Archeologia

18 DICEMBRE 2018
Asta, 0263
116

COLLEZIONE ARCHEOLOGICA

Stima
€ 25.000 / 35.000

COLLEZIONE ARCHEOLOGICA

 

La collezione, composta da 111 reperti, rappresenta nel suo insieme un complesso unitario per provenienza, dal momento che costituisce una significativa documentazione dei materiali ceramici e non prodotti in Italia, ed in particolare in Etruria e Magna Grecia, fra la preistoria e l’età imperiale. Il nucleo più antico è rappresentato dall’industria litica, da alcuni bifacciali in selce.

Nel complesso, di pregio particolarmente rilevante sono le quattro teste in marmo, che meritano un particolare commento. L’esemplare più antico è una piccola testa, forse di età ellenistica, di una giovane donna capite aperto, con capelli raccolti sulla nuca. I capelli sulla fronte sono spartiti al centro e procedono verso le tempie ed il capo è cinto da una benda. I lineamenti idealizzati e fini, potrebbero far pensare a un’immagine di Artemide (affine alla figura da Delo in L. Kahil, Artemis, in LIMC II.2, Zürich 1997, p. 478, n. 402). Di età giulio-claudia è il volto di un giovane, con capigliatura resa da ciocche lisce e spesse ripartite sulla fronte a formare una coda di rondine: il volto è pieno, con lineamenti delicati, probabilmente assimilati alla ritrattistica pubblica.

Di eccezionale importanza è un ritratto femminile di grandi dimensioni (h. 30 cm), realizzato in marmo greco insulare lucente e a grandi cristalli, probabilmente attribuibile alle cave dell’isola di Taso. La testa, ovale e piena, con naso diritto, occhi grandi e allungati, dalle palpebre spesse e labbra sottili, forse pertinente ad un rilievo o ad un sarcofago, si connota in particolare per una particolare capigliatura, con i boccoli resi da ordinate file di fori di trapano. Questa capigliatura, in cui deve con ogni probabilità vedersi un toupet applicato sui capelli veri, presenta singolari affinità con l’acconciatura di Giulia, la figlia dell’imperatore Tito, della dinastia dei Flavi (su questi aspetti concernenti la capigliatura femminile nel mondo romano e sulla loro reale portata ideologica E. D’Ambra, Mode and Model in the Flavian Female Portrait, in AJA 117.4, 2013, pp. 511-525).

Riferibile alla metà del II secolo d.C. è un’altra testa in mamo con volto ovale dai lineamenti delicati (h. 16 cm); gli occhi sono grandi e un po’ distanziati (l’iride e la pupilla sono indicate da un’incisione), il naso diritto e la bocca, dalle labbra carnose, disegnata con cura. La capigliatura, con capelli ondulati annodati sulla sommità del capo e sulla nuca, rimanda all’iconografia di Afrodite / Venere. Dal momento che si può riscontrare una certa volontà ritrattistica nella resa dei lineamenti del volto, è probabile questa testa sia un ritratto privato di una ricca signora che ha deciso di rappresentarsi come Afrodite (L.M. Gigante, Roman Commemorative Portraits: Women with the Attributes of Venus, in Memory & Oblivion, Boston 1999, pp. 447-453).

Numericamente e qualitativamente rilevante è poi il materiale di provenienza Etrusca: all’età del Ferro vanno attribuiti una grande tazza baccellata con ansa sormontante, prodotta in area vulcente, due fibule in bronzo con arco decorato a linee parallele incise. La ceramica d’impasto è rappresentata inoltre da un’anforetta con decorazione a doppia spirale e da un alabastron fusiforme. Ai tre contenitori per unguenti profumati di produzione etrusco-corinzia, si aggiunge un prodotto importato di provenienza corinzia. Il bucchero, classe principe della produzione Etrusca di età orientalizzante e arcaica, è rappresentato da numerosi esemplari: quattro kantharoi con anse sormontanti, tre oinochoai. Una di queste, di grandi dimensioni, presenta sull’orlo un filtro/colino in ceramica, destinato a trattenere gli elementi aromatici inseriti nel vino.

La ceramica attica è rappresentata da due lekythoi a figure nere, una a fondo bianco con una fitta trama di palmette e una con corpo interamente verniciato di nero e con decorazione sulla spalla, e da una pelike a figure rosse decorata con una scena articolata. Sul ventre, sul lato A è una figura di Eros di profilo, in volo verso destra, con le braccia in avanti e i pugni chiusi a stringere una benda. Sul lato B è un giovane stante, ammantato, con la destra protesa verso Eros.

Ampio all’interno della collezione è il campione costituito dalla ceramica dell’Italia meridionale, ascrivibile a produzioni apule a figure rosse, daunie, e nello stile di Gnathia. L’esemplare più antico è un attingitoio daunio con uccello stilizzato dipinto al centro della vasca. Fra i nove vasi della produzione apula a figure rosse, si segnala una pelike che può essere ascritta allo stile ‘piano’ (fase iniziale): il lato A presenta una donna elegantemente ammantata che solleva nella destra un portagioie e nella sinistra una benda, di fronte a lei è un erote, con in mano un’oinochoe e uno specchio, indicazione della bellezza e della seduzione femminile. Il lato B presenta una scena con due efebi a colloquio. Altri vasi presentano giovani nudi ammantati con una benda sul capo (due brocchette), uno skyphos con l’immagine di una civetta fra rami di alloro; tre figure femminili in atto di conversare (una hydria). Il soggetto della protome femminile, particolarmente comune nella produzione italiota, compare su di uno skyphos con dettagli sovraddipinti, e su di una chous di qualità più corrente.

La ceramica a vernice nera con decorazione sovraddipinta policroma (ceramica di Gnathia) è rappresentata da uno skyphos decorato da un tralcio dipinto con grappoli, pampini e viticci e da una lekythos ariballica con un erote alato in volo verso sinistra con una cesta e una corona di fiori. Un’oinochoe con becco a cartoccio, coperta da vernice nera di buona qualità ed originariamente decorata da sovraddipinture in bianco, è ascrivibile ad una produzione etrusca di età ellenistica. Fra i prodotti a vernice nera si segnala in particolare un guttus di forma lenticolare, con disco centrale decorato a rilievo con una figura femminile ammantata, probabilmente intenta a tessere, oltre a coppe con palmette impresse.

Un nucleo notevole della collezione è composto dalla coroplastica figurata di destinazione votiva o funeraria, databile dall’epoca arcaica fino a tutto il periodo romano imperiale, composta da figurine femminile rappresentati divinità e devote, stanti oppure sedute in trono, ma anche protomi maschili e femminili, maschere teatrali, piccoli gruppi raffiguranti coppie di personaggi oppure personaggi con animali, animali e frutta. Particolarmente rilevante è un bassorilievo raffigurante Dioniso giovane, in nudità, con un kantharos nella mano destra. Sempre all’ambito sacrale appartiene una statuina di Kore / Persefone seduta in trono in posizione statica e frontale con le mani sulle ginocchia e una spiga in mano. Al mondo egizio rimanda una figurina di Arpocrate, con il tipico gesto di portare il dito alla bocca.

Fra i bronzi si segnalano uno specchio etrusco in bronzo e un bronzetto di offerente ammantato, con corona di edera sul capo, rappresentato con in mano una patera ombelicata, di buona qualità del III-II secolo a.C. (h. 14,7 cm) e una frammentaria figurina del benaugurante dio Priapo (h. 6 cm). 

I due soli esemplari in vetro, due balsamari in vetro soffiato di età romana, sono in buone condizioni di conservazione. Fra le importazioni esotiche si segnalano due alabastra in pietra calcarea, pregiati contenitori per profumi prodotti in età arcaica e classica nel Mediterraneo Orientale.

 

Provenienza

Collezione privata, Firenze

 

Collezione dichiara di eccezionale importanza (D.S.R. Toscana 29 gennaio 2018)