Dipinti del XIX secolo

8 GIUGNO 2021
Asta, 1055
114

Sirio Tofanari

Stima
€ 7.000 / 9.000
L'opera è corredata di certificato di libera circolazione

Sirio Tofanari

(Firenze 1886 - Firenze 1969)

IL GRANCHIO E LA CONCHIGLIA

bronzo, cm 14x26x26

firmato

 

THE CRAB AND THE SHELL

bronze, 14x26x26 cm

signed

 

Provenienza

Collezione Ugo Ojetti, Firenze

Collezione privata, Firenze

 

Esposizioni

Da Fattori a Casorati. Capolavori della collezione Ojetti, Viareggio, Centro Matteucci per l'Arte Moderna, 26 giugno - 12 settembre 2010 - Tortona, Pinacoteca Fondazione Cassa di Risparmio di Torona, 25 settembre - 28 novembre 2010

 

Bibliografia

C. Biancalani, Sirio Tofanari, in Scultura toscana del Novecento, a cura di U. Baldini, Firenze 1980, pp. 307-317: 309, 312

G. De Lorenzi in Da Fattori a Casorati. Capolavori della collezione Ojetti, catalogo della mostra (Viareggio, Centro Matteucci per l'Arte Moderna, 26 giugno - 12 settembre 2010 - Tortona, Pinacoteca Fondazione Cassa di Risparmio di Torona, 25 settembre - 28 novembre 2010) a cura di G. De Lorenzi, Viareggio 2010, p. 184

 

 

Il bronzetto, dalle contenute dimensioni ma compatto e assai solido esito formale, matte in scena la lotta impari di un granchio che tenta di stringere con entrambe le chele le rotondità sfuggenti del guscio di una grossa conchiglia, cercando invano di giungere alla golosa preda racchiusa al suo interno. La scultura appartiene alla metà degli anni Venti, periodo in cui l’attività di Tofanari come scultore ‘animalista’ aveva già riscosso più che lusinghieri apprezzamenti in ambito nazionale ed internazionale. Le sue creazioni si distinguono infatti per le doti di saldezza plastica, tanto che i contemporanei ne apprezzavano la “monumentalità” pur nelle ridotte dimensioni. Con grande abilità descrittiva nella caratterizzazione del soggetto, Tofanari realizzerà nel tempo una sorta di sorprendente campionario dei più vari esemplari della fauna animale, modellati e finemente cesellati con suadente valenza decorativa: conigli, babbuini, coccodrilli, elefanti, gufi, avvoltoi, orsi, tigri… una “natura viva” osservata attentamente all’interno degli zoo per conferire ai suoi modelli la tipicità espressiva e convincente della posa e dei movimenti.

È assai probabile che il piccolo bronzo che presentiamo in questa vendita sia uno degli esemplari esposti nel 1926 alle XV Biennale di Venezia, dove Tofanari inviava, insieme alla scultura i I paperi, anche la coppia di sculture dal titolo Golosità punita (XV Esposizione Internazionale d’Arte della città di Venezia: catalogo, 4. ed., Venezia, 1926, nn. 41-42, p. 89); coppia che in seguito sarà presentata anche alla I Mostra Nazionale d’Arte Marinara a Roma, organizzata da Arturo Lancellotti nel Palazzo delle Esposizioni in via Nazionale, tra il novembre e il dicembre 1926.

Grazie alla descrizione offerta da Filippo Càssola su Atlantica. Rivista d’Italia e d’America in una recensione della mostra romana, è possibile identificare proprio ne Il granchio e la conchiglia una delle due sculture di soggetto marino definite da Càssola “di sicuro effetto”. La coppia – di cui presentiamo in catalogo solo uno dei due esemplari - entrò a far parte della collezione di Ugo Ojetti (cfr. De Lorenzi 2010) che molto ammirava l’attività artistica del fiorentino Tofanari, cresciuto all’interno del gruppo della Giovane Etruria diretto da Galileo Chini. Ojetti aveva apprezzato l’attività animalista di Tofanari, in possesso di uno stile personale e distintivo, sin dai suoi esordi alla Prima biennale di Arte decorativa di Faenza nel 1908 (cfr. De Lorenzi, p. 184).

La sintetica semplicità delle sue sculture lascia tuttavia ai suoi animali, agili e muscolosi, tutta la loro vita, ed arriva – in talune delle sue forme più perfettamente riuscite - a tradurci nella plastica quella profonda espressione della psicologia delle bestie libere e selvagge che la penna di Kipling ci ha dato nei libri delle giungle di cui lo scultore è un appassionato lettore.

Al suo stile Tofanari è giunto per gradi, dopo anni di lavoro e di svaghi impressionistici. Ma già quanto, ventiduenne, egli nel 1908 espose per la prima volta a Faenza, apparve quasi una rivelazione, e l’opera fu acquistata dal Re. A Venezia, l’anno successivo, vide un’altra opera sua acquistata per la Galleria d’arte moderna di Firenze; nel 1911 a Barcellona, il suo gruppo premiato fu acquistato per quel Museo. Alla XIV Biennale veneziana del 1924 il suo gruppo Babbuini colpiva per la stilizzazione e la raffinata sintesi decorativa.

 

Monica Vinardi