Arte Moderna e Contemporanea

9 DICEMBRE 2019

Arte Moderna e Contemporanea

Asta, 0324
MILANO
Centro Svizzero
via Palestro, 2
ore 16.00

Per informazioni e commissioni scritte e telefoniche
dal 5 - 10 dicembre 2019
Centro Svizzero
Tel. +39 02 76320327
Tel. + 39 02 76320328
artecontemporanea@pandolfini.it
Esposizione
MILANO
Giovedì 5 dicembre      10-18
Venerdì 6 dicembre      10-18
Sabato  7 dicembre      10-18
Domenica 8 dicembre  10-18

Centro Svizzero
via Palestro, 2
 
 
 
Stima   500 € - 200000 €

Tutte le categorie

1 - 30  di 130
80

GIORGIO DE CHIRICO

(Volos 1888 - Roma 1978)

Oreste e Pilade

1961

olio su tela

cm 40,5x30,5

 

Oreste and Pilade

1961

oil on canvas

40.5x30.5 cm

 

L'opera è accompagnata da autentica rilasciata nel 1981

 

Provenienza

Collezione privata, Reggio Emilia

Collezione privata, Firenze

 

Bibliografia

Catalogo generale Giorgio De Chirico, Volume ottavo, opere dal 1951 al 1974, Electa, n.

1247 il.

 

GIORGIO DE CHIRICO

 

Oreste era figlio di Agamennone e Clitennestra, poco più che bambino assistette all'uccisione del padre ad opera della moglie e del suo amante Egisto. Elettra, sorella e nutrice di Oreste, per salvagli la vita lo portò dal re Strofio, in Focide, vecchio amico e cognato di Agamennone che lo allevò insieme al figlio Pilade. I due cugini divennero grandi e inseparabili amici. Divenuto adulto Oreste si recò a Delfi e chiese all'oracolo come doveva agire per vendicare la morte del padre. L'oracolo gli ordinò di uccidere la madre Clitennestra ed Egisto. Accompagnato da Pilade si recò a Micene, facendosi riconoscere dalla sorella Elettra che, secondo Euripide, era stata costretta da Egisto a sposare un umile contadino il quale, consapevole dell'ingiustizia di cui era stata vittima la moglie e per la deferenza verso il suo sangue reale, rispettava la sua verginità. Elettra organizzò insieme ad Oreste l’uccisione della madre e l'usurpatore Ma scoperta la congiura vennero condannato a morte a sua volta Oreste, perseguitato dalle Erinni o Furie materne Furie, il cui compito era di punire i gravi delitti, fu costretto a recarsi ad Atene per ottenere la purificazione dall'Areopago, grazie all'intercessione da Atena, dovette recarsi successivamente in Tauride con Pilade  per portare ad Atena la statua di Artemide, da tutti venerata, ivi incontrò la sorella Ifigenia, la quale riuscì a salvare i due amici dal sacrificio umano cui erano destinati e fece ritorno con loro in Grecia, dove Pilade sposò Elettra, questa è una delle tante interpretazioni.  Eschilo ed Euripide narrano invece che le Furie fecero impazzire Oreste immediatamente dopo la morte della madre e lo perseguitarono senza tregua. Prima della pazzia, secondo altri autori, Oreste fu giudicato a Micene per volere di Tindareo, padre di Clitemnestra, Eace, che ancora odiava Agamennone per la morte di Palamede, chiese l'esilio di Oreste.

Ma, secondo Euripide, Oreste ed Elettra furono salvati da Menelao il quale, costretto da Apollo, convinse la gente di Micene ad accontentarsi di punire i due fratelli con un anno d'esilio. Secondo Eschilo, invece, vi fu un processo ad Atene dove Apollo (che sarebbe stato l'ispiratore dell'assassinio dei due amanti) ebbe il ruolo di difensore di Oreste mentre le Erinni erano le accusatrici. I voti della giuria furono pari e la dea Atena, presidente dell'Areopago, l'antico tribunale fondato dagli dei dopo la morte di Alirrozio - figlio di Poseidone, diede il suo voto in favore di Oreste, giudicando la morte della madre meno importante di quella del padre. Nonostante ciò le Furie non abbandonarono la loro sete di vendette verso Oreste. Allora Apollo consigliò a Oreste e al suo fedele cugino che  dovevano recarsi nella terra dei Tauri nel Chersoneso, rubare l'antica statua lignea di Artemide e poi recarsi in un luogo ove scorreva un fiume formato da sette sorgenti.

Nel Chersoneso, quando vi giunse, insieme a Pilade, venne catturato e, come tutti gli stranieri, preparato per il sacrificio ad Artemide. Sacerdotessa del tempio era Ifigenia, sorella di Oreste la quale, riconosciuto il fratello, ingannò Toante, re dei Tauri, dicendogli che i nuovi arrivati dovevano essere sacrificati in mare poiché accusati di matricidio, chiedendo che il rito non avesse testimoni tra il popolo. Questo permise loro di fuggire con la statua di Artemide navigando in direzione per la Grecia. Ci fu un lungo inseguimento di Toante, ma venne sconfitto. Dopo tante peregrinazioni giunsero in Sicilia e poi nell'Ausonia (come si chiamava anticamente la Piana) e qui Oreste trovò il fiume indicato dall'oracolo di Delfi. Appena si immerse nelle acque del Metauro, Oreste riacquistò il senno. Al ritorno ad Oreste spettò il trono di Micene ed Argo (dopo avere ucciso il fratellastro Alete) e alla morte di Menelao anche quello di Sparta. Pilade sposò Elettra e Ifigenia divenne sacerdotessa di Artemide in Grecia.

 

Giorgio De Chirico, alfiere della grecità in chiave moderna, ha celebrato nella sua pittura i personaggi leggendari della terra greca, in cui ebbe il destino di nascere pur essendo italiano. Gli eroi omerici  rivivono sotto le spoglie dei manichini e del vario armamentario "metafisico" del pittore. Oreste e Pilade, l’opera qui proposta del 1961, così come altri dipinti di Giorgio De Chirico (Ettore e Adromaca o il Trovatore) raffigurano figure solitarie, a volte singoli personaggi a volte in coppia, spesso rappresentati con teste ellissoidali, prive di lineamenti, forme con sembianze umane, più che personaggi reali, miti e leggende quasi sempre dipinti con un simbolo centrale, il ventre riempito di frammenti di paesaggio, di statue classiche, di colonne e libri, segno dei passaggi della storia e della civiltà, oppure forme geometriche vuote che alludono alla visione interiore, contemplativa. Tutta la cospicua produzione di De Chirico dal primo periodo fino alla sua morte, è un ripetersi di soggetti e tematiche , prova del fatto che non si sia realmente distaccato dalla visione metafisica, piuttosto la fedeltà ribadita nei confronti del classicismo e delle tecniche pittoriche dei maestri del passato gli consente di esplorare nuovi orizzonti rimanendo fedele a se stesso e alla propria unicità creativa.

 

Stima 
 € 80.000 / 120.000
Aggiudicazione  Registrazione
75

RUDOLF SCHLICHTER

(Calw 1890 - Monaco di Baviera 1955)

Abstraktion

1917

olio su tela

firmato e datato

cm 65,8x62,8

al retro timbri non decifrabili

al retro etichetta "Dada " 1977, Funfzehnte Europäische Kunstausslung, Berlin

al retro etichetta " Dada and Surrealismreviewed" Arts Council of great britain, cat. n.

4E62

 

Abstraction

1917

oil painting on canvas

signed and dated

65.8x62.8 cm

at the back non-decipherable stamps

on the reverse label "Dada" 1977, Funfzehnte Europäische Kunstausslung, Berlin

on the reverse label "Dada and Surrealismreviewed" Arts Council of great britain, cat. n.

4E62

 

Esposizioni

Berlin, Ort der Freiheit für die Kunst, Der dynastische Realismus and das Auftreten Edvard

Munchs, Vernstaltet von der Nationalgalerie der Ehemals Staarlichen Museen Berlin

und der hochschule für bildende Künste Berlin, Recklinghausen, 2 giugno - 17 luglio

1960; Vienna 2 agosto - 4 settembre 1960; Berlin 18 settembre - 6 novembre 1960

Berlin XXe siècle, De l'expressionisme à l'art contemporain, Deutsche Geselischaft für

Bildende Kunst, Musée cantonal des beaux-arts, 1968, Losanna

Dada in Europa, Werke und Dokumente, Städtische Galerie in Städelschen Kunstinstitut,

10 novembre 1977 - 8 gennaio 1978, Francoforte

Dada and Surrealism reviewed a cura di Dawn Ades con testo introduttivo di David

Sylvester e Elizabeth Cowling, 1978, Arts Council of Great Britain

 

Bibliografia

Berlin, Ort der Freiheit für die Kunst, Der dynastische Realismus and das Auftreten Edvard

Munchs, Vernstaltet von der Nationalgalerie der Ehemals Staarlichen Museen Berlin

und der hochschule für bildende Künste Berlin, Recklinghausen, 2 giugno - 17 luglio

1960; Vienna 2 agosto - 4 settembre 1960; Berlin 18 settembre - 6 novembre 1960, n.

