ARCADE | Dipinti dal XVI al XX secolo

29 SETTEMBRE 2020
Asta, 1005
311

Giannetto Mannucci

Stima
€ 1.200 / 1.500
Aggiudicazione  Registrazione

Giannetto Mannucci

(Firenze 1911 - 1980)

STUDIO PER IL PILASTRO NEL FOYER DEL TEATRO VERDI

gesso, alt. cm 38, su base in gesso, cm 40x40

 

STUDY FOR THE COLUMN IN THE VERDI THEATRE FOYER

plaster, h. 38 cm, on a plaster basis, 40x40 cm

 

Negli anni ’40 e ’50 del Novecento venne completamente ristrutturato il Teatro Verdi di Firenze a cura dell’architetto Nello Baroni e del professor Maurizio Tempestini. Il foyer su via Ghibellina fu trasformato in uno stile che ancora riecheggia chiaramente le linee del Decò. Questo spazio venne affidato per il tocco finale allo scultore fiorentino Giannetto Mannucci, che eseguì anche le decorazioni dorate in forma di foglie e volute sull’arco scenico e sulle balconate. I due bassorilievi da lui realizzati sono ancora nel luogo originario, e accolgono il pubblico che entra in sala con le loro immagini allegoriche.

Il bassorilievo sul pilastro posto a ridosso del bar, di cui presentiamo il bozzetto in questa vendita, è senz’altro quello più vistoso.

Le quattro facce del parallelepipedo che troneggia nel foyer, realizzato in cemento e incorniciato agli spigoli da tendaggi rossastri, sinuosi come cascate, ritraggono gli artisti di un circo, gli attori di un teatro, i danzatori e i boxeurs intenti nell’esibizione. Lo stile è quello ormai consolidato dell’artista, allievo di Libero Andreotti, che mostra a quella data una sintesi  molto personale e matura tra stilemi classici e la moderna scultura, soprattutto quella francese di Emille-Antoine Bourdelles, Constantin Brancusi e Aristide Maillol che aveva avuto modo di studiare dal vivo nel ’48.

Il pilastro nel foyer reca la firma dell’autore e la data ‘49-’67 perché l’opera ha avute due aspetti diversi.

La prima stesura dell’opera era caratterizzata da una superfice bianca e lustra in stucco a coprire l’impianto di cemento. Questa patina delicata venne danneggiata dalle acque dell’alluvione del 1966 e Mannucci, intervenendo nuovamente sul suo lavoro scelse di darne un aspetto diverso, quello odierno, patinando la superfice con un lievissimo strato che simulava la terracotta e ripassando le linee con colori terrosi e ossidati finiti poi a cera.