DIPINTI ANTICHI

14 NOVEMBRE 2017

DIPINTI ANTICHI

Asta, 0224

FIRENZE
Palazzo Ramirez-Montalvo
Borgo degli Albizi, 26


ore 16.00
Esposizione
FIRENZE
10-13 Novembre 2017
orario 10-13 / 14–19 
Palazzo Ramirez-Montalvo
Borgo degli Albizi, 26
info@pandolfini.it
 
 
 
Stima   3000 € - 70000 €

Tutte le categorie

1 - 30  di 59
52
Stima   € 5.000 / 7.000
Aggiudicazione  Registrazione
45

Scuola tedesca della cerchia del Giambologna, primi anni del sec. XVII

CRISTO CROCIFISSO E CARTIGLIO

bronzo dorato, sec. XVI, corpus cm 31x30, aureola, cm 5, cartiglio cm 5,7x7,5

 

Il bronzo è corredato da parere scritto di Giancarlo Gentilini

 

Bibliografia di riferimento

Giambologna, an exhibition of sculpture by the master and his followers from the collection of Michaell Hall, catalogo della mostra a cura di C. Avery, New York 1998.

Repertorio della scultura fiorentina del Cinquecento, a cura di G. Pratesi, Torino 2003.

Pietro Tacca. Carrara, la Toscana, le grandi corti europee, catalogo della mostra (Carrara) a cura di F. Faletti, Firenze 2007.

 

Il tema del Cristo “vivo” di questo bronzo finemente cesellato richiama la tipologia inaugurata da Giambologna nel piccolo Crocifisso eseguito nel 1578 per l’altare maggiore della Santissima Annunziata di Firenze, un’opera più volte replicata nella bottega e nella cerchia dello scultore. Ritornano assai simili la conformazione e finitura della testa e la postura in contrapposto del corpo.

L’accentuazione drammatica che qui si coglie nel doloroso lamento che pervade il volto, nelle braccia percorse da vistose vene e ancora nel perizoma dalle pieghe increspate, ha indotto il prof. Giancarlo Gentilini a ritenerlo eseguito da un artista nordico.

Nel parere scritto, che accompagna il Crocifisso qui presentato, lo studioso indica, fra i giovani forestieri che entrarono in contatto con la bottega fiorentina del Giambologna, il bavarese Hans Reichle (Shongau, 1565/70 - Bressanone, 1642), scultore assai dotato nell’arte del bronzo e nella plastica fittile, come il più plausibile autore.

Il Reichle è attestato presso l’officina giambolognesca dal 1588 al 1595, periodo durante il quale collaborò alla realizzazione del monumento equestre a Cosimo I e agli apparati per le nozze di Ferdinando I.

Nel 1601, tornato in Toscana dopo una parentesi a Bressanone dove modellò per il cardinale Andreas von Habsburg 44 statue in terracotta tinte a imitazione del bronzo, eseguì uno dei rilievi che andarono a decorare le porte del Duomo di Pisa: nell’Adorazione dei Pastori della cattedrale pisana ritorna la forte espressività del nostro Cristo e un analogo gusto decorativo nei capelli e nelle barbe minuziosamente lavorati e nell’attenta resa delle vesti. Altresì in alcuni bronzetti autonomi restituiti alla mano del Reichle, quali l’Allegoria della Primavera di Dresda (Staatliche Kunstsammlungen), datata anch’essa intorno al 1601, si possono notare i medesimi stilemi, tanto da collocare anche la scultura offerta nei primi anni del XVII secolo.

 

 

 

Stima   € 6.000 / 8.000
Aggiudicazione  Registrazione
1

Francesco Benaglio

(1430 circa – Verona, 1492?)

MADONNA CON BAMBINO

olio su tavola, superficie dipinta cm 63x37,8, misure complessive cm 71x40,5

 

Referenze fotografiche

Fototeca Zeri, busta 0256; fasc. 2, scheda 21917

 

Bibliografia

S. Marinelli, Ai confini dell'età media: da Francesco Squarcione a Francesco Benaglio, in De Lapidibus Sententiae. Scritti di storia dell'arte per Giovanni Lorenzoni, a cura di T. Franco, G. Valenzano, Padova, 2002, p. 228, illustrato alle pp. 525-256, figg. 1-2

F. Rossi, Frammenti di una generazione perduta, nei dintorni di Francesco Benaglio, in Mantegna e le arti a Verona, 1450-1500, a cura di S. Marinelli e P. Marini, catalogo della mostra (Verona, 16 settembre-7 gennaio 2007), Venezia 2006, p. 115, nota 27

 

La Madonna con Bambino che presentiamo ha caratteri stilistici che hanno consentito a Sergio Marinelli di attribuirla a Francesco Benaglio raro pittore veronese di cui ancora sono poche le notizie sulla vita e sull'attività.

