DIPINTI DEL XIX SECOLO

15 MAGGIO 2018

DIPINTI DEL XIX SECOLO

Asta, 0251
FIRENZE
Palazzo Ramirez-Montalvo
Borgo degli Albizi, 26
ore 17:00
Esposizione

FIRENZE
11 - 14 Maggio 2018
orario 10-13 / 14–19 
Palazzo Ramirez-Montalvo
Borgo degli Albizi, 26
info@pandolfini.it

 
 
 
Stima   700 € - 140000 €

Tutte le categorie

31 - 60  di 81
93

Cesare Maggi

(Roma 1881 - Torino 1961)

LA THUILE

olio su cartone, cm 50x69

firmato e datato "922" in alto a sinistra
retro: reca iscrizione "Cesare Maggi - La Thuille"

 

Nel 1904, dopo aver sposato Anna Oxilia, dalla quale ebbe due figlie, Giovanna e Pia, Cesare Maggi si trasferì nella località montana La Thuile, in Val d'Aosta, per approfondire lo studio dal vero. Nel 1905 presentò il dipinto Mattino di festa alla Esposizione Internazionale di Venezia, acquistato dalla New South Wales Gallery di Sidney e successivamente intitolato Val d'Aosta. Italia. Nel 1907 esordì in ambito internazionale al Salon des peintres divisionnistes italiens a Parigi e fu invitato a partecipare all'Esposizione internazionale di Venezia, evento che segnò un momento importante nella sua carriera. Gran parte della critica colse la maturità ormai acquisita; una delle sue opere esposte, La prima neve, fu contesa da due prestigiosi musei, il Civico Museo Revoltella di Trieste e la Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma, che acquistò infine il dipinto. Si aprì così per il Maggi un periodo particolarmente felice, ricco di partecipazioni e riconoscimenti in importanti rassegne italiane ed estere. La sala personale alla X Esposizione Internazionale della città di Venezia del 1912 segnò una nuova svolta nella sua carriera. Per un anno l'artista concentrò gli sforzi su questo evento, che gli offriva l'occasione di riscattarsi dal marchio di "pittore della montagna" e nel contempo di mostrare il suo progressivo allontanamento dai modi divisionisti. Nel 1913 il Maggi lasciò La Thuile per stabilirsi definitivamente a Torino e per chiudere così la sua stagione di sperimentazione divisionista.

Il bellissimo scorcio della vallata intitolato La Thuile che presentiamo in questa vendita evoca magistralmente i luminosi e vorticosi cieli autunnali della località montana tanto amata dall’artista.

Stima 
 € 7.000 / 10.000
Aggiudicazione  Registrazione
97

Giorgio Belloni

(Codogno 1861 - Azzano Di Mezzegra 1944)

IL PORTO

olio su compensato, cm 50,5x65

firmato in basso a destra

retro: timbro della Mondial Gallery di Milano, iscritto "Giorgio Belloni - Milano / 1861 - 1944 / "Il Porto" / (opera premiata all'Esposizione di Torino / del 1922, con medaglia d'oro e lire 5.000 in denaro) / prof. Luigi Chiavelli Milano"

 

Provenienza

Mondial Gallery, Milano

Collezione privata

 

Esposizioni

Esposizione nazionale di arti figurative, Torino, 1922

 

Fin dalla metà degli anni Novanta il porto di Genova costituisce uno dei soggetti preferiti di Giorgio Belloni, che lo ritrae soprattutto con "le tonalità grigie ed equilibrate che posero il Belloni in prima linea fra i marinisti". Il pittore impagina la scena secondo uno schema panoramico d'impianto tradizionale, che concede lo stesso spazio alle acque, percorse dalle imbarcazioni, e al cielo, solcato da nubi a tratti più luminose. Inizialmente l'artista sperimenta un linguaggio naturalista assai personale approfondendo l'interesse per il valore simbolico degli effetti di luce fino a sfiorare il divisionismo, al pari di altri pittori della sua generazione come Carlo Cressini. In seguito, specialmente negli anni compresi tra le due guerre, Belloni attua un recupero della sua antica matrice ammorbidendone i toni secondo un gusto improntato alla sobrietà ed espresso in una stesura scorrevole ma non superficiale. Il porto di Genova ricorre spesso anche nella pittura di un altro esponente del naturalismo lombardo, Pompeo Mariani, a sua volta unito a Belloni da stretti rapporti di amicizia.