114 ill.

Berlin XXe siècle, De l'expressionisme à l'art contemporain, Deutsche Geselischaft für

Bildende Kunst, Musée cantonal des beaux-arts, 27 novembre - 5 gennaio, 1968,

Losanna, n. 17 ill.

Dada in Europa, Werke und Dokumente, Städtische Galerie in Städelschen Kunstinstitut,

10 novembre 1977, Francoforte, n. 3/553 ill.

Dada and Surrealism reviewed a cura di Dawn Ades con testo introduttivo di David

Sylvester e Elizabeth Cowling, 1978, Arts Council of Great Britain , n. 4.63 ill

 

 

Stima 
 € 80.000 / 120.000
Aggiudicazione  Registrazione
77

JULIUS EVOLA

(Roma 1898 - Roma 1974)

DDDD - Paysage dada

1920-1921

olio su tela

cm 96x76

firmato

al retro etichetta Tendenzen der Zwanziger Jahre, Berlin

al retro etichetta Dada and surrealism reviewed, Arts Council of Great Britain

 

DDDD - Dada landscape

1920 - 1921

oil painting on canvas

96x76 cm

signed

on the reverse label Tendenzen der Zwanziger Jahre, Berlin

on the reverse label Dada and surrealism reviewed, Arts Council of Great Britain

 

Provenienza

Collezione privata, Milano

 

Esposizioni

Cinquant'anni a Dada, Dada in Italia 1916 -1966, sotto l'egida dell'Ente Manifestazioni

Milanesi, Milano Civico Padiglione d'Arte Contempornaea, 24 giugno - 30 settembre

1966, edito dalla Galleria Schwarz, Milano

Le futurisme et le Dadaïsme, a cura di Jose Pierre, 1967, Losanna

      Tendenze der Zwanziger Jahre,14 agosto - 16 ottobre 1977,  Dietrich Reimer Verlag, Fünfzehnte Europaïsche

Kunstausstellung in Berlin

Dada in Europa, Werke und dokumente, 10 novembre 1977 - 8 gennaio 1978, Städtische

Galerie im Städtischen Kunstinstitut, Francoforte

Dada and surrealism reviewed, a cura di Dawn Ades, con testo introduttivo di David

Sylvester e Elizabeth Cowling,  1978, Arts Council of Great Britain

Dada libertin & libertaire, a cura di Giovanni Lista, 2005

Dadaglobe reconstructed a cura di Adrian Sudhalter, Anne And Michel Sanouillet,

Cathérine Hug, Samantha Friedman, Lee Ann Dafffner and Karl Buchberg, 2016,

Kunsthauss Zurich

 

Bibliografia

Cinquant'anni a Dada, Dada in Italia 1916 -1966, sotto l'egida dell'Ente Manifestazioni

Milanesi, Milano Civico Padiglione d'Arte Contempornaea, 1966, edito dalla Galleria

Schwarz, Milano, p. 109 n. 91 ill.

Le futurisme et le Dadaïsme, 1967,  a cura di Jose Pierre, edito da Editions Rencontre

Lausanne, ill.

Almanacco Dada, Antologia letteraria - artistica, Cronologia, repertorio delle riviste a cura

di Arturo Schwarz, 1976, edito da Feltrinelli, ill.

Tendenzen der Zwanziger Jahre, 1977,  Dietrich Reimer Verlag Berlin, cat. n. 3/408 ill.

Dada in Europa, Werke und dokumente, 10 novembre 1977 - 8 gennaio 1978, Städtische

Galerie im Städtischen Kunstinstitut, Francoforte, . n. 3/408 ill.

Dada and surrealism reviewed, a cura di Dawn Ades, con testo introduttivo di David

Sylvester e Elizabeth Cowling,  1978, Arts Council of Great Britain, cat. n. 5.29 ill.

Dada libertin & libertaire, a cura di Giovanni Lista, 2005, edito da Insolite, p. 127 ill.

Dadaglobe reconstructed a cura di Adrian Sudhalter, Anne And Michel Sanouillet,

Cathérine Hug, Samantha Friedman, Lee Ann Dafffner and Karl Buchberg, 2016,

Kunsthauss Zurich, Scheidegger & Spiess, p. 114 e p. 145

 

Nel dicembre del 1920, Evola, Prampolini e Fiozzi, partecipano all' Esposizione

Internazionale di Arte Moderna a Ginevra. Due mesi più tardi la sua opera, a Roma, verrà

esposta a l'esposizione La Section d'Or di Parigi, organizzata dalla Casa d'Arte italiana,

con opere di Van Doesburg, Férat, Buchet, Duchamp-Villon, Gleizes, lèger, Jacques Villon

e Archipemko, che si reca per l'occasione a Roma per incontrare Prampolini.

Evola assente invece presenta una mostra personale di ben più di una cinquantina di

opere alla galleria Der Sturm a Berlino. Separa la sua attività da quella di Prampolini, ed

invita Cantarelli e Fiozzi, a unirsi a lui per fondare " il Dada italiano", inoltre prepara una

esposizione dadaista chez Bragaglia in compagnia di Schad.

Stima 
 € 60.000 / 80.000
Aggiudicazione  Registrazione
82
GASTONE NOVELLI
(Vienna 1925 - Milano 1968)
Che Cosa Si Può Dire
1962
tecnica mista su laminato plastico
cm 60x140
al retro etichetta Studio Marconial retro etichetta Levi Arte Contemporanea 
al retro etichetta The Alan Gallery, New York 

What can you say
1962
mixed technique on plastic laminate
60x140 cm
on the reverse label Marconi Studio
on the reverse label Levi Contemporary Art
on the reverse label The Alan Gallery, New York

L'opera è accompagnata da autentica su fotografia, rilasciata dallo Studio Marconi L'opera è accompagnata da autentica su fotografia, rilasciata da Landau-Alan Gallery,New York
ProvenienzaCollezione Studio MarconiCollezione privata, Milano
BibliografiaNovelli, 1976, edito da Feltrinelli, p. 217 n. 1962.9 (262), ill. 
Gastone Novelli
Segno e scrittura strumenti del pensiero artistico

“ Dipingere è anche esprimere per segni ciò che non si può, o non si sa, esprimere con le azioni.Questa può essere una ragione per continuare, anche se i magazzini del mondo sono già pieni di cose da guardare.Di fronte ai fatti nuovi dell’arte le persone si bendano gli occhi, temendo che il loro mondo, fatto di confortevoli e edificanti idee sulla bellezza, possa andare in pezzi.Questa è un’altra ragione per continuare, perché così si raggiunge un primo risultato, una prima funzione, se vogliamo, dell’arte come ricerca “ rivoluzionaria”.E ancora: più universi linguistici, o segnici, verranno sperimentati e portati alla comunicazione, più largo sarà il campo delle possibili conoscenze offerto ai fruitori.E soprattutto, la socialità di una opera non si deduce dal suo indice di popolarità ma nasce dalla, direi, socialità dell’autore la cui stessa esistenza finisce con l’essere impegnata dalla pratica continua con il proprio linguaggio.
Gastone Novelli 1968 testo dal catalogo Studio Marconi Milano

