ASTA A TEMPO | CERAMICA. MAIOLICHE E PORCELLANE DAL XVI AL XX SECOLO

2 - 16 DICEMBRE 2020

ASTA A TEMPO | CERAMICA. MAIOLICHE E PORCELLANE DAL XVI AL XX SECOLO

Asta a tempo, 1036

FIRENZE


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tempo@pandolfini.it

NO
Esposizione

FIRENZE
Palazzo Ramirez-Montalvo

Su appuntamento

Mercoledì   9 Dicembre      10-13 / 15-18
Lunedì       14 Dicembre      10-13 / 15-18

 
 
 
Stima   200 € - 20000 €

Tutte le categorie

1 - 30  di 114
13

BOCCALE, KUTAHYA, SECOLO XVIII

in terracotta invetriata, corpo globulare decorato a fasce a rilievo, sulla spalla una raggera di incavi, collo cilindrico appena allargato verso l’orlo sottile e lineare, piede a calice appena estroflesso e ornato da una scalinatura, ansa semplice ad orecchio. La decorazione è delineata sotto una spessa vetrina trasparente e lucente e mostra un alternarsi di boccioli stilizzati e fogliette dentellate rivolte in basso, di colore verde, azzurro, giallo, blu di cobalto e rosso molto spessi anche se talvolta sbavati; un decoro a riserve con fioretto e graticci interessa l’orlo e il punto di termine del collo. Sotto la base è dipinta una foglia, per alcuni simbolo del decoratore. Kutahya era un centro per la produzione di ceramiche fin dal XV secolo, che raggiunse il suo culmine nel XVIII secolo, quando i siti rivali, Iznik in primis, persero d’importanza; la cittadina cosmopolita costituiva il punto d'incontro di numerose rotte commerciali. La produzione di vasi e piastrelle in ceramica è varia e caratterizzata da colori vivaci sotto una vetrina trasparente, commercializzata in tutto il Mediterraneo. Il confronto con opere musealizzate, per esempio nel V&A di Londra, ci fa pensare a una produzione ancora ascrivibile al XVIII secolo; alt. cm 15,8, diam. bocca cm 8,2, diam. piede cm 5,4

 

A KUTAHYA JUG, 18TH CENTURY

 

Bibliografia di confronto

Ş. Akalın, H. Bilgi, Yadigar-ı Kütahya. Suna ve İnan Kıraç Koleksiyonundan Kütahya Seramikleri, Akdeniz Medeniyetleri Araştırma Enstitüsü, İstanbul 1997

 

Stima € 1.500 / 2.000
Asta conclusa
16

PIATTO DA PARATA, MANISÈS, ULTIMO QUARTO SECOLO XV

in maiolica decorata in lustro dorato, interamente rivestito anche sul retro da uno smalto stannifero color avorio decorato a lustro. Il grande bacile ha una forma tonda concava con tesa obliqua molto accentuata, il cavetto centrato da un umbone marcato da un sottile cordolo rilevato, la tesa interessata da un motivo a metope, realizzato a stampo, che crea un ornato a petali con orlo rilevato, il cosiddetto motivo a cordoncillio o a cordone. Al centro del cavetto spicca un motivo araldico con un elemento non identificato, un leone o un toro rampante(?), mentre i petali presentano il tema decorativo de solfa intervallato simmetricamente da pochi elementi vegetali stilizzati. Al retro un caratteristico motivo decorativo a linee concentriche e al centro a spirale. La forma e la decorazione sono elementi tipici dell'ultimo terzo del XV secolo, della serie chiamata “a oreficeria” a causa della loro imitazione di modelli metallici. Il tema della solfa appare associato ad araldica di questo periodo, come ad esempio a Fadrique I di Napoli (1452-1504), a Ferdinando il Cattolico (1468-1516), all'abate di Poblet Juan Payo Coello (1480-1499) ma si trova su placche con emblema araldico siciliano, con un’estensione temporale che va dal 1468 al il 1525; diam cm 45

 

A MANISÈS GOLD-LUSTRE CHARGER, LAST QUARTER 15TH CENTURY

 

Bibliografia di confronto

B. Martínez Caviró, La loza dorada, Madrid 1983, p. 162 fig. 148

X. Dectot, Céramiques hispaniques (XII-XVIII siècle), Parigi 2007, p.68 n. 32

 

Stima € 2.000 / 3.000
Aggiudicazione  Registrazione
Asta conclusa
20

PIATTO, VENEZIA, 1540 CIRCA

in maiolica dipinta in policromia, l’orlo listato di giallo; presenta un profondo cavetto e una larga tesa leggermente inclinata, e poggia su un piede ad anello. Sul recto una decorazione a grisaille nei toni del grigio-azzurro su fondo blu con ornato a trofei senza soluzione di continuità con, al centro, un elmo e un insieme di scudi, attorno al quale si vedono quattro gruppi di trofei, disposti simmetricamente, con loriche, elmi e strumenti musicali. Il fondo è occupato da sottili nastri a riserva mentre le armi e gli elementi maggiori sono lumeggiati da tocchi di stagno. Il retro non presenta decorazione e mostra uno smalto azzurrato molto cavillato. L’ornato di questo piatto appartiene alla decorazione “all’antica” detta “a trofei”, fortunato motivo delle maioliche rinascimentali a Venezia, molto diffuso attraverso le incisioni, di cui Johanna Lessmann ha pubblicato un interessante campionario con una serie di piatti coerenti stilisticamente, presenti all’Herzog Anton Ulrich Museum di Braunschweig. La difficoltà attributiva tra le botteghe veneziane di Mastro Ludovico e Mastro Jacomo da Pesaro grazie agli studi più recenti porterebbe a propendere per una attribuzione di questi piatti a trofei alla bottega di Mastro Jacomo, comunque avvicinandoli all’area adriatica pesarese. Sul retro timbro ed etichetta di provenienza “Collezione Simonetti, Roma; diam. cm 24,6, diam. piede cm 9,8, alt. cm 4

 

A VENETIAN PLATE, CIRCA 1540

 

Bibliografia di confronto

J. Lessmann, Herzog Anton Ulrich-Museum Braunschweig, Italienische Majolika, Katalog der Sammlung. Brunswick 1979, pp. 382-384 nn. 549-554

Stima € 20.000 / 30.000
Asta conclusa
22

TONDINO, URBINO, 1530 CIRCA

in maiolica decorata in piena policromia, cavetto profondo e larga tesa piana con orlo arrotondato, poggiante su un piede ad anello basso appena concavo; al verso tre fasce incise verso il bordo e decorazione assente. L’ornato, che interessa l’intera superficie del fronte, vede al centro una roccia alta, complessa, con balze erbose e un arbusto spoglio, a dividere la composizione e i personaggi che la animano: a sinistra santa Cecilia in preghiera nel momento del primo martirio, immersa in un calderone bollente, e ai suoi piedi un giovane inginocchiato mentre alimenta il fuoco, a sinistra invece un personaggio più anziano porta una fascina di legna; sullo sfondo un paesaggio lacustre con un villaggio che appare tra lievi colline; le balze erbose su cui poggia la scena hanno limiti arrotondati e sono sottolineate da toni di verde differenti, tocchi sottili di bruno manganese e tocchi di lumeggiature di stagno, mentre a destra dalle zolle emergono due gruppo di alberelli dal fusto scuro con chiome fitte. Lo stile pittorico fermo e deciso denuncia la mano di un pittore capace. I personaggi, almeno la santa e il suo aguzzino, derivano da un’incisione di Marcantonio Raimondi (Bartsch, XIV, p. 105 n. 117/A). Il piatto, che per il momento non può essere attribuito ad un pittore certo, presenta caratteristiche pittoriche e stilistiche che lo portano verso una datazione ancora precoce, attorno agli anni trenta del Cinquecento. Le caratteristiche del paesaggio e lo stile delle figure denunciano infatti una vicinanza dell’opera a esemplari prodotti dalle botteghe urbinati del periodo, ed in particolare alcune caratteristiche ci ricordano le collaborazioni figurative del Servizio Leonardi della bottega di Nicola di Urbino, senza escludere la possibile la realizzazione del piatto proprio da parte delle abili maestranze ivi presenti, con la loro formazione culturale fortemente raffaellesca, che si esprimeva proprio attraverso l’elaborazione di tematiche derivate dalle stampe ed incisioni presenti nelle botteghe maiolicare. È ormai assodato inoltre come la collaborazione nella bottega tra Nicola e Xanto Avelli avesse portato alla formazione di diversi ceramisti, che porterà alla produzione di opere di grande qualità del Ducato. Tra i confronti con opere di eccezionale portata l’esempio più alto è il piatto con il Martirio di Santa Cecilia, ispirato a Raffaello, del Museo del Bargello, segnato al retro con un monogramma anagrammato N[I]CHOL[A] e la scritta L’Historia de Sancta Cicilia la qualle/e Fata in botega di guido da castello durante/ In UrBino 1528; diam. cm 20,5, diam. piede cm 4,8, alt. cm 3

 

AN URBINO PLATE (TONDINO), CIRCA 1530

 

Bibliografia di confronto

J.V.G. Mallet, In botega de Maestro Guido Durantino in Urbino, in “The Burlington Magazine”, CXXIX/1010 (May), 1987, pp. 284-298;

J.V.G. Mallet, Nicola da Urbino and Francesco Xanto Avelli, in “Faenza”, XCIII, 2007, 4-6, pp. 199-250;

C. Giardini, Maioliche del servizio Leonardi. Conferme ed aggiunte, in “La ceramica nello scaffale”, a cura di C. Giardini e C. Paolinelli, Fano 2018, pp. 91-106

Stima € 15.000 / 20.000
Aggiudicazione  Registrazione
Asta conclusa
23

PIATTO, URBINO, BOTTEGA DI NICOLA DI URBINO, 1520 CIRCA

in maiolica decorata in piena policromia, cavetto profondo e larga tesa piana con orlo arrotondato, poggiante su piede ad anello basso appena concavo; al verso tre fasce incise verso il bordo e decorazione assente. L’ornato, che interessa l’intera superficie del fronte, mostra al centro della scena sullo sfondo una complessa architettura immersa in un paesaggio fluviale con montagne, città e con lunghe file di arbusti, ai lati gruppi di alberi dal tronco sinuoso, mentre i protagonisti della scena occupalo spazio sulla tesa. La storia è quella del mito greco di Meleagro, Atalanta e il cinghiale Calidonio, qui rappresentato in forma sintetica, quasi a voler sottolineare il rapporto nascente tra i due protagonisti, più che la caccia. La fanciulla Atalanta veste il caratteristico chitone, stretto da una cintura sui fianchi, ed è raffigurata con una ghirlanda in mano mentre e avanza con un seno scoperto, a sottolineare comunque la sua funzione di donna guerriera; sulla destra invece Meleagro, a cavallo, sta colpendo il cinghiale con il giavellotto. Il piatto, esposto nella mostra di Palazzo Reale a Milano del 1981, fu presentato come opera della bottega di Nicola di Urbino, datato al 1520: lo stile pittorico, il modo di delineare i volti, gli alberi, le montagne sullo sfondo, la città con lungo ponte di accesso che compare in blu sullo sfondo, la nuvola a chiocciola associata all’atmosfera serale del cielo, sono tutti elementi che ci portano a riproporre tale attribuzione; diam. cm 31, diam. piede cm 9,8, alt. cm 3

 

AN URBINO PLATE (TONDINO), WORKSHOP OF NICOLA DI URBINO, CIRCA 1520

 

Bibliografia

C. Bernardi (a cura di), Immagini architettoniche nella maiolica Italiana del Cinquecento, cat. mostra Milano, Palazzo Reale, 2 dicembre 1980 - 31 gennaio 1981, pp. 80-82 n. 125

Stima € 10.000 / 15.000
Aggiudicazione  Registrazione
Asta conclusa
24

ALZATA, PESARO, ATTRIBUITO A SFORZA DI MARCANTONIO, 1548

in maiolica, forma concava poggiante su alto piede. L’ornato a policromia occupa l’intera superficie e raffigura la scena di storia romana relativa al sacrificio di Muzio Scevola. Al retro sotto il piede si legge la scritta in corsivo in blu di cobalto: Muzio che la sua destra / erante chocie. 1548. L’episodio storico racconta appunto il gesto di Muzio Scevola, soldato che durante l’assedio di Roma ad opera degli etruschi guidati da Porsenna si reca presso l’accampamento nemico per uccidere il comandante avversario; giunto armato di pugnale presso l’accampamento trova il re intento a distribuire la paga ai soldati, ma uccide per errore lo scriba addetto al pagamento; catturato, decise di punire la propria mano destra, che aveva mancato il suo compito, bruciandola sul braciere; colpito dal gesto del giovane e dalla minaccia che come lui altri romani fossero disposti al sacrificio, il re Porsenna intavolò le trattative di pace. L’iscrizione, che per stile e data è attribuibile alla mano di Sforza di Marcantonio, e lo stile pittorico ci portano a confronti precisi come, ad esempio, il modo di raffigurare il re Porsenna seduto in trono, presente in altre opere del pittore durantino, o la figura stessa di Muzio Scevola, che trova puntuale raffronto nel piatto con scena romana del British Museum (inv 1985.1002.1), dove la figura del re Astiage è molto simile per posizione e caratteristiche stilistiche con il protagonista della nostra coppa. Sappiamo che il pittore, nativo di Casteldurante, aveva lavorato a Urbino nei primi anni quaranta del Cinquecento per spostarsi poi a Pesaro, almeno dal 1548 e qui lavorare forse presso la bottega dei Lanfranco, dove potrebbe aver realizzato il nostro piatto; diam. cm 27,8, diam. piede cm 12,6, alt. cm 6,2

 

A FOOTED PLATE ATTRIBUTED TO SFORZA DI MARCANTONIO, PESARO, 1548

 

Bibliografia di confronto

A. Norman, Wallace Collection Catalogue of Ceramics. I, Londra 1976, pp. 203-5 n. C99;

P. Bonali, R. Gresta, Girolamo e Giacomo Lanfranco dalle Gabicce maiolicari a Pesaro nel secolo XVI, Rimini 1987, p. 94;

D. Thornton, T. Wilson, Italian Renaissance Ceramics. A catalogue of the British Museum, Londra 2009, Vol. I, pp. 99-100 n. 64, pp. 356-357 n. 210

Stima € 6.000 / 9.000
Aggiudicazione  Registrazione
Asta conclusa
1 - 30  di 114