015
10am – 1pm / 2pm – 7pm
Palazzo Ramirez-Montalvo
Borgo degli Albizi, 26
info@pandolfini.it

 
 
 
Estimate   1000 € - 80000 €

All categories

91 - 107  of 107
94

Fabrizio Boschi

(Firenze 1572-1642)

CRISTO SPOGLIATO DELLE VESTI

olio su tela, cm 187x112

 

Esposizioni: Fabrizio Boschi, pittore di “belle idee” e di “nobiltà di maniera”. Firenze, Casa Buonarroti, 26 luglio – 13 novembre 2006, n.8.

 

Bibliografia: R. Spinelli, Fabrizio Boschi (1572-1642) pittore barocco di "belle idee" e di "nobilità di maniera", catalogo della mostra, Firenze 2006, pp. 78-79, n.8

 

Reso noto da Riccardo Spinelli in occasione dell’ esposizione monografica dedicata al pittore fiorentino, il dipinto qui offerto è stato datato dallo studioso intorno alla metà del primo decennio del Seicento, e posto in relazione, per quanto ipotetica, con un passo di Filippo Baldinucci che, nella “vita” di Fabrizio Boschi, citava una serie di tele da lui eseguite dedicate ai diversi episodi della Passione.

Come riferito oralmente da Carlo Del Bravo, cui si deve l’attribuzione, il presente dipinto era un tempo in serie con un Cristo alla colonna siglato, comparso sul mercato antiquario negli anni Settanta, che della tela qui offerta costituiva per l’appunto l’immediata prosecuzione sotto il profilo narrativo. Il nostro dipinto mostra infatti un episodio raramente, o forse mai proposto  in queste dimensioni dalla pittura seicentesca, Gesù Cristo spogliato in vista appunto della sua flagellazione: e una scelta così inconsueta e specifica rafforza senz’altro l’ipotesi di appartenenza a un ciclo dedicato alla Passione, quasi si trattasse della versione ingrandita della serie dei Misteri Dolorosi.

Con una partecipazione emotiva in qualche modo eccezionale a Firenze, e un pathos che richiama piuttosto la devozione dei pittori lombardi di primo Seicento, Fabrizio Boschi sottolinea il contrasto tra il volto dolente del Cristo e le fisionomie caricate e quasi bestiali dei suoi tormentatori, il pallore della sua figura emaciata e il bagliore rosato della veste sfilata con prepotenza. La drammaticità della scena è dunque il principale motivo dell’abbandono, da parte del Boschi, dei colori squillanti e degli accordi raffinati che solitamente lo distinguono. Anche in questo senso, i confronti più convincenti devono stabilirsi con la nota pala nella Certosa di Galluzzo, che in modo altrettanto drammatico raffigura la separazione dei Santi Pietro e Paolo, avviati ai rispettivi martiri. La data del 1606 documentata per questo dipinto può quindi senza dubbio valere quale riferimento cronologico per il nostro.

 

Estimate   € 30.000 / 40.000
95

Giovanni o Nicolò Stanchi

(Roma 1608 - dopo il 1673; 1623 – 1690 circa)

FIORI IN UN VASO IN METALLO, CON MAZZO DI ANEMONI SU UN PIATTO

VASO DI ANEMONI, GIGLI E TULIPANI, CON ROSE SU PIANO DI PIETRA

coppia di dipinti ad olio su tela ottagonale, cm 53,5x89,5 ciascuno

(2)

 

Provenienza: asta Londra, Phillip’s, 5 luglio 1994, n. 50 a-b

 

Bibliografia: G. Sestieri (a cura di), Dipinti italiani ed europei del XVII e XVIII secolo. Galleria Cesare Lampronti, Roma 1996, pp. 40-41, nn. 23-24; L. Ravelli, Stanchi dei fiori, Bergamo 2005, p. 87, nn. 79-80; S. Proni, La famiglia Stanchi, in G. Bocchi - U. Bocchi, Pittori di natura morta a Roma. Artisti italiani 1630-1750, Viadana 2005, p. 257, figg. FS 16-17

 

Passati in asta a Londra come opera di Giacomo Recco e ricondotti più correttamente all’ambiente romano, sebbene sotto il nome di Abraham Brueghel, in occasione della mostra tenuta a Roma da Cesare Lampronti, i dipinti qui esaminati sono stati restituiti da Lanfranco Ravelli alla produzione dell’atelier della famiglia Stanchi, come successivamente confermato da Silvia Proni.