L’opera di Novelli  Che Cosa Si Può Dire” del 1962  fa parte  del ciclo che, dal 1959, dove compare la forma circolare del seno, così come nei dipinti  “ Nascondersi vale la pena” e “ Per andare a vedere di persona” entrambe del 1959 e ancora di più con “ Telegramma” del 1960, di esplicita ispirazione alla copertina del catalogo della mostra di Duchamp “Le surrealisme en 1947 “ tenutasi alla Galerie Maeght di Parigi. Nota è la fascinazione e l’influenza che l’opera di Duchamp ha avuto su Gastone Novelli. Come ha avuto modo di scrivere Pia Vivarelli sul catalogo della mostra alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma del 1988 “.... Globalmente sembra riflettersi in Novelli l’essenza del messaggio di Duchamp compresa fra attitudine analitico-riflessiva e apparente gratuità, ironia, leggerezza della prassi artistica; tale binomio è alla base della complessiva esperienza anche di Novelli, attualizzato nei termine di poetica generale per mezzo delle riflessioni linguistiche che caratterizzano l’ambiente romano dei primi anni Sessanta. (...) Le sue tele e i suoi disegni di questi primi anni Sessanta non presentano infatti rapporti bilanciati secondo modalità costanti tra scrittura ed immagini: ora la scrittura occupa gran parte della tela, ora le scritture si riducono a frasi o ad elementi frammisti all’immagine; a volte le scritte sono leggibili nella concatenazione dei loro significati e alcune di essere rimandano a citazioni letterarie, altre volte risultano incoerenti o parzialmente cancellate. I livelli di ambiguità degli aspetti verbali dei dipinti, esaminati in se’, aumentano poi se si considera la loro natura del tutto pittorica, il loro essere e configurarsi come immagine - nella singola evidenza visiva di ciascuna lettera alfabetica come nell’agglutinarsi in figure di gruppi di frasi - in rapporto con le forme costruite dai segni disegnati o colorati.Frantumazione, eliminazione dei legami sintattici, citazione, montaggio: sono tutti strumenti operativi che Novelli condivide con gli amici poeti, allo scopo di offrire uno specchio del disordine verbale e visivo, riconosciuto come effetto di una società agli inizi del benessere, e per dichiarare un rifiuto aperto - facendogli violenza - dell’universo linguistico dominante, nei suoi opposti ed equivalenti aspetti di universo “ realistico” ( nella letteratura come nell’arte figurativa) o di universo aulico, “accademico” dice espressamente Novelli, cioè storicamente e rigidamente determinato”. Novelli sosteneva che il linguaggio magico era proprio dell’artista e ne sono la riprova alcune parole e frasi che si trovano nelle sue tele. Nel 1958 scrisse “ Tutto ciò che esce dalle mie mani è molto più semplice di un raziocinio. Viene fuori così a forza di essere toccato, forse è qualche cosa di organico, certo sono cose che non vanno al di là delle necessita di un uomo, della larghezza delle sue braccia, delle estensibilità fisica del suo cervello. Perché per sapere si sa molto poco ed è troppo difficile ammaestrare la propria mente”


Novelli, Gastone (Vienna, 1925 - Milano, 1968) Gastone Novelli è considerato uno dei protagonisti più importanti della scena artistica italiana degli anni ’50 e ’60. 1943, nasce nel 1925 a Vienna, a soli diciott’anni, partecipa alla Resistenza, venne arrestato, incarcerato e torturato, la sua condanna a morte viene commutata in carcere a vita grazie all’intervento della madre, nel 1944 viene liberato all’ingresso delle truppe alleate a Roma vene liberato. L’anno successivo si trasferisce a Firenze dove si laurea in Scienze Politiche e Sociali. Nel 1948 reca in Brasile, qui maturò l’idea di diventare un’artista, producendo le prime opere. Nel 1950 rientra in Italia per un breve periodo e tiene la sua prima personale al Teatro Sistina di Roma, rientra in Brasile per starci fino al 1954, qui insegna, si occupa di allestimenti e di dedica, oltre alla pittura anche alla ceramica. Partecipò alla I e alla II Biennale  di San Paolo. Nel 1955 ritorna a Roma ed entra in contatto con l'ambiente culturale grazie all’amicizia con Emilio Villa che gli presentò Corrado Cagli, conosce anche Achille Perilli, con il quale inizia un sodalizio che durerò molti anni. Sullo sfondo il vivace ambiente della cultura italiana, in cui Novelli frequenta molte delle personalità di spicco di quegli stessi anni, tra cui Afro Basaldella, Corrado Cagli, Pietro Consagra, Alfredo Giuliani, Giorgio Manganelli, Elio Pagliarani, Achille Perilli, Arnaldo e Giò Pomodoro, Toti Scialoja, Giulio Turcato, Emilio Villa, Cesare Vivaldi. In quegli anni Novelli sperimenta diverse tecniche, come la pittura a spruzzo, già utilizzata da Cagli, e la fotografia diretta, già utilizzata in Italia da Luigi Veronesi e da Bruno Munari. Nel 1956 Corrado Cagli presenta la sua prima monografia. Il 1957 frequenta assiduamente Parigi, dove incontra Tristan Tzara, André Masson, Man Ray e  Hans Arp; tiene una personale alla galleria La Salita di Roma, dove espone opere di chiara ascendenza informale; fonda, con Achille Perilli, la rivista "L'esperienza moderna", che uscirà  fino al 1959. Sono gli anni dove inizia a elaborare  il segno-scrittura. Nel 1958 figura in varie collettive a Milano (Palazzo della Permanente), Città del Messico, Londra, Charleroi, Tokyo; tiene personali alla Galleria La Salita e La Tartaruga di Roma e alla Galleria dell’Ariete di Milano. Conosce Afro, di cui diviene assistente dal 1959 al Liceo Artistico di via Ripetta, e Cy Twombly. Gli anni ’60 sono gli anni dei viaggi: Francia, Stati Uniti, Grecia e Turchia e l’Inizio delle collaborazioni con gli scrittori della neo-avanguardia italiana, con i quali condivide la medesima tensione verso la sperimentazione linguistica. Frequenta Samuel Beckett, Georges Bataille, Pierre Klossowski, René de Solier e avvia una stretta amicizia con Claude Simon. Nel 1962 progetta e pubblica l’Antologia del possibile e nel 1964 è tra i fondatori della rivista “Grammatica”. Nella sua casa di Saturnia riceve amici e letterati, le presenze più assidue furono Pietro Consagra, Alfredo Giuliani, Giorgio Manganelli, Gianni Novak, Elio Pagliarani, Toti Scialoja, Giulio Turcato. Nel 1963 partecipa di nuovo alla Biennale di San Paolo nella sezione italiana organizzata dalla Biennale di Venezia. Questa mostra gli apre le porte alla sua prima partecipazione alla Biennale dove sarà invitato nel 1964 con una sala personale. Presentato da Nello Ponente, ottiene il premio Gollin.  E’ la Biennale in cui trionfa l’arte americana, e durante la quale fa incontri importanti, tra cui Robert Rauschenberg. Nel 1965 La Galerie Thomas di Monaco e la Alan Gallery di New York organizzano delle personali. Nel 1967 si trasferisce a Venezia. Il Museo di La Chaux-de-Fonds, la Galleria Semiha Huber di Zurigo e la Galerie Espace di Amsterdam gli dedicano delle esposizioni personali. È presente inoltre alle più importanti mostre collettive, fra cui l’esposizione Recent Italian Painting and Sculpture al Jewish Museum di New York. Nel 1968 viene invitato alla XXXIV Biennale di Venezia con una sala personale, per protesta contro l’intervento della polizia all’interno dei Giardini, espone le sue opere dal retro contro le pareti, iscrivendo frasi di contestazione. Nel 1968 inizia ad insegnare  all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano. Muore improvvisamente il 22 dicembre per un collasso postoperatorio.
Stima 
 € 60.000 / 80.000
Aggiudicazione  Registrazione
86

FRANTISEK JANOUSEK

(Jesenny 1890 - Praga 1943)

Paesaggio Con Libro firmato

1934

olio su tela

cm 96,7x145,5

firmato in basso a sinistra

 

Landscape With Signed Book

1934

oil painting on canvas

cm 96.7x145.5

signed lower left

 

Provenienza

Galleria A. Schwarz, Milano

Collezione privata, Milano

 

Esposizioni

Frantisek Janousěk, Opere scelte 1933 - 1942, 10 giugno - 25 settembre 1969, Galleria

Schwarz, Milano

 

Bibliografia

Frantisek Janousěk, Opere scelte 1933 - 1942, 1969, Galleria Schwarz, Milano, n. 6 ill. 

 

" fino al 1932, ...fino a quel momento Janousěk rimaneva, con il suo Cubismo a

tendenza lirica, piuttosto all'ombra della vita artistica di Praga. ed ecco che tutt'ad un

tratto presenta al pubblico un insieme di composizioni fantastiche, ispirate da

vagabondaggi solitari attraverso le città d'Italia: Venezia, il Foro di Roma, Siena, hanno

significato per lui una strana rottura dell'esperienza, una rottura simile a quella che aveva

provocato la pittura metafisica, e' nel suo grande Paesaggio con libro che Janousěk è

tornato per l'ultima volta al suo viaggio in Italia. Il nome di Suarès che si può leggere sul

quadro, si riferisce al libro Viaggio del condottiero in Italia, di André Saurès. ma questa

tela appartiene già a una grande tappa della sua opera che vedrà l'introduzione nelle sue

tele, per un certo tempo, di uno stato di riposo e di disciplina razionale. Queste tele sono

edificate sulla base di un disegno che in seguito egli colora leggermente con toni chiari,

portandole successivamente a dimensioni monumentali. "

( cit. A. Schwarz cat.esposizione del 1969)

                        

 

 

Stima   € 60.000 / 80.000
Aggiudicazione  Registrazione
72
HANS RICHTER
(Berlino 1888 - Locarno 1976)
Orchestre
1915
olio su  cartone
cm 46x63,8
firmato e datato in basso a destra 

