Capolavori da collezioni italiane

31 OTTOBRE 2018
Asta, 0272
10

Osvaldo Borsani

Stima
€ 60.000 / 90.000
Aggiudicazione  Registrazione

Osvaldo Borsani

(Varedo 1911 – Milano 1985)

Lucio Fontana

(Rosario de Santa Fè 1899 – Varese 1968)

CONSOLE, 1950

Manifattura Arredamenti Borsani Varedo

piano in ardesia nera con elemento scultoreo di supporto in legno scolpito, laccato e dorato

cm 92x250x49

Progetto n. 7234/2 del 1950 per Arredamenti Borsani Varedo

Certificato di autenticità dell’Archivio Osvaldo Borsani n. 47/2018 del 25 luglio 2018

Opera corredata di autocertificazione per l'esportazione.

 

Provenienza

Roma, collezione privata

 

Bibliografia

I. De Gutry - M.P. Maino, Il mobile italiano degli anni 40 e 50, Roma 2010, p. 112, n. 14;

G. Bosoni, Tecno. L’eleganza discreta della tecnica, Milano 2011, p. 24;

G. Bosoni, Osvaldo Borsani. Architetto, designer, imprenditore, Milano 2018, pp. 360-361, p. 566 n. 1950.7234

 

Bibliografia di confronto

G Gramigna - F. Irace, Osvaldo Borsani, Roma 1992, pp. 194-195;

N. Foster, T. Fantoni (a cura di), Osvaldo Borsani, cat. mostra Triennale di Milano (16 maggio – 16 settembre 2018), Milano 2018, p. 75 n. 093, p. 94

 

Nato a Varedo nel 1911, Osvaldo Borsani è figlio di Gaetano, costruttore di mobili nell’affermato “Atelier di Varedo”. Maturità artistica all’Accademia di Belle Arti per poi passare al Politecnico di Milano, dove si laurea in architettura nel 1937. Gli esordi lo vedono all’interno dell’Atelier di Varedo, ribattezzato negli anni Venti Arredamenti Borsani Varedo (ABV), i cui prodotti sono dominati dal “mobile in stile neorinascimentale” tipico della tradizione brianzola anche se, nella partecipazione dell’Atelier alle Biennali di Monza nel 1925 e 1927, si riscontra un avvicinamento a linee più essenziali e geometriche. L’esordio ufficiale è dell’inizio degli anni ’30 in occasione della IV Triennale di Monza. Alla V Triennale del 1933, per la prima volta a Milano, il giovane studente ventunenne Osvaldo dimostra maturità stilistica e la volontà di orientarsi verso i codici razionalisti, presentando la “Casa Minima”, progetto razionalista applicato allo spazio della vita quotidiana. In quegli anni l’Atelier ha commesse importanti che vengono realizzate in una nuova fabbrica e presentate nel negozio-studio di progettazione aperto nel 1932 in via Montenapoleone 6 a Milano, cercando di soddisfare le esigenze a volte nuove, altre volte più tradizionaliste, della propria clientela alto borghese. Rispetto a questo mondo in qualche modo divaricato fra innovazioni e resistenti consuetudini di gusto e di stile, Borsani gioca la sua carta nella manica: il contributo creativo e sperimentale di nuove generazioni di artisti d’avanguardia (Lucio Fontana, Agenore Fabbri, Arnaldo Pomodoro, Fausto Melotti, Roberto Crippa, Aligi Sassu, per citarne alcuni) con i quali crea spazi affascinanti dove s’incrociano e si contaminano tante ricerche, portate anche nel disegno dei singoli arredi.

Fondamentale comprimario di questa importante redifinizione ambientale degli interni è l’artista Lucio Fontana, che permea e plasma con il suo originale segno fluttuante, spazialista, con richiami “barocchi” i soffitti, le pareti e a volte anche gli arredi delle case allestite sotto la sapiente regia di Osvaldo Borsani.

Il primo dopoguerra è un periodo molto proficuo per l’atelier di Varedo: lo studio ha sempre più occasioni di progettare per importanti interventi privati e pubblici. La collaborazione con l’interessante cerchia di artisti già ricordati si intensifica e diventa un marchio che contraddistingue il lavoro dell’atelier. A partire da casa Gulinello a Milano (1947-1950), di cui Pandolfini Casa d’Aste tra il 2014 e il 2015 ha riscoperto e proposto in asta gran parte degli arredi originali, è possibile cogliere questa collaborazione e notare come gli apporti artistici, in questo caso di Lucio Fontana siano integrati con gli arredi dell’atelier. Non si tratta solo di impiegare disegni e sculture, ma parte degli arredi è integrata con l’opera stessa, come ad esempio il mobile bar, il tavolino da caffè, la mensola a parete. 

 

Osvaldo Borsani e Lucio Fontana

Lucio Fontana era di casa: Osvaldo lo chiamava spesso per interventi, soprattutto per decorazioni scultoree in ceramica: camini, soffitti, porte... Arte e architettura, nella grande Milano dei poeti, come Leonardo Sinisgalli, dei filosofi, come Enzo Paci, dei critici e storici dell'arte, come Gillo Dorfles e Guido Ballo. Osvaldo era un riferimento culturale costante.

Fontana, in quegli anni, era il maestro fondamentale per tutti gli artisti più giovani, in cerca anche di lavoro. La generosità di Osvaldo Borsani trovava in Fontana un sentimento comune. Da questo comune sentire nacquero idee, esperienze, possibilità concrete di intervenire come artisti nell’attività progettuale. Fontana, per questa ragione, era non solo un collaboratore dell’azienda; per Osvaldo rappresentava un amico a cui chiedere qualcosa di più personale. Ecco allora nascere l’idea di fargli eseguire ritratti scultorei dedicati ai familiari più vicini, come sua moglie: la straordinaria invenzione materica di Fontana trasforma la fisionomia delle persone in un segno artistico unico e indimenticabile.

Fontana passava spesso dal negozio di via Montenapoleone; entrava, parlava con l’architetto, dava appuntamenti ad altri artisti, scherzava con le figlie di Osvaldo, Donatella e Valeria. In quegli anni, a Milano, era l‘artista più avanzato e più generoso, soprattutto verso i giovani talenti: era sufficiente una parola, ma molto spesso la sua generosità andava oltre. Osvaldo Borsani e Lucio Fontana erano due personaggi fondamentali nella Milano degli anni sessanta. Il negozio ospitava frequentemente mostre di artisti, sia italiani che stranieri. Il rapporto tra arte e industria era quotidiano. Fontana disegnava supporti e decorazioni per tavoli, balconate; realizzava oggetti e decorazioni in ceramica; Fausto Melotti inventava decorazioni per bagni; Adriano di Spilimbergo disegnava pannelli per le porte, piastrelle; Arnaldo Pomodoro, decori e testate peri letti.

Era una vera e propria bottega rinascimentale...

 

A. Colonetti (a cura di), Frammenti e ricordi di un percorso progettuale, Milano 1996, p. 43