DA MERCANTE A Collezionista: CINQUANT'ANNI DI RICERCA PER UNA PRESTIGIOSA RACCOLTA

11 OTTOBRE 2017
Asta, 0220
14

Giacinto Botti

Stima
€ 8.000 / 12.000

Giacinto Botti

(Firenze, 1603-1679)

RITRATTO DI VIERI DI VIERI GUADAGNI

olio su tela, cm 134x106

firmato sul retro della tela "Jacinto Botti" e inscritto "Vieri • di Vieri • Guadagni Gonf. e Ge(...)"

 

Bibliografia di riferimento

R. Spinelli, Indagini sulle decorazioni secentesche del Casino Guadagni "di San Clemente" a Firenze, in ” Quaderni di Palazzo Te”, N.S. 4.1996, pp. 36-65

R. Spinelli, La committenza artistica e il collezionismo di Donato Maria Guadagni (1641 - 1718) nella Firenze di fine Settecento: il Volterrano, Giovan Battista Foggini, Francesco Corallo, Pietro Dandini e altri, in “Bollettino della Accademia degli Euteleti della Città di San Miniato”, 92.2014, 81, pp. 203-254.

R. Spinelli, Note d'archivio sul collezionismo e sulle committenze artistiche di Vieri di Tommaso Guadagni (1631-1708), 2015, Bollettino della Accademia degli Euteleti della Città di San Miniato, anno 93, n. 82 (dicembre 2015), pp. 229-243.

 

Le tele qui offerte ai lotti 14 e 15 raffigurano due personaggi dell'importante famiglia fiorentina dei Guadagni. Si tratta di Vieri di Vieri Guadagni e di Francesco di Simone Guadagni.

Le date riportate sul cartiglio ai piedi della cornice sono con buona probabilità le date di morte dei due personaggi, infatti Vieri di Vieri morì il 3 agosto del 1426 dopo aver intrapreso una brillante carriera politica (nel 1416 ebbe la carica di gonfaloniere di Giustizia), mentre Francesco di Simone morì nel 1498 dopo essere stato ambasciatore dei fiorentini presso Carlo VIII di Francia tra il 1495 e il 1496.

I dipinti facevano parte di una serie di tele di cui la realizzazione si rimanda al pittore fiorentino Giacinto Botti con l'intento di celebrare la casata Guadagni in forte ascesa già dal Quattrocento; la famiglia poteva vantare infatti tra i suoi esponenti consoli, priori e gonfalonieri di Giustizia.

Dal 1644 al 1651 il nome di Giacinto Botti compare più volte in relazione a opere realizzate per Tommaso Guadagni, in particolare per il Palazzo di San Clemente o "Casino Guadagni" a Firenze, in via Micheli. Il casino, che nel Cinquecento era appartenuto a don Luigi di Toledo, fratello della Granduchessa Eleonora, nel 1636 divenne di proprietà della famiglia Guadagni per tramite di Ortensia Guadagni Salviati.

L'edificio, realizzato da Gherardo Silvani, aveva le caratteristiche sia di palazzo cittadino, sia di villa suburbana, secondo una nuova tipologia edilizia di gran moda. Un casino era di fatto una villa in città in cui la vita familiare si svolgeva prevalentemente al pian terreno, in stretto contatto con il giardino.

La straordinaria decorazione della villa e del giardino fu dovuta alla committenza di Tommaso Guadagni che chiamò dal 1637 celebri artisti dell'epoca tra cui Domenico Pieratti, Baccio del Bianco, Matteo Rosselli, Alfonso Boschi e Volterrano che qui lasciò il bellissimo affresco con San Martino che dona il mantello al povero. Dal 1644 Tommaso Guadagni continuò la decorazione delle pareti delle stanze meno affrescate con ritratti, dipinti a soggetto sacro e nature morte. La sua quadreria fu realizzata in larga parte proprio da Giacinto Botti che godette di fiducia presso il Guadagni che lo impiegò infatti fino al 1651 affidandogli la realizzazione di più di 25 dipinti oggi dispersi o da rintracciare (per questo aspetto si segnala che è di prossima pubblicazione un articolo di Tommaso Prizzon proprio sulla quadreria Guadagni). I nostri due ritratti facevano parte della quadreria di Tommaso Guadagni; a questi si aggiungono altri effigiati della famiglia tuttora presenti in collezioni private fiorentine.

Vieri di Vieri, che nel nostro dipinto vediamo ornato da un prezioso manto rosso bordato di ermellino, è stato uno dei personaggi di maggior spicco della casata; infatti fu lui nel 1409 a scegliere l'unicorno come impresa personale quando assunse il commissariato delle truppe della lega fiorentina contro il re Ladislao di Napoli a dimostrazione della purezza delle proprie intenzioni. Questo animale fantastico divenne poi l'impresa araldica della famiglia.