L'artista, che firmò le sue opere con il nome di "Benalius", è ricordato nei documenti sia come "Franciscus Benalius" che come "Franciscus a Blado"; Della Biada è infatti il cognome del padre Pietro che era di origine bergamasca. Non è chiaro quando abbia assunto il cognome Benaglio che apparteneva invece ad una nobile famiglia, anch'essa di origine bergamasca ma trapiantata a Verona, con cui aveva probabilmente rapporti di parentela o amicizia.

Le caratteristiche che inducono a confermare la paternità dell'opera sono il modellato teso e squadrato, la fissità ieratica delle figure, il panneggio a listelli sottili del velo di Maria; la fisionomia della Vergine, condotta con un disegno fine e regolare, è vicina a quella della Madonna del Trittico per la chiesa di San Bernardino a Verona, dove analoga è anche l'impostazione del velo.

Il dipinto dimostra inoltre influenze derivate dallo studio di Andrea Mantegna, della scultura di Donatello e della pittura padovana della seconda metà del Quattrocento.

 

 

Stima   € 6.000 / 8.000
Aggiudicazione  Registrazione
56

Cornelis de Wael

(Anversa, 1591 – Roma, 1667)

VEDUTA DI PORTO CON GALEA E VELIERI OLANDESI

olio su tela, cm 102x147

 

Bibliografia di riferimento

Van Dyck a Genova. Grande pittura e collezionismo, catalogo della mostra (Genova 1997) a cura di S. J. Barnes, P. Boccardo, C. Di Fabio, L. Taglaferro, Milano 1997, pp. 342-349; A. Orlando, Pittura fiammingo-genovese: nature morte, ritratti e paesaggi del Seicento e primo Settecento: ritrovamenti dal collezionismo privato, Torino 2012, pp. 103-105.

 

 

Figlio e allievo di Jan de Wael, Cornelis de Wael si trasferisce stabilmente a Genova nel 1619, quando il fratello Lucas prende in affitto una casa che diventerà un punto di riferimento per tutti gli artisti fiamminghi transitanti nel capoluogo ligure, compreso il celebre Anton Van Dyck.

Numerosi sono i quadri di Cornelis descritti negli inventari genovesi del XVII e XVIII secolo come Battaglia navale, Diversità di vascelli o Marina, a testimonianza della fortuna di questo genere pittorico presso la committenza genovese. Il dipinto qui offerto è un bell’esempio della bravura del pittore fiammingo di inserire in un’ampia veduta l’animazione di un porto, descrivendo dettagliatamente le figure impegnate in svariate attività.

La maniera assai meticolosa con cui sono state realizzate le imbarcazioni, protagoniste della porzione destra della scena, permette di ipotizzare l’intervento di uno specialista del genere, Andreas van Ertvelt, documentato dal 1627 a Genova, di cui Cornelis spesso si avvalse per soddisfare le numerose commissioni della sua casa-bottega, organizzata come una vera e propria impresa.

Si ringrazia Anna Orlando per aver precisato l’attribuzione a Cornelis de Wael con la collaborazione di Andreas van Ertvelt.

L’opera sarà pubblicata dalla studiosa in Van Dyck e i suoi amici. Fiamminghi a Genova 1600-1640, catalogo della mostra a cura di Anna Orlando (Genova, Palazzo della Meridiana, 9 febbraio – 10 giugno 2018), Sagep, Genova 2018 (in c.d.s.).

 

Stima   € 8.000 / 12.000
Aggiudicazione  Registrazione
15

Attribuito a Bernardino Luini

(Dumenza, 1481 – Milano,1532)

TESTA VIRILE - ULISSE

affresco staccato, cm 38,5x31

 

 

Viene qui presentato uno stacco d’affresco con una testa di vecchio elmato che probabilmente faceva parte del ciclo ricordato nella villa La Pelucca a Sesto San Giovanni, Milano.

La villa aveva un grande salone di rappresentanza decorato tra il 1520-24 da Bernardino Luini su commissione dal nobile milanese Gerolamo Rabia.

Gli affreschi vennero staccati tra il 1821 e il 1822 con una campagna diretta da Stefano Barezzi che li trasportò, secondo l'uso dell'epoca, su tavole di legno: tale tecnica è all'origine delle numerose fessure ancora oggi o visibili.

Gli affreschi sono conservati per la maggior parte alla Pinacoteca di Brera di Milano, mentre altri si trovano presso la Wallace Collection di Londra e il Museo Condé di Chantilly.

Il supporto in legno e gesso in cui è adagiato anche il nostro dipinto è del tutto simile al supporto presente negli stacchi relativi all’intervento di recupero di Stefano Barezzi.

Gli affreschi di villa La Pelucca componevano un vasto ciclo di stampo umanistico con episodi tratti dal mondo cortese, dalla mitologia e dalle sacre scritture.

La sala più grande, col camino, era decorata dalla Fucina di Vulcano mentre alle pareti si trovavano Storie dell'Esodo. Una stanza adiacente aveva un sopracamino con il Sacrificio di Pan.

Un altro ambiente vicino, più piccolo, mostrava il Bagno delle fanciulle, forse la più celebre tra le scene; vi si trovavano inoltre il cosiddetto Gioco della mano calda (una specie di schiaffo del soldato), il frammento con la Coppia di giovani e le lunette con i Putti vendemmianti.

Dalla cappella, tuttora esistente, provengono infine il Corpo di santa Caterina d'Alessandria trasportato dagli angeli, un Eterno benedicente e altri frammenti.

Il personaggio qui offerto, di cui si conserva la testa con alcune porzioni del collo, della spalla e del mantello, può essere interpretato come Ulisse in età anziana; per il modello iconografico di riferimento si cita la testa dell’Ulisse Grimani del Museo Archeologico Nazionale di Venezia in cui l'eroe è rappresentato con quel particolare copricapo, spesso utilizzato da Bernardino Luini nelle sue composizioni.

 

Stima   € 10.000 / 15.000
9

λ

Scuola toscana, sec. XVII

CRISTO E LA SAMARITANA AL POZZO

olio su tela, cm 129x99

 

 

Provenienza

Collezione privata

 

L’episodio evangelico dell’incontro di Cristo e della Samaritana al pozzo trova in questa tela un’interessante traduzione sia in termini compositivi che pittorici.

La scena è infatti arricchita da alcuni dettagli tra i quali spicca il bassorilievo sulla base del pozzo raffigurante Mosè che fa scaturire l’acqua dalla roccia, per suggerire una continuità tra Antico e Nuovo Testamento.

L’impaginazione teatrale, i colori brillanti e l’attenzione rivolta alla resa dei tessuti collocano il dipinto nell’ambito della scuola fiorentina seicentesca.

Il gusto nel descrivere la veste e gli accessori della Samaritana, che arriva sino a trasformare il secchio con il quale sta per attingere l’acqua dal pozzo in un lavoro di oreficeria, è senz’altro da avvicinare alla scuola di Giovanni Bilivert nella quale si formò anche Francesco Morosini detto il Montepulciano, attivo a Firenze tra il 1600 e il 1646, secondo l’attendibile resoconto di Filippo Baldinucci (Notizie de’ professori del Disegno da Cimabue in qua, Firenze 16871-1728, ed. 1845-1847, IV, 1864, p. 316).

All’interno del corpus pittorico noto del Morosini (S. Bellesi, Catalogo dei pittori fiorentini del ‘600 e del ‘700, Firenze 2009, 1) si segnalano come possibile confronto, soprattutto per l’arricciato svolgimento dei panneggi, l’Allegoria delle arti conservata presso i depositi delle Gallerie Fiorentine e l’Arianna abbandonata da Teseo di collezione privata, recentemente esposta alla mostra dedicata ad Artemisia Gentileschi a Roma (Artemisia Gentileschi e il suo tempo, catalogo della mostra a cura di F. Baldassari – Roma, Museo di Roma, 2016/2017 – Milano 2016, pp. 166-167, scheda 41).

 

Stima   € 12.000 / 18.000
1 - 30  di 59