Il lungo saggio della Proni, corredato da un regesto di documenti e da citazioni inventariali, ricostruisce in maniera capillare e del tutto convincente la produzione di una delle principali botteghe romane del Seicento, specializzata in dipinti di fiori e frutta (occasionalmente, anche di animali e selvaggina) ricercati dalle più importanti famiglie dell’aristocrazia, dai Colonna, ai Chigi, ai Rospigliosi, e presenti fin dalla fine del secolo nelle raccolte medicee.

Punto di partenza per la ricostruzione del corpus riferito agli Stanchi, le magnifiche specchiere eseguite da Giovanni nel 1670 per la galleria di palazzo Colonna in collaborazione con Carlo Maratta (Ghirlanda di fiori con quattro putti; e Vaso di fiori con cinque putti), in competizione con Mario dei Fiori, autore delle altre a due; per quanto riguarda Nicolò, il fratello minore titolare della bottega dopo la morte di Giovanni, gli specchi in palazzo Borghese, eseguiti nel 1675 in collaborazione con Ciro Ferri. A questi si aggiungono la coppia di festoni di fiori nella Pinacoteca Capitolina, dalla collezione Sacchetti, pagati a Pietro da Cortona, e per lui a “Stanchi”, nel 1651 (replicate in due tele a palazzo Pitti), e una serie di sei piccole tele documentate di Nicolò per il cardinale Flavio Chigi, oggi presso la famiglia Incisa, oltre ad alcune nature morte documentate fin dall’inizio del Settecento nella collezione Pallavicini, ove ancora si trovano.

Estremamente varia per tipologia ma stilisticamente coerente, la produzione degli Stanchi è stata poi suddivisa dalla Proni a seconda dei soggetti proposti: innanzi tutto le ghirlande, legate al modello fiammingo reso celebre a Roma da Daniel Seghers (di cui si conservava un esemplare nella collezione Ludovisi, censito nell’inventario del 1618) e probabilmente in gran parte riferibili al solo Giovanni; i sontuosi bouquets entro vasi in metallo istoriato, sull’esempio di quelli, celebri, di Mario dei Fiori; composizioni di fiori e frutta su sfondo di paesaggio, talvolta con la presenza di figure femminili come nelle scene di vita all’aperto di Michelangelo Cerquozzi, a cui in passato sono state attribuite; ricostruzioni ideali di giardini che riproponevano, in tele di grande formato documentate anche negli inventari delle raccolte del cardinal Flavio Chigi e del cardinal Benedetto Panfili, la ricchezza e la varietà dei giardini delle ville romane di quegli stessi committenti, così come possiamo oggi ricostruirne l’aspetto a partire dai documenti e dalle rare illustrazioni.

Tipiche della “bottega Stanchi” nella precisione smaltata dei singoli fiori e nella costante presenza delle rose “antiche”, quasi una sigla dell’atelier, le tele in esame appaiono particolarmente vicine a quanto, con relativa certezza, possiamo oggi riferire a Giovanni, il maggiore dei fratelli, la cui attività appare documentata fin dal 1634. Anche la presentazione dei vasi e dei fiori recisi su un piano di pietra illuminato dall’alto contro un fondo scuro, memore certamente del primo tempo della natura morta romana caravaggesca, suggerisce in effetti una datazione abbastanza precoce per la coppia di tele qui esaminate.

Da notare, infine, la sequenza di rombi che decora il corpo del vaso in metallo nel secondo dipinto, motivo che ritroviamo in altre forme (ricami dorati sui nastri in seta azzurra che raccolgono fiori recisi o si intrecciano a ghirlande: cfr. S. Proni, 2005, figg. 7, 13, 14, 19) ed è forse collegato allo stemma della famiglia Rospigliosi, che compare esplicitamente a decorare un piedistallo (o “sgabellone”) in una composizione di pesci venduta alla Finarte (S. Proni, fig. 15). La committenza del cardinale Giulio Rospigliosi, futuro papa col nome di Clemente IX fra il 1667 e il 1669, è peraltro documentata già nel 1644, quando specchi dipinti con fiori di Giovanni Stanchi sono da lui donati al re di Spagna, Filippo IV.

Come la maggior parte delle opere uscite dalla “bottega Stanchi” anche le nostre composizioni di fiori si distinguono per i colori smaglianti e la perfetta conservazione, dovuta senza dubbio ai materiali di pregio utilizzati in ogni circostanza e non solo per le commissioni più prestigiose: un dato che rende indubbiamente ragione del successo goduto dall’atelier nel corso di ben cinque decenni.

