DIPINTI ANTICHI

26 NOVEMBRE 2019
Asta, 0317
18

Alessandro Turchi, detto l’Orbetto

Stima
€ 20.000 / 30.000
L'opera è corredata di certificato di libera circolazione

Alessandro Turchi, detto l’Orbetto

(Verona 1578 – Roma 1649)

LOT E LE FIGLIE

olio su tela, cm 74x96,5

 

LOT AND HIS DAUGHTERS

oil on canvas, cm 74x96,5

 

Provenienza

Venezia, Viancini (1968); Venezia, Egidio Martini; Udine, collezione privata (1974)

 

Bibliografia

“Apollo” 1968, dicembre; E. Schleier, Drawings by Alessandro Turchi, in “Master Drawings” 9, 1971, pp. 144 e 148; D. Scaglietti Kelescian in Alessandro Turchi detto l’Orbetto 1578-1649. Catalogo della mostra (Verona, Castelvecchio, settembre – dicembre 1999) Milano 1999, p. 194; B. De Witt, The Bader Collection. European Paintings, Kingston (Ontario) 2014, p.141.

 

Ripetutamente citato nella bibliografia sull’autore veronese (sebbene con dati tecnici talvolta inesatti) a partire dalla riproduzione pubblicata su “Apollo”, il dipinto che qui presentiamo riaffiora per la prima volta sul mercato dell’arte dopo oltre mezzo secolo.

La tela propone un soggetto altre volte trattato dall’Orbetto e con diverse modalità in opere attualmente rintracciate e in altre di cui al momento sopravvive solo il ricordo delle fonti. Se infatti la versione eseguita dall’artista per il suo principale committente veronese, il marchese Gaspare Gherardini, passata nell’Ottocento nella raccolta dei conti Lechi a Brescia è stata autorevolmente identificata da Daniela Scaglietti nella tela poi in collezione privata tedesca dopo un passaggio da Christie’s a Londra nel 1988, nessuna delle opere ad oggi conosciute può identificarsi, ad esempio, con il “Lot a sedere a una tavola con le due figlie che gli danno da bere” che gli inventari della famiglia Millini descrivono ripetutamente dal 1627 al 1738 come dipinto su tavola, e grande poco più di un palmo: un oggetto prezioso certo non troppo lontano dalle pitture su paragone per cui l’artista era stato ricercato fin dal suo arrivo a Roma, circa il 1614.

E’ probabile tuttavia che un ricordo di quest’opera ancora sconosciuta vada ricercato nel disegno nella Graphische Sammlung a Monaco di Baviera (n. 6670) restituitogli da Hermann Voss e pubblicato da Erich Schleier (1971, n. 3, tav. 19) nella prima ricognizione del corpus grafico dell’artista veronese. In quell’occasione Schleier catalogava, in parte riproducendole, le altre versioni di questo soggetto biblico, tra cui quella praticamente uguale alla nostra ma di maggiori dimensioni (cm 99x133,4) un tempo a Londra, Leger Galleries, e oggi a Kingston, Ontario (Agnes Etherington Art Centre, Queen’s University, inv, 17.034; cfr. De Witt, cit., 2014) e citava senza riprodurlo il dipinto che oggi presentiamo.

Impossibile, allo stato delle conoscenze attuale, ricostruirne la provenienza originaria o l’eventuale committenza: la frequenza con cui il soggetto compare nel catalogo dell’Orbetto ne lascia intuire la grande richiesta da parte dei suoi estimatori, italiani e stranieri. E’ possibile invece ipotizzare che la nostra tela si accompagnasse in origine a quella, quasi identica per dimensioni, raffigurante la fuga di Loth da Sodoma, premessa al nostro soggetto, oggi nella National Gallery of Ireland a Dublino (inv. 1653; Fototeca Federico Zeri, scheda 32371).

Il dipinto sarà inserito nella monografia a cura di Daniela Scaglietti Kelescian, in corso di stampa (Verona 2020, cat. 101).