IMPORTANTI MAIOLICHE RINASCIMENTALI

20 OTTOBRE 2021
Asta, 1099
28

TONDINO, URBINO, CERCHIA DI FRANCESCO XANTO AVELLI?, 1530-1535 CIRCA

Stima
€ 20.000 / 30.000
Aggiudicazione  Registrazione
L'opera è corredata di certificato di libera circolazione

TONDINO, URBINO, CERCHIA DI FRANCESCO XANTO AVELLI?, 1530-1535 CIRCA

in maiolica dipinta in policromia; sul retro due vecchie etichette di collezione e frammenti di un’etichetta di esposizione; diam. cm 25,8, diam. piede cm 8,5, alt. cm 3,3

 

A PLATE (TONDINO), GUBBIO, CIRCLE OF FRANCESCO XANTO AVELLI?, CIRCA 1530-1530

 

Bibliografia di confronto

B. Rackham, Victoria and Albert Museum. Catalogue of Italian Maiolica, Londra 1977, pp. 211-212 n. 632;

C. Ravanelli Guidotti, Ceramiche occidentali del Museo Civico Medievale di Bologna. Bologna 1985, pp. 126-128 n. 99;

E. Ivanova, Il secolo d’oro della maiolica. Ceramica italiana dei secoli XV-XVI dalla raccolta del Museo Statale dell’Ermitage, catalogo della mostra, Museo Internazionale delle Ceramiche, Faenza 2003, p. 69 n. 38;

G. Hendel, Il ritratto, una sequenza di sonetti di Francesco Xanto Avelli, in J.V.G. Mallet, Xanto pitttore di maioliche, poeta, uomo del Rinascimento, Rovigo 2008, pp. 179, XXVIII

 

Il piatto ha cavetto profondo, tesa larga e obliqua con orlo arrotondato e orlato di giallo, poggia su un basso piede ad anello. Sul retro i profili sono listati di giallo. Sul fronte una scena interessa l’intera superficie: al centro una fanciulla addormentata e Cupido intento a tagliarle una ciocca di capelli, mentre ai suoi fianchi altre due fanciulle, anch’esse addormentate, appoggiate a delle zolle erbose; all’esergo una piccola pozza di acqua. La scena, che non è stata identificata, potrebbe rappresentare una lettura simbolica di un mito antico oppure riferirsi a una delle gesta del giovane Cupido.

Il pittore esalta qui il profilo dei volti, allungati, i cui profili sono sottolineati in bruno di manganese, lumeggia i tratti fisiognomici e fisici dei personaggi, dà ampio spazio alle prospettive paesaggistiche. Gli occhi, visibili nella figura di Cupido, sono piccoli, resi in nero con un piccolo tocco di bianco; i panneggi sono acquarellati e sottolineati con pennellate di ombreggiatura per esaltare le pieghe; il paesaggio è ampio, racchiuso tra due alberi dal fusto arcuato e scuro e sullo sfondo colli dal profilo squadrato su cui si scorgono alcuni villaggi; il cielo è abitato da nubi a chiocciola nei toni dell’arancio e del bruno.

Lo stile pittorico denuncia l’influenza di Nicola di Gabriele Sbraghe, di cui però non sembra averne le caratteristiche stilistiche, qui rigide e quasi esasperate, diverse. Alcuni elementi nella resa di Cupido, come ad esempio l’espressione del viso, imbronciato e serio, il modo di rendere le montagne squadrate sullo sfondo e le balze erbose disposte in modo disordinato, quasi ad accompagnare le figure già tratteggiate, e la disposizione delle figure stesse sul piatto fanno pensare anche ad una chiara influenza dell’opera di Francesco Xanto Avelli.

La figura centrale trova la propria ispirazione in una rielaborazione dell’incisione di Alessandro e Rossana di Gian Giacomo Carraglio, nella quale la figura femminile è pettinata da Eros, tema trattato da Xanto nel noto piatto del Victoria and Albert Museum con il Matrimonio di Nino e Semiramide (inv. …), ancor più visibile nel piccolo frammento del Museo Civico Medievale di Bologna, con una intensità pittorica decisamente più marcata e tenace. La testa della figura femminile pare adattata alle tre donne addormentate, mentre il putto deriva verosimilmente da un’altra incisione. Nell’opera di Xanto è concreta l’ipotesi che le figure siano rivisitate in base alla vicenda cui il pittore voleva simbolicamente riferirsi (forse nel nostro caso il sonetto XXVIII, in cui si allude a “ingegni che… son dati al sonno”?).

Da notare una certa vicinanza nelle modalità pittoriche e stilistiche con il piatto raffigurante le Parche del Museo di San Pietroburgo (inv. n. F3042), da alcuni autori attribuito al pittore rovigino attorno agli anni ‘30 del Cinquecento, in cui una chiara lettura simbolica conduce l’ispirazione ai sonetti del pittore stesso.

L’opera, che merita senza dubbio un approfondimento, resta quindi a nostro parere confinata tra Xanto Avelli e, più probabilmente, la sua cerchia, realizzata in un arco cronologico compreso tra il 1530 e il 1540.