 

Estimate   € 40.000 / 60.000
103

Viviano Codazzi (Taleggio, Bergamo 1606 circa-Roma 1670) e Michelangelo Cerquozzi (Roma 1602-1660)

ROVINE ROMANE CON ADORAZIONE DEI PASTORI

olio su tela, cm 72x56,5

Viviano Codazzi (Taleggio, Bergamo 1606 circa-Roma 1670) e Jan Miel (Beveren-Waes, Anversa 1599-Torino 1664)

VEDUTA DELL'ARCO DI TITO CON SOSTA DI CAVALIERI

olio su tela, cm 71x56

(2)

 

Provenienza: già collezione Buitoni, Perugia;

collezione privata, Livorno

 

Bibliografia: G. Briganti, Viviano Codazzi, in I Pittori Bergamaschi. Il Seicento, I, Bergamo 1983, p. 695, n. 64; p. 733, figg. 1-2; L. Trezzani, Jan Miel, in G. Briganti, L. Trezzani, L. Laureati, I Bamboccianti, Roma 1982, p. 110, nota 12; R.D. Marshall, Viviano and Niccolò Codazzi and the Baroque Architectural Fantasy, Milano-Roma 1993, p. 167, VC 65 e p. 245, VC 126.

 

Corredatati da parere scritto di Giuliano Briganti

 

Facenti parte in origine di una serie più ampia, i dipinti qui offerti furono attribuiti a Viviano Codazzi da Giuliano Briganti in una comunicazione privata al proprietario. Già in quell’occasione Briganti sottolineava come la coppia di tele nascesse dalla collaborazione dell’artista bergamasco con due diversi pittori di figura, riconoscendo a Jan Miel la viaggiatrice a cavallo e i viandanti nei pressi dell’arco di Tito, e a Michelangelo Cerquozzi la lavandaia e il ragazzo in primo piano tra le rovine. La presenza del pittore fiammingo, partito definitivamente da Roma nel settembre del 1658 per trasferirsi a Torino, consente di datare i dipinti nel decennio intercorso tra il ritorno da Napoli del Codazzi dopo la rivolta di Masaniello nel 1648 e, per l’appunto, la partenza di Jan Miel.

Le tele qui offerte mostrano altresì la varietà di registri del pittore bergamasco, vedutista ante litteram nella raffigurazione relativamente fedele dell’arco di Tito visto da Campo Vaccino, e abile quadraturista nel capriccio architettonico composto da frammenti disparati dell’antichità classica riadattati nell’uso moderno. Numerosi, nel primo caso, i confronti con altre immagini dell’arco, talvolta comprendenti gli adiacenti Horti Farnesiani, ma raramente completati da figurine altrettanto felici. La coppia di tele era un tempo accompagnata da tre prospettive aperte su paesaggi marini.

 

 

 

Estimate   € 15.000 / 20.000
Price realized  Registration
105

Giovanni Ghisolfi

(Milano 1632-1683)

PREDICA DI UNA SIBILLA TRA LE ROVINE

olio su tela, cm 48x66

 

Provenienza: già Sestieri, Roma (1976);

collezione privata

 

Bibliografia:

A. Busiri Vici, Andrea Locatelli, Roma 1976, p. 23, figg. 23, 24; F. Arisi, Gian Paolo Panini e i fasti della Roma del 700, Roma 1986, p. 35, fig. 32; p. 239, n. 44; A. Busiri Vici, Giovanni Ghisolfi (1623-1683).Un pittore milanese di rovine romane, Roma 1992, p. 25, fig. 27 (illustrato a colori); p. 58, n. 11, ill.; D. R. Marshall, Early Panini reconsidered: the Esztergom Preaching of an Apostle and the relationship between Panini and Ghisolfi, in “Artibus et Historiae” 1997, 36, pp. 146-47; fig. 12; p. 195, nota 61.

 

Più volte pubblicato da Andrea Busiri Vici come opera di Giovanni Ghisolfi, il dipinto qui offerto è stato invece riferito da Ferdinando Arisi ai primi anni romani di Giovanni Paolo Panini sulla base di un’incisione settecentesca (nota peraltro anche a Busiri Vici) che ne riproduce la composizione sotto il nome del pittore piacentino. Lo stesso gruppo di personaggi compare poi nel capriccio di rovine del Musée de la Chartreuse di Douai (F. Arisi 1986, cit. p. 239, n. 46) che ripete il nostro con la sola sostituzione del tempio di Saturno alla piramide Cestia.

Più recentemente, David Marshall ha riconsiderato globalmente il corpus di opere attribuite alla prima attività di Panini, restituendone almeno un quarto ad Alberto Carlieri e una decina, tra cui appunto il nostro dipinto, a Giovanni Ghisolfi, che lo studioso pone giustamente tra i modelli di Gian Paolo Panini. La conferma a quest’ultimo della composizione nel museo di Douai, ispirata a quella qui offerta, è un chiaro esempio di tale influenza.

 

 

 

Estimate   € 8.000 / 12.000
91 - 107  of 107