Orchester
1915
oil on cardboard
46x63.8 cm
signed and dated lower right
on the reverse label Kunsthaus, Zurichon the reverse label Musée National D'Art Moderne

L'opera è accompagnata da autentica su fotografia rilasciata dalla Galleria Schwarz

Esposizioni
Zeichnung von Alexander Calder: Louisa Calder und Hans Richter, a cura di H. Köhn, 6
marzo 1942, New York
Hans Richter, Galleria Nazionale D'Arte Moderna, 1958 - 1959, RomaHans Richter, Galleria Civica D'Arte Moderna, 1962, Torino
Hans Richter: Dadaismo e astrazione ( 1909 - 1923 ), 10 marzo - 7 aprile 1965, GalleriaSchwarz Milano
Hans Richter, Plastic Arts of the Twentieth century, a Collection edited and published byMarcel Joray, con introduzione di Herbert Read ed un testo autobiografico dell'artistaedito da Edition du Griffon, Neuchatel/Switzerland, 1965Cubism, 1966, a cura di José Pierre edito da Heron books, Londra
Cinquant'Anni A Dada, Dada in Italia, 1916 -1966, sotto l'egida dell'Ente Manifestazionimilanesi, Milano Civico Padiglione, 24 giugno - 30 settembre 1966, Galleria Schwarz,Milano
Dada Ausstellung zum 50 jahrinen Jubilaum, Exposition Commémorative duCinquantenaire, mostra itinerante, 8 ottobre - 17 novembre 1966 Kunsthaus Zurich; poi30 novembre 1966 - 30 gennaio 1967, Musée National d'Art Moderne ParisOrigini dell'astrattismo verso altri orizzonti del reale, 18 ottobre 1979 - 18 gennaio 1980,Palazzo Reale, Milano
Hans Richter, a cura di Roberto Sianesi, annotazioni sul linguaggio di Hans Richter, 1978edito da La Nuova Foglio EditriceDada libertin & libertaire, a cura di Giovanni Lista, 2005, edito da Insolite

Bibliografia
Zeichnung von Alexander Calder: Louisa Calder und Hans Richter, a cura di H. Köhn 6marzo 1942, New York n. 10 ill. 
Hans Richter, Galleria Nazionale D'Arte Moderna, 1958 - 1959, Roma, edito da Editalia,Roma, n. 10 ill. ( pubblicato con il titolo Musica )Hans Richter, Galleria Civica D'Arte Moderna, 1962, Torino, p. 48 n. 16 ill.
Hans Richter: Dadaismo e astrazione ( 1909 - 1923 ), 10 marzo - 7 aprile 1965, GalleriaSchwarz Milano, n. 14 ill. 
Hans Richter, Plastic Arts of the Twentieth century, a Collection edited and published byMarcel Joray, con introduzione di Herbert Read ed un testo autobiografico dell'artistaedito da Edition du Griffon, Neuchatel/Switzerland, 1965, ill.
Cubism, 1966, a cura di José Pierre edito da Heron books, Londra, ill. Cinquant'Anni A Dada, Dada in Italia, 1916 -1966, sotto l'egida dell'Ente Manifestazionimilanesi, Milano Civico Padiglione, 24 giugno - 30 settembre 1966, a cura della GalleriaSchwarz, Milano, n. 68 ill.
Dada Ausstellung zum 50 jahrinen Jubilaum, Exposition Commémorative duCinquantenaire, mostra itinerante, 8 ottobre - 17 novembre 1966 Kunsthaus Zurich; poi30 novembre 1966 - 30 gennaio 1967, Musée National d'Art Moderne Paris, ill. 
Origini dell'astrattismo verso altri orizzonti del reale, 18 ottobre 1979 - 18 gennaio 1980,Palazzo Reale, Milano, n. 486 ill. 
Hans Richter, a cura di Roberto Sianesi, annotazioni sul linguaggio di Hans Richter, 1978edito da La Nuova Foglio Editrice, p. 55 ill. 
Dada libertin & libertaire, a cura di Giovanni Lista, 2005, edito da Insolite, p. 34 ill. 

HANS RICHTER
E’ per puro caso, e con l’aiuto di un amico, se un certo numero dei miei primi disegni e una piccola quantità dei mei primi dipinti sono stati salvati dall’olocausto di Hitler e dalla guerra in Germania. Queste opere appartengono per lo più al mio periodo Dada di Zurigo tra il 1916 e il 1918, e alcune sono di un periodo ancora precedente, il 1912. Questa mostra ne riunisce alcune.Esse rivelano alcune fasi decisive del mio sviluppo pittorico, dalla musica, dai disegni, dai quadri che subirono l’influenza del cubismo, fino al periodo esplosivo degli anni Dada, nei miei “Ritratti Visionari”. Ci misi tutta la nuova libertà che avevamo acquistato, la legge del caso. E poi alla fine del periodo Dada nelle mie “teste Dada” e nelle prime astrazioni, quando cercavo un “equilibrio” tra l’assoluta libertà di espressione che lasciava al caso la sua parte una disciplina che mi avrebbe garantito il libero arbitrio. Perché: Dove non c’è consapevolezza non c’è nemmeno libero arbitrio (C:G:Jung).Ciò nonostante questi pochi esempi possono illustrare alcuni dei problemi che mi impegnarono durante questi anni eccitanti e fecondi.
(Testo pubblicato nel catalogo della mostra personale alla Galleria Schwarz , Milano 4-24 maggio 1963)
Johannes Siegfried Richter (Hans Richter) nasce a Berlino il 6 aprile 1888. Studia architettura  all’Università di Berlino, nel 1908 si iscrive all’Accademia di Belle Arti e nel 1909  all’Accademia di Weimar, dove approfondisce lo studio dei maestri antichi. Intorno al 1912 si avvicina all’arte moderna interessandosi alle opere degli artisti del Blaue Reiter, nel 1913 visita la mostra "Erster Deutsche Herbstsalon" alla Galerie Der Sturm di Berlino, dove vede le opere dei fauves, dei cubisti e dei futuristi. Sostiene il manifesto futurista di Marinetti ed entra a far parte del gruppo espressionista di Monaco costituitosi intorno alla rivista “Die Aktion”. Realizza importanti opere cubo-futuriste, parti di queste verranno distrutte dalla guerra, la  carriera artistica viene interrotta dalla guerra, che lo vede impegnato al fronte fino al 1916, dove fu congedato a causa di una ferita. Nello stesso anno la rivista “Die Aktion”, con la quale aveva in precedenza collaborato, gli dedica un numero speciale. Nello stesso anno, si tiene la sua prima mostra personale alla galleria Hans Goltz di Monaco. Trasferitosi a Zurigo, entra a far parte del movimento Dada e nel 1917, dopo un breve periodo espressionista dal quale hanno origine i suoi ritratti visionari, inizia i primi esperimenti astratti. Nel 1918 Tzara gli presenta il pittore svedese Viking Eggeling, iniziando con lui una collaborazione basata su una comune ricerca artistica. L’anno dopo realizza il primo Prélude, un’opera basata sul principio di continuità di un motivo formale sviluppato su una lunga striscia di carta. Nel 1920 entra a far parte del November Group di Berlino e collabora con il periodico olandese “De Stijl”. Nella volontà di conferire un movimento autentico alle sue opere, nel 1921 si accosta al cinema e realizza il suo primo film astratto Rhythmus 21. Dal 1923 al 1926 dirige, assieme a Mies van der Rohe e Werner Graeff, la rivista “G”. In seguito realizza documentari, film pubblicitari e sperimentali, non interrompendo al tempo stesso l’attività pittorica. Nel 1940 si trasferisce negli Stati Uniti, dove due anni dopo viene nominato direttore del Film Institute al City College di New York, iniziando un’attività d'insegnamento che durerà per quindici anni. Nel frattempo entra a far parte del gruppo degli American Abstract Artists. Nel 1957 completa il film Dadascope, con poesie e prose recitate da Jean (Hans) Arp, Marcel Duchamp, Raoul Hausmann, Richard Huelsenbeck e Kurt Schwitters. La sua opera è oggetto di importanti mostre nei principali musei del mondo. Muore a Locarno, Svizzera, il 1 febbraio 1976.
Stima 
 € 60.000 / 80.000
Aggiudicazione  Registrazione
32
LEONCILLO LEONARDI
(Spoleto 1915 - Roma 1968)
Donne al sole
ceramica smaltata
cm 55x22x20
sulla base riportato il numero n. 53


Women in the sun
glazed ceramic
55x22x20 cm
on the basement written the number n.53

L'opera è accompagnata da dichiarazione rilasciata da Enrico Marcellai

Bibliografia
L'opera sarà pubblicata sul catalogo generale dell'opera di Leoncillo Leonardi

