Arte Moderna e Contemporanea

20 GENNAIO 2021
Asta, 1018
27

CARLA ACCARDI

Stima
€ 4.000 / 6.000
Aggiudicazione  Registrazione

CARLA ACCARDI

(Trapani 1924 – Roma 2014)

Favoloso N.1

1954

tempera su carta

cm 34,2x49

firmato e datato “1954” in basso a destra

 

Fabulous N.1

1954

tempera on paper

34.2x49 cm

signed and dated “1954” lower right

 

L’opera compare nel registro originario dell’artista con il n. 10 del 1954.

 

“I segni si scambiano questa loro vita solitaria e l’insieme che compongono, intrecciandosi e inserendosi nella superficie del quadro, rappresenta con infinite varianti la vita e indica all’osservatore un modo per riconoscersi e capirsi. Il mio scopo è di rappresentare l’impulso vitale che è nel mondo”

                                       
Carla Accardi in conversazione con Vanni Bramanti.

 

«Dare vita a un’immagine astratta, oggettiva, primaria e libera» è stato da sempre l’obiettivo di Carla Accardi che, sulla scia dei concetti pubblicati nel manifesto formalista del ‘47 dagli artisti del Gruppo Forma 1 (“ci interessa la forma del limone, non il limone”), iniziò a studiare le strutture che contraddistinguono la vita dell’uomo e la natura, esplicandole attraverso un suo personale linguaggio.

Fu l’inizio del suo lungo percorso artistico, dal quel momento in poi realizzò molteplici realtà caratterizzate da un’armonia disordinata, da una perpetua oscillazione tra una logica istintiva e una più razionale, in cui “non esiste solo un ordine geometrico e al di fuori di esso un disordine casuale, ma piuttosto un ordine casuale”.

La tempera su carta qui raffigurata è del 1954, un anno di imprescindibile svolta, in cui l’incontro con il critico Michel Tapié determinò il passaggio dalla pittura costruttivo-concretista alla purezza del “segno”. Non un algoritmo assoluto e immutabile come quello di Giuseppe Capogrossi, ma piuttosto un intimo alfabeto, che si dirama in intrecci astratti ondeggianti e sinuosi, nati dall’alternanza di pieni e di vuoti, da contrasti di colori e da accostamenti di luce.

Tale poetica così personale deriva senza dubbio dalle suggestioni visive che il paesaggio mediterraneo le offriva, scriveva infatti “vissuta in Sicilia fino ai vent’anni, ho assorbito molto di quella luce e di quei colori mediterranei e dello spirito di confine che vi si respira, e dei resti delle civiltà antichissime che vi sono fiorite.”