ARCADE | DIPINTI DAL XVI AL XX SECOLO

3 MARZO 2020

ARCADE | DIPINTI DAL XVI AL XX SECOLO

Asta, 0334
Firenze
Palazzo Ramirez Montalvo
Borgo degli Albizi 26


ore 10.30
lotti 1-120

ore 14.30
lotti 121-234

ore 16.30
lotti 244-353
Esposizione

FIRENZE
Venerdì     28 febbraio    10 -18
Sabato      29 febbraio    10 -18
Domenica   1 marzo       10 -18 
Lunedì        2 marzo       10 -18 

info@pandolfini.it

 
 
 
Stima   250 € - 20000 €

Tutte le categorie

1 - 30  di 342
178

Scuola veronese, sec. XVII

TRE PUTTI IN BARCA NELLE VESTI DI VIRTÙ TEOLOGALI

olio su tela, cm 118x167

 

Veronese school, 17th century

THREE PUTTO ON A SHIP AS THEOLOGICAL VIRTUES

oil on canvas, cm 118x167

 

La bellissima invenzione della tela si deve ad Alessandro Turchi, detto l’Orbetto (Verona, 1578 – Roma, 1649), concepita con ogni probabilità in occasione della commissione romana, nel 1625, a diversi pittori della serie di quattro dipinti raffiguranti Tre putti da parte del cardinale Maurizio di Savoia, di cui noti sono oggi i Tre putti come allegoria dell’Architettura, dell’Astronomia e dell’Agricoltura di Domenichino (Torino, Galleria Sabauda)  e quella del Turchi, riconosciuta nell’opera di collezione privata esposta ad Ariccia nel 2006 e successivamente a Torino (cfr. G. Papi, La “schola” del Caravaggio. Dipinti della collezione Koelliker, catalogo della mostra, Milano 2006, pp. 184-187, scheda 52; V. Natale (a cura di), Spiritelli, amorini, genietti e cherubini. Allegorie e decorazione di putti dal Barocco al Neoclassicismo, catalogo della mostra, Cinisello Balsamo 2016, pp. 56-57, scheda 56).

Nel raffigurare la Speranza aggrappata all’ancora, la Carità con la fiaccola accesa e la Fede mentre sta manovrando il timone della barca, drappeggiate nei colori propri di ogni virtù, grande attenzione è data anche nell’esemplare qui presentato nella resa delle candide ed eleganti nudità che l’Orbetto ha proposto in numerose occasioni nell’arco della sua carriera.

 

Stima   € 10.000 / 15.000
229

Scuola veneta, sec. XVI

LA MADONNA COL BAMBINO APPARE A FANTINO PIZZAMANO

VENEZIA RICEVE LA SPADA DELLA GIUSTIZIA 

coppia di miniature da commissione ducale, tempera, inchiostro e oro su pergamena, mm 210x146 circa

(2)

 

Venetian school, 16th century

MADONNA AND CHILD APPEARING TO FANTINO PIZZAMANO

VENICE RECEVEING THE SWORD OF JUSTICE

a pair of illuminations from a commissione ducale, tempera, ink and gold on parchment, mm 210x146 circa

(2)

 

Bibliografia di riferimento

H. K. Szépe, Venice Illuminated. Power and Paintings in Renaissance Manuscripts, Yale University Press, New Haven and London 2018.

 

La coppia di raffinate miniature fa parte della Commissione del doge Alvise Mocenigo (1570-1577) a Fantino Pizzamano, come è riportato sul testo manoscritto presente sul verso della pergamena raffigurante Venezia mentre riceve la spada della Giustizia, relativa all’incarico del patrizio veneto come capitano di Brescia.

Le Commissioni dogali o ducali erano lussuose presentazioni di contratti che sancivano l’elezione a incarichi amministrativi sul territorio della Repubblica di Venezia: alcune pagine di tali copie manoscritte venivano abbellite con immagini allegoriche e religiose volte a celebrare la carriera politica dell’eletto e naturalmente la Serenissima.

Dopo la fine della Repubblica molti di questi manoscritti furono venduti e smembrati proprio per le loro preziose miniature e per le suntuose rilegature.

Da un punto di vista compositivo le due pergamene offerte sono assai vicine a quella con Girolamo Venier in adorazione della Madonna col Bambino proveniente dalla Commissione per Girolamo di Giovanni Andrea Vernier conservata presso la Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia, volta a ricordare il suo incarico di Podestà e Capitano di Capodistria del 1564 (cfr. H. K. Szépe, Venice Illuminated. Power and Paintings in Renaissance Manuscripts, Yale University Press, New Haven and London 2018, p. 29, fig. 0.14): simile è l’impostazione e il protagonismo delle figure all’interno di una cornice dorata, nel nostro caso più riccamente decorata.

Più stringenti confronti stilistici possono invece essere effettuati con alcune esemplari attribuiti al cosiddetto “Morgan Master”. Si tratta di una coppia di miniature per l’elezione di Sebastiano di Fantin Marcello a provveditore e capitano di Salò e della Riviera del Garda nel 1565, oggi nella collezione della Bibliothèque de l’Arsenal di Parigi (cfr. H. K. Szépe, Venice Illuminated, cit., p. 30, fig. 0.16) e di un’altra raffigurante Venezia che riceve la spada della Giustizia (da una Commissione di Antonio di Andrea Bragadin come Podestà di Brescia del 1567) della Pierpont Morgan Library di new York ( cfr. H. K. Szépe, Venice Illuminated, cit., p. 187, fig. 5.40), quest’ultima con una cornice abitata dalle personificazioni delle Virtù come nel nostro caso.

Le figure sono debitrici della cultura artistica veneta contemporanea e in particolare è stato suggerito come confronto i dipinti di Veronese e Giambattista Zelotti inseriti all’interno di fastose decorazioni dorate sui soffitti di Palazzo Ducale a Venezia. Si sottolinea infine il suggestivo naturalismo ritrattistico nella raffigurazione del volto del committente in adorazione della Madonna col Bambino.

 

 

 

Stima   € 8.000 / 15.000
159

Scuola veneta, inizio sec. XVII

SAN SEBASTIANO                                                            

olio su tela, cm 234x83                                                   

                                                                          

Venetian school, early 17th century

SAINT SEBASTIAN                                                           

oil on canvas, cm 234x83                                                  

 

L’importante tela, se pur ancora in parte legata, mostra uno sganciamento dal tardo manierismo di Palma il giovane e seguaci: nel colore schiarito e nei motivi tipologici e compositivi sembra tener d’occhio il mondo veronesiano ma nel modo di impostare la figura del santo si nota una certa ricercatezza e robustezza formale che lo avvicinano alle aperture seicentesche di Alessandro Varotari detto il Padovanino, strada seguita anche da Pietro Damini, che ricoprì una posizione di rilievo, soprattutto nella provincia veneta. Firmata da Damini e datata 1622 è la pala con l’Angelo custode ora esposta nel Museo civico di Treviso, ma eseguita per Sant’Agostino a Padova, dove analogamente all’opera qui offerta vengono raggruppati due episodi, uno in primo piano e l’altro sullo sfondo, dando grande prova di capacità di impaginazione soprattutto nell’utilizzo della luce che riesce a restituire una evidenza materica nuova alle forme.

 

Stima   € 20.000 / 30.000
39

Scuola toscana, sec. XVII                                                 

VEDUTA DI FONTEBRANDA                                                     

olio su tela, cm 168x219

 

Tuscan school, 17th century

VIEW OF FONTEBRANDA

oil on canvas, cm 168x219                                              

                                                                          

Bibliografia di riferimento                                               

N. Barbolani di Montauto, Pandolfo Reschi, Firenze 1996; La collezione Terruzzi. I capolavori, a cura di A. Scarpa Sonino, pp. 437-438, schede II.127-III.128.                                                           

                                                                          

In occasione di un viaggio a Siena, racconta F. S. Baldinucci, il cardinale Francesco Maria de Medici commissionò a Pandolfo Reschi, pittore di origine polacca ma di formazione romana, due vedute, una della più antica tra le fonti senesi, Fontebranda, e l'altra di una villa medicea sulle colline fiorentine, villa Lappeggi.                                               

Le due tele, tra le più celebri e documentate del Reschi, entrate successivamente a far parte della raccolta del cavalier Ascanio Samminiati dove le videro Baldinucci e Maria Niccolò Gaburri descrivendole come opere eccezionali, sono oggi nella collezione Terruzzi (La collezione Terruzzi. I capolavori, a cura di A. Scarpa Sonino, pp. 437-438, schede II.127-III.128).                                                          

La Veduta di Fontebranda qui presentata, per fedeltà e qualità di esecuzione, deve essere considerata una replica uscita dalla bottega di Pandolfo Reschi.                                                          

L'analoga precisione nella descrizione delle tre grandi arcate ogivali della fonte, sovrastata dalla chiesa di San Domenico, e delle numerose e animate figurette, tra cui si segnalano al centro "il gruppo di giocatori e scioperati, che pare si adirino con le loro carte, in diversi moti e scorci e un altro di più ragazzi che, cavalcando alcune travi, fanno all'altalena e insieme scherzano", su cui si soffermò anche Baldinucci (F. S. Baldinucci, Vita del pittore Pandolfo Reschi in F. S. Baldinucci, Vite di artisti dei XVII-XVIII, ed. a cura di A. Matteoli, Roma 1975, p. 221), permette di ipotizzare che furono utilizzati per la realizzazione della nostra tela i medesimi studi progettuali. Si conoscono alcuni disegni acquarellati, conservati presso lIstituto Nazionale per la Grafica di Roma, segnalati da Novella Barbolani di Montauto (N. Barbolani di Montauto,     

Pandolfo Reschi, Firenze 1996, p. 80) quali preparatori per le figure sulla sinistra della tela che assistono lo stesso pittore autoritrattosi in atto di schizzare la veduta. 

Stima   € 10.000 / 15.000
Aggiudicazione  Registrazione
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