LEONCILLO DEMIURGO DELLA CERAMICA
Leoncillo Leonardi è stato considerato tra i massimi esponenti della generazione del secondo dopoguerra per la scultura italiana, godeva, sin dagli anni ‘40, di grande fama nazionale e internazionale. Alberto Moravia presentò una sua mostra alla galleria della Spiga di Milano e a seguire noti critici come G.C.Argan. Roberto Longhi, Maurizio Calvesi, Palma Buciarelli, Giovanni Carandente e Cesare Brandi dedicarono spazio e parole per consacrare l’abilità artistica di Leoncillo. Il primo ottobre 1946 un gruppo di artisti d’avanguardia sottoscrive il manifesto della Nuova secessione artistica italiana, oltre a Renato Guttuso, Giulio Turcato, Renato Birolli ed Emilio Vedova, partecipa anche il giovane Leoncillo, che aveva già dato prova del suo eccellente e precoce talento.  Leoncillo è un personaggio singolare, fuori dagli schemi, feroce con la materia che scava e plasma, quella materia “proletaria” identificatrice di un pensiero politico. Partigiano e comunista convinto, due monumenti ne sono la testimonianza: Partigiana veneta del 1955 ( distrutto nel 1962 per un attentato) e i Caduti di Albissola del 1958. Dopo una lunga stagione vissuta nel segno del post-cubismo, alla metà degli anni ’50 visse una forte la crisi ideologica a causa dell’invasione sovietica dell’Ungheria che lo portò a trasformare la sua arte iniziando a trasformare le sue opere in materia magmatica e corrugata dallo spirito informale. Scava le sue figure verticali, sono incastri e sagome drammatiche ed elementari, dalle coloriture sfumate o decise ( i rossi e i gialli), per donare ancora più ferocemente la drammaticità alla forma. Le potenti sculture come i San Sebastiano fanno pensare a corpi lacerati, piegati e vinti dall’esistenza, sono zolle di terra arata o porzioni di magma che si aprono a mostrare i fuoco che arde sotto i nostri piedi. Leoncillo scrisse nelle pagine del Piccolo diario: “Un nuovo oggetto naturale che divenga con stratificazioni, solchi, strappi che sono quelli del nostro essere, che esca come il nostro respiro. Non più colore quindi, ma materia che ha un colore che diciamo dopo. Non più volume ma materia che ha volume. E la creta diventa materia “nostra” per gli atti che compiamo su essa e con essa, atti che nascono da una reazione del nostro essere, che crescono dalla furia, dalla dolcezza, dalla disperazione, motivati dal nostro essere vivi, da quello che sentiamo e vediamo”. 
LEONARDI LEONCILLO nasce a Spoleto il 18 novembre del 1915, sin da bambino si interessa alle arti applicate, il nonno paterno era liutaio, quello materno ebanista; e questo esempio di attitudine al lavoro artigiano influì sulla sua formazione. Conclusi gli studi si trasferì a Roma dal fratello maggiore Lionello, insegnante di lettere presso un istituto religioso S. Maria, la stessa scuola dove insegnò disegno fino al 1939. Risalgono a questi anni giovanili i primi disegni noti dell'artista, caratterizzati da un segno forte e costruttivo. Nel 1936 entrò in contatto con la galleria La Cometa, diretta dal poeta L. De Libero,  luogo di incontro degli artisti più giovani e meno compromessi con l'arte di regime: Mario Mafai e Antonietta Raphael, Corrado Cagli, Mirko e Afro Basaldella, Pericle Fazzini e Marino Mazzacurati. L’artista fu notevolmente influenzato da quella che fu definita la scuola romana, continuando però a operare isolato nel suo studio. Nel 1937 espose a Perugia, alla VI Mostra sindacale fascista dell'Umbria, due bassorilievi monocromi ispirati a Fedro: Il cervo e i cani e Il nibbio e le colombe.Nel 1939 lasciò Roma, trasferendosi a Umbertide, in Umbria, dove il 9 luglio sposò Maria Zampa dalla quale ebbe due figli: Daniella e Leonetto. A Umbertide entrò in contatto con la fabbrica di ceramiche di proprietà di Settimio Rometti, che era stata guidata alcuni anni prima da Cagli. Qui perfezionò le sue conoscenze tecniche sui materiali ceramici e sulle cotture e stabilì un rapporto di scambio con Rometti, ceramista a sua volta, presso i cui forni l’artista diede luogo a una produzione di sculture di dimensioni notevoli: l'Arpia, l'Ermafrodito e la Sirena, conosciute anche con il nome di Mostri; il S. Sebastiano,  i Suonatori e le Quattro stagioni. Si tratta di terrecotte policrome invetriate, modellate dall'interno per ottenere volumi gonfi, dall'apparenza molle, cui gli smalti conferiscono bagliori improvvisi che accendono la cromia di sapiente tonalismo. Se nella tecnica esecutiva a cera cava Leoncillo si avvicinava  a M. Basaldella, nei soggetti  mitologici egli palesa un riferimento alla pittura di Scipione. Nel 1940, su invito di Giò Ponti, partecipò alla VII Triennale di Milano, dividendo la sala con S. Fancello, dove vinse la medaglia d'oro per le arti applicate con l'Ermafrodito e le Quattro stagioni, ironici busti dai colori vivaci, che echeggiano le porcellane neoclassiche. Sul finire del 1941, dopo avere evitato la frequenza del corso per allievi ufficiali all'atto della chiamata alle armi, pubblicò a Milano una raccolta di brevi componimenti poetici, il Bestiario (in Orfei), in edizione numerata e illustrata da litografie di F. Clerici.  Nel 1942 fece ritorno a Roma, dove fu incaricato della docenza di plastica ceramica all'istituto statale d'arte. Nell'estate dell'anno successivo presentò la serie dei Mostri nell'ambito di un'esposizione collettiva di giovani artisti presso la galleria La Cometa di Roma. Convinto antifascista, il L. si avvicinò dapprima alle organizzazioni partigiane romane, poi si affiliò alla brigata "Innamorati", attiva in Umbria. Dal dicembre 1944 avviò una collaborazione con il periodico romano La Settimana, che ospitò suoi disegni e  alcuni ritratti di intellettuali. Nel 1946 sottoscrive il manifesto della Nuova Secessione artistica italiana, trasformatosi poi in Fronte nuovo delle arti, il gruppo sostenuto da G. Marchiori espose alle Biennali di Venezia del 1948 e del 1950. Nel 1947 ottenne uno studio all'interno di villa Massimo, a Roma, già sede dell'Accademia germanica, accanto a Mazzacurati, R. Guttuso ed E. Greco, dove risiedette sino al 1956. Nel 1949 la sua prima personale alla galleria Il Fiore di Firenze presentata da R. Longhi. La produzione del decennio 1946-56 si caratterizza per il gusto neocubista di derivazione picassiana. Artista militante, si produsse in temi sociali rappresentando la silenziosa dignità degli umili: Dattilografa e Iminatori. Negli stessi anni andava approfondendo anche il tema della natura morta - genere poco esperito dagli scultori riallacciandosi alla lezione di Boccioni. Nel 1954 alla Biennale di Venezia gli fu dedicata una sala insieme con Lucio Fontana, tra le opere presenti anche Bombardamento notturno, acquisito per le collezioni dello Stato destinate alla Galleria nazionale d'arte moderna di Roma. Nei primi anni Cinquanta partecipò a numerose mostre collettive internazionali come Italy at work (New York, 1950), Italienische Kunst der Gegenwart (Monaco di Baviera, 1950), Nutida Italiensk Konst (Il Novecento italiano: Stoccolma, 1953); fu inoltre presente alla II Biennale della scultura di Anversa; in Italia fece parte ed espose insieme con il gruppo denominato Art Club. Nel 1951 vinse il primo premio per una scultura da giardino alla II Mostra nazionale della ceramica; nel 1953 ottenne il premio acquisto alla I Mostra d'arte di Spoleto e nel 1954 vinse il primo premio al XII Concorso nazionale della ceramica di Faenza con la scultura I minatori.Nel 1957 diede le dimissioni dal partito comunista a seguito dei fatti di Ungheria e come atto di solidarietà verso il senatore E. Reale, espulso in quanto manifestamente contrario alla linea filosovietica togliattiana. Nel marzo 1957 si tenne una personale alla galleria La Tartaruga di Roma. Nello stesso anno realizzò il pannello decorativo per l'atrio della sede dell'Istituto nazionale per la previdenza sociale a Ferrara; a Roma, invece, eseguì una fontana per un complesso abitativo INA Casa a S. Lucia.Nel 1958 espose alla galleria romana L'Attico di B. Sargentini, un  connubio tra i due durò sino alla morte dell'artista. Nel 1959 partecipò alla VIII Quadriennale di Roma, nell'ambito della retrospettiva sulla scuola romana, ripresentando l'Arpia e l'Ermafrodito; quello stesso anno vinse il primo premio alla II Mostra nazionale della ceramica e dei lavori in metallo di Gubbio, con Incontro nella miniera, dove rielaborava il tema dei Minatori. In questi anni intensi, il cui percorso è chiarito dalle annotazioni e dalle riflessioni contenute nel Piccolo diario, più volte Leoncillo tornò sulle tematiche giovanili - è il caso del S. Sebastiano - ripensandole in senso aniconico. Nel 1960 E. Crispolti lo presentò alla galleria Blu a Milano, dove espose una serie di Tagli e Fratture. Nel 1960  fu nuovamente  presente alla XXX Biennale di Venezia, nel 1961 partecipò a numerose esposizioni internazionali. È del 1962 una nuova, importante mostra personale alla galleria L'Attico. Nel 1967 realizzò, in collaborazione con l'architetto L. Ricci, un pannello decorativo per l'Esposizione universale di Montreal; lo stesso anno vinse il concorso per un monumento per il palazzo della Ragione a Trento (non realizzato). Nel 1968, presente con una sala personale alla Biennale di Venezia, in cui aveva allestito opere dell'ultimo decennio, velò le sue sculture con dei teli di plastica in segno di adesione alle proteste dei giovani artisti.Leoncillo morì a Roma il 3 sett. 1968.
Stima 
 € 30.000 / 45.000
31