 

Stima   € 8.000 / 12.000
Aggiudicazione  Registrazione
98

Francesco Paolo Michetti

(Tocco da Casauria 1851 - Francavilla al Mare 1929)

CONTADINELLA CHE CANTA

olio su tavoletta, cm 23,5x14,5

retro: firmato "F.P. Michetti 1872 / firmato 1' maggio / 1928", timbro a secco "Napoli F.G.", cartiglio "Sirignano / objets d'art" / n. 95"

 

Provenienza

Collezione Tabacchi, Milano

Collezione privata

 

Bibliografia

La Collezione Tabacchi. Esposizione e vendita all'asta, Galleria Dedalo, Milano 1934, n. 126 tav. XLIV

 

"Michetti presentava un'infanzia dell'umiltà preservata, come una linfa rigenerante, con il pregio di situarsi in un luogo preciso, con la sua geografia e i suoi monumenti, di soddisfare il gusto della scoperta, della documentazione esatta sull’arte, di tradizioni e costumi, proponendosi con una verità tangibile di colori e di natura, che invitava a entrarvi dentro. E poteva avere un ruolo attivo. L'assimilarsi del pittore alla vita delle piante e degli animali, il piacere, la facilità di dipingere "l'erbe verdi o le bacche delle fratte o un insetto o una pecora o un bambino, senza differenze, senza preoccupazioni, perché ai suoi occhi tutti quegli esseri avevano la stessa importanza, tutti quegli esseri erano agguagliati dalle stesse leggi, tutti quegli esseri erano ciascuno una forma di vita", avevano una carica di novità. Michetti aveva saputo fare suo un significato di quelle immagini che rimandava a categorie estetiche definitesi in una certa area dell'arte ufficiale internazionale.

Era la tematica dell'infanzia: le bambine pastorelle, giovani esistenze rurali in sintonia con animali domestici e con l’ambiente naturale: intente a attingere acqua, a coccolare un volatile, di ritorno dal bosco, ferme a osservare un'abbeverata nel folto, in cammino nella vegetazione incontaminata seguite da covate, da greggi; e ancora da bimbi piccoli lasciati a dormire in un campo con la vicinanza innocua di pulcini nati da poco, esseri a loro affini. Scontrose, serie o sorridenti, le piccole creature si impongono per la loro grazia, dei gesti, dell'abbigliamento, delle pose, dell'incedere (...).

Dopo l'esperienza dei salon parigini Michetti amplia la produzione dei piccoli bozzetti di costume contadinesco abruzzese riusciti così graditi al mercato. Vi sono le figure ricorrenti nell’atteggiamento frontale di ritornare da qualche mansione (dal pascolo, da una raccolta, da un verziere), di passare, transitare per tornare ad essere assorbiti dalla natura di cui erano parte; la pittura scompaginata in macchie di colore, chiazze di luce, talvolta quasi galleggiante e senza appigli, che restituivano la sensazione di vegetazione, davano, senza volerlo costruire, un ambiente da cui affioravano creature della stessa sostanza, animali e esseri umani".

 

A.M. Damigella, Michetti dal verismo degli idilli bucolici al naturalismo poetico (1870-1881), in Francesco Paolo Michetti. Dipinti, pastelli, disegni, catalogo della mostra (Roma – Francavilla al Mare, 1999), Napoli 1999, pp. 27-35: 28-29.

 

Stima   € 8.000 / 12.000
Aggiudicazione  Registrazione
101

Giuseppe Moricci

(Firenze 1806 - 1879)

IL MERCATO DELLE ERBE IN PIAZZA VECCHIA DI S. MARIA NOVELLA A FIRENZE

olio su tela, cm 91x120,5

retro: cartiglio con iscritto "Soggetto / Il Mercato delle erbe / in Piazza Vecchia di S. Maria Novella a Firenze. / Prezzo / Francesconi 50. / Autore / Giuseppe Moricci / via dei Pilastri / Liceo di Candeli / n. 43"

 

