ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA

21 GIUGNO 2023
Asta, 1202
25

ANTONIO LIGABUE

Stima
€ 35.000 / 65.000
Aggiudicazione  Registrazione

ANTONIO LIGABUE

(Zurigo 1899 - Gualtieri 1965)

Autoritratto

III periodo 1952-1962; s.d. (1958)

olio su tavola di faesite

cm 28,7x30

firmato in basso a destra

al retro cartiglio mostra Comune di Gualtieri

al retro autentica Professor Sergio Negri

 

L'opera è accompagnata da autentica su fotografia del Professor Sergio Negri.

L'opera è registrata presso l'Archivio Antonio Ligabue col n. 108/P III.

 

Esposizioni

Guastalla, 1962

Suzzara, 1966

Antonio Ligabue, Comune di Gualtieri, 1975

Verona, 1978

Torino, 1978

Orzinuovi,1983

 

Bibliografia

M. Dall'Acqua, Antonio Ligabue, Comune di Gualtieri, 1975 e ristampa 1995, p. 161

S. Negri, Antonio Ligabue. Catalogo generale dei dipinti, Electa, Milano, 2002, n. 331 p. 310 (ill.)

Augusto Tota Editore, Parma, 2005, p. 215

A.A.Tota, Catalogo Generale di Antonio Ligabue. Pitture, Sculture, Disegni e Incisioni, Parma, 2020, n. 421 inv. 839 (ill.)

 

 

 

 

[…] Allo stesso modo Ligabue non ritrae i segni di ciò che lo ossessiona e lo minaccia. I ritratti che fa di sé stesso non sono dei bollettini medici, e l'intensità dello sguardo verso lo spettatore è quella di un uomo che scruta lo specchio con un fervore fuori dal comune perché si sta dipingendo. I suoi autoritratti non hanno niente a che fare con una crisi esistenziale, con una malinconia, una paura o un'inquietudine... Anzi, lui sa che ritrarre sé stesso significa tenere testa a tutte queste minacce, scongiurarle. […]

 

Pascal Bonafoux, in Brevi riflessioni sugli autoritratti di Ligabue. L’Arte difficile di un pittore senza regola, Palazzo Reale, Milano, 2008, edizioni Ricci.

 

Antonio Ligabue è stato un outsider, il genio incompreso apostrofato “El matt” da tutti i suoi concittadini. Ha passato un’intera esistenza alla ricerca di un’altra identità, visto che, dalla società non veniva riconosciuto sia come uomo sia come artista se non come El matt che viveva di stenti al margine del paese e scambiava le tele per un pasto caldo o un bacio rubato. La madre lo rifiuta, la società anche e lui, l’artista, decide di inventarsi una nuova identità mentale, costruisce un mondo fatto di colori dirompenti e animali esotici, di fiere che azzannano l’animale più debole, di campi arati e vegetazione di luoghi lontani, di vasi ricolmi di fiori dai colori cangianti e animali da cortile, di paesaggi popolari e di ritratti, il primo tra tutti quello di sé stesso. L’artista ricerca la sua identità, l’uomo che verrà ritratto nei numerosi lavori che scandiscono il tempo, gli anni e gli stati d’animo.

Autoritratti dallo sguardo fiero e imperscrutabile anche quando volge altrove la sua attenzione. Nell’autoritratto è lui che guarda l’altro e non viceversa, è l’artista che detiene con forza una posizione di supremazia o almeno di egual livello. Nella vita reale Ligabue è un uomo malato nel fisico e nella mente, è esiliato al confine delle terre di pianura, almeno fino alla prima mostra tenutasi nel 1961 alla Galleria La Barcaccia grazie al sostegno di Renato Marino Mazzacurati e Giancarlo Vigorelli, personale che susciterà sempre più l’ammirazione di collezionisti e addetti ai lavori entrando nel novero dei grandi artisti italiani del Novecento. E anche se volessimo intendere l’autoritratto solo come pura pittura stilistica, senza soffermarci ai sottointesi psicologici vediamo la continua evoluzione della sua ricerca e della sua crescente identità di pittore.

 

Non è ben chiara la datazione del primo autoritratto di Antonio Ligabue, si fa riferimento al 1940 come data della realizzazione del primo dipinto e non vi sono tracce di altri autoritratti fino al 1950, se non di un dipinto dove si ritrae di profilo datato 1942. Si pensa che dal ’40 al ’50 potrebbe aver realizzato altri autoritratti dispersi nel tempo. Nel 1945 si trovava ricoverato presso il manicomio di San Lazzaro a causa di una psicosi maniaco-depressiva e successivamente trasferito all’ospedale di Lombroso dove resterà ricoverato fino al 1948. Ebbene in tutti gli anni di ospedalizzazione non realizzò mai un autoritratto, nonostante fosse libero di dipingere, di ricevere visite e di uscire dall’ospedale in occasioni speciali, possiamo supporre che non fosse in possesso di uno specchio, ma perché allora non esistono autoritratti nell’anno precedente, ossia nel 1944, e ancora perché se ha iniziato a dipingere già verso la fine del 1920 non si ha nessuna traccia di nessun autoritratto fino al 1940, approfonditi studi non hanno ancora svelato l’arcano. Si sa però che riuscì a far recapitare un autoritratto a Luigi Bartolini grazie al direttore dell’Istituto Psichiatrico dell'Esquirol e possiamo presupporre che Antonio Ligabue disponesse quindi di uno specchio per ritrarsi e che con ogni probabilità gli fu successivamente sottratto.

Attraverso l’arte Ligabue trova il suo posto nel mondo che fino a quell’evento sembrava rifiutarlo, pare che una delle sue frasi preferite fosse: Io sono un grande artista ma nessuno mi capisce. Vedrete un giorno quanto varranno i miei dipinti! A distanza di anni possiamo affermare che Ligabue fosse un artista follemente lungimirante.

 

L’opera qui presentata, viene così descritta nel catalogo generale: “Un segno inquieto costruisce il volto marcando le rughe sulla fronte, le guance incavate e le sopracciglia aggrottate sullo sguardo teso, mentre pennellate larghe e libere di espressionistico vigore rendono mirabilmente la muscolatura contratta. Sullo sfondo, ampie e sintetiche campiture di diversa qualità di verde definiscono lo sviluppo in profondità dello spazio, mentre il cielo tinge dei colori della sera le case in lontananza, confondendosi con il profilo degli alberi e delle colline. La capigliatura nera è più folta rispetto agli autoritratti della fine del terzo periodo permette di datare l’opera all’inizio degli anni Cinquanta. S.S.”