LEONARDI LEONCILLO

(Spoleto 1915 - Roma 1968)                                                    

Donna sdraiata

1950

ceramica smaltata

cm 18x39x19

titolata e firmata sulla base

iscrizione 3 settembre 1950

 

Woman lying down

1950

glazed ceramic

18x39x19 cm

titled and signed

inscription on the basement 3 September 1950    

 

 

 

LEONCILLO DEMIURGO DELLA CERAMICA

 

 

Leoncillo Leonardi è stato considerato tra i massimi esponenti della generazione del secondo dopoguerra per la scultura italiana, godeva, sin dagli anni ‘40, di grande fama nazionale e internazionale. Alberto Moravia presentò una sua mostra alla galleria della Spiga di Milano e a seguire noti critici come G.C.Argan. R. Longhi, M. Calvesi, P. Buciarelli, G. Carandente e C. Brandi dedicarono spazio e parole per consacrare l’abilità artistica di Leoncillo. Il primo ottobre 1946 un gruppo di artisti d’avanguardia sottoscrive il manifesto della Nuova secessione artistica italiana, oltre a Guttuso, Turcato, Birolli e Vedova, partecipa anche il giovane Leoncillo, che aveva già dato prova del suo eccellente e precoce talento.  Leoncillo è un personaggio singolare, fuori dagli schemi, feroce con la materia che scava e plasma, quella materia “proletaria” identificatrice di un pensiero politico. Partigiano e comunista convinto, due monumenti ne sono la testimonianza: Partigiana veneta del 1955 (distrutto nel 1962 per un attentato) e i Caduti di Albissola del 1958. Dopo una lunga stagione vissuta nel segno del post-cubismo, alla metà degli anni ’50 visse una forte crisi ideologica a causa dell’invasione sovietica dell’Ungheria che lo portò a trasformare la sua arte, iniziando a trasformare le sue opere in materia magmatica e corrugata dallo spirito informale. Scava le sue figure verticali, sono incastri e sagome drammatiche ed elementari, dalle coloriture sfumate o decise (i rossi e i gialli), per donare ancora più ferocemente la drammaticità alla forma. Le potenti sculture come i San Sebastiano fanno pensare a corpi lacerati, piegati e vinti dall’esistenza, sono zolle di terra arata o porzioni di magma che si aprono a mostrare i fuoco che arde sotto i nostri piedi. Leoncillo scrisse nelle pagine del Piccolo diario: “Un nuovo oggetto naturale che divenga con stratificazioni, solchi, strappi che sono quelli del nostro essere, che esca come il nostro respiro. Non più colore quindi, ma materia che ha un colore che diciamo dopo. Non più volume ma materia che ha volume. E la creta diventa materia “nostra” per gli atti che compiamo su essa e con essa, atti che nascono da una reazione del nostro essere, che crescono dalla furia, dalla dolcezza, dalla disperazione, motivati dal nostro essere vivi, da quello che sentiamo e vediamo”.

 

LEONARDI LEONCILLO nasce a Spoleto il 18 novembre del 1915, sin da bambino si interessa alle arti applicate, il nonno paterno era liutaio, quello materno ebanista; e questo esempio di attitudine al lavoro artigiano influì sulla sua formazione. Conclusi gli studi si trasferì a Roma dal fratello maggiore Lionello, insegnante di lettere presso l’istituto religioso S. Maria, la stessa scuola dove insegnò disegno fino al 1939. Risalgono a questi anni giovanili i primi disegni noti dell'artista, caratterizzati da un segno forte e costruttivo. Nel 1936 entrò in contatto con la galleria La Cometa, diretta dal poeta L. De Libero, luogo di incontro degli artisti più giovani e meno compromessi con l'arte di regime: Mario Mafai e Antonietta Raphael, Corrado Cagli, Mirko e Afro Basaldella, Pericle Fazzini e Marino Mazzacurati. L’artista fu notevolmente influenzato da quella che fu definita la Scuola Romana, continuando però a operare isolato nel suo studio. Nel 1937 espose a Perugia, alla VI Mostra sindacale fascista dell'Umbria, due bassorilievi monocromi ispirati a Fedro: Il cervo e i cani e Il nibbio e le colombe.

Nel 1939 lasciò Roma, trasferendosi a Umbertide, in Umbria, dove il 9 luglio sposò Maria Zampa dalla quale ebbe due figli: Daniela e Leonetto. A Umbertide entrò in contatto con la fabbrica di ceramiche di proprietà di Settimio Rometti, che era stata guidata alcuni anni prima da Cagli. Qui perfezionò le sue conoscenze tecniche sui materiali ceramici e sulle cotture e stabilì un rapporto di scambio con Rometti, ceramista a sua volta, presso i cui forni l’artista diede luogo a una produzione di sculture di dimensioni notevoli: l'Arpia, l'Ermafrodito e la_^ý[ý LýWýýýý[ý_^ý[ý Lýýý ýÛýýý]]H[ýýHýÈ[ýýYHWý^ý[ý LýWýý[ýýý_^ý[ý Lýýýý[õýýýs#S%•ýýG&6ý2ý6V&7Fýýýõýýýs#S%ýýG&6ýýýýýõýýýs#S%•ýýG&6ý7VýýFý&ýõýýýs#S%ýýG&6ýTýýýqQuattro stagioni. Si tratta di terrecotte policrome invetriate, modellate dall'interno per ottenere volumi gonfi, dall'apparenza molle, cui gli smalti conferiscono bagliori improvvisi che accendono la cromia di sapiente tonalismo. Se nella tecnica esecutiva a cera cava Leoncillo si avvicinava a M. Basaldella, nei soggetti  mitologici egli palesa un riferimento alla pittura di Scipione. Nel 1940, su invito di Giò Ponti, partecipò alla VII Triennale di Milano, dividendo la sala con S. Fancello, dove vinse la medaglia d'oro per le arti applicate con l'Ermafrodito e le Quattro stagioni, ironici busti dai colori vivaci, che echeggiano le porcellane neoclassiche. Sul finire del 1941, dopo avere evitato la frequenza del corso per allievi ufficiali all'atto della chiamata alle armi, pubblicò a Milano una raccolta di brevi componimenti poetici, il Bestiario (in Orfei), in edizione numerata e illustrata da litografie di F. Clerici.  Nel 1942 fece ritorno a Roma, dove fu incaricato della docenza di plastica ceramica all'istituto statale d'arte. Nell'estate dell'anno successivo presentò la serie dei Mostri nell'ambito di un'esposizione collettiva di giovani artisti presso la galleria La Cometa di Roma. Convinto antifascista, il Leoncillo si avvicinò dapprima alle organizzazioni partigiane romane, poi si affiliò alla brigata "Innamorati", attiva in Umbria. Dal dicembre 1944 avviò una collaborazione con il periodico romano La Settimana, che ospitò suoi disegni e alcuni ritratti di intellettuali. Nel 1946 sottoscrive il manifesto della Nuova Secessione artistica italiana, trasformatosi poi in Fronte nuovo delle arti, il gruppo sostenuto da G. Marchiori espose alle Biennali di Venezia del 1948 e del 1950. Nel 1947 ottenne uno studio all'interno di villa Massimo, a Roma, già sede dell'Accademia germanica, accanto a Mazzacurati, R. Guttuso ed E. Greco, dove risiedette sino al 1956. Nel 1949 la sua prima personale alla galleria Il Fiore di Firenze presentata da R. Longhi. La produzione del decennio 1946-56 si caratterizza per il gusto neocubista di derivazione picassiana. Artista militante, si produsse in temi sociali rappresentando la silenziosa dignità degli umili: Dattilografa e I minatori. Negli stessi anni andava approfondendo anche il tema della natura morta - genere poco esperito dagli scultori riallacciandosi alla lezione di Boccioni. Nel 1954 alla Biennale di Venezia gli fu dedicata una sala insieme con Lucio Fontana, tra le opere presenti anche Bombardamento notturno, acquisito per le collezioni dello Stato destinate alla Galleria nazionale d'arte moderna di Roma. Nei primi anni Cinquanta partecipò a numerose mostre collettive internazionali come Italy at work (New York, 1950), Italienische Kunst der Gegenwart (Monaco di Baviera, 1950), Nutida Italiensk Konst (Il Novecento italiano: Stoccolma, 1953); fu inoltre presente alla II Biennale della scultura di Anversa; in Italia fece parte ed espose insieme con il gruppo denominato Art Club. Nel 1951 vinse il primo premio per una scultura da giardino alla II Mostra nazionale della ceramica; nel 1953 ottenne il premio acquisto alla I Mostra d'arte di Spoleto e nel 1954 vinse il primo premio al XII Concorso nazionale della ceramica di Faenza con la scultura I minatori.