Il nostro dipinto raffigura una scena di mercato ambientata in quella che anticamente era conosciuta come "piazza Vecchia" a Firenze, in quanto vi si affacciava l'antica chiesa romanica di Santa Maria delle Vigne (X secolo), poi inglobata e trasformata in Santa Maria Novella nel XIII secolo. Questa tela è una testimonianza preziosa della Firenze sparita poiché ci restituisce l’immagine della piazza e degli edifici esistenti prima dei grandi interventi urbanistici effettuati dalla seconda metà dell’Ottocento, con il passaggio dal Granducato all'Unità d'Italia, fino al Fascismo. Nel 1882 infatti questa piazza sarà poi rinominata "Piazza dell'Unità Italiana" e sarà collocato al centro l’obelisco di Giovanni Pini eretto in memoria dei caduti delle Guerre d'Indipendenza.

Autore dell'opera è Giuseppe Moricci: artista fiorentino politicamente vicino ai Garibaldini e la cui produzione grafico-pittorica è costituita soprattutto da vedute di Firenze eseguite negli anni precedenti alla fase urbanistica del "Risanamento" (1865-95). Dal raffronto con le lettere di Moricci, possiamo asserire che la firma dell’artista sulla targhetta nel retro del nostro dipinto è originale.

Sullo sfondo, a destra della nostra composizione, Moricci ha raffigurato l'area alberata compresa tra la zona absidale di Santa Maria Novella e palazzo Cerretani, che appare in parte coperto dai ponteggi. Questo slargo risale al 1848: anno dell'inaugurazione dell'adiacente Stazione Maria Antonia e dunque la nostra veduta della piazza è sicuramente posteriore a questa data. Un suo disegno acquerellato, recentemente comparso nel mercato antiquario, ritrae questa piazza dallo stesso punto di osservazione. Esso è databile attorno al 1850. Sono noti altri due suoi dipinti a olio su tela di piazza Vecchia (Firenze, Museo Topografico "Firenze com'era" e Arezzo, Museo d'Arte Medioevale) (cfr. M. Sframeli, Il Centro di Firenze restituito, Firenze 1989, pp. 56-58) e un bozzetto dello stesso soggetto in collezione Roster-Del Greco-Olschki a Firenze (Da Fattori al Novecento. Opere inedite dalla collezione Roster, Del Greco, Olschki, catalogo della mostra (Villa Bardini, Firenze, 1 aprile - 4 novembre 2012) a cura di F. Dini, A. Rapisardi, Firenze 2012, tav. 3).

Il nostro dipinto potrebbe essere stato eseguito nel medesimo periodo e l'iscrizione "Via dei Pilastri, Liceo di Candeli n.43" è il riferimento all'ubicazione del suo atelier, a Borgo Pinti, nei locali di un ex convento che dal 1845 al 1865 furono adibiti a Scuola d'Arte. Inoltre, alcuni particolari architettonici del complesso domenicano presenti nella nostra veduta sono storicamente interessanti ai fini della sua datazione, come ad esempio il transetto destro, con le due vetrate verticali della Cappella Rucellai che appaiono parzialmente murate e la Cappella della Madonna della Purità, ancora intonacata esternamente di bianco. Le finestre della navata laterale destra della chiesa appaiono ancora squadrate: non erano state ancora sostituite dalle vetrate neogotiche (1858-60) introdotte dall'architetto Enrico Romoli. Possiamo quindi datare con certezza il nostro dipinto tra il 1848 e il 1858.

 

Stima   € 18.000 / 25.000
104

Franz Theodor Aerni

(Aarburg 1853 - 1918)

VIA DEL MERCATO

olio su tela, cm 113,5x75,5

firmato e datato "86" in basso a sinistra

 

