DA MERCANTE A Collezionista: CINQUANT'ANNI DI RICERCA PER UNA PRESTIGIOSA RACCOLTA

11 OTTOBRE 2017
Asta, 0220
3

Bartolomeo Sinibaldi, detto Baccio da Montelupo

Stima
€ 14.000 / 20.000

Bartolomeo Sinibaldi, detto Baccio da Montelupo

(Montelupo Fiorentino, 1469 - Lucca, 1537 circa)

TESTA VIRILE BARBATA (SAN DOMENICO?)

terracotta, cm 22x20x22

 

Bibliografia di riferimento

D. Lucidi, Contributi a Baccio da Montelupo scultore in terracotta, in “Nuovi Studi”, XVIII, 2013, 19, pp. 51-101.

 

La bella testa dai nobili lineamenti giovanili, in origine parte di un busto o di una statua, modellata con grande sensibilità e perizia tecnica, è caratterizzata nell’espressione da una toccante dolcezza malinconica che, insieme alla tonsura parzialmente nascosta dalla corona di folte ciocche ondulate e al foro dietro la nuca per apporvi un’aureola, ci consente di identificarla nell’effigie di un religioso canonizzato. Plausibile, dunque, pensare a San Domenico di Guzmán (Caleruega 1170 - Bologna 1221), il popolare fondatore dell’Ordine dei frati predicatori (Domenicani), sovente raffigurato in giovane età, con una simile testa tondeggiante percorsa da una rada barbetta, e talora proprio con questa stessa inflessione pensosa e accorata, identica, ad esempio, nella figura del santo inserita dall’Angelico nel polittico dipinto nel 1437 per la chiesa di San Domenico a Perugia (ora nella Galleria Nazionale dell’Umbria).

Una tale proposta conforta il tradizionale riferimento attributivo a Baccio da Montelupo, che, dopo un apprendistato nel giardino di San Marco favorito da Lorenzo il Magnifico, accanto al giovane Michelangelo del quale rimase a lungo stretto amico, si unì ai più ferventi seguaci del Savonarola, lavorando in numerose occasioni per i principali conventi domenicani: San Domenico a Bologna, dove si venera il corpo del Santo e dove Baccio si era rifugiato insieme al Buonarroti nel 1495, San Marco a Firenze, per il quale intagliò nel 1496 un monumentale Crocifisso, San Romano a Lucca (F. Petrucci, Baccio da Montelupo a Lucca, in “Paragone”, XXXV, 1984, 417, pp. 3-22).

Di fatto l’opera trova efficaci riscontri stilistici nei lavori del Sinibaldi, scultore particolarmente versato nella modellazione della terracotta (Lucidi, op. cit.), caratterizzati da un naturalismo sensibile e temperato, da volumi concisi, raddolciti da memorie della grazia di Desiderio da Settignano quale si colgono qui nella morbida modulazione pittorica dei capelli e degli incarnati e da un'analoga intonazione patetica. Riscontri che ravvisiamo a partire dalle figure del Compianto in terracotta modellato nel 1495 per la stessa chiesa bolognese di San Domenico (oggi in frammenti conservati nell’attiguo museo), simili anche nel taglio sottile e allungato degli occhi o nel risalto carnoso delle labbra e del naso, intensificandosi nei lavori databili sulla metà del secondo decennio del Cinquecento, al tempo del monumentale San Giovanni Evangelista bronzeo realizzato nel 1514 per il tabernacolo dell’Arte della Seta in Orsanmichele, dove affiorano modi più forbiti e animati, in linea con gli orientamenti del classicismo di Andrea Sansovino.

 

G.G.