Nel 1957 diede le dimissioni dal partito comunista a seguito dei fatti di Ungheria e come atto di solidarietà verso il senatore E. Reale, espulso in quanto manifestamente contrario alla linea filosovietica togliattiana. Nel marzo 1957 si tenne una personale alla galleria La Tartaruga di Roma. Nello stesso anno realizzò il pannello decorativo per l'atrio della sede dell'Istituto nazionale per la previdenza sociale a Ferrara; a Roma, invece, eseguì una fontana per un complesso abitativo INA Casa a S. Lucia.

Nel 1958 espose alla galleria romana L'Attico di B. Sargentini, un connubio tra i due durò sino alla morte dell'artista. Nel 1959 partecipò alla VIII Quadriennale di Roma, nell'ambito della retrospettiva sulla scuola romana, ripresentando l'Arpia e l'Ermafrodito; quello stesso anno vinse il primo premio alla II Mostra nazionale della ceramica e dei lavori in metallo di Gubbio, con Incontro nella miniera, dove rielaborava il tema dei Minatori. In questi anni intensi, il cui percorso è chiarito dalle annotazioni e dalle riflessioni contenute nel Piccolo diario, più volte Leoncillo tornò sulle tematiche giovanili - è il caso del S. Sebastiano - ripensandole in senso aniconico. Nel 1960 E. Crispolti lo presentò alla galleria Blu a Milano, dove espose una serie di Tagli e Fratture. Nel 1960 fu nuovamente presente alla XXX Biennale di Venezia, nel 1961 partecipò a numerose esposizioni internazionali. È del 1962 una nuova, importante mostra personale alla galleria L'Attico. Nel 1967 realizzò, in collaborazione con l'architetto L. Ricci, un pannello decorativo per l'Esposizione universale di Montreal; lo stesso anno vinse il concorso per un monumento per il palazzo della Ragione a Trento (non realizzato). Nel 1968, presente con una sala personale alla Biennale di Venezia, in cui aveva allestito opere dell'ultimo decennio, velò le sue sculture con dei teli di plastica in segno di adesione alle proteste dei giovani artisti.

Leoncillo morì a Roma il 3 settembre 1968.

 

 

 

 

 

Stima 
 € 20.000 / 30.000
Aggiudicazione  Registrazione
24

OTTONE ROSAI

(Firenze 1895 - Ivrea 1957)

Sonatori nella via

1956

olio su tela

cm 90x54,9

firmato in basso a destra O. Rosai

al retro sulla tela, a carboncino «50 [sottolineato] / Santini». Sul telaio,

a carboncino«Foto Biffoli»; timbro rettangolare Galleria Piemonte Artistico e

Culturale, Torino; a carboncino «14» [sottolineato due volte]; «55x 0»; timbro F.lli

Rigacci, Firenze

al retro timbro «cm 55»; timbro «90»

 

Ringtones in the street

1956

oil on canvas

90x54.9 cm

signed lower right O. Rosai

on the reverse on the canvas, charcoal «50 [pointed] / Santini» On the chassis,

charcoal «Foto Biffoli»; rectangular stamp Galleria Piemonte Artistico e

Cultural, Turin; charcoal «14» [underlined twice]; «55x 0»; F.lli stamp

Rigacci, Florence

on the reverse  stamp "cm 55"; «90» stamp

 

L'opera è accompagnata da autentica rilasciata dal Dott. Giovanni Faccenda

 

Provenienza

P. Rosai, Trieste

Collezione privata, Trieste

 

Esposizioni

O. Rosai, a cura di P.C. Santini, Centro Culturale Olivetti, Ivrea, maggio 1957, riprodotto in cat. [p. 133], n. 58; Figure e Paesaggi di Ottone Rosai [mostra proveniente dal Centro Culturale Olivetti di Ivrea], presentazione di L.C. [L. Carluccio], Piemonte Artistico e Culturale, Galleria «Gazzetta del Popolo», Torino, 8-25 giugno 1957; Mostra dell’Opera di Ottone Rosai, 1911-1957, a cura di P.C. Santini, Palazzo Strozzi, Firenze, maggio-giugno 1960, riprodotto in cat. tav. 82 (n. 251, p. 90, elenco opere).

 

Bibliografia

P. Bigongiari, «Il grido di Ottone Rosai», Il Critone, maggio 1957; P.C. Santini,

Rosai, Vallecchi, Firenze, 1960, [seconda edizione 1972], riprodotto n. 354 (scheda p.

223).

 

Stima 
 € 15.000 / 25.000
Aggiudicazione  Registrazione
51

MARIO SCHIFANO

(Homs 1934 - Roma 1998)                                                        

Palme e stelle

acrilico su tela

cm 120x200

 

Palm trees and stars

acrylic on canvas

120x200 cm

 

La figura di Mario Schifano (Holms 1934 - Roma 1998) è tra le più poliedriche e

innovative del panorama artistico internazionale della seconda metà del XX secolo. L'arte

di Schifano definisce la propria vocazione sperimentale già alla fine degli anni cinquanta,

in un momento cruciale per la ridefinizione della relazione tra le arti visive e l'immaginario

massificiato della nuova società dei consumi. in questo contesto, per Schifano la pittura

diviene da subito strumento e fine di esplorazione della sua caratteristica e poliedrica

contaminazione di generei differenti. Vivendo tra Roma e New York,in un dialogo con il

vitale e positivo panorama artistico degli Stati Uniti, Schifano sviluppa negli anni Sessanta

un proprio discorso parallelo, per quanto non sovrapponibile, rispetto alla Pop Art ed a

Andy Warhol. L'artista interpreta la medesima epoca della nuova comunicazione

massificata, ma secondo un'appropriazione e rilettura dell'immaginario collettivo della

pubblicità, del cinema, della fotografia: ne restituisce un'immagine pittorica e creativa,

che tende a interpretare con straordinario spirito critico e anticipatore le nascenti

dinamiche di relazione globalizzata della cultura visiva. La sua vidità per l'universo delle

immagini gli permette di spaziare attraverso i generi e le icone del nuovo panorama

socioculturale internazionale, dalla pubblicità al cinema, che egli include nella sua opera

come " reperti" della civiltà presente, dando voita a un mondo parallelo ed unico, filtrato

dalla sua visione critica e dissacrante.

Stima 
 € 12.000 / 18.000
Aggiudicazione  Registrazione
48

JACQUES VILLEGLE'

(Quimper 1926)

Mr Baltard

1979

decollage su tela

cm 51x61,5

firmato in basso a destra

al retro titolato, datato (mars 1979)

 

Mr Baltard

1979

decollage on canvas

51x61.5 cm

signed lower right

on the reverse side titled and dated (mars 1979)

 

Jacques Villeglè

 

 

All’École des Beaux-Arts di Rennes lei conobbe Raymond Heins, con cui strinse un sodalizio fondamentale per lo sviluppo delle vostre reciproche carriere. Che cosa vi accomunava?

 

Condividevamo le stesse domande riguardo al nostro futuro: che cosa fare? Che cosa dipingere? E anche l’idea di non voler imparare un mestiere. Il nostro rapporto di amicizia e di affinità artistica si alimentava grazie alle lunghe passeggiate che facevamo lungo la Loira, e proprio una di queste rappresentò un momento di svolta fondamentale. Era il gennaio del 1947, e fummo impressionati dallo “spettacolo” dei cantieri navali di Nantes, dal rumore delle seghe elettriche, dal movimento delle gru e del ponte trasbordatore. Fu quello il momento in cui ci apparve chiaro per la prima volta che la percezione diretta doveva essere ricercata e valorizzata a discapito del “fare” e delle arti della trasposizione, e di ogni premeditazione.