Francesco Teodoro Aerni nacque a Aarburg, in Svizzera, il 19 ottobre 1853. Dopo la formazione accademica a Losanna presso l’artista Johann Joseph Geißer, giunse in Italia nel 1872, ove fu allievo di Adeodato Malatesta all'Accademia di Belle Arti di Modena. Trasferitosi a Roma, frequentò diversi artisti tedeschi ivi residenti: A. Weckesser, F. Buchser, K. Stauffer, R. Kißling e in particolare Hermann Corrodi, che accompagnò nel 1878 e nel 1879 in Egitto e a Cipro, riportando diverse impressioni di viaggio. Si stabilì quindi un sodalizio artistico, che portò il pittore a lavorare presso il suo studio, aiutandolo nei dipinti a grande sceneggiatura e soprattutto nelle grandi e piccole vedute della città di Napoli e Roma, di cui l’esemplare che presentiamo in catalogo è una fulgida testimonianza. Nel 1883 partecipò a Zurigo alla "Schweizerischen Landesausstellung". Nel 1890, 1894 e 1898 fu a Genf, dove espose alla "National Kunstausstellung". A partire dal 1901 partecipò assiduamente alle Esposizioni romane In Arte Libertas e in quelle dell' Associazione degli Acquarellisti.

Morì, presumibilmente nella città che gli diede i natali, il 20 agosto 1918.

Tra le sue opere più famose ricordiamo Il ritorno del perdono, 1901; Marina di Sorrento, 1901; Negli Abruzzi, 1902; Sole d'estate, 1902; Presso il bosco sacro, 1905; Dopo l'acquazzone, 1906; La preda, 1906; Il mammuth, 1907; La passeggiata al Pincio e La Girandola di Castel Sant'Angelo.

 

 

 

Stima   € 20.000 / 30.000
114

Renato Natali

(Livorno 1883 - Livorno 1979)

USCITA DAL TEATRO GOLDONI

olio su tela, 80,5x100,5

firmato in basso a sinistra

retro: timbri della Collezione Romiti

 

Provenienza

Collezione Eredi Mario Romiti, Brescia

 

Opera dell'architetto Giuseppe Cappellini, il Teatro Goldoni di Livorno fu inaugurato il 24 luglio 1847 con l'allestimento dell'opera Roberto il diavolo di Meyerbeer.

Nonostante l'inaugurazione solenne e fastosa, non fu però un avvio felice: il teatro subì la concorrenza delle molte ed importanti strutture parallele cittadine dal nome altisonante – quali il Teatro degli Avvalorati, il Carlo Lodovico detto "San Marco" ed il Rossini – e poté iniziare un'attività organica solo nel 1855.

Dopo il 1890 il Goldoni si inserì sempre più nella vita cittadina, fino a diventare uno dei luoghi deputati della memoria storica popolare: due personaggi, Pietro Mascagni e Galliano Masini, prima di ogni altro, ne hanno animato la scena, mentre il pittore Renato Natali lo ha immortalato nelle sue tele, come questa splendida che presentiamo in catalogo.

Riguardo l'attività sarebbe nondimeno limitativo citare esclusivamente i pur celebri artisti locali. In campo operistico, fino al 1940, hanno fatto epoca i frequenti passaggi d’interpreti come Gemma Bellincioni, Roberto Stagno, Enrico Caruso, Hipolito Lazaro, Beniamino Gigli e Gina Cigna, mentre l'albo d'oro del dopoguerra reca i nomi di Mario Del Monaco e Franco Corelli, Tito Gobbi ed Ebe Stignani, Maria Caniglia e Leyla Gencer. Si ricorda, per l’entusiasmo e la partecipazione con la quale furono seguite, le produzioni organizzate dai reparti speciali delle truppe alleate che, tra il 1945 ed il 1947, recarono al soprannominato "Goldoni Theater".

Infine, il Goldoni è stato anche testimone di atti politici nazionali, come il Congresso del Partito Socialista nel dicembre-gennaio 1920-1921, dalla cui diaspora nacque poi, sempre a Livorno, il Partito Comunista Italiano.

