ARTE È RICERCA | DIPINTI SCULTURE E OGGETTI D'ARTE DA UNA RACCOLTA FIORENTINA

16 NOVEMBRE 2022
Asta, 1187
18

Giovanni della Robbia

Stima
€ 15.000 / 25.000
Aggiudicazione  Registrazione
L'opera è corredata di certificato di libera circolazione

Giovanni della Robbia

(Firenze 1469 - 1529/1530)

ANGELO IN ADORAZIONE, 1515/1520 CIRCA

Formella a bassorilievo in terracotta invetriata policroma; cm 41,8x24,6x9

 

AN ADORING ANGEL, CIRCA 1515/1520

 

Bibliografia di confronto

A. Marquand, Giovanni della Robbia, Princeton 1920, pp. 120-121 n. 124;

L. Sebregondi, in La Compagnia della Santissima Annunziata a Firenze, Firenze 1989, p. 49 n. 1;

B. Paolozzi Strozzi, I. Ciseri, Museo Nazionale del Bargello. La raccolta delle robbiane, Firenze 2012, pp. 180-181, n. 63

 

L’animata formella in terracotta invetriata, impreziosita da una vivida policromia naturalistica, raffigura un florido angelo dalle lunghe chiome inanellate proteso a mani giunte in atto adorante, col volto accorato e l’ampia tunica increspata dal vento, posto all’interno di una sfarzosa nicchia prospettica di gusto classicista, con arco a lacunari e fioroni profilato in giallo oro e l’estradosso tinteggiato a imitazione del porfido. L’opera, inedita, trova puntuali riscontri nella produzione matura di Giovanni della Robbia, il più prolifico, indipendente e innovativo tra i cinque figli di Andrea della Robbia (Firenze, 1435 - 1525) che, dopo aver collaborato col padre, ne ereditò il ‘segreto’ magistero della scultura invetriata e la rinomata bottega di via Guelfa.

La sua cospicua e stimata produzione si distinse per una più spiccata, esuberante vena decorativa, ben aggiornata su un lessico di gusto archeologico in linea col gusto del pieno Rinascimento, per l’intensità cromatica degli smalti, ridefiniti con effetti pittorici e interventi grafici - come qui si apprezza nel variopinto piumaggio delle ali, nei folti riccioli castani o nella resa dei calzari ‘all’antica’ -, per una vivacità formale d’ascendenza verrocchiesca, ravvisabile nelle posture dinamiche, nella tipologia delle teste e nell’andamento animato dei rigogliosi panneggi, e per la sapida attitudine miniaturistica. Peculiarità che ben si riscontrano tutte nell’opera in esame, da considerare una testimonianza autografa assai rappresentativa di Giovanni della Robbia negli anni della sua piena maturità e autonomia artistica, raggiunta nel corso del secondo decennio del Cinquecento (A. Marquand, Giovanni della Robbia, Princeton 1920; G. Gentilini, I Della Robbia. La scultura invetriata nel Rinascimento, Firenze 1992, II, pp. 279-328; F. Domestici, Giovanni della Robbia, in I Della Robbia e l’“arte nuova” della scultura invetriata, cat. della mostra di Fiesole a cura di G. Gentilini, Firenze 1998, pp. 248-281).

 

Del resto, l’impaginato architettonico di questo rilievo ricompare identico in opere ben note di Giovanni, come le formelle col Redentore tra quattro santi che compongono il ciborio a pianta esagonale della pieve di San Giovanni Battista a Galatrona (Bucine) - dove si trovano numerosi arredi in terracotta invetriata monocroma commissionati dal potente Spedalingo di Santa Maria Nuova Leonardo Buonafede (1510 - 1521) -, e quelle, tratte dai medesimi modelli ma con un’invetriatura policroma, accorpate a formare un gradino d’altare oggi nel Museo del Bargello, proveniente dal convento di San Francesco a Montughi (B. Paolozzi Strozzi - I. Ciseri, Museo Nazionale del Bargello. La raccolta delle robbiane, Firenze 2012, pp. 180-181, n. 63), come pure le formelle figurate inserite nelle paraste della monumentale ancona raffigurante l’Assunta e quattro santi del Campo Santo di Pisa, eseguita tra il 1518 e il 1520 per la parrocchiale di San Marco a Calcesana. Inoltre, ancor più calzante è il riscontro con un trittico che si conserva nella Compagnia della Santissima Annunziata (poi Oratorio di San Pierino) in via Gino Capponi a Firenze, attualmente murato nel vestibolo e in precedenza sopra la porta della sagrestia (L. Sebregondi, in La Compagnia della Santissima Annunziata a Firenze, Firenze 1989, p. 49 n. 1), costituito da due formelle con Angeli adoranti in tutto simili a questa, anche nel formato, ma di fattura più corsiva e riferite pertanto alla bottega di Giovanni (Marquand, op. cit., pp. 120-121 n. 124), poste ai lati di un’immagine del Redentore, in atto recare la croce versando il proprio sangue nel calice, analoga a quelle del ciborio di Galatrona e del gradino del Bargello, che quindi potevano appartenere ad un simile tabernacolo eucaristico fornendoci un efficace indizio per ipotizzare anche la destinazione originaria della formella che qui si presenta.

 

Giancarlo Gentilini