 

 

 

Che è poi il concetto che sta alla base della pratica di staccare i manifesti lacerati dai muri delle città. Si ricorda la prima volta in assoluto in cui lo avete fatto?

 

Certamente: è stato a Parigi, nel febbraio del 1949. Si trattava del manifesto di uno spettacolo, in cui comparivano solo alcuni frammenti tipografici, che danno il titolo a quella prima opera: Ach Alma Manetro. Ci colpirono moltissimo le lacerazioni della superficie del manifesto, che sembravano quasi delle ferite cromatiche. All’epoca, ciò che amavo di più era il collage cubista, e i caratteri tipografici ne rappresentavano un elemento che continuava a conservare una grande attualità; dunque, questo primo manifesto rubato dalla strada aveva qualcosa di post-cubista.

 

E quello fu un episodio isolato, che solo in seguito rielaboraste come pratica artistica vera e propria, o fu da subito il punto di partenza di una ricerca poi proseguita per decenni?

 

Fu un punto di partenza: esattamente come Mallarmé componeva le sue poesie utilizzando il colpo di dado e attingendo le parole dai manifesti appesi per le vie di Parigi, da quel momento noi cominciammo a raccogliere ciò che la strada ci offriva. Il manifesto è sempre stato molto importante, sia per la poesia che per l’arte figurativa della nostra epoca. Io capii subito che attraverso di esso potevo scrivere un nuovo capitolo della storia dell’arte, che documentasse il cambiamento delle parole e anche dei colori.

 

La sua opera, Villeglé, si distingue da quella degli altri affichiste per la sistematicità…

 

Ho capito presto che attraverso i manifesti strappati riuscivo a cogliere quella che era la realtà urbana e che potevo documentarne i cambiamenti utilizzando i décollage secondo ripartizioni estetiche o di soggetto, così da creare un “catalogo tematico” con cui ripercorrere la storia della tecnica tipografica e della trasformazione dei colori.

 

La sua esperienza come affichiste si chiude definitivamente nel 2003. In che modo?

 

Nel 2003 mi trovavo a Buenos Aires. Negli ultimi anni era diventato difficile rintracciare manifesti lacerati in città come Parigi, troppo pulite e ordinate. Qui, invece, c’era molto materiale: percorsi chilometri e chilometri nei sobborghi, e in qualche angolo rinvenni dei vecchi manifesti realizzati prima della crisi economica che stava soffocando l’Argentina. Erano ricchi, pieni di lettere, mentre quelli più recenti, stampati su carta di scarsa qualità, somigliavano alle affiche che avevo staccato agli esordi, erano cioè fatti alla maniera antica, usando i caratteri di legno: è stato come se un ciclo si chiudesse.

 

Ad un certo punto, partendo da una posizione di semplice “osservatore attivo” della realtà per mezzo dei manifesti lacerati, lei ha iniziato un nuovo percorso estetico dando vita ad un peculiare vocabolario socio-politico, che ora utilizza come strumento espressivo in quelle che sono vere e proprie opere pittoriche.

 

Nel 1969 vidi nella metropolitana di Parigi una scritta di propaganda contro Nixon realizzata attraverso un grafismo molto particolare, che ricorreva a simboli politici come le tre frecce dell’ex Partito socialista, la croce gaulliana, la svastica nazista, eccetera. La forza simbolica di quegli ideogrammi mi colpì al punto che cominciai ad elaborare un vero e proprio alfabeto. Dieci anni dopo l’ho utilizzato per la prima volta per un’opera pittorica, attraverso cui offrire la mia visione della realtà.

 

Dicembre 2014 da un’intervista di StileArte

 

 

Stima 
 € 10.000 / 15.000
76

RENATO PARESCE

(Carouge(Svizzera)1886-Parigi (Francia)1937)                                                          

Cosmo

1932                                                                

olio su tela

cm 65x81

al retro etichetta Galleria Annunciata

al retro etichetta Galleria D'Arte Bergamo

al retro etichetta Galleria del Milione

 

Cosmos

1932

oil on canvas

65x81 cm

on the reverse label of Galleria Annunciata

on the reverse label of Galleria D'Arte Bergamo

on the reverse label of Galleria del Milione

 

Bibliografia

L’opera è pubblicata in R. Ferrario, René Paresce. Catalogo ragionato delle opere, Skira, 2012, p. 221 ( cat. 22/32, intitolato Nebulose)

Renato Paresce, artista visionario ed eclettico, nasce nel 1886 a Carouge un sobborgo di Ginevra, con la famiglia si trasferisce a Firenze dove risiede fino alla età di 19 anni,   studia materie scientifiche all'Istituto Tecnico Industriale "Leonardo da Vinci" e frequenta per un anno la Facoltà di Fisica dell'Università di Bologna, laureandosi poi a Palermo, dove si era trasferito. Dedica molti dei suoi studi all'influsso degli elettroni sullo spettro, gli venne anche offerta la possibilità della carriera universitaria, ma che rifiuta. Nel 1911 torna a Firenze, dove per un breve periodo insegna fisica presso il Collegio della Quercia. Diventa amico del poeta e critico musicale Giannotto Bastianelli e del pittore Baccio Maria Bacci. L'anno successivo parte per Parigi e lavora presso il Bureau International des Poids et Mesures, ritorna a Firenze solo per brevi soggiorni. A Parigi si dedica alla pittura da autodidatta, dipingendo di sera con la luce elettrica, dimostrando di avere piena padronanza dei mezzi tecnici e un'attenzione vivace per le innovazioni stilistiche che la pittura francese propone in quel periodo. Sono gli anni del gruppo Les Italiens de Paris,  sette artisti : Giorgio de Chirico, Alberto Savinio, Filippo De Pisis, Gino Severini, Massimo Campigli, Mario Tozzi e Paresce, gruppo patrocinato dal critico George Waldemar. Con Savinio ha un rapporto più intenso che si riflette nel lavoro di entrambe. Ritrova l'amico Baccio Maria Bacci, col quale talvolta si reca a dipingere en plein air lungo la Senna, frequenta gli artisti di Montparnasse e dei café letterari, la Cloiserie de Lilas e la Rotonde. Nonostante il suo carattere schivo, s'inserisce nell'ambiente degli artisti residenti a Parigi, conosce Picasso e Modigliani. Fa parte dell'Ecole de Paris insieme a Moïse Kisling, Chaime Soutine e partecipa ai Salons parigini, agli Indépendents e alle Tuileries. Quando scoppia la prima guerra mondiale con la moglie, la pianista russa Ella Klatchko, è costretto a lasciare la ville lumiére per recarsi a Londra. Qui lavora come assistente al National Laboratory di Teddington. Sovente viaggia per l'Europa, si reca e soggiorna più volte in Svizzera, a Zurigo, dove prende parte ad alcune importanti esposizioni al Kunsthaus e alla Galerie Tanner. L'attività parallela di giornalista e pittore lo porta spesso anche in Germania, a Berlino, dove espone in spazi pubblici e privati. Paresce è un artista protagonista di un momento complesso per l’arte, sono gli arbori di nuovi movimenti, dove s’intrecciano filoni diversi come il cubismo, il futurismo, il dadaismo, la metafisica e il  surrealismo, movimenti entro i quali si muovo gli artisti presenti a Parigi. Paresce crea raffigurazioni narrativamente oniriche, passa dai paesaggi naturali, alle dimensioni metafisiche. Nel 1926 e nel 1929 presenta i suoi lavori alle mostre di Novecento italiano alla Permanente di Milano. Contemporaneamente le sue tele vengono valorizzate durante un’esposizione ad Amsterdam.  Nel 1931 Paresce espone alla Quadriennale di Roma e nell’ambito di una matinée italienne, alla mostra collettiva al Théâtre de l’Oeuvre a Parigi, organizzata da Tozzi. Sempre in quell’anno tiene una personale a Londra alla Zwemmer Gallerie. Poi nel ’32 alla Galerie de la Renaissance di Parigi, la sua opera di popola di nuovi soggetti e luoghi surreali e cosmici. Nel ’33 espone alla Galleria de Il Milione a Milano.  Nel 1934 Paresce si reca alle isole Figi  e successivamente in America. Qui l’atmosfera dei musicisti jazz, lo spingono a scrivere un libro, “L’altra America”, il testo andò distrutto insieme ad un cospicuo numero di dipinti, durante i bombardamenti di Milano del 1943. L’attività pittorica dell’artista si chiude con il ciclo dedicato agli acrobati del circo, il quale porta al culmine l’astrazione dall’oggetto e il distaccamento dal reale. Paresce muore a Parigi nel 1937.

 

Stima   € 10.000 / 15.000
Aggiudicazione  Registrazione
1 - 30  di 130