 

Stima 
 € 5.000 / 8.000
Aggiudicazione  Registrazione
115

Giuseppe De Nittis

(Barletta 1846 - Saint-Germain-en-Laye 1884)

POSTEGGIO CARROZZE o LA CARROZZA CHIUSA

olio su tavoletta, cm 9x18

firmato e datato "76" in basso a destra

retro: cartiglio della Raccolta Chierichetti di Milano col titolo "Posteggio carrozze", cartiglio della XI Esposizione di Venezia del 1914 con n. 1039

 

Provenienza

Raccolta Carlo Chiarandà, Napoli

Raccolta Giuseppe Chierichetti, Milano

Collezione privata

 

Bibliografia

V. Pica, Giuseppe De Nittis. L'uomo e l'artista, Milano 1914, p. 48

E. Piceni, De Nittis, Milano 1955, p. 177

M. Pittaluga, E. Piceni, De Nittis. Catalogo generale dell'opera. I, Milano 1963, n. 311

P. Dini, G.L. Marini, De Nittis. La vita, i documenti, le opere dipinte. II, Torino 1990, p. 403, n. 671

 

Questa deliziosa tavoletta è databile al periodo parigino del maestro di Barletta, che si recò la prima volta nella Ville Lumière nel 1867, per tornarvi stabilmente nel giugno del 1868; fatta eccezione per un lungo soggiorno in Italia, dalla fine del 1870 all’inizio del 1873, Parigi rimase la casa dell'artista fino alla sua morte nel 1884.

Come i suoi colleghi impressionisti, De Nittis prediligeva lavorare dal vero, en plein air, una pratica tuttavia ostacolata da un editto emanato dall'amministrazione parigina che proibiva a quel tempo ai pittori di fermarsi nelle piazze a dipingere. Per aggirare questo impedimento, l'artista aveva trasferito il suo atelier all'interno di una carrozza presa a noleggio e che veniva posteggiata per ore nel punto desiderato. Da questo espediente derivano i tagli audaci e le prospettive mobili che rendono i suoi quadri così moderni. Questa sua trovata è alla base, come racconta lo studioso Giovanni Lamacchia, di numerosi aneddoti che lo videro protagonista. Una volta ad esempio un cocchiere insospettito dalla condotta del pittore chiamò un gendarme, credendolo una spia. Un altro, credendo che l'artista stesse in realtà attendendo una donna, data la lunga attesa tentò di convincerlo a rassegnarsi all’idea che l’appuntamento amoroso non avrebbe avuto luogo. Un terzo cocchiere, affacciatosi nella carrozza e vedendolo intento a dipingere, si raccomandò bruscamente di rivoltare almeno i cuscini mentre maneggiava colori e pennelli per creare le sue 'porcherie'!

Tra opere analoghe per formato e soggetto ricordiamo il dipinto Passeggiata in carrozza, della Pinacoteca Giuseppe De Nittis di Barletta.

 

Stima   € 18.000 / 25.000
116

Giovanni Muzzioli

(Modena 1854 - Modena 1894)

FINALMENTE!

olio su tela, cm 86x41

firmato in basso a sinistra

 

Un'incisione dal dipinto di Muzzioli venne pubblicata sulla prima pagina de L'Illustrazione Italiana (Anno XVI, n. 46) del 17 novembre 1889.

 

"Finalmente! Acquerello di G. Muzzioli.

Il professore Muzzioli si riposa di quando in quando dalle gravi elucubrazioni della pittura storica per improntare qualche pagina di vita contemporanea, che è spesso un gioiello, come questa, di cui diamo l'incisione nel numero d'oggi.

D'onde venga la bella signorina così ridente non sapremmo dirlo, ma ha il sorriso della felicità in tutti i tratti del viso, e la possanza della vita nell'incesso da dea. Non è difficile capire che c'entra amore, la sola divinità che abbia il potere di far sbocciare come un fiore tutte le seduzioni e gli affascinamenti della bellezza muliebre. Essa ha vinto certo la battaglia della vita, ha superata una rivale: in quel sorriso, in quel passo, in quell'andatura c'è il significato d'una parola: Finalmente! Finalmente che cosa? Finalmente ho vinto... è mio... S'è levata il cappello e lo porta appeso pei nastri ad un braccio; aspire l'aria, riceve i raggi del sole, e sorride dal fondo dell'essere, dalla più intima latebra di donna. In questa figura piena di vita c'è un disegno elegante, fine, addottrinato, ed una rara disinvoltura nel ritrarre le più fuggevoli impronte della moderna eleganza signorile."

 

da L'Illustrazione Italiana, Anno XVI, n. 46, 17 novembre 1889

 

 

Stima   € 30.000 / 40.000
117

Stefano Bruzzi

(Piacenza 1835 - Piacenza 1911)

PASTORELLA

olio su tela, cm 71,5x126

firmato in basso a sinistra

 

Stefano Bruzzi nacque a Piacenza nel 1835. Dopo un apprendistato presso Bernardino Massari si recò a Roma nel 1854. Qui allora tra i paesaggisti godeva meritata fama Alessandro Castelli e nello studio di tale maestro, senza iscriversi all'Accademia, Bruzzi acquistò gli elementi di un'ottima tecnica pittorica. A Roma entrò nella compagnia di giovani artisti del tempo come Stefano Ussi, Enrico Gamba, Raffaele Casnedi, con i quali frequentò l'accademia privata del modello Gigi. Vera intimità ebbe con Nino Costa col quale andò a dipingere dal vero ad Albano, ad Ariccia e al lago di Nemi, e questo importante sodalizio durò fino al 1857. Dal Costa fu presentato ad Arnold Böcklin, del quale conservò l'amicizia e la stima fino agli ultimi anni del grande pittore svizzero. Dopo il soggiorno romano si ritirò a Roncolo di Groppallo, sull'appennino piacentino, e lì si trattenne, salvo un breve periodo di tempo a Bologna e Milano (1860-63), fino al 1874. Qui, immerso nella pace e nella tranquillità, poté dedicarsi a dipingere il paesaggio nel continuo mutare delle stagioni, dai caldi meriggi d'estate al gelo delle nevicate d'inverno, popolandolo di contadinelli e contadinelle, di pecore, di asinelli, di bovini, di cavalli; proprio nello studio degli animali e del loro contesto naturale il Bruzzi ha rivelato una straordinaria finezza di osservazione che accompagnata ad una moderna impaginazione dell'ambiente hanno fatto collocare le sue grandi composizioni agresti fra gli esiti più alti di tutta la pittura italiana dell'800.

Stima   € 20.000 / 30.000
Aggiudicazione  Registrazione
118

Telemaco Signorini

(Firenze 1835 - 1901)

CHIACCHIERE DI CAMPAGNA - BAVARDAGE

olio su tavola, cm 15x21,5

firmato in basso a sinistra

retro: timbro della Collezione Sambalino, cartiglio della 86' Esposizione della Società delle Belle Arti di Firenze

 

Provenienza

Collezione Sambalino, Firenze

Collezione Edoardo Bruno, Firenze

Collezione Scroffa-Borgia, Siena

Collezione privata, Montecatini Terme

Collezione privata

 

Esposizioni

86' Esposizione della Società delle Belle Arti, Firenze, maggio-giugno 1933

Dal Caffè Michelangelo al Caffè Nouvelle Athènes, Montecatini Terme, 1986

Telemaco Signorini, 1835-1901, Montecatini Terme, 1987

I Macchiaioli. Sentimento del vero, Torino, 2007

Naturalismo nella pittura italiana tra '800 e '900, Modena, 2008

 

Bibliografia

Dal Caffè Michelangelo al Caffè Nouvelle Athènes, catalogo della mostra (Montecatini Terme) a cura di P. Dini, F. Dini, Torino 1986, p. 223, tav. 150

Telemaco Signorini, 1835-1901, catalogo della mostra (Montecatini Terme) a cura di P. Dini, Firenze 1987, p. 158 n. 42, tav. 22

La donna nell'arte nella pittura italiana dell'800, Montecatini Terme 2001, tav. 26

I Macchiaioli. Sentimento del vero, catalogo della mostra (Torino, 15 febbraio - 10 giugno 2007) a cura di F. Dini, Torino 2007, p. 251

Naturalismo nella pittura italiana tra '800 e '900, catalogo della mostra (Modena, 12 settembre - 12 ottobre 2008) a cura di E. Corradini, Milano 2008, p. 105

 

"Il quadro, presentato alla mostra fiorentina del 1926 presso l'Accademia di Belle Arti di Firenze con il titolo dato dall'autore Chiacchiere di campagna (n. 93; nell'occasione era effettivamente presente un Bavardage, ossia appunto chiacchiericcio, ma di dimensioni diverse), datato in quella sede al 1878; esso è stato in seguito riproposto nel 1986 da Piero Dini come più tardo. Lo stile disinvolto, corsivo, condotto agilmente in punta di pennello con effetti di sottigliezza grafica, sembra infatti appartenere piuttosto alla produzione dell'artista negli anni ottanta-novanta, ed è esemplare del gusto schiettamente illustrativo che caratterizzava la pittura di Signorini in quello scorcio di secolo, con esiti di gustosa vivacità pittorica. In crocchio al sole, dentro e fuori la zona d'ombra del primo piano, alcune donne conversano sul ciglio di una stradina di campagna che subito dopo di loro sprofonda in una valle luminosa, sotto il cielo invaso di candidi cirri, mentre all'orizzonte s'intravede una fascia di più intenso turchino: una catena di monti o, forse, il mare. Non è chiaro in quale delle numerose località della campagna o della costa toscana e ligure frequentate da Signorini ci troviamo, anche se la solarità spiegata che accende i colori rendendo vibrante la materia pittorica e una certa insistenza dell'artista nel caratterizzare la figuretta della bambina al centro del gruppo fanno pensare istintivamente alle tante piazzette e ai vicoli di Riomaggiore dove, ancora nello spirito di stampo positivistico di 'reporter etnografico', secondo la calzante definizione di Ettore Spalletti (Telemaco Signorini, Soncino 1994, p. 114, n. 36), il pittore ama ritrarre un universo umano di non particolare avvenenza, ma di spiccata individualità, tutto preso dalle sue occupazioni quotidiane e dai suoi ozi, sempre immerso tuttavia nella struggente bellezza della natura che lo circonda".

 

I Macchiaioli. Sentimento del vero, catalogo della mostra (Torino, 15 febbraio - 10 giugno 2007) a cura di F. Dini, Torino 2007, p. 251

Stima   € 50.000 / 70.000
Aggiudicazione  Registrazione
120

Emilio Gola

(Milano 1851 - Milano 1923)

ISOLA DI GALLINARA VISTA DA LAIGUEGLIA

olio su tela, cm 80x125

firmato in basso a sinistra

retro: cartigli della Galleria Milano con data 1-7-931 e n. 940, cartiglio con "...eta / Federico Gussoni"

 

Provenienza

Galleria Milano, Milano

Collezione Federico Gussoni

Collezione privata

 

Il secondo Gola scopre, accanto ai ritratti, la novità dei nudi; e tra i paesaggi il respiro del mare. (...)

"Ha veduto Alassio? Credo la Grecia sia così".

Così vede lontano. E ritorna, all'ansia del fermare nell’attimo la grande sensazione respirata, tutto il mare e l'aria inquieta e la gioia dei colori sulla spiaggia.

È uno spasimo. Questo mare è una magia. Non è più il giochetto di riflessi sul ruscello di Brianza. Il mare ora così si muove che gli entra nel cuore  come profumo, come grido selvaggio. Alassio, il mare gli danno l'ebbrezza definitiva, su quest'unica invisibile linea di mare e di cielo, l'ebbrezza di questa deserta e folle unità cosmica.

Anche s'egli torna agli alberi e ai prati, toni alti, robusti, splendenti nel sole più alto, l'esasperano fino all'apparente crudezza, nello slancio dell'esaltante trasfigurazione coloristica.

Ma le sue marine misurano ora, col loro moto pieno e vivo, nello stesso battito, tutto il mondo, acqua e terra e cielo. Misurano la sua personalità.

Ce n'è di grigie e sottili, e, più invase d'alto colore giocondo, d'Alassio e del Lido. Ma quando passa il vento sul mare e tutto s'ingorga nei colori profondi e cupi, e solo pochi chiari lampeggiano nel cielo saturo, nel mare, sulla spiaggia, il mondo di Gola è ora in un pieno trasporto senza gridi, in un mare senza nome. Deserto il paese, neppure una vela non macchia l'orizzonte. Il cielo nell'acqua, lo sguardo inabissato nell'acqua, Gola si specchia in un mondo fuori dal mondo.

Non è più la sua, la marina dei marinisti. Il suo senso della natura è ora silenzioso e drammatico.

 

da R. Giolli, Gola opera seconda, Milano 1929, s.p.

 

Stima   € 5.000 / 8.000
Aggiudicazione  Registrazione
